Nota a Sentenza Cassazione Penale, sez. VI ud. 07 ottobre 2022 (dep. il 18 novembre 2022), n. 43986 ribadisce che per il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi ai sensi dell’art. 572 c.p. fondamentale è la continuità del comportamento aggressivo e minaccioso.
Autore: dott. Marco Sorvillo.
Analisi
Per i supremi giudici, è applicabile il reato di “maltrattamenti contro familiari o conviventi” anche se la relazione sentimentale dura da meno un anno, senza la necessità, dunque, di un rapporto stabile e duraturo.
Per giungere a questa conclusione i giudici di Piazza Cavour hanno confermato che per l’applicazione del reato di cui all’art. 572 c.p. “maltrattamenti contro familiari o conviventi” è preminente la continuità dei comportamenti vessatori affiancato al rapporto tra le parti. Tale reato è applicabile non solo ai nuclei familiari di coniugio basato quindi sul matrimonio, ovvero, alla convivenza more uxorio duratura e stabile, ovvero anche ad una convivenza dal carattere di una relazione sentimentale anche di breve durata, avendo quale elemento preminente una consuetudine di rapporto di convivialità sotto lo steso tetto che faccia presupporre ugualmente i vincoli affettivi e di assistenza che vengano parificati ad aspettative di assistenza e collaborazione alla vita familiare.
Il caso
La Corte di Cassazione con sentenza n. 43986/2022 del 18 novembre, ha respinto il ricorso avanzato dagli avvocati dell’uomo condannato (in primo grado e in secondo grado) del reato di cui all’articolo 572 c.p. ritenendo che la sentenza fosse stata emessa in chiara violazione di legge e vizi sulla motivazione in quanto all’imputato (da ritenersi innocente fino alla condanna definitiva) non potesse essere applicato il reato di cui sopra poiché secondo il difensore, mancava il fattore della solidità di convivenza, ovvero mancava l’instaurazione della convivenza more uxorio tra le parti, quale elemento presupposto al fine dell’applicazione dell’articolo 572 c.p. per proteggere il comportamento vessatorio ai danni di una delle due parti conviventi. Gli episodi che vengono contestati alla parte sono circoscritti ad un solo anno (agosto 2017 – agosto 2018) comprovato già durante i due gradi di giudizio attraverso i mezzi di prova quali documentali, testimonianze e referti medici. L’elemento fondante su cui si fondava il ricorso ai supremi giudici, ovvero che in un solo anno non possano palesarsi gli elementi caratteristici che configurano la costituzione di una convivenza “more uxorio” e di essere ancora in una fase embrionale al di fuori dell’applicazione dell’articolo 572 c.p. ovvero “maltrattamenti contro familiari o conviventi”.
Le motivazioni della Cassazione: la continuità della condotta vessatoria come elemento fondamentale del reato
Il ricorso avanzato ai supremi giudici da parte del difensore di fiducia dell’imputato, era fondato su due motivi in particolare, il primo presupponeva che la durata ristretta della convivenza – fatta rientrare nella fase della conoscenza tra le parti – non avrebbe fatto sorgere il rapporto di reciproca solidarietà e di affidamento necessario al fine di far sorgere il vincolo di unione familiare protetta dalla sfera applicativa dell’articolo 572 c.p.; mentre il secondo motivo di doglianza è la contestata mancata applicazione delle attenuanti generiche.
In riferimento al primo motivo – e quello fondamentale – ovvero se vi fosse o meno tra le parti la convivenza more uxorio i giudici nomofilattici certificano il corretto ragionamento effettuato dai giudici di primo e secondo grado, ovvero che la continuità delle condotte di maltrattamento poste in essere dall’imputato nell’intero arco temporale rientrano pacificamente nel rapporto di convivenza tra le parti. Quindi è da escludere che la convivenza breve tra le parti non rientra nella conoscenza. Per i giudici la sentenza impugnata è immune da vizi logici poiché vi sono numerosi elementi chiarificatori riscontrati inoltre da testimonianze di familiari, dichiarazioni rese da ufficiali di P.G. e da referti medici in atti e da foto dei messaggi inviati dall’imputato. Tutto ciò è stato utile a chiarire la continuità della condotta fisica dell’aggressione, delle offese e delle ingiurie poste in essere proprio durante il periodo di convivenza. Fulcro della sentenza è il passaggio effettuato dai giudici secondo cui “in riguardo, questa corte, ha affermato che il reato di cui all’art. 572 con. pen. è applicabile non solo ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma a qualunque relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, implichi, sia pure in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata (Sez. 6, n. 17888 del 11/2/2021, O., Rv. 261472”. La cassazione dunque, conferma la corretta applicazione del principio già enunciato in tale sentenza dai giudici di primo e secondo grado, collegando le condotte criminose all’apprezzabile continuità temporale della relazione di convivenza aggiunta ai “caratteri di sistematicità e persistenza nel tempo degli atti di maltrattamento posti in essere dall’imputato.”
Di contro, in merito al secondo motivo, ritengono i giudici nomofilattici di giustificare il diniego di applicazione delle attenuanti generiche sulla base di una intensa condotta vessatoria, dei comportamenti assunti ai danni della persona offesa, della condotta violenta assunta (sia fisica che verbale) in riferimento anche ai precedenti penali che lo stesso vantava.
Articolo 572 codice di procedura penale: Maltrattamenti contro familiari o conviventi:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi.
[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici.]
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato.
Analisi della fattispecie
L’articolo 572 c.p. è ascritto nel libro secondo “dei delitti in particolare” al Titolo XI “dei delitti contro la famiglia”, al Capo IV “Dei delitti contro l’assistenza familiare”.
Il reato è inserito all’interno del capo IV del titolo XI ovvero i delitti contro la famiglia, ha ad oggetto i delitti contro l’assistenza familiare, ma quello che viene salvaguardato non è solo l’offesa originata all’interno del gruppo familiare, ma anche il legame giuridico tra persone appartenenti alla stessa famiglia o ad un vincolo ad essa assimilabile ovvero la convivenza more-uxorio.
Il bene giuridico tutelato e protetto dalla norma è l’integrità psico-fisica di persone facenti parte di contesti familiari o para-familiari.
Trattasi di un reato proprio, ovvero tale delitto può essere posto in essere solo dal soggetto attivo che riveste una particolare qualificazione giuridica ovvero quelle legate da un vincolo nei confronti del soggetto passivo quale appunto il matrimonio o la convivenza. Di contro, non è applicabile se tra i coniugi è intervenuta il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
L’elemento oggettivo del reato è la rilevanza del fatto che la condotta di maltrattamento è costituito da più atti vessatori causanti sofferenze fisiche o morali, realizzati con comportamenti attivi od omissivi prolungati nel tempo, lesivi dell’integrità fisica e psicologica del soggetto passivo, anche se in un limitato contesto temporale.
Si tratta di un reato necessariamente abituale, ovvero, le singole condotte di maltrattamento acquistano rilevanza se reiterate nel tempo e fondamentale è la caratteristica per cui nella loro complessità devono integrare una condotta di sopraffazione sistematica e programmata tale da rendere intollerabile la vita familiare.
È un reato istantaneo, ovvero il delitto si consuma nel momento in cui si compie l’atto materiale sorretto dall’elemento soggettivo.
Mentre per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, è rilevante il dolo generico ovvero la semplice rappresentazione e volizione di voler commettere il reato, comunemente definita atteggiamento con coscienza e volontà di voler commettere le condotte vessatorie al fine di porre in essere i maltrattamenti, ovvero di arrecare una sopraffazione lesiva dell’integrità fisica e psicologica. Nel caso in esame è chiaramente cognizione piena di aver arrecato una condotta continua che sia lesiva nei confronti della persona offesa.
Considerazioni conclusive
Pertanto, in conclusione si può affermare che i Supremi Giudici hanno confermato che le azioni del soggetto agente del reato di cui all’art. 572 del codice penale è applicabile non solo ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma a qualunque relazione sentimentale – sia duratura che in divenire – che presuppone il sorgere di vincoli affettivi e le aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale così come già confermato in una precedente sentenza Sez. 6, n. 17888 del 11/2/2021, O., Rv. 261472.
Cass. pen., sez. VI, ud. 07 ottobre 2022 (dep. 18 novembre 2022), n. 43986
Presidente Fidelbo – Relatore De Amicis
Ritenuto in fatto
- Con sentenza del 3 marzo 2021 la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di I Marsala in data 17 febbraio 2020, che dichiarava OMISSIS responsabile dei reati di maltrattamenti in famiglia (in esso assorbito quello di atti persecutori di cui all’art. 612-bis cod. pen., contestato nel medesimo capo d’imputazione), lesioni personali aggravare, danneggiamento aggravato e tentata violenza privata, condannandolo alla pena di anni due, mesi sei e giorni quindici di reclusione, oltre alla rifusione delle spese processuali e al pagamento di una provvisionale in favore di ciascuna delle parti civili.
- Nell’interesse del predetto imputato ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo, con un primo motivo, violazioni di legge e vizi della motivazione in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo richiesto per la sussistenza del delitto di maltrattamenti in famiglia, difettando, nel caso di specie, non solo il vincolo matrimoniale, ma la stessa convivenza more uxorio tra le parti, poiché la frequentazione con la persona offesa, peraltro contenuta nel tempo, non ha fatto sorgere quel rapporto di reciproca solidarietà ed affidamento, necessario per creare l’unione familiare protetta dalla fattispecie di cui all’art. 572 cod. pen.
- Con un secondo motivo si deducono analoghi vizi in relazione al diniego delle invocate attenuanti generiche, avuto riguardo al positivo contegno processuale e alla Condizione di tossicodipendenza in cui l’imputato versava all‘epoca del fatto.
- Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 16 settembre 2022 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
- Il ricorso è infondata e va rigettato per le ragioni di seguito indicate.
- In ordine al primo motivo di doglianza, assertivamente incentrato sull’evocato difetto di un rapporto di convivenza more uxorio tra l’imputato e la persona offesa, deve rilevarsi come la sentenza impugnata abbia congruamente ed esaustivamente illustrato le ragioni giustificative del percorso decisorio sulla cui base ha preso in esame e disatteso le medesime obiezioni in questa Sede riproposte, evidenziando, sulla base delle emergenze probatorie già in senso conforme vagliate dal primo Giudice, la continuità delle condotte di maltrattamento poste in essere dall’imputato nell’intero arco temporale di un rapporto di convivenza significativamente dispiegatosi lungo il periodo ricompreso fra il mese di agosto 2017 e il mese di agosto 2018, salva una breve interruzione verificatasi in un ristretto intervallo di circa due mesi, durante il quale, peraltro, non risultavano affatto cessate le condotte aggressive e minacciose ai danni della persona offesa.
La sentenza impugnata si presenta immune da vizi logici, avendo ricostruito i fatti oggetto del tema d’accusa con puntuali richiami non solo alle dichiarazioni della persona offesa OMISSIS ma anche agli elementi di riscontro offerti dalle testimonianze di altri familiari, dalle dichiarazioni rese da Ufficiali di P.G., dai referti medici in atti e dalle foto di alcuni messaggi inviati dall‘imputato alla predetta persona offesa.
Un quadro probatorio, questo, dalle cui univoche e convergenti risultanze i Giudici di merito hanno ragionevolmente tratto la connotazione della continuità delle condotte di aggressione fisica, nonché delle offese ed ingiurie poste in essere lungo l’intero periodo di convivenza, senza fermarsi neppure durante il periodo intermedio di interruzione del rapporto, per poi proseguire finanche dopo il momento della definitiva separazione.
Al riguardo, invero, questa Corte ha affermato che il reato di cui all’art. 572 cod. pen. è applicabile non solo ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma a qualunque relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, implichi, sia pure in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata (Sez. 6, n. 17888 del 1 1/2/2021, O., Rv.281092), l’insorgenza di vincoli affettivi e aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale (Sez. 6, n. 31 121 del 18/03/2014, C., Rv. 261472).
Di tale principio la decisione impugnata ha fatto buon governo, dando conto sia dell’apprezzabile continuità temporale della relazione di convivenza, protrattasi quasi ininterrottamente per circa un anno, sia dei caratteri di sistematicità e persistenza nel tempo degli atti di maltrattamento posti in essere dall’imputato.
- Analoghe considerazioni devono svolgersi in relazione al secondo motivo di ricorso, avendo la Corte territoriale congruamente giustificato il diniego delle invocate attenuanti sulla base dei puntuali, e prevalenti, richiami alla intensità della condotta vessatoria, alla pluralità tipologica dei gravi comportamenti tenuti in danno della persona offesa, alle modalità esecutive connotate da violenza fisica e verbale anche nei confronti dei suoi stretti congiunti, oltre al precedente penale a carico, motivando l’esercizio del correlativo potere discrezionale di merito con argomenti immuni da vizi logico-giuridici in questa Sede rilevabili, là dove è stato posto in rilievo il carattere recessivo degli argomenti sotto tale profilo prospettati dalla difesa.
- In definitiva, a fronte di un apprezzamento completa delle emergenze processuali, coerentemente illustrato attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare ed immuni da vizi logico giuridici, deve rilevarsi come il ricorrente non abbia individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dalla Corte territoriale, ma vi abbia assertivamente contrapposto una interpretazione .alternativa, facendo leva sul diverso apprezzamento ai profili fattuali già puntualmente vagliati nel giudizio di appello, la cui rivisitazione, evidentemente, esula dai confini propri del sindacato da questa Suprema Corte esercitabile.
- AI rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso il 7 ottobre 2022
Foto copertina: Nota a Sentenza Cassazione Penale, sez. VI ud. 07 ottobre 2022 (dep. il 18 novembre 2022), n. 43986 ribadisce che per il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi ai sensi dell’art. 572 c.p. fondamentale è la continuità del comportamento aggressivo e minaccioso.