Inquinamento da petrolio: ambientalisti portano la Norvegia alla Corte Europea per i Diritti Umani


La Norvegia tra svolte ecologiche ed attività petrolifere: un dualismo che collide. I livelli di inquinamento prodotti dal paese sono ancora alti, per questo, grazie all’iniziativa di sei giovani attivisti, il caso sarà portato a Strasburgo.


 

L’atteggiamento ambivalente della Norvegia, rischia di essere seriamente compromesso. Come? Grazie all’impegno attivo di un gruppo di sei attivisti per l’ambiente, supportati poi, anche dalle principali organizzazioni ambientaliste. Oslo, è riuscita negli anni, a dare una bella immagine di sé, di realtà all’avanguardia per quanto riguarda l’utilizzo di energie rinnovabili, la pedonalizzazione dei centri storici e l’utilizzo delle aree verdi.

Tuttavia, a questa tendenza “green”, si affiancava una storica, redditizia attività petrolifera, che ancora oggi, costituisce una voce molto importante degli introiti norvegesi. Le attività estrattive, che si tengono perlopiù a nord della Norvegia, nei dintorni del Mare di Barents, in pieno Mar Glaciale Artico, costituiscono, una fetta considerevole dell’inquinamento prodotto dal paese[1]. I danni derivanti da questo inquinamento, però, non sono passati inosservati e, qualcuno, ha deciso di intervenire. La condotta della Norvegia, quindi potrebbe finire davanti alla Corte Europea di Strasburgo.

Un gruppo di giovani per l’ambiente.

Tutto è partito da loro: sei attivisti, giovanissimi, che si battono per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, una delle sfide più importanti di questo periodo storico. I giovani accusano Oslo e le sue trivellazioni nell’Artico, che, secondo la loro impostazione, starebbe violando i diritti umani e la costituzione norvegese. Il gruppo è fortemente motivato, ed il prossimo passo sarà la denuncia alla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) di Strasburgo[2]. Secondo la dichiarazione congiunta rilasciata dagli attivisti, la Norvegia opera in piena violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, consentendo nuove trivellazioni e nuove attività esplorative dei mari, in cerca di idrocarburi da estrarre.

Il tutto, però, si svolge nel bel mezzo di una crisi climatica, indirizzata, quasi inesorabilmente, verso la via di non ritorno. I sei giovani attivisti norvegesi, comunque, non sono soli: ad aiutarli ci sono importanti organizzazioni ambientaliste come Greenpeace Norvegia, Friends of the Earth Norvegia, e Nature and Youth. Le organizzazioni e gli attivisti, hanno già pronta questa causa da intentare alla Norvegia e l’hanno depositata alla Corte Europea dei Diritti Umani il 15 giugno.
Il caso è stato intitolato “The People vs Arctic Oil” e si prefigura come una causa che potrebbe rivelare dei risvolti storici, sia in termini di lotta al cambiamento climatico, che in termini di approccio al problema da parte della classe politica del paese[3].

La Norvegia ed il petrolio: un legame economico duro a morire

Quanto c’è di vero nelle dichiarazioni dei giovani attivisti, contenute nella causa depositata a Strasburgo? Un po’ di cose. “The People vs Arctic Oil” denuncia che la Norvegia continua a concedere l’autorizzazione a nuove trivellazioni e nuove esplorazioni a largo del Mare di Barents.

L’accusa trova conferma nei fatti, i quali dimostrano che, proprio lì, nelle aree più vulnerabili per la biodiversità dell’Artico, i petrolieri norvegesi, stiano ampliando il loro settore d’influenza. Nella denuncia depositata alla CEDU, attivisti ed organizzazioni ambientaliste, ci tengono a ricordare che tali attività si pongono in netta violazione degli articoli 2 (Diritto alla Vita) e 8 (Diritto alla vita privata e familiare) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo[4].

L’attività petrolifera, violerebbe anche la costituzione norvegese, in particolare l’articolo 112 che afferma che “ogni persona ha diritto a un ambiente favorevole alla salute e a un ambiente naturale la cui produttività e diversità siano mantenute”.

La Corte di Strasburgo, dovrà pronunciarsi, in merito alla violazione di questi o di altri articoli della Convenzione violati, ma sta di fatto che l’inquinamento che la Norvegia produce, a largo della propria Zona Economica Esclusiva, nella regione artica, è sotto gli occhi di tutti.

Inquinamento norvegese: quale impatto sulla popolazione?

Se i sei giovani attivisti, promotori della denuncia consegnata alla Corte Europea, hanno scelto di intraprendere questa battaglia contro il loro paese, un motivo c’è: alcuni di essi sono di etnia Sami, un’etnia che vive prevalentemente a nord della Norvegia, che potrebbe risentire maggiormente degli impatti negativi dell’inquinamento.

I Sami, infatti, hanno, per loro cultura, un forte legame con la natura, ed attività come la pesca tradizionale, hanno ancora un ruolo determinante per le comunità locali. Il cambiamento climatico, quale conseguenza diretta dell’inquinamento, sta già facendo vedere alle popolazioni artiche (in Norvegia ed altrove nell’Artico), l’impronta di danni irreversibili[5].

Con uno stravolgimento del clima, come quello previsto dagli esperti, popolazioni autoctone, come i Sami, potrebbero subire un impatto che stravolgerebbe usi e costumi tramandati per secoli. Più nello specifico, guardando nel breve periodo, l’inquinamento prodotto dalle attività estrattive, produce effetti negativi sulla vita nei fondali oceanici, con ripercussioni pressoché immediate sulla pesca delle comunità locali, ed il relativo sostentamento.

La Norvegia e le denunce: precedenti e conclusioni

Le sezioni ambientaliste norvegesi, sono molto attive nel loro paese. Realtà come Greenpeace, hanno già in passato promosso denunce e proteste contro le autorità di Oslo. In generale poi, gli ambientalisti, in Norvegia, costituiscono una voce da tenere in considerazione su molti temi, ed anche se, il governo procede con le attività petrolifere, il tema ambiente è molto sentito tra la popolazione.

In passato gli ambientalisti hanno già mosso delle cause contro la Norvegia. Nello specifico, Greenpeace e Friends for Earth, si sono rese protagoniste di una denuncia depositata presso la Corte Suprema norvegese, la quale a dicembre 2020 rigettò l’accusa con il voto unanime di tutti i 19 giudici. Un verdetto amaro per gli ambientalisti, che accusarono la Corte Suprema di tutelare gli interessi delle lobby petrolifere, anziché la vita e la salute delle future generazioni. Al momento, la denuncia depositata grazie ai sei giovani attivisti è oggetto di valutazione da parte della Corte Europea dei Diritti Umani.

Le possibilità che la Corte si pronunci in una sentenza determinante per le sorti dell’ambiente in Norvegia sono molte. Basti pensare al fatto che, le Nazioni Unite, da tempo tengono sotto controllo le attività petrolifere di Oslo; attività sovente redarguite e criticate dagli osservatori internazionali e da ambientalisti in tutto il mondo. Inoltre, la Norvegia ha recentemente perso il suo posto in alta classifica, nell’Indice di Sviluppo Umano[6], a causa della suo grande impatto nella produzione di carbonio, frutto dell’incessante attività petrolifera.


Note

[1] https://www.argusmedia.com/en/news/2224751-activists-take-arctic-oil-fight-to-european-court
[2] https://thebarentsobserver.com/en/2021/06/arctic-drilling-violation-human-rights
[3] https://www.greenpeace.org/international/campaign/people-vs-oil/
[4] Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo https://www.echr.coe.int/documents/convention_ita.pdf
[5] https://www.aljazeera.com/news/2021/6/15/the-people-vs-arctic-oil-activists-target-norway-at-echr
[6] http://hdr.undp.org/en/content/latest-human-development-index-ranking


Foto copertina: A coalition of environment organisations and public gather for a Covid 19 safe demonstration of light, close to the parliament building (Stortinget) in central Oslo. Young Friends of the Earth Norway (Nature and Youth) and Greenpeace are taking the Norwegian government to the supreme court of Norway for opening up new oil fields in the fragile and diminishing Arctic.

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