La fine del Franco CFA è la fine del colonialismo francese in Africa Occidentale?


Lo scorso 20 maggio, con una decisione che sembra storica, la Francia ha ufficialmente ratificato la fine del franco CFA, che d’ora in poi verrà sostituito da una nuova moneta chiamata Eco.


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Al momento della sua introduzione, per volere di Charles De Gaulle nel 1945, il franco CFA significava “franco delle colonie francesi dell’Africa”.
Negli anni ’60, però, con la decolonizzazione e l’apparente fine del controllo sul continente, il governo francese si vide costretto a trovare un nuovo significato per l’acronimo, e con facilità scelse “franco della Comunità finanziaria africana” per gli otto Paesi dell’Africa occidentale nei quali la moneta venne introdotta (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo).
La sostituzione lessicale però non tolse l’intenso sentimento di permanenza del colonialismo e dell’ingerenza francese in un’era nella quale tutto era ormai post-coloniale.

Ma il 20 maggio scorso, con una decisione che sembra storica, la Francia ha ufficialmente ratificato la fine del franco CFA, che d’ora in poi verrà sostituito da una nuova moneta chiamata Eco, senza rinunciare al suo impegno finanziario per l’Africa, in un momento in cui il continente è stato colpito da una fortissima crisi sociale ed economica a causa della pandemia da COVID-19.

Il ruolo della Francia sta evolvendo per diventare quello di un rigoroso garante finanziario della zona”, ha spiegato il ministro degli Affari Esteri, Jean-Yves Le Drian. “Questo fine simbolico dovrebbe far parte di un rinnovamento delle relazioni tra Francia e Africa e scrivere una nuova pagina della nostra storia”, ha detto la portavoce del governo Sibeth Ndiaye, dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge che dà il via libera alla trasformazione del franco CFA.
Il provvedimento segna la ratifica nel diritto francese della trasformazione della moneta che, come affermato dallo stesso Macron, è tutt’ora percepita come una delle vestigia della Françafrique, l’immenso impero coloniale francese in Africa.

La nuova moneta, l’Eco, circolerà inizialmente negli 8 stati dell’UEMOA (l’Unione economica e monetaria dell’Africa Occidentale), ma dovrebbe teoricamente estendersi anche a tutta l’area della CEDEAO (la Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale) che comprende Capo Verde, Gambia, Ghana, Guinea, Liberia, Nigeria, Sierra Leone.
I paesi dell’Africa centro-occidentale invece, Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Congo, Guinea Equatoriale e Gabon continueranno a mantere il “vecchio” franco CFA.

Grazie a questo nuovo accordo, frutto dell’incontro tra Macron e il Presidente ivoriano Alassane Ouattara ad Abidjan nel dicembre scorso, la Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale (BCEAO) non dovrà più depositare la metà delle sue riserve di valuta estera presso il Tesoro francese e la Banca di Francia, un obbligo percepito come un’umiliante dipendenza dalla Francia. “Il momento storico che stiamo vivendo oggi fa eco al nostro impegno per il cambiamento! Il passaggio dal FCFA all’Eco è una notizia meravigliosa per il futuro dei Paesi che lo utilizzano”, aveva detto su Twitter lo scorso inverno l’economista togolese Kako Nubukpo, noto per le sue posizioni anti franco CFA.

Altrettanto importante è il ritiro dei rappresentanti francesi dagli organi tecnici della BCEAO, precedentemente responsabili della nomina dei direttivi delle banche centrali africane. D’altra parte, la Francia continuerà a svolgere il suo ruolo di garante per questa moneta, che manterrà anche una parità fissa con l’euro (1 EUR = 655,96 CFAF), l’aspetto più criticato dagli economisti africani.

Con un cambiamento di tale portata però, molti sono i dubbi e le questioni in sospeso che preoccupano larga parte dei governi africani coinvolti nell’operazione, o quantomeno gli avversari politici ed i giovani, poco convinti della mossa liberista del governo francese: quando avverrà la sostituzione delle banconote di franchi CFA con quelle della nuova moneta? E come sarà il passaggio per i consumatori? Come si potrà estendere una moneta unica anche ai giganti dell’economia africana come la Nigeria, fulcro del dominio inglese sul continente e fortemente attratta dall’influenza cinese e dallo yuan?

Se la nuova moneta dovrà restare ancorata all’Euro, e se la Francia ne sarà di fatto garante continuando persino a stamparla e trasportarla, non si tratta di un’ennesima ingerenza nel progetto di libertà economica di una regione che conta 125 milioni di abitanti e che potenzialmente potrebbe arrivare a coinvolgerne il triplo?

Il progetto della moneta unica per la CEDEAO non è una novità, e già dagli anni ’80 se n’è discusso senza però arrivare mai ad una conclusione a causa delle divisioni interne, delle turbolenze politiche e sociali della regione, e dell’ingerenza occidentale che non ha mai concesso piena libertà agli stati africani, la cui classe politica è rimasta ancorata per decenni dopo l’indipendenza ai diktat delle ex-potenze coloniali. Riuscire a realizzarlo senza imposizioni o condizioni esterne però potrebbe segnare la rinascita dell’intera zona che, sebbene per il 70% del suo PIL faccia affidamento alla Nigeria, conta un prodotto interno di 817 miliardi di dollari.  Ad oggi, con otto monete diverse e di diverso valore, è impensabile poter raggiungere l’integrazione economica e politica, ma con una valuta comune la CEDEAO potrebbe ritrovarsi ad essere la diciottesima potenza mondiale superando giganti come l’Arabia Saudita.

Il progetto dell’Eco, proprio perché legato alla rinnovata benevolenza francese, non convince i giganti del continente come la Nigeria ed il Ghana, i quali hanno cercato di convincere i leader dei più ricchi paesi dell’Africa Occidentale, Senegal e Costa d’Avorio in primis, a staccarsi definitivamente dalla Francia, imponendo le proprie regole sul tavolo del negoziato. Le richieste sono rimaste inascoltate, e proprio il presidente Ivoriano Ouattara è stato grande sostenitore del passaggio CFA-Eco. Numerose sono state le proteste degli attivisti, in diverse occasioni si sono viste banconote CFA bruciate per le strade delle grandi capitali, e i giovani sono entrati nella discussione approfittando delle già agitate acque che imperversano nella regione, chiedendo un cambiamento di passo definitivo ad una classe politica che appare ancora corrotta, legata ai favoritismi e che non accetta il dibattito.

Anche la stampa si è divisa, e tra i giornali contestatori della manovra monetaria si è imposto il quotidiano ivoriano Notre Voie il quale ha ironicamente titolato “CFA franc et Eco: bonnet-blanc, blanc-bonnet”, che potremmo tradurre con “Franco CFA ed Eco: se non è zuppa è pan bagnato”; il passaggio alla nuova moneta richiederà ancora molto tempo per l’attuazione pratica, ma il rischio che preoccupa i più è che sia soltanto una manovra gattopardiana, un trucco ben studiato per dare l’impressione che qualcosa stia cambiando, senza cambiare nulla.


 

Fonti:


Foto copertina: Immagine web. LaRepubblica


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