Ahmad Massoud: “L’Afghanistan non ha perso la guerra”


Il figlio del leggendario comandante Massoud, assassinato da Al-Qaeda due giorni prima dell’11 settembre, torna alla battaglia del padre in Afghanistan. In due dichiarazione indirizzate a La Regle du Jeu, si è prima rivolto a Bernard-Henri Lévy affermando che “Il Panjshir, rimarrà, qualunque cosa accada, l’ultimo baluardo della libertà afghana”. E con un’altra lettera, ha assunto la guida della resistenza contro i talebani della regione del Panjshir.


 

Ahmad Massoud è figlio di Aḥmad Shāh Masʿūd, noto anche con lo pseudonimo di generale Massoud, militare, politico e guerrigliero afghano del Fronte Unito, combattente contro il regime talebano afghano. Soprannominato il “Leone del Panjshir”, fu ucciso da al-Qaeda[1] pochi giorni prima dell’attacco alle Torri Gemelle.
Il 15 agosto, Massoud, attraverso il giornale La Regle du Jeu[2], ha indirizzato una lettera indirizzata a Bernard-Henri Lévy[3] e chiede l’appoggio della Francia per bloccare la terribile offensiva vendicativa in corso a seguito dell’abbandono del Paese da parte degli americani. E il 16 agosto, sempre dalle pagine del giornale francese, Massoud si è rivolto al popolo afghano assumendosi la guida della resistenza contro i talebani della regione del Panjshir.

La lettera a Bernard-Henri Lévy

“In queste ore drammatiche per il mio Paese, l’Afghanistan, di cui da quarant’anni sei l’instancabile difensore, mi rivolgo a te con tutta la fiducia che abbiamo in te, mio ​​padre ieri, i miei comandanti ed io oggi. Kunduz, Herat, Kandahar sono finite nelle mani criminali dei talebani e Kabul, la capitale, è sotto la loro diretta minaccia, con la partenza degli americani e, presto, degli ultimi diplomatici stranieri.
So che sei più che mai al nostro fianco e ti imploro di intervenire a Parigi che, grazie a te, ha onorato la memoria di mio padre, la scorsa primavera, dedicandogli un posto a suo nome in fondo all’avenue des Champs Élysées. Conosco i tuoi ideali, caro Bernard-Henri Lévy. Ti ho visto al lavoro, al nostro fianco, qualche mese fa, durante il tuo recente rapporto sull’Afghanistan libero. E vi chiedo di essere, ancora una volta, il nostro interprete per le autorità e la popolazione francese.
Pochi giorni fa, ho citato ai miei mujaheddin riuniti al mausoleo di Ahmed Shah Massoud, nella nostra valle del Panjshir, la famosa frase del primo ministro Winston Churchill, quando l’Inghilterra, dopo la caduta della Francia nel giugno 1940, rimase sola di fronte del nazismo. Hai regalato a mio padre le memorie di guerra del generale de Gaulle. La frase è scritta lì in lettere di fuoco. Questa terribile frase, che ha galvanizzato il popolo inglese, è: ” Non ho niente da offrirti se non sangue e lacrime”. Ebbene questa frase è l’anima della nostra resistenza. E vorrei che lo dicessi, per noi, al presidente Macron, a Madame Hidalgo, ai parigini.
Dite loro, per favore, cosa accadrebbe se Kabul cadesse domani: terribile vendetta, donne ingabbiate di nuovo, schiavitù ovunque. Dite loro, per favore, che i talebani non sono un problema solo del popolo afghano: l’Afghanistan, sotto il loro controllo, sarebbe di nuovo la culla del terrorismo islamico, lì verrebbero sparati gli attentati contro i vostri paesi democratici.  Ditegli che la mia regione, il Panjshir, rimarrà, qualunque cosa accada, l’ultimo baluardo della libertà afghana e dite loro che la nostra libertà è, qui, come in Iraq con i vostri amici curdi, il baluardo delle vostre libertà e della vostra sicurezza nella bellissima strade di Parigi.
Ma dite loro anche che Panjshir si sta preparando, per la terza volta in quarant’anni, a subire l’assalto dei talebani e a respingerli – e che alla vigilia di questo assalto la situazione è la seguente. Il nostro morale è intatto. Sappiamo per esperienza cosa ci aspetta. Non ci mancano né uomini né coraggio. E siamo determinati a combattere fino all’ultimo respiro. Ma non possiamo combattere questa battaglia da soli e abbiamo un disperato bisogno di armi, munizioni e rifornimenti.
I nostri due popoli, francese e afghano, hanno una lunga storia comune, fatta di ideali condivisi e lotte comuni. I tuoi medici, i tuoi scrittori, hanno lasciato, come hai visto, più di una volta, con i tuoi occhi, un segno indistruttibile nella mia mente. Non rinunciare a noi. Dica al presidente Macron, che mi ha fatto l’onore di ricevermi durante la mia visita a Parigi, lo scorso aprile, che la Francia è la nostra ultima risorsa, l’unica speranza che ci rimane.”

Lettera al popolo afghano – 16 agosto

“Popolo afghano, cari mujaheddin, amici della libertà in tutto il mondo!
La tirannia trionfa in Afghanistan.
La schiavitù prende piede nel rumore e nella furia.
L’orrenda vendetta colpirà il nostro paese martirizzato.
Kabul sta già gemendo.
La nostra patria è in ceppi. E’ tutto perduto? No.
Ho ereditato da mio padre, l’eroe nazionale e comandante Massoud, la sua lotta per la libertà degli afghani.
Questa battaglia ora è mia, senza ritorno.
Io e i miei compagni d’armi daremo il nostro sangue, insieme a tutti gli afghani liberi che rifiutano la servitù e che invito a unirsi a me nella nostra roccaforte del Panjshir, che è l’ultima regione libera del nostro paese morente.
Mi rivolgo a voi, afghani di tutte le regioni e di tutte le tribù, e vi invito a unirvi a noi.
Mi rivolgo a voi, afgani oltre i nostri confini che hanno l’Afghanistan nel cuore, e voglio dirvi che ci sono connazionali qui nel Panjshir che non hanno perso la speranza.
Mi rivolgo a tutti voi, in Francia, in Europa, in America, nel mondo arabo, altrove, che tanto ci avete aiutato nella nostra lotta per la libertà, contro i sovietici in passato, contro i talebani vent’anni fa: andate, cari fratelli e sorelle della libertà, ad aiutarci ancora una volta come in passato? La nostra fiducia in te è immensa.
Noi afghani ci troviamo nella situazione dell’Europa nel 1940.
Tranne che nel Panjshir, la débâcle è totale e lo spirito di collaborazione con i talebani comincia a fare scuola tra i vinti che hanno perso questa guerra per colpa loro.
Rimaniamo in piedi da soli.
Non ci arrenderemo mai.
Ho citato ad un amico scrittore francese, il giorno prima della caduta di Kabul, la sentenza di Winston Churchill che prometteva sangue e lacrime.
Penso oggi alla sentenza del generale de Gaulle, dopo la disfatta del suo esercito, che la Francia aveva perso una battaglia ma non la guerra.
Noi afghani non abbiamo perso una battaglia perché Kabul non ha combattuto.
I nostri combattenti, vecchi e giovani mujaheddin, hanno ripreso le armi qui.
Unisciti a noi in spirito o attraverso il supporto diretto.
Siate, amici della Libertà, il maggior numero possibile al nostro fianco.
Scriveremo insieme una nuova pagina dell’eterna resistenza degli oppressi contro la tirannia.
E, con l’aiuto di Dio, vinceremo.[4]


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Il Panjshir si prepara a resistere ai Talebani

 La valle del Panjshir rimane l’ultimo bastione di resistenza contro i talebani. La provincia del Nord Est è l’unica a non essere ancora caduta in mano ai talebani. “Il territorio è sicuro, tutte le organizzazioni statali continuano a funzionare e i residenti sono pronti per qualsiasi tipo di attacco talebano”, ha assicurato alla Efe il capo del locale dipartimento di Economia, Abdul Rahman, “siamo pronti a resistere ai talebani per la seconda volta”.

La resistenza del “Leone del Panjshir”

Dal 1996 al 2001, il Panjshir rimase l’unica regione dell’Afghanistan fuori dal controllo degli studenti coranici grazie alle doti di stratega di Ahmad Shah Massoud, che seppe sfruttare le caratteristiche orografiche della provincia per renderla una fortezza impenetrabile e preservarla dall’occupazione talebana, come anni prima era riuscito a preservarla dall’invasione sovietica.

L’epopea finì il 9 settembre 2001, due giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle, quando Massoud fu assassinato da due terroristi di origine araba, forse membri di Al Qaeda che, spacciatisi per giornalisti, fecero esplodere una bomba nascosta in una macchina fotografica. Il compito di portare avanti la lotta passa ora al giovane Ahmad Massoud, figlio del “Leone del Panjshir”. Ahmad Wali Massoud, fratello minore del condottiero tagiko, è invece parte della squadra di negoziatori inviata a Doha per trattare con i talebani.


Note

[1] https://www.opiniojuris.it/al-qa%CA%BFida-origine-ed-evoluzione/
[2] https://laregledujeu.org/
[3] Bernard-Henri Lévy è un filosofo, giornalista e saggista francese, noto in Francia anche con la sigla BHL, dalle iniziali del suo nome.
[4] https://laregledujeu.org/2021/08/16/37530/afghanistan-ahmad-massoud-nous-restons-seuls-debout-mais-nous-ne-cederons-jamais/


Foto copertina: Ahmad Massoud, figlio dell’iconico comandante Massoud ucciso nel 2001 dai talebani, ha invitato i suoi compatrioti a resistere dopo la presa incontrollata della capitale Kabul. Chiede l’aiuto degli “amici della libertà” all’estero (qui il 22 marzo a Parigi). AFP / Joel Saget