Per comprendere i complessi e ingarbugliati rapporti tra Cina e Taiwan, e come questo conflitto si espande in ambito internazionale, bisogna osservare due elementi: la storia, e chi l’ha vissuta. Abbiamo intervistato R., originario di Canton, per avere un punto di vista più ravvicinato sulla questione Taiwan.
È importante dare un nome alle cose. Imparare il nome di un elemento della bicicletta ci consente di distinguere l’insieme dalla parte, di tracciare il confine tra A e B, quando scopriamo cos’è il telaio, questo, si sgancia dall’insieme: il telaio esiste, e noi lo conosciamo.
Nel nome risiede l’indipendenza e l’esistenza, e forse per questo, a volte, si ha molto timore dei nomi. La Repubblica Popolare Cinese conosce bene la forza e la potenzialità di un nome in particolare: Taiwan.
Questa piccola isola viene spesso indicata con il nome di “Taipei”, la sua capitale; questo appellativo sembra irritare meno la Cina, perché allontana l’idea che si stia parlando di un vero e proprio Paese. Il territorio è noto anche come Isola di Formosa, così chiamata dai portoghesi nel XVI secolo, ma questa forma sembra essere in disuso. Già da questa brevissima introduzione si coglie la grande complessità dell’argomento Taiwan: un’isola con tre nomi, di cui sembra meglio non utilizzarne nessuno.
La storia del Taiwan, come quelle di molte isole, è una successione di contese e colonizzazioni. Per un lungo periodo l’isola è un’appendice della Cina, ma dopo la prima guerra sino-giapponese nel 1895, diventa conquista del Giappone. La seconda guerra mondiale ha rimescolato il mazzo di carte e, nella spartizione del nuovo mondo, il Taiwan ritorna alla Cina. Quando si accende la miccia della rivoluzione di Mao, Taiwan appare come un buon rifugio per gli anticomunisti, il governo cinese del Kuomintang si ripara a Taipei in seguito alla sconfitta da parte di Mao. L’isola diventa quindi centro nevralgico dell’opposizione, vengono organizzate manifestazioni e il dissenso dei taiwanesi nei confronti dei comunisti è ben chiaro. La Cina risponde duramente, vengono inviate truppe per reprimere idee rivoluzionarie con la violenza. Formosa, che in portoghese significa “bellissima”, si tinge di sangue durante il massacro del 28 febbraio 1947: vengono uccisi migliaia di studenti, avvocati, medici e leader delle proteste. Con la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, il 1° ottobre 1949, il conflitto e il dissenso si sedimentano all’interno dell’isola. Chiang Kai-Shek cerca protezione a Taiwan, e insieme ai nazionalisti, trova sicurezza circondato dai mari dell’isola. Ripercorrendo la storia del Taiwan è possibile cogliere il ruolo di questo limitato territorio: da appendice di un vasto ed esteso impero, a roccaforte e scrigno della Cina pre-rivoluzione. Le radici di una Cina passata, la cultura politica di un’epoca, ormai lontana, i resti e le impronte di racconti antecedenti alla rivoluzione: ecco cosa è stato difeso a Taiwan.
Con la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, quello che era un conflitto interno e intimo tra Cina e Taiwan, diventa terreno di scontro ideologico, così la delicata questione sino-taiwanese è solo una delle tante arene della Guerra Fredda. Gli Stati Uniti patteggiano per Taipei e la ergono a simbolo della lotta contro i fascismi e le dittature; grazie a questa superficiale motivazione ideologica, Taiwan ha salvo il seggio alle Nazioni Unite. Tuttavia, con il passare degli anni però, la democrazia e l’indipendenza della sfortunata isola, sembrano non essere priorità dell’Occidente, e quindi dell’ONU. Dal 1971 il Taiwan cede la sua preziosa poltrona nell’Assemblea delle Nazioni Unite alla Repubblica Popolare Cinese.
Dalla ping pong diplomacy ai giorni più recenti, si assiste a un cambiamento d’immagine repentino: oggi a riconoscere il Taiwan come Paese indipendente sono appena 14 Paesi.
L’excursus storico aiuta sicuramente a comprendere la fragilità e la complessità degli equilibri tessuti tra l’isola e il resto del mondo. Si tratta spesso di relazioni controverse e delicate, l’apoteosi dell’ambiguità in questo campo, è stata probabilmente raggiunta dagli Stati Uniti con il Taiwan Relations Act (1979). A causa di questa foschia, che ora va addensandosi, è sempre più complicato conoscere la realtà della situazione; sorvolando superficialmente sul Taiwan perdiamo completamente la visione più intima e importante del conflitto.
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È necessario quindi chiedersi come questa vicenda stia influenzando le vite dei cittadini taiwanesi e cinesi, e come questi ultimi stiano vivendo questo momento di insicurezza. Per questo motivo, ho chiesto a R. di raccontarmi la situazione osservata, e vissuta, da vicino. R. è originario di Canton, i suoi genitori, cresciuti durante la rivoluzione di Mao, sono stati costretti a rifugiarsi a Hong Kong, e poi a Taipei, nella loro giovinezza: la storia è entrata voracemente nelle loro vite, e in quelle di migliaia di persone, cambiandole nel profondo.
Quali sono gli orientamenti dell’opinione pubblica cinese, riguardo al tema Taiwan? Ci sono delle precise categorie di persone che condividono generalmente la stessa idea su questa situazione?
“Penso che, il popolo della Cina continentale, e in particolare i comunisti, giudichino i taiwanesi come dissidenti. Credono che loro siano scappati come vili e codardi durante la rivoluzione. Taiwan viene visto come un territorio occupato che prima o poi verrà reclamato. Io, personalmente, credo che dovrebbero esistere due Paesi separati e distinti, questo risolverebbe tutti i problemi e i conflitti. Non sono stati in grado di deciderlo nel 1949, se lo avessero fatto oggi avremmo una situazione migliore per entrambe le parti. Non si è mai giunti a un compromesso o una decisione, è questa la causa principale del conflitto.”
Hai detto che molti cinesi credono che i taiwanesi abbiano lasciato il loro Paese per vigliaccheria, quindi i cinesi continentali, in un certo senso, sentono di condividere le stesse origini, territorio e cultura con i taiwanesi?
“Culturalmente i cinesi si vedono sempre come un popolo unico. Spesso sembra proprio arroganza quella che porta i cinesi a sentirsi gerarchicamente superiori al resto. “Cina” nella traduzione cinese significa letteralmente “il paese di mezzo” e questo è riassuntivo del concetto secondo cui la Cina è al centro, tutto il mondo è all’esterno. Questo orgoglio l’ho sempre visto anche nei miei genitori ad esempio, erigerci a “popolo maestro”. Non è un caso che per indicare i non cinesi, si utilizza un termine che tradotto significa “barbari”. In tutta la Cina abbiamo tutti le stesse tradizioni e celebrazioni, c’è sempre una fortissima somiglianza.”
Nonostante questo forte senso di comunità, i taiwanesi come guardano ai cinesi continentali, e in particolare, ai comunisti?
“Il popolo di Taiwan si sente un Paese e un gruppo completamente diverso dai cinesi continentali. Sono ostili al regime, e sostengono che i comunisti stiano occupando la vera Repubblica di Cina (e non Repubblica popolare cinese). Per questo i cinesi continentali giudicano i taiwanesi come sciocchi, vili i e antipatriottici nei confronti del vero popolo cinese.”
Sono giudizi molto severi… perché i cinesi sembrano dar molto peso alla viltà e alla codardia dei taiwanesi?
“La grande maggioranza dei cinesi immigrati ed espatriati in tutto il mondo non sostiene affatto il governo comunista, siamo dovuti andar via a causa delle terribili azioni del governo. Ma coloro che vivono in Cina, subiscono un lavaggio del cervello e non sono istruiti su ciò che è successo; per questo finiscono per giudicare le persone che sono andate a vivere e a lavorare lontano dalla Cina come antipatriottici, e quindi non-Cinesi. In realtà, secondo questa loro logica, se sei nato e vivi attualmente in Cina, e sei un sostenitore del governo, allora sei pro-Cina. Tutti gli altri sono anti-Cina.”
Molti paragonano il conflitto Taiwan-Cina a quello Hong Kong-Cina, sbagliano? La comunità internazionale come sembra aver compreso la situazione?
“Penso che la maggior parte del mondo non sia affatto consapevole della profondità e della complessità delle questioni politiche tra Cina e Taiwan; in realtà credo che neanche gli interessi. Secondo me, è solo una questione di tempo, ma la Cina invaderà e prenderà il controllo su Taiwan, questo può avvenire fisicamente o economicamente. La questione di Hong Kong è stata provocata da un fallimento di accordi: la transizione da UK a Cina era stata inizialmente concordata come “due sistemi e un paese”, ma il governo comunista con la repressione delle proteste, la messa al bando di libri e il divieto di libertà di espressione, ha violato questo accordo. Nessuno interviene perché tutto il mondo beneficia delle merci a basso costo cinesi. Mentre la Cina cresce nell’economia globale, il mondo finirà per seguire il suo esempio.”
Le parole di R. dipingono una Cina che spesso accantoniamo: la Cina dei cittadini, di chi c’è nato e cresciuto, e anche quella di chi è scappato.
È importante parlarne, di ciò che è stato, di chi c’è stato. Bisogna nominare, cercare di distinguere. Solo così potremo essere coscienti di quel che avviene e ci influenza. Non bastano sguardi disattenti e superficiali per osservare conflitti con radici profonde e robuste.
Foto copertina: Studenti Taiwan Fonte Immagine: Agenzia Di Stampa Centrale