UE-CELAC: una relazione che rifiorisce nel quadro della Presidenza spagnola del Consiglio?


Il terzo vertice UE-CELAC del 17-18 luglio 2023 ha tentato di conseguire – o almeno di iniziare a farlo – uno degli obiettivi prefissati dalla Spagna nell’ambito della sua Presidenza del Consiglio dell’Unione: recuperare e rafforzare, dopo otto anni di quasi-assenza, la relazione europea con quella regione del mondo melting-pot di gravi problemi economici e sociali, la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi.


Introduzione. Frammenti storici.

Il 17-18 giugno 2023, i leader dell’Unione Europea e quelli della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC) si sono riuniti a Bruxelles per il terzo vertice UE-CELAC. Il primo si svolse a Santiago il 26-27 gennaio 2013, mentre il secondo (nonché ultimo) due anni dopo, a Bruxelles, in particolare il 10-11 giugno 2015[1]. È bene sottolineare, però, che questo dialogo bi-regionale non ha solo dieci anni, non è iniziato nel 2013 dopo la Dichiarazione di Caracas e la creazione ufficiale di questo fragile organismo di integrazione regionale interlocutore all’UE, bisogna guardare più indietro nella storia. Tralasciando le prime relazioni bi-regionali degli anni ’70-’80 con il tentativo di favorire i processi di pace centroamericani[2], fu nel 1986, con l’ingresso di Spagna e Portogallo nella Comunità Europea, che la regione latinoamericana e caraibica venne inserita stabilmente nell’agenda comunitaria. Il primo vertice del 1999 tra i 15 capi di Stato e di governo europei e i 12 membri del Gruppo di Rio fu l’occasione per lanciare una nuova alleanza strategica nel panorama internazionale dell’epoca, con un ambiente multilaterale ancora funzionante e un’economia ancora ignara dei diversi shocks che, a partire dal primo decennio degli anni 2000, l’avrebbero indebolita in modo quasi irreversibile.
«Los principios de no intervención, el respeto de la soberanía, la igualdad entre Estados y la autodeterminación constituyen la base de las relaciones entre nuestras regiones[3]» conclusero i leader UE-ALC nella Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1999. Espressero anche il loro sostegno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e alle sue regole di gioco. Da allora, le regioni iniziarono ad incontrarsi quasi ogni due anni, creando uno dei principali canali istituzionali tra le due: a Madrid (2002), Guadalajara (2004), Vienna (2006), Lima (2008), di nuovo Madrid (2010), Santiago del Cile (2013) e Bruxelles (2015)[4]. Gli ultimi due vertici sono quelli che hanno visto la partecipazione dei 33 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi nella loro voce – quasi – unitaria, la CELAC, ed è per questo che la numerazione è ripartita dall’inizio.
Vertice dopo vertice, i capi di Stato e di governo di entrambe le regioni cercarono di concentrare il dialogo politico su obiettivi tangibili e mezzi concreti per raggiungerli. Meno linee d’azione e più sforzi per la loro realizzazione pratica, questa era la volontà. Il risultato fu il lancio del Piano d’azione di Madrid 2010-2012[5], che incluse il “problema mondiale della droga” – uno dei peggiori che affetta tutt’oggi l’America Latina e i Caraibi[6] – tra le sue sei linee d’azione (assieme a scienza, ricerca, innovazione e tecnologia; sviluppo sostenibile; integrazione regionale e inter-connettività; migrazione; istruzione e occupazione), che vennero ampliate nei due vertici successivi, 2013 e 2015, raggiungendo un totale di dieci aree chiave[7] e definendo anche i risultati attesi in ciascuna di esse.
Tuttavia, in un contesto regionale e internazionale in continua evoluzione, i risultati attesi non sono stati raggiunti, il dialogo politico si è raffreddato, le due “amiche” storiche si sono allontanate e altri attori si sono insediati nella regione. Ora, dopo otto anni, l’UE vuole rivolgere nuovamente lo sguardo all’America Latina e ai Caraibi: perché? E soprattutto, cosa è successo alle due regioni durante questa parentesi temporale?

Una pausa di riflessione nella relazione bi-regionale: le cause.

L’Unione Europea e la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi di oggi non sono le stesse regioni della fine degli anni Novanta. Infatti, negli anni in cui questo dialogo politico bi-regionale iniziò, l’America Latina aveva appena cominciato ad abbracciare i principi della democrazia e dei diritti umani come parte della propria transizione, adottando anche un modello di sviluppo basato su mercati aperti e finanze pubbliche equilibrate[8]. Questo, assieme alla possibilità di godere di investimenti nel suo territorio, la avvicinò all’UE che, dal canto suo, guardava all’America Latina e ai Caraibi come un partner attraente non solo per i valori condivisi, ma anche perché unica regione al mondo in cui il regionalismo di tipo europeo (unione doganale, istituzioni comuni, libero scambio tra partner) sembrava poter attecchire[9]. Pertanto, porsi come modello per accrescere il proprio soft-power era il principale interesse europeo che poteva finalmente essere raggiunto sperimentando la PESC appena concepita (Trattato di Maastricht, 1992).
Nonostante le buone premesse e gli interessi reciproci, appena dieci anni dopo – come è già stato detto e ripetuto – le due amiche hanno cominciato ad allontanarsi e la relazione tra loro a farsi tesa. Perché?
Da parte latinoamericana, un accumulo di tre grandi problemi ha interrotto questo cammino a braccetto con il partner europeo. Primo: l’erosione del consenso liberale su cui l’UE aveva costruito il suo dialogo. La manifestazione di ciò sta nella costante instabilità politica che la regione continua a sperimentare (accentuata dalla pandemia). Negli ultimi cinque anni, i cambi di governo nella maggior parte dei Paesi latinoamericani sono stati contraddistinti da vittorie dell’opposizione ai governi precedenti. Ciò significa che l’America Latina soffre di un fenomeno di punizione generale verso la politica nazionale, non si tratta di un mero sostegno alla sinistra[10]. Anzi, c’è un rifiuto sociale verso la presenza di leadership populiste, la crisi dei partiti classici e la fragilità dei processi democratici. È chiaro che le cause delle proteste non si fermano a queste tre. E così si arriva al secondo punto: la crisi economica. La mattina del 6 gennaio 2016, El País pubblicò un articolo dal titolo drammatico: «América Latina no crecerá nada en 2016, dice el Banco Mundial»[11]. In effetti, dal 2014, a causa del crollo del prezzo delle materie prime, del rallentamento della Cina e delle crisi in Brasile e Venezuela, la regione iniziò a fare i conti con la fine dell’epoca dorata. Le straordinarie risorse fornite dal boom precedente portarono molti Paesi latinoamericani a spendere troppo e a non risparmiare abbastanza per il corretto funzionamento delle politiche redistributive. Ciò accentuò i problemi strutturali regionali già esistenti: disuguaglianza, povertà estrema, informalità nel lavoro e così via.
Terzo e ultimo punto: l’immensa frattura identitaria e ideologica tra i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi non ha permesso un sano dialogo politico bi-regionale. Nel corso degli anni, i leader latinoamericani e caraibici sono arrivati ai vertici senza aver preventivamente concordato posizioni comuni[12]. Addirittura, nel 2017, la mancanza di accordo sulla situazione “Maduro” li costrinse a rinviare (fino a oggi) il vertice previsto per quell’anno a San Salvador.
Spostando l’attenzione all’altra sponda dell’Atlantico: da parte dell’UE, è possibile ipotizzare che sia stata la famosa polycrisis a spiegare questa pausa di riflessione nella relazione con l’America Latina[13]. In quel periodo, i problemi interni dell’Europa furono tanto gravi che era impossibile guardare così lontano.

«This European Union has faced its worst economic, financial and social crisis since World War II. And it is still struggling with the consequences. I have often used the Greek word ‘polycrisis’ to describe the current situation. Our various challenges – from the security threats in our neighbourhood and at home, to the refugee crisis, and to the UK referendum – have not only arrived at the same time. They also feed each other, creating a sense of doubt and uncertainty in the minds of our people».

Questa frase, pronunciata il 21 giugno 2016 dall’ex presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker[14], riassume le crisi quasi simultanee che hanno colpito l’Europa tra il 2004 e il 2016:

  • La crisi economica e finanziaria iniziata negli Stati Uniti nel 2008 e trasformatasi in crisi dell’euro tra il 2010-2012, che ha messo a rischio la sopravvivenza della moneta comune[15];
  • La crisi securitaria dovuta sia alla tensione terroristica causata dagli attacchi jihadisti alle città europee tra il 2004-2016/17, sia all’invasione russa della Crimea nel 2014.
  • La crisi migratoria derivante dai conflitti della Primavera araba che ha portato milioni di rifugiati in Europa fino alla chiusura delle frontiere da parte dell’Unione Europea, la quale ha causato tensioni interne tra gli Stati membri.
  • La crisi esistenziale prodotta dalla Brexit, in quanto, fino al referendum del 2016, nessun Paese voleva abbandonare la famiglia europea, al contrario, tutti volevano entrarvi. Per questo motivo, all’epoca, molte opinioni pubbliche iniziarono a chiedersi quale fosse l’opzione migliore: rimanere nell’Unione o uscirne proprio come aveva fatto il secondo Paese più ricco della comunità?

CELAC: di nuovo nel mirino europeo.

Perché ora? Perché improvvisamente è emersa di nuovo una narrazione, sia in Europa che in America Latina e nei Caraibi, che chiede il recupero e il rafforzamento di questo legame strategico?
L’impulso che la Spagna vuole dare alla sua presidenza del Consiglio europeo si è intrecciato al sostanziale cambio di rotta della politica estera dell’Unione dopo la pandemia e la guerra in Ucraina. I parametri economici e geopolitici internazionali sono cambiati e i leader europei sono stati costretti a guardare all’America Latina.
In altre parole, in questo momento storico in cui l’interdipendenza non è più una garanzia di pace, ma di vulnerabilità e rischio geopolitico[16], la priorità della Presidenza spagnola è stata accolta con favore dagli altri Stati membri che – nel tentativo di acquisire autonomia strategica per abbandonare la dipendenza tossica dai combustibili fossili[17] – cercano di realizzare uno degli obiettivi chiave del piano di ripresa NextGenerationEU: la transizione digitale e verde[18]. Come? La regione sull’altra sponda dell’Atlantico è un tesoro di minerali utili a raggiungere quest’obiettivo e, allo stesso tempo, è uno spazio che condivide valori e idee liberali. Di questo gli europei stanno prendendo coscienza, mentre i latinoamericani e i caraibici già lo sanno.
L’America Latina e i Caraibi, infatti, è una regione consapevole del fatto che più di 5 milioni di connazionali[19] vivono, studiano e lavorano in Europa. Questo la costringe a volere più connessioni strategiche con l’Unione. Tuttavia, per crearle necessita dei suoi investimenti, i quali sarebbero indispensabili anche per superare i problemi strutturali di cui è affetta: bassa produttività e alta deindustrializzazione[20].  Come possono l’America Latina e i Caraibi creare occupazione di qualità, risolvere il problema dell’informalità e fornire stipendi migliori con queste traiettorie in declino? È ovvio che devono essere cambiate. La regione deve aumentare la sua crescita economica per una corretta redistribuzione della ricchezza (che non è solo un dilemma etico-morale), altrimenti le tensioni politiche non la abbandoneranno mai, i divari diventeranno sempre più ampi e la criminalità e l’illegalità si radicheranno sempre più profondamente.
Il vertice UE-CELAC del 17-18 luglio 2023 è stato il luogo adatto per discutere di quella che pare essere una soluzione comune ai differenti problemi dei due attori: il Global Gateway.

Il Global Gateway contro la presenza cinese in America Latina.

Non è che l’Unione Europea fosse ignara dell’enorme presenza cinese (e russa) in America Latina e i Caraibi, tuttavia, bisogna sottolineare che – come il grafico mostra – è tra il 2017 e il 2019 che il commercio tra Pechino e la regione latinoamericana è aumentato significativamente: le importazioni cinesi sono cresciute di oltre la metà e le esportazioni verso l’ALC del 30% in due anni.


[21]

Oggi questi dati continuano ad aumentare. Tra il 2021 ed il 2022, infatti, gli scambi commerciali tra le due regioni hanno totalizzato un record di $450 miliardi, e alcuni economisti prevedono che potrebbe superare i $700 miliardi entro il 2035. La Cina è ora il principale partner commerciale del Sud America e il secondo più grande per l’America Latina nel suo complesso, dopo gli Stati Uniti[22].
Questa breve e generale panoramica sulla portata della presenza cinese in America Latina e i Caraibi non ha, però, ancora illustrato gli scopi di essa. Pechino è nella regione per avanzare nel suo processo di emancipazione globale: investire, commerciare e dialogare per mantenere una propria autonomia tecnologica – dato che la tecnologia è il plus della sua crescita economica – e per guadagnare influenza politica ed ottenere voti all’interno dell’ONU (si pensi alla questione Taiwan[23] ). Essa si mostra come modello di sviluppo vincente che tende la mano a chi, all’inizio degli anni 2000, visse una rapida crescita economica quasi come lei. Infatti, le dichiarazioni ufficiali cinesi degli ultimi due decenni di relazioni con l’America Latina e i Caraibi hanno sempre fatto riferimento allo sviluppo comune, al mutuo vantaggio e al win-win[24].
È sulla base di questa traiettoria geopolitica cinese che, nel 2014, durante un vertice tra le due regioni a Brasilia, è stato creato il Cina-CELAC Forum. Si tratta di una piattaforma di cooperazione intergovernativa guidata dai Ministeri degli Esteri della Cina e dei Paesi membri della CELAC che lavora in diversi settori, tra cui quello relativo ai partiti politici, alle infrastrutture, all’interscambio tra i think tanks[25]… L’implicazione più grave di questo dialogo politico ed economico è di facile intuizione e riguarda la narrativa delegittimante dei processi democratici che esso trascina con sé. Alcuni osservatori affermano che i crescenti legami tra la Cina e l’America Latina stanno rafforzando i governi autoritari[26].
Consapevole di ciò e a seguito dell’adesione di 21 Paesi latinoamericani alla Belt and Road Initiative (BRI) – l’iniziativa cinese per le infrastrutture e i finanziamenti, che sviluppa rotte commerciali terrestri e marittime in tutto il mondo – l’Unione europea ha puntato tutto sul Global Gateway per recuperare l’influenza persa nell’area.
“I am pleased to announce that Team Europe will invest over €45 billion in Latin America and the Caribbean until 2027 via our programme Global Gateway. […] Global Gateway comes with the highest environmental and social standards, and with transparency. This is Europe’s way of doing business” ha sottolineato la Presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentando il piano di investimenti europeo nella regione durante il vertice del 17 luglio[27]. La portata degli investimenti del Global Gateway potrebbe cambiare le carte in tavola, essere parte della soluzione ad alcuni dei problemi strutturali che affettano l’America Latina e i Caraibi, fornire lo slancio che serve all’Unione per mostrarsi un socio affidabile con cui costruire un futuro digitale e verde, e riaprire la partita tra le superpotenze che giocano a guadagnare soft power relativo nell’area. Eppure, i risultati del Summit UE-CELAC recentemente svoltosi a Bruxelles hanno mostrato quanta strada ancora ha da percorrere l’Unione Europea se vuole sviluppare un dialogo costruttivo, posizioni internazionali comuni e una relazione lungimirante e non eurocentrica con l’America Latina e i Caraibi.


Note

[1] Ministerio de Relaciones Exteriores Gobierno de Chile, Relación bi-regional América Latina y el Caribe/Unión Europea. In: https://www.chile.gob.cl
[2] Commissione Europea, Comunicato stampa – RELACIONES ENTRE LA UNION EUROPEA Y EL GRUPO DE RIO MEMO/94/25, Bruxelles, 19 aprile 1994. In: https://ec.europa.eu/commission/presscorner
[3] Declaración de Rio, Jefes de Estado y de Gobierno EU-LAC, Rio de Janeiro, 28-29 de junio 1999. In: https://intranet.eulacfoundation.org
[4] G. MÜLLER et al, «The EU-Latin American Strategic Partnership: state of play and ways forward», European Parliament, Belgium, 2017, p. 40
[5] G. MÜLLER et al, «The EU-Latin American Strategic Partnership: state of play and ways forward», European Parliament, Belgium, 2017, p. 50
[6] Comisión Interamericana para el Control del Abuso de Drogas (CICAD), Organización de los Estados Americanos (OEA), Informe sobre el Consumo de Drogas en las Américas 2019, Washington, D.C., 2019
[7] Parlamento Europeo, Note sintetiche sull’Unione Europea – America Latina e Caraibi, 2022. In: https://www.europarl.europa.eu
[8] L. RUANO, «La Unión Europea y América Latina y el Caribe: breve historia de la relación birregional», Revista Mexicana de Política Exterior, n. 112, 2018, p. 75
[9] Ibidem
[10] Intervento di R. J. ATONDO, La cumbre UE-CELAC: un nuevo impulso para una alienza estratégica, 2023. In: https://www.youtube.com/watch
[11] S. POZZI, «América Latina no crecerá nada en 2016, dice el Banco Mundial», El País, New York, 2016. In: https://elpais.com/economia/2016
[12] L. RUANO, «La Unión Europea y América Latina y el Caribe: breve historia de la relación birregional», Revista Mexicana de Política Exterior, n. 112, 2018, p. 85
[13] Intervento di R. J. ATONDO, La cumbre UE-CELAC: un nuevo impulso para una alienza estratégica, 2023. In: https://www.youtube.com/watch
[14] Discorso del Presidente Jean-Claude Juncker all’Assemblea generale della Federazione ellenica delle imprese (SEV), 21 giugno 2016. In: https://ec.europa.eu/commission/presscorner
[15] J. FRANKEL, «Economic Shocks and Their Implications for International Politics», M-RCBG Faculty Working Paper 2012, n. 5, p. 5 
[16] Intervento di J. I. TORREBLANCA, Panel de debate: El Plan de la Alianza Digital en las inversiones de UE en AL, 2023. In: https://www.youtube.com/watch
[17] Ibidem
[18] Commissione Europea, Comunicato stampa – NextGenerationEU: Two years on since its adoption, the Recovery and Resilience Facility continues to be a central driver of the EU’s green and digital transformation, Bruxelles, 21 febbraio 2023. In: https://ec.europa.eu/commission/presscorner
[19] M. McAULIFFE and A. TRIANDAFYLLIDOU, World Migration Report 2022, International Organization for Migration (IOM), Geneva, p. 98
[20] Intervento di M. CIMOLI, El nuevo productivismo global y las relaciones UE-ALC: hacia una necesaria reindustrialización compartida, 2023. In: https://www.youtube.com/watch
[21] R. JENKINS, «China’s Belt and Road Initiative in Latin America: What has Changed? », Journal of Current Chinese Affairs, n. 51, 2022, p. 25
[22] D. ROY, «China’s Growing Influence in Latin America», 2023. In: https://www.cfr.org
[23] Ibidem
[24] R. JENKINS, «China’s Belt and Road Initiative in Latin America: What has Changed? », Journal of Current Chinese Affairs, n. 51, 2022, p. 21
[25] Department of Latin American and Caribbean Affairs and Ministry of Foreign Affairs of China, Basic Information about China-CELAC Forum, April 2016, p. 25
[26] D. ROY, «China’s Growing Influence in Latin America», 2023. In: https://www.cfr.org
[27] Commissione Europea, Comunicato stampa – Commission presents Global Gateway Investment Agenda with Latin America and Caribbean, Bruxelles, 17 luglio 2023. In: https://ec.europa.eu/commission/presscorner


Foto copertina: Il terzo vertice UE-CELAC del 17-18 luglio 2023