L’anno che verrà


L’Editoriale


 

La pandemia ci ha detto che non possiamo più nasconderci, che i nodi prima o poi vengono al pettine.
Ci ha detto che il sistema sanitario italiano strutturato in questo modo non funziona, non ha funzionato per nulla il “modello Italia”, non ha funzionato il sistema dei temponi che ha generato ritardi e caos.
Ora ci aspetta la sfida del vaccino, ma soprattutto della gestione della distribuzione.
La pandemia ci ha detto che la classe politica era di fatto inadeguata a fronteggiare una situazione chiaramente  straordinaria. La schizofrenia della gestione delle zone colorate ha messo in evidenza il totale distacco tra la politica e i cittadini, tra le scelte fatte e le ricadute sulla popolazione.

Tra Dpcm, aperture e chiusure, bonus a pioggia e i “ristori” che in realtà non ristorano nulla.
Scelte quasi sempre in contraddizione: sì al bonus vacanze ma no alle vacanze, sì al cashback ma no allo shopping.
La pandemia ci ha detto che abbiamo un serio problema con la digitalizzazione.
Il rapporto Desi diffuso dalla Commissione europea, vede il nostro paese scivolare di una posizione nella classifica dei Paesi Ue, scendendo dal 24esimo al 25esimo posto. Peggio fanno solo Romania, Grecia e Bulgaria. Ancora peggio se si guarda solo alla dimensione del capitale umano, quella cioè che riguarda le competenze digitali: nel 2019 l’Italia ha perso due posizioni e si colloca ora all’ultimo posto nell’Ue.
Esistono più “Italie”, è evidente: esiste la parte connessa, veloce, rapida e in linea con l’Europa, ma esiste anche l’Italia senza connessione, l’Italia della Dad che non va perché le famiglie non hanno un pc o sono in troppi a doverlo usare.

La pandemia ci ha inchiodato alla crisi del lavoro, ora non si può più scappare. Almeno 1 milione di esuberi nel 2021.  Secondo la Repubblica è questa la stima che circola sui tavoli del governo in vista del 31 marzo, quando terminerà il blocco dei licenziamenti stabilito per decreto da inizio pandemia. Di questi, almeno 250mila lavoratori vengono considerati in uscita in pochissimo tempo. Il resto dopo.
La Banca d’Italia ha calcolato in 600mila i posti salvati con il mix di politiche anti-Covid, tra il divieto di licenziare e la cassa integrazione estesa a tutti. Senza questo pacchetto, i licenziamenti potevano salire a 700mila, il 30% in più del normale.
E a questi si aggiungono i 420mila occupati a termine già persi, come ha registrato l’Istat nei dati di ottobre. E altri ancora ce ne saranno tra precari e autonomi.

Senza ovviamente considerare il lavoro sommerso; nessuno si è chiesto come hanno fatto queste migliaia di persone a sopravvivere senza lavorare, senza percepire reddito, chi li ha aiutati? Le associazioni benefiche? Il reddito di cittadinanza? Gli usurai? E cosa ne sarà di loro?

La pandemia ci ha insegnato anche che il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione è diventato di fatto preminente rispetto a tutti gli altri diritti. Ora sul vaccino ci saranno tanti spunti di riflessione, sull’obbligatorietà di fatto per poter tornare alla vita normale (con buona pace d cospirazionisti, no vax e complottisti) a se è giusto, come già sostiene Pietro Ichino, o sbagliato licenziare chi si rifiuta di vaccinarsi.

L’Istat ci ha ricordato che nel 2020, in Italia, ci sono stati 700.000 decessi (non solo da Covid). Un numero così alto non si registrava dal 1944 quando eravamo in piena seconda guerra mondiale (ad onor del vero all’epoca la popolazione italiana contava circa 20 milioni di abitanti in meno e quindi l’incidenza è ovviamente diversa e il dato è relativo), però fa comprendere la portata storica di questa pandemia.

Il 2020 ci ha anche ricordato che per l’Italia l’unica speranza si chiama Europa e che nel Mediterraneo si sta giocando una partita importante tra gli attori regionali interessati ad espandere la propria influenza (leggi Turchia), e che l’Italia non può restare indietro.
La vicenda Zaki-Regeni-Egitto ci inchioda dinanzi alla necessità di uno scatto in avanti.

Purtroppo non basterà girare la pagina del calendario per risolvere i problemi.