Il narcotraffico è il sintomo di una società globale caratterizzata da una disparità economica e sociale tale da permettere a pochi di ammalare il territorio dei molti.
I danni del narcotraffico sono in ogni fase della catena del valore del prodotto, ma finché ci sarà una domanda, ci sarà un’offerta e quest’offerta non può essere ignorata soprattutto per gli effetti che provoca nel tessuto sociale.
La natura della lotta alla costellazione del narcotraffico latino-americano
In America Latina non è nuova la strategia relativa alla lotta al narcotraffico tramite la forte militarizzazione imposta dal governo. Non stupiscono, in prassi, le misure militariste del presidente Daniel Noboa nel presentare un decreto repressivo che conferisce un largo margine di manovra alle Forze Armate, con l’obiettivo di risolvere lo “stato di guerra”.
I paesi che hanno dichiarato guerra al narcotraffico ed al crimine organizzato presentano delle linee comuni nella loro strategia: la militarizzazione della sicurezza, l’escalation di violenze e la violazione di diritti umani tra tutte.
Facendo una panoramica generale su come la lotta al narcotraffico si stia evolvendo in America Latina, è inevitabile non parlare del più grande esportatore di cocaina al mondo, ossia la Colombia.
Colombia
Dalla guerra alla droga iniziata già dagli anni ’60 con l’iconica figura di Pablo Escobar, sul quale non ci soffermeremo, si sono cercate leggi e strategie per combattere i narcos.
Già nel 1999, con il governo di Andrés Pastrana, fu lanciato il Plan Colombia, in collaborazione con gli USA, per un piano di investimenti, tra il 2001 ed il 2016, pari a 10.000 milioni di dollari in aiuti militari, per la lotta al narcotraffico.
La strategia della militarizzazione del conflitto ha avuto alcuni effetti sul piano umano, comportando una riduzione del tasso di omicidi e sulla diversificazione delle economie dei narcotrafficanti (i quali hanno spesso optato a operazioni di estrazione mineraria illegale), così come l’aumento dell’emigrazione e la conseguente dislocazione delle economie del narcotraffico.
Questa strategia però non ha colpito la coltivazione della coca, la quale alla fine del 2023 conta circa 230.000 ettari di terreno, di cui buona parte al confine con l’Ecuador, facendo della Colombia il primo produttore di cocaina al mondo.
L’attuale presidente Gustavo Petro, osservando gli esiti poco ottimali delle politiche di militarizzazione ha optato per una politica più moderata, legata principalmente ad una graduale sostituzione delle colture di coca, attraverso politiche sociali.
Iconico è stato il discorso alle Nazioni Unite del presidente Petro alla 77° Assemblea Generale delle Nazioni Unite dove ha osservato che “La guerra alla droga è una guerra ai contadini colombiani e una guerra ai poveri precari dei paesi occidentali […] dobbiamo lottare per costruire una società pacifica che non sottragga significato ai cuori delle persone che, nella logica della società dominante, sono trattate come una popolazione in eccedenza”[1].
Nell’iconico discorso osserva come la lotta al narcotraffico sia fallita negli ultimi 40 anni, e sia necessaria un approccio differente, legato al contrasto alle ineguaglianze economiche a livello globale, principale causa della creazione del mercato del narcotraffico; al supporto economico agli agricoltori colombiani che vedono nelle piantagioni di coca una via di fuga dalla povertà; alla necessità di proteggere la foresta amazzonica, ultima spugna in grado di epurare le emissioni di anidride carbonica.
Osserva inoltre come “diminuire il consumo di droga non necessita di più armi, ma di una società più solidale e affettuosa, dove l’intensità della vita salvi dalle dipendenze e dalle nuove schiavitù”
Messico
Nel dicembre del 2006 Felipe Calderón dichiarò guerra al traffico di droga ed alla criminalità organizzata. Nel 2007 la collaborazione con gli USA tramite l’Iniciativa Mérida ha conferito aiuti finanziari legati al contrasto alla coltivazione, produzione e consumo di droghe attraverso un consolidamento delle istituzioni ed un rafforzamento delle capacità tecniche, tattiche e di intelligence delle Forze Armate.
Da qui inizia una delle guerre più sanguinose al narcotraffico, che nel 2023 ha visto un record di omicidi che agli inizi di settembre contavano per circa 165.000 omicidi.
El Salvador
Il caso di El Salvador è un caso di iconico, per il contrasto al narcotraffico per i metodi oppressivi della società civile, ma allo stesso tempo della popolarità del leader. La guerra al narcotraffico in El Salvador, come la conosciamo negli ultimi anni, è iniziata con l’arrivo del presidente Nayib Bukele.
Il presidente che nel 9 settembre 2020 ha preso d’assalto l’assemblea nazionale con le forze armate e ha minacciato i deputati, ha approvato nel marzo del 2022 lo stato di emergenza, prorogato fino ad oggi.
Lo stato di emergenza permette alla forza pubblica di poter arrestare sospettati senza spiegare il motivo della detenzione. Ciò ha portato all’arresto di più di 72.000 persone e le organizzazioni umanitarie denunciano le misure repressive dei diritti umani legate soprattutto alle detenzioni arbitrarie di persone non legate alle organizzazioni criminali.
Per tale mole di prigionieri, il presidente ha costruito la prigione più grande d’America, con politiche carcerarie particolarmente restrittive, tale da poter accogliere 40.000 detenuti.
Le elezioni del 4 febbraio in El Salvador lo vedono nuovamente come favorito, ed annuncia che la prossima guerra da vincere sarà contro i funzionari corrotti.[2]
Gli effetti di tali politiche repressive sono stati rilevanti abbattendo il tasso di mortalità e smantellando le organizzazioni criminali.
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Ecuador
All’inizio di gennaio le due principali organizzazioni di narcotrafficanti “los choneros” e “los lobos” sono riuscite a far evadere diversi membri delle proprie organizzazioni dalle carceri ecuadoriane.
Il leader del cartello de “los choneros” è riuscito a fuggire con un pittoresco stratagemma, facendosi sostituire da un sosia nella propria cella. Alcuni giorni dopo il leader de “los lobos” 38 membri della gang, sono evasi da una prigione nel sud della città di Quito.
Successivamente il presidente Noboa ha composto un decreto legislativo che comporta lo stato di un conflitto armato interno con la possibilità di uso di armi letali da parte delle forze armate e con la possibilità di realizzare operazioni militari di rilievo nel territorio dello Stato.
Le preoccupazioni più rilevanti legate a questo decreto, oltre all’effettivo stato di guerra già di per sé tragico, consistono negli effetti che avrà tale mobilitazione.
L’obiettivo della politica del terrore è quella di intimorire le istituzioni e la popolazione civile. Eclatante è stato l’assalto da parte dei terroristi all’emittente televisiva, rendendo chiaro il messaggio di voler intimorire la popolazione civile per fare in modo che la politica scendesse a patti con le organizzazioni criminali.
Le rotte del narcotraffico tra Ecuador ed il Nord del Mondo.
Il confine settentrionale dell’Ecuador, situato in prossimità delle piantagioni di coca nei dipartimenti colombiani di Nariño e di Putumayo, sono il punto principale di entrata della cocaina lavorata in Colombia. L’esportazione avviene principalmente via mare dal porto di Guayaquil. Esmeraldas, provincia del nord-est dell’Ecuador presenta una vasta costa ricca di porti, anche clandestini, che attraggono molti flussi di traffici illegali che tra gas e petrolio, armi, munizioni e composti chimici includono principalmente la cocaina.
Le rotte che partono dal porto di Guayaquil raggiungono i maggiori hub di smercio globale. Turchia e Grecia sono i principali snodi di attracco nell’est del mediterraneo, principalmente destinati alle rotte dei Balcani e dell’Europa occidentale. Dati sui sequestri mostrano come la Grecia abbia intercettato quasi 2 tonnellate di cocaina nel 2020, per poi diminuire leggermente nel 2022. I principali paesi di partenza per tali rotte sono Ecuador e Brasile.
I fornitori spesso lavorano per più rotte commerciali, e diversi clienti in varie regioni del mondo. Spesso affiliati delle organizzazioni criminali estere arrivano nei luoghi di stoccaggio per organizzare le operazioni di spedizione in concerto con i providers locali. Per esempio, trafficanti dai Balcani e membri della criminalità organizzata italiana si sono stabiliti in Ecuador per creare linee di rifornimento per i mercati europei.
Sulla base dei sequestri fatti dalle autorità ecuadoriane, la proporzione della cocaina destinata al mercato europeo è aumentata dal 9% nel 2019 al 33% nel 2021, aumentando a più del 50% se si contano i casi in cui la destinazione era nota.[3] Ciò a significare che non sempre la destinazione di tali carichi è nota.
Nel 2021 la maggior parte dei sequestri più importanti sono stati fatti nel porto di Guayaquil. Le rotte però non si limitano unicamente all’Europa. Le autorità del Gambia, infatti, nel gennaio del 2021 hanno sequestrato circa 3 tonnellate di cocaina da un container, inviato dal porto ecuadoriano. Anche il Medio Oriente non è estraneo a tali traffici, secondo fonti dell’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) due grosse partite di cocaina sono state sequestrate in Ecuador nel 2020, le quali erano dirette verso l’Arabia Saudita: rispettivamente di 398kg nell’Ottobre del 2020 e 500kg nel gennaio del 2022.[4]
Circa ¼ della mole dei sequestri in Europa occidentale e centrale, secondo l’Organizzazione Mondiale delle Dogane, proviene dall’Ecuador. Le spedizioni in container di frutta fresca dal Sud America, principalmente l’Ecuador, sono state uno dei metodi tipici di occultamento per il commercio di cocaina che arriva nei porti balcanici. Secondo le autorità italiane, dal 2020, i porti italiani, principalmente il porto di Gioia Tauro, è sempre più stato utilizzato come punto di trasbordo per la cocaina diretta ad est, verso i porti del Mar Egeo e del Mar Nero. In questi porti, grandi carichi di cocaina sono attesi dalla criminalità organizzata dei Balcani, in particolare albanese, serba e montenegrina, che ne assicurano la distribuzione all’ingrosso ed il trasporto verso i mercati e le aree di stoccaggio in Grecia, Bulgaria, Romania e Ucraina.[5][6]
Il Brasile e l’Ecuador sono stati ripetutamente dichiarati dalla Grecia come stati di partenza, nei Report Annuali dell’UNODC nel periodo 2012-2021. Durante la loro rotta verso la Grecia compivano altre fermate in altri porti europei.
Nel marzo 2022 100 kg di cocaina sono stati sequestrati da una nave cargo di banane nel porto di Salonicco, da una nave che arrivava da Malta. Nel giugno 2022, quattro inglesi sono stati arrestati sempre a Salonicco per la tratta di 300 kg di cocaina, sempre in una nave cargo di banane. Prima di arrivare a Salonicco però si fermavano in Calabria. Tale passaggio suggerisce l’ingerenza dell’Ndrangheta. [7]
Note
[1] Discorso alla 77° Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 20 settembre https://www.youtube.com/watch?v=1T46oAkrydg&ab_channel=CNNenEspa%C3%B1ol
[2] https://www.primicias.ec/primicias-tv/sucesos/nayib-bukele-guerra-pandillas-elsalvador/
[3] “CRIMJUST Annual Meeting – Latin American and Caribbean” (Colombia, 3 Febbraio 2022)
[4] UNODC, “Drugs Monitoring Platform”.
[5] UNODC, “Italy Responses to the Annual Report Questionnaire 2021”.
[6] DCSA, “Relazione Annuale 2022”, Ministero dell’Interno, Direzione Generale per i Servizi Antidroga, 2022.
[7] Mark Lowen, “British Men in Greek Court over Cocaine Smuggling”, BBC News,15 giugno 2022
Foto copertina: Narcotraffico in Ecuador