Riconosciuto come strumento fondamentale del soft power, l’animazione occupa, senza dubbio, una posizione cardine nella vita quotidiana, soprattutto, per le giovani generazioni, poiché non solo ha caratteristiche nazionali uniche, ma contiene anche ricchi depositi culturali. Cina e Giappone a confronto.
A cura di Luigi Tortora
Cina, Giappone e l’animazione come soft power
Nel definire il potere, come la capacità di attrarre e, allo stesso tempo, condizionare il comportamento altrui, Jospeh Nye pone in essere un’importante analisi su due concezioni di potere. Il professore statunitense, sostiene l’idea secondo la quale la potenza di un attore internazionale non si compone solo dei più tradizionali aspetti materiali, come quelli rappresentati dalle risorse economiche e militari a sua disposizione, ma anche di quelli immateriali, legati per esempio alla cultura e agli ideali che quest’ultima richiama a gran voce[1]. Per Cina e Giappone l’animazione è un nuovo strumento di soft power.
Nel corso degli ultimi anni, Pechino ha scoperto che l’industria dell’animazione non solo ha la capacità di attrarre l’attenzione dei giovani, ma può anche soddisfare i bisogni emotivi degli spettatori, l’identità culturale e gli interessi di intrattenimento, il tutto facilitato dal processo di sviluppo della tecnologia moderna e delle piattaforme mediatiche, che hanno reso le animazioni più facili da diffondere e da guardare.
D’altro canto, Tokyo ha sempre promosso l’idea che gli anime fossero da considerarsi come una forza economica che attrae i consumatori di tutto il mondo a spendere di più in prodotti giapponesi e a interessarsi di più al Giappone, in un modo apparentemente amichevole nonché positivo. Tuttavia, sta diventando chiaro, nello scenario giapponese, che gli anime non sono solo un’immagine in movimento, una forma d’arte, un qualcosa che promuove diverse sfaccettature d’intrattenimento, ma hanno anche assunto un significato completamente diverso e hanno dato vita a nuovi sviluppi nella storia economica del Giappone.
Non a caso, il ministro degli esteri giapponese, Takeshi Iwaya, ha promosso delle iniziative volte a delineare un nesso tra Manga, Anime e Diplomazia Culturale.
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L’animazione nello scenario cinese
L’avvento e l’ascesa dell’animazione cinese, spesso definita con il termine di donghua, ha attirato una notevole nonché significante attenzione, sia nei mercati nazionali che in quelli internazionali. Nonostante il suo ingresso relativamente tardivo sulla scena globale, l’animazione cinese si è evoluta rapidamente, ottenendo riconoscimenti per la sua narrazione unica, la profondità culturale e la diversità artistica[2].
Un altro aspetto significativo del suo pieno successo, è dovuto dal cambiamento demografico del suo pubblico. Inizialmente rivolta principalmente ad un pubblico minorile, l’animazione cinese ha subito un cambiamento, attraendo e abbracciando, sempre di più, la compagine adolescenziale e adulta. Questo cambiamento è in parte guidato dalla messa a punto di narrazioni più complesse e temi maturi, che riflettono meglio le esperienze e le aspirazioni di queste fasce demografiche. Inoltre, il ruolo del sostegno governativo, volto a promuovere i prodotti culturali nazionali e incoraggiare gli studi di animazione locali, è stato determinante nel migliorare la qualità e la portata dell’animazione in tutto lo scenario cinese. Le iniziative governative, come sussidi e politiche favorevoli alle forme d’intrattenimento, hanno reso fertile il terreno per la creazione di un ambiente di supporto per gli animatori, redendo così l’animazione cinese come uno dei principali vettori di soft power e diplomazia culturale[3].
Da un punto di vista, prettamente, politico, il Partito Comunista Cinese ha presentato, nel marzo 2021, il 14° Piano Quinquennale (2021-2025) finalizzato allo sviluppo economico, sociale e nazionale della Repubblica Popolare Cinese (RPC).
In questo piano quinquennale, il governo statale ha dato vita ad una serie di iniziative volte a migliorare la qualità e l’efficienza dell’industria dell’animazione, sostenendo l’idea secondo la quale è assolutamente necessario e importante raccontare storie culturali cinesi, poiché il tutto garantirà e amplificherà il processo di diffusione dei valori culturali e socialisti in tutte le fasce della popolazione.
Il piano quinquennale ha anche sottolineato l’importanza della creazione di diversi marchi di animazione cinese, affinché fosse promosso un pieno processo di cristallizzazione e di piena diramazione, su tutto il territorio, delle filiere produttive dell’industria dell’animazione[4].
La crescente popolarità dell’animazione cinese è stata oggetto di un crescente interesse accademico, facendo in modo da dar vita ad un’ampia indagine sui meccanismi sottostanti che stanno alla base e che, allo stesso tempo, contribuiscono al suo successo.
Al giorno d’oggi, il concetto di animazione è diverso dal precedente significato di immagini video o fumetti, poiché è da considerarsi come una vera e propria arte completa, che combina cartoni animati, arti visive, musica e tecnologia digitale. Inoltre, lo sviluppo dell’industria dell’animazione cinese è sempre stato influenzato dagli anime giapponesi e, soprattutto, dai cartoni animati americani. Tuttavia, questo processo di connessione con l’animazione straniera, ha messo in luce una serie di problematiche, legate al fatto che la troppa attenzione all’imitazione e alla copia dei due stili stranieri abbia notevolmente svalutato e offuscato la capacità nonché l’originalità delle opere di animazione cinesi.
La letteratura, a più riprese, sostiene che l’identità unica, dell’animazione cinese, deve essere plasmata da una complessa interazione di influenze storiche, narrazioni culturali e sviluppi specifici del settore. Questi aspetti sono considerati essenziali per formare un fascino distintivo nonché originale, affinché risuoni sia con il pubblico nazionale che internazionale.
Nonostante siano state poste in essere, da una parte della letteratura, diverse critiche sul carattere, potremmo dire, troppo nazionale dell’animazione cinese, alcuni studiosi si sono focalizzati sui componenti nazionalizzati dell’animazione cinese, sostenendo che la cultura del Paese ha ostacolato lo sviluppo dell’animazione nazionale contemporanea. Eppure, gli Stati Uniti hanno dimostrato il fascino degli elementi cinesi con animazioni piene di componenti culturali cinesi, come il caso di Mulan (1998) e di Kung Fu Panda[5] (2008).
La “Cool Japan”: il caso dello Studio Ghibli e del maestro Eiichiro Oda
Nel corso degli ultimi anni, il Giappone è diventato uno dei principali detentori di soft power nello scenario internazionale. Alcuni studiosi hanno iniziato ad abbracciare l’idea secondo la quale, bisogna riferirsi a Tokyo come una vera e propria superpotenza culturale. La capacità del Giappone di attrarre altri attraverso le sue risorse culturali, ovvero il suo soft power culturale, ha trovato sempre più spazio nel mondo degli accademici e dei decisori politici giapponesi.
L’importanza di introdurre il concetto di soft power e di connetterlo all’idea di essere un agente completamente autonomo, libero da pressioni strutturali internazionali, è meglio compresa all’interno del più ampio dibattito sulla politica estera del Giappone nel dopoguerra. Col finire della seconda guerra mondiale, Tokyo è stato a lungo visto come un gigante economico nonché una proiezione politica di Washington.
Al contrario, l’emergere del dibattito sul soft power ha creato un’importante avvertenza su quale posto dovesse occupare il Giappone nel sistema internazionale, suggerendo, allo stesso tempo, che Tokyo possiede il pieno potenziale per esercitare un’influenza completamente indipendente negli affari politici internazionali attraverso una diplomazia culturale abilmente elaborata e studiata[6].
La strategia Cool Japan è stata lanciata nel 2012 come iniziativa di soft power, affinché venisse promossa la cultura del Giappone nello scenario internazionale.
Una delle principali figure chiamate alla pubblicizzazione nonché alla commercializzazione di questa strategia, è stata Aso Taro, uno degli ex primi ministri del Giappone, che era noto per avere una forte sensibilità verso i manga, dato che li leggeva quasi ogni giorno. Il suo modus operandi era principalmente mirato a promuovere la psichedelia giapponese, poiché quest’ultima aveva acquisito una certa qualità, popolarità in tutto il mondo e aveva influenzato le diverse fasce della popolazione[7]. Quando si parla di animazione giapponese, è necessario, potremmo dire obbligatorio, fare riferimento allo Studio Ghibli.
Nel mondo dell’economia degli anime, è la società di produzione Studio Ghibli a distinguersi e a trovare sempre più spazio. Sebbene sia nota per le sue produzioni che spesso rappresentano l’identità culturale e nazionale del Giappone, allo stesso tempo, lo studio d’animazione del maestro Myazaki è riconosciuto come uno dei principali strumenti di soft power.
L’estetica dei film Ghibli è stata ed è, tuttora, estremamente influente per l’industria dell’animazione. Ma i racconti dello Studio Ghibli non sono diventati popolari solo per il loro aspetto e le loro trame, ma sono anche un perfetto esempio di anime transnazionale commercializzato. Attraverso il suo lavoro, Hayao Myazaki ha offerto una prospettiva unica e perspicace sulla cultura giapponese, concentrandosi su diverse tematiche, ovvero: l’enfasi su questioni ambientali, tradizioni popolari giapponesi e persino crescita personale. Questi temi culturali sono intrecciati in tutti i film, offrendo agli spettatori un’esperienza ricca e coinvolgente. Che si tratti di visitare un tempio in Quando c’era Marnie, di un viaggio alla scoperta di sé nel Castello errante di Howl, delle avventure dei piccoli tanuki nella foresta in Pom Poko, i film dello Studio Ghibli offrono preziosi spunti sui valori e le credenze culturali del Giappone, in una maniera tale da incidere sulla nostra prospettiva di vita e aiutarci a rispettare nonché apprezzare le culture diverse[8].
Altro grande esempio, nel mondo dei manga e dell’animazione, è rappresentato da Eiichiro Oda, autore di una grandissima opera: One Piece.
Eiichiro Oda, in quanto creatore di questo anime, soprattutto, nell’arco narrativo di Wano (20°stagione), non solo crea un mondo immaginario interessante, ma offre anche al pubblico l’opportunità di apprendere e rispettare il patrimonio culturale giapponese in un modo più ampio e coinvolgente. Uno di questi è l’uso di onorificenze tradizionali giapponesi, come –sama, –san, –dono, –kun e –chan (Luffy san, Zoro san, Sanji chan) che mirano a dimostrare il valore dell’etica e della filosofia giapponese. Attraverso questo uso linguistico, il pubblico viene introdotto ed immerso in vari aspetti della cultura giapponese a cui potrebbe non essere stato esposto prima. Inoltre, gli elementi della cultura e della lingua giapponese utilizzati hanno un impatto significativo sulle impressioni e sulle reazioni del pubblico, sia all’interno che all’esterno del Giappone.
Ciò che rende unico questo manga in particolare è la rappresentazione della cultura e della tradizione giapponese in tutti i suoi aspetti.
Nel Giappone odierno, il manga è diventato un fenomeno e il suo impatto potrebbe essere visto in ogni settore della cultura giapponese. I pirati di Cappello di Paglia (Monkey D. Luffy) sono un esempio di una cultura incentrata sulla comunità in Giappone, dove le persone sostengono gli altri affinché venga migliorata la società e il suo pieno sviluppo[9].
Note
[1] J.Nye, Il soft power, Torino, Einaudi 2005.
[2] Wang, C.C. (2009). On the Development of Animation Derivative Products. China Publ. 6.
[3] S. Peng, The causes and measures of Chinese animation mainly for young age, Inti International University, Malaysia, SHS Web of Conferences 158, 01016 (2023), pp. 1-6.
[4] Cultural Development Plan for the “14th Five-Year Plan”, disponibile al link https://www.gov.cn/zhengce/2022-08/16/content_5705612.htm; Zhou, Strategies on Optimizing the Development of China’s Animation Industry, School of Arts and Sciences, Shaanxi University of Science and Technology Xi’an, China, pp. 1-3.
[5] S. Man, Chinese animation and its evolution and cultural background, School of Animation and Digital Arts, Communication University of Zhejiang, Hangzhou, 310018 – China, pp. 1-18.
[6] J. Jeong and J. Grix, An analysis of Japan’s soft power strategies through the prism of sports mega-events, 16 Sep 2022, Sport in Society Cultures, Commerce, Media, Politics, Volume 26, 2023 – Issue 10. https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/17430437.2023.2197398#abstract
[7] Nerdy Taro Aso popular among younger Japanese, https://www.taipeitimes.com/News/taiwan/archives/2007/09/19/2003379438; A New Look at Cultural Diplomacy: A Call to Japan’s Cultural Practitioners
Speech by Minister for Foreign Affairs Taro Aso at Digital Hollywood University, https://www.mofa.go.jp/announce/fm/aso/speech0604-2.html
[8] Multimodal Discourse Analysis of Studio Ghibli Movie Posters (Study of Studio Ghibli Movie Posters 1984-2023) March 2024, Journal of Visual Art and Design 16(2):2024. file:///C:/Users/PC/Downloads/22091-ArticleText-89767-1-10-20250304.pdf
[9] PIRATES, JUSTICE AND GLOBAL ORDER IN THE ANIME ‘ONE PIECE, https://dsps.ceu.edu/sites/pds.ceu.hu/files/kopper-justiceandglobalorder2018draft.pdf
Foto copertina: Riconosciuto come strumento di soft power, l’animazione occupa, senza dubbio, una posizione cardine nella vita quotidiana in Cina e Giappone