Sulla Transiberiana. Di Mauro Buffa

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Sulla Transiberiana – Sette fusi orari, 9200 km, sul treno leggendario da Mosca al mar del Giappone, di Mauro Buffa, edito da ediciclo, è il racconto del lungo viaggio da Mosca a Vladivostok sui treni della leggendaria Transiberiana per andare a vedere cosa c’è oltre i monti Urali.


 

Il viaggio inizia dalla stazione Yaroslavasky di Mosca, da qui partono i treni della Transiberiana che in sette giorni percorrono 9289 chilometri, 7 fusi orari, attraverso lo sterminato territorio della Federazione russa, fino ad arriva a Vladivostok sul mar del Giappone. E’ il Rossija N.2 Mosca – Vladivostok, il treno che condurrà in questa avventura.

L’autore, Mauro Buffa, nella prima parte del libro, ci racconta la vita negli scompartimenti dei treni. La condivisione degli spazi, spesso angusti, con gli altri viaggiatori segna la differenza tra il turista e il viaggiatore. Buffa ci racconta la vita sul treno, dalla presenza dei responsabili di carrozza, le provodnitsa (provodnik nel caso degli uomini), al momento del pranzo, del cibo acquistato alla fermata delle stazioni dalle babushke (nonnine) che allestiscono veri e propri mercatini, o consumato nei vagoni ristorante a prezzi un po’ più alti. Gli ostacoli posti da una differenza linguistica, vengono superati dal desiderio di comunicare.

Mosca– Novosibirsk -Ulan-Udė –Čita – Khabarovsk – Irkutsk –Krasnojarsk sono solo alcune delle 157 fermate del treno. Buffa, concedendosi delle variazioni alla tratta e delle soste prolungate, ci racconta del lago Baikal e di aver dormito in una yurta, la tenda tradizionale dei pastori mongoli nella repubblica di Tuva, delle innumerevoli statue di Lenin presenti praticamente ovunque, e che fanno da sfondo per la foto di coppie di sposi nel giorno delle nozze.
Buffa ci fa viaggiare con la mente, dà la sensazione al lettore di essere al suo fianco nel vagone del treno, mentre (ri)percorre un itinerario che da secoli affascina generazioni di viaggiatori e narratori.

Intervista all’autore

Basta pronunciare il nome Transiberiana, Transsibirskaja Železnodorožnaja Magistral, per evocare un mito immortalato da film, fotografie e appunto pagine e pagine di libri. Che sensazioni ha provato e cosa le ha lasciato questo viaggio?

L’autore Mauro Buffa

Viaggiare sulla Transiberiana, soprattutto per chi come me non aveva mai visitato la Russia, è stato scoprire un mondo sconosciuto. Cosa conosciamo in occidente di questo grande paese? Molto poco. Fin dai tempi, storicamente ancora recenti, dell’Unione Sovietica, si avevano poche informazioni. Le informazioni riguardavano perlopiù la politica e si limitavano a quanto avveniva a Mosca o al massimo alla parte europea. Oltre gli Urali un grande vuoto come se non ci fosse nulla. Ma anche oggi pure con una maggiore libertà di espressione e informazione giungono poche notizie, resta un mondo lontano.
Ecco, viaggiare sulla Transiberiana permette di scoprire questo mondo che è affascinante per culture, etnie, paesaggi. Si possono provare emozioni diverse a seconda dei propri interessi. Per me è stato emozionante per esempio trovare conferma di quanto era stato scritto magari un secolo fa. La descrizione delle babushke nelle stazioni fatta da Pasternak nel Dottor Zivago la si può ancora ritrovare come il miscuglio di etnie a Irkutsk è uguale a quello raccontato da Verne in Michel Strogoff.
Ma l’emozione più grande è il viaggio stesso. Spostarsi per migliaia di chilometri attraverso il continente euroasiatico, prepararsi un tè con l’acqua del samovar o brindare con un bicchierino di vodka con i passeggeri coi quali condividi gli spazi e infine arrivare in una città dal nome esotico come Ulan Ude, fermarsi due giorni e poi ripartire, è un’esperienza che si può vivere solo sulla Transiberiana.

Partiamo dall’ultima frase del libro “Osservare la Russia dalla prospettiva della Transiberiana può aiutare a dare una chiave di lettura e di conoscenza”

Credo non sia possibile dare una definizione univoca di Russia (e prima ancora di Unione Sovietica). È un paese troppo grande con molte differenze al suo interno. Ci sono tante Russie e soprattutto nella nostra epoca tutto è in veloce mutamento. Ecco allora che la prospettiva della Transiberiana è una buona chiave di lettura perché su quei treni viaggiano da sempre i russi di ogni ceto, e provenienza. Attraverso il contatto diretto si possono raccogliere storie e punti di vista (se in qualche modo si riesce a superare la barriera linguistica). Io ci sono riuscito qualche volta con l’inglese e il tedesco. Purtroppo so solo poche parole in russo. Ad ogni modo attraverso qualche conversazione anche semplice e l’osservazione delle molte cose degne di nota, un viaggio sulla Transiberiana permette di passare in rassegna l’intero paese.  Una settimana in treno ci può insegnare molto.

Attraverso quali elementi ci si forma un’idea delle condizioni socio economiche di una regione, di un paese?

Personalmente prima di affrontare un viaggio in un paese straniero mi informo. Letture di carattere politico economico e una buona dose di statistiche (PIL, tasso di disoccupazione, aspettativa di vita, e così via). Non parto mai senza avere letto una breve storia del paese e magari un romanzo. A questo punto confronto tutto ciò che vedo con quanto ho letto. Ma non solo. Anche i racconti di chi ci è stato sono interessanti. Oggi è facile ottenere informazioni attraverso il web. Racconti e soprattutto tante foto e video.
Tutto questo toglie un po’ del fascino della scoperta, ma ci rende anche più consapevoli e preparati. E comunque l’esperienza è sempre soggettiva. Ognuno interpreta le cose a modo suo.

Nel suo libro cita un’illustre predecessore Ryszard Kapuściński che in “Imperium” racconta di aver percorso lo stesso tragitto e che aveva notato la diffidenza e il timore dei russi nel parlare con i cittadini stranieri. Lei invece ha avuto un’impressione completamente diversa. Rispetto al racconto del reporter polacco, ha avuto modo di constatare un evoluzione della società?

Parliamo di due epoche e mondi completamente diversi. Kapuściński viaggia sulla Transiberiana alla fine degli anni 50. Stalin è morto da poco e se anche quello è il periodo del cosiddetto disgelo, la gente ha paura a esprimere le proprie opinioni. C’era diffidenza verso lo straniero. Lo stalinismo aveva creato un clima di paura e sospetto reciproco. Oggi quell’epoca non esiste più. Pur non essendo la Russia una democrazia come la intendiamo in questa parte dell’Europa, è comunque un paese più aperto. Non tutto è positivo però, sono riemerse anche tendenze reazionarie e illiberali che evidentemente non erano scomparse ma rimaste dormienti nel lungo periodo sovietico e oggi tornano a manifestarsi.

Nel suo viaggio racconta di società dove la religione è sopravvissuta all’ateismo di stato. E ciò che emerge è un mosaico composto da musulmani, cristiani, buddisti, animisti e “vecchi credenti”.
La religione come forma di sopravvivenza anche culturale?

La religione se intesa come fede è soprattutto un fatto personale ma è anche cultura e tradizione e ha quindi un risvolto sociale. Dopo la fine del comunismo c’è stata in Russia una riscoperta della religione e questo lo si può vedere ad esempio nelle nuove chiese in costruzione. La religione è una forza che permea molte società e anche se repressa prima o poi torna in superficie. Trovo positivo che vi sia una ritrovata libertà di culto al pari della libertà di espressione. Ritengo però anche che chiesa e Stato debbano essere separati e questo nel mondo ortodosso non è così scontato.

Sarebbe interessante rifare lo stesso tragitto, dieci anni dopo, per documentare se e come la società russa è cambiata.

Dieci anni sono un periodo giusto per rifare questo (e ogni altro) viaggio. Poiché i mutamenti nel nostro tempo sono velocissimi ne troveremo inevitabilmente molti. I treni per esempio, so che oggi sono più moderni, in prossimità delle stazioni funziona il Wi-Fi. Quando ho viaggiato io nel 2008 c’erano solo delle prese sui corridoi per ricaricare i telefonini. Si sta poi diffondendo tra i giovani la conoscenza dell’inglese e chissà quali altre novità ancora. Negli anni successivi ho viaggiato da Mosca a Pechino sulla Transmongolica (variante della Transiberiana), in Moldavia e Transnistria, in Ucraina, riscontrando molte affinità e oggi la mia curiosità sarebbe vedere cosa non è cambiato.
L’infinita taiga attraversata dalla ferrovia transiberiana non cambierà mai.


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