Principio egualitario nell’approccio del Law and literature


Una lettura particolaristica del principio di uguaglianza


 

Ai confini del giuridico e del letterario

Diritto e letteratura sono due campi umanistici differenti eppure inevitabilmente collegati tra loro. L’obiettivo generale perseguito dal Law and Literature è quello di creare un dialogo fatto di “ponti” tra l’universo letterario denso di storie, narrazioni individuali, arte e il mondo del diritto, intriso di norme e convenzioni sociali.

La definizione Kantiana di diritto sarà pertanto: complesso delle condizioni per le quali l’arbitrio dell’uno può associarsi con l’arbitrio dell’altro secondo una legge universale della libertà, ossia il diritto è un sistema di regole che coordina gli uomini per garantire ad ognuno un eguale spazio di libertà[1]. Certamente diversa è la Literature definita da Cesare Pavese come una difesa contro le offese della vita[2].

Da questa prospettiva il mondo letterario assolve la medesima funzione del giuridico. Si riportano le parole del narratore statunitense John Williams: “la letteratura è uno degli strumenti più preziosi con cui una persona possa conoscere qualcosa della sua natura e sulla natura dei suoi simili e partecipare al mistero dell’esistenza”.[3]

In Italia il pioniere di questo dialogo tra studi giuridici ed umanistici è il professore Felice Casucci, docente ordinario di Diritto Privato Comparato nell’Ateneo di Benevento, il quale si esprime a tal proposito:  «Nessun diritto è privo di un volto, perché il diritto è umano e le azioni visibili del reale hanno una dimensione concreta ».[4]

L’incrocio tra la retorica giuridica e quella letteraria può sembrare un azzardo, ma è possibile adoperare l’approccio metodologico del Law and Literature[5] per comprendere l’autentico significato del principio egualitario. Norberto Bobbio scriveva: l’uguaglianza, come la libertà, è un concetto generico e vuoto, che se non è precisato o riempito, non significa nulla [6].

Uguaglianza e dignità

La centralità del valore egualitario nell’immaginario politico contemporaneo rende difficile ricomporre in un quadro organico le varie sfaccettature in cui esso si articola.

A priori l’uguaglianza tra le persone è basata sul valore della dignità e citando Voltaire si può affermare che gli uomini sono eguali, non la nascita, ma la virtù fa la differenza. L’articolo 2 della Costituzione Italiana recita: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Si riafferma che esistono diritti dell’uomo inviolabili, ossia imprescindibili, ma nello stesso tempo si considera che l’uomo non è mai vissuto da solo e che, tra l’individuo e lo stato, esistono innumerevoli formazioni sociali, espressioni di tali diritti. Accanto a questi ultimi sono richiamati dei doveri di solidarietà. Tali diritti inviolabili costituiscono il nucleo della Costituzione, per cui una loro modifica potrebbe anche essere considerata un attentato alla Costituzione stessa, una sovversione.

L’uomo è inteso come un essere sociale, ogni uomo è diverso e l’essere diversi nell’uguaglianza rende omogenei. Un elogio moderno della diversità lo si può leggere nelle parole di Woody Allen: non vorrei mai appartenere ad un club che accettasse tra i suoi membri uno come me. [7]Infatti se l’essere diverso conduce all’esclusione, allora si crea una differenza ossia un’ingiustizia. Le uguaglianze includono, le disuguaglianze escludono.

L’articolo 2 richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Sono associati al principio solidarista secondo cui il cittadino non deve solo rispettare i diritti altrui, ma deve impegnarsi nella partecipazione effettiva alla vita politica, sociale ed economica del paese.

Secondo la Corte costituzionale[8] “l’eguaglianza è il principio generale che condiziona tutto l’ordinamento nella sua struttura; esso vieta che la legge ponga in essere una disciplina che direttamente o indirettamente dia vita ad una non giustificata disparità di trattamento delle situazioni giuridiche, indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione dei soggetti a cui queste vengono imputate.”

Un principio dalla portata generale

Le Costituzioni moderne hanno ampliato il significato del principio e, in primis, l’art.3, comma 1 della Costituzione italiana, individua alcuni criteri che non possono formare oggetto di discriminazione, in quanto riguardano aspetti strettamente connessi all’identità dell’individuo: il sesso, la razza, la lingua, la religione, le opinioni politiche, le condizioni personali e sociali.

Il saggista inglese Bacone, vissuto durante il regno di Elisabetta I Tudor, scriveva: l’uomo moderno è come un nano che siede sulle spalle degli antichi per vedere più lontano; quindi tale homo dovrebbe far tesoro della storia, dei suoi insegnamenti e smettere di creare barriere tra i popoli. Altresì dovrebbe abbattere i muri che separano le culture e le genti.

Ma chi te cridi d’essere…nu ddio? Ccà dinto o vuo capi, ca simm eguale? Muorto si tu e muorto so’ pur io; ognuno comme a na’to è tale e quale.[9]

A Livella di Totò è un vero e proprio inno all’uguaglianza. Qui il diritto sembra materializzarsi nei personaggi e nell’ingiustizia da loro incarnata: il contrasto tra diritto e letteratura trova contatto nella concretezza carnale dei morti: la morte è una LIVELLA, in quanto come dice il termine “livella” ogni disparità sociale.

Nella dura realtà non sembra esserci un metro auto-regolatore capace di effettuare una ripartizione equa di beni, ruoli o poteri.[10]

L’articolo 3 della vigente Costituzione abbatte tali confini ed è definito come il più bell’appello all’uguaglianza, contemplata da Roberto Benigni come “l’Imagine di John Lennon sessanta anni prima”. Nello spiegare “tutti uguali davanti la legge” l’eclettico Benigni afferma che un giudice e un magistrato dovrebbe pensare di avere dinanzi a sè, ogni volta, sempre la medesima persona.

La domanda da porsi è: perché il principio di eguaglianza è di portata estremamente generale? In primo luogo, perché la legge si applica sia ai governanti che ai governati. Se non ci fosse tale principio i parlamentari, i Ministri, i pubblici funzionari, i giudici non sarebbero tenuti all’osservanza delle leggi. Sono sì previste delle garanzie per tali soggetti, ma del resto devono rispettare le leggi dello stato al pari di tutti gli altri cittadini.

Esempio fondamentale è la sent. n.24 del 2004 [11]con cui la Corte riafferma la portata generale del principio di uguaglianza dichiarando l’illegittimità del cosiddetto Lodo Schifani [12]secondo cui le cariche rilevanti di presidente della Repubblica, della Camera e del Senato, del Consiglio e della Corte Costituzionale si vedevano attribuite delle immunità per cui non potevano essere sottoposti a procedimento penale per qualsiasi reato, anche per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione fino a cessazione della medesima. In secondo luogo il principio della pari dignità sociale non può limitarsi a riguardare i soli cittadini perché riafferma fortemente lo Stato di Diritto e il valore della persona umana come tale.[13]

Nell’antica Grecia il concetto di uguaglianza cominciava a farsi spazio, camminando di pari passo con la democrazia. Pericle, dal discorso riportato in Tucidide, scriveva: “il nostro sistema politico non si propone di imitare le leggi di altri popoli in quanto noi non copiamo nessuno, piuttosto siamo noi a costituire un modello per gli altri. Si chiama democrazia, poiché nell’amministrare si qualifica non rispetto ai pochi, ma alla maggioranza[14]”.

Corollario del principio di uguaglianza in un sistema democratico è il più generale principio di ragionevolezza alla luce del quale la Legge deve regolare in maniera uguale situazioni uguali ed in maniera diversa situazioni diverse, con la conseguenza che la disparità di trattamento trova giustificazione nella diversità delle situazioni disciplinate.[15] “Il principio di uguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni” (sent. n. 15 del 1960), “poiché l’art. 3 Cost. vieta disparità di trattamento di situazioni simili e discriminazioni irragionevoli” (sent. n. 96 del 1980).

Quindi “si ha violazione dell’art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondono situazioni non sostanzialmente identiche” (sent. n. 340 del 2004)”.

E’ difficile negare come il diritto abbia comunque a che fare con la verità dell’uomo e dei rapporti umani. Lo ha ribadito in modo convincente, fra gli altri, Sergio Cotta, quando ha stigmatizzato come assurdità che gli studenti di diritto lo studino in via esclusiva per diventare appunto conoscitori del diritto e, possibilmente, giuristi[16]. E invece essi, continua il filosofo italiano, dovrebbero studiarlo per divenire esperti d’umanità, perché il diritto ha questo compito proprio: esplorare le più nascoste pieghe dell’esistenza, per giudicarne la verità.


Note

[1]Online Journal of Political Philosophy https://btfp.sp.unipi.it/dida/kant_mds/ar01s03.xhtml
[2] PAVESE C., Il mestiere di vivere, 1952.
[3] WILLIAMS J.Lettera al Colorado Council on the Arts .
[4] CASUCCI F.,  Il volto umano del diritto, 2017
[5] Studies in Law and Literature, rivista di legge della Cardozo Law School fondata nel 1988.
[6] BOBBIO N., Eguaglianza, in Enciclopedia del Novecento, 1975, Utet, Torino
[7] frase tratta dal film Io e Annie, 1977, diretto dal genio di W.Allen e vincitore di quattro premi Oscar.
[8] Corte Costituzionale, sentenza n.25 ,17 Marzo 1966
[9] DE CURTIS  A., in arte Totò, ‘A Livella, 1964.
[10]IMPARATO E.A., Paradigmi di (dis)eguaglianza tra letteratura e diritto: alcune note a margine dell’opera ‘A livella di Totò. Dalla lettura delle pagine dell’opera di Totò, struttura il saggio in due parti: la prima diretta ad esaminare il testo a partire dal titolo per poi analizzare il contenuto, la seconda parte diretta a “contestualizzare” l’opera e i suoi personaggi, nel tentativo di trarre valutazioni più strettamente giuridiche.
[11] https://www.giurcost.org/decisioni/2004/0024s-04.html
[12] La legge 140/2003 Disposizioni per l’attuazione dellarticolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato.
[13] Si veda https://www.diritto.it/il-quadro-delle-immunita-delle-alte-cariche-dello-stato/
[14]Tucidide, La guerra del Peloponneso, Laterza, 1986, trad. L. Canfora (Tucidide, Passo del discorso di Pericle citato nella Costituzione Europea).
[15]BAGLIONE T. Il principio di uguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, 2015, pp.1-2
[16] COTTA S. ,Il diritto nell’esistenza, Giuffrè,1991.


Foto copertina: Immagine web

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