Dopo 20 anni, la guerra in Afghanistan ha visto una fine e un altro “impero” ha innalzato una gloriosa bandiera bianca. Quali scenari ci aspettano? Le posizioni di Russia e Cina.
AFTERMATHstan. In data 16 agosto 2021 il governo di Kabul si è arreso a quella che era oramai una inarrestabile avanzata delle milizie dei Talebani. Avanzata ripresa inesorabilmente a seguito delle operazioni generali di ritirata delle forze Isaf dal territorio afghano.
Kabul cade e il presidente Ghani fugge all’estero. Dopo 20 anni di guerra l’Afghanistan torna in mano ai talebani e Biden viene accusato di una ‘disfatta epocale’. I talebani si sono ripresi l’Afghanistan prima ancora che l’ultimo soldato della missione internazionale (Isaf) lasciasse il paese. Ieri, mentre i miliziani islamisti sciamavano sulla capitale in subbuglio, il presidente Ashraf Ghani abbandonava il paese rifugiandosi prima in Tagikistan e poi in Uzbekistan.[1]
La bandiera bianca dei Talebani sventola oramai sul palazzo presidenziale di Kabul e scene di panico si sono registrate soprattutto presso l’aeroporto di Kabul dove sono state registrate vittime tra i civili a causa di una disperata “corsa all’ultimo aereo”. Le sconcertanti immagini sono infatti rimbalzate sui media di tutto il mondo[2] e i parallelismi con la caduta di Saigon nel 1975 non sono mancati[3]. Nel mentre però sono giunte numerose notizie contrastanti su un “ritorno alla normalità” tra le strade di Kabul.
Dopo la conquista dei Talebani a Kabul “si respira un’aria di nuova normalità, c’è poco traffico, sappiamo che i negozi sono chiusi, le persone non sono ancora confidenti nell’aprire le proprie attività, ma non c’è caos, a parte gli scontri di ieri all’aeroporto”. Così in un briefing Alberto Zanin, coordinatore medico del Centro per vittime di guerra di Emergency a Kabul.[4]
Almeno per il breve periodo l’Afghanistan sembra essere destinato a proseguire sotto il governo Talebano, il tutto confermato dalle parole dell’ultima intervista al Presidente statunitense Joe Biden, quanto mai chiara[5]. Anche la riunione di emergenza del consiglio di sicurezza dell’ONU avvenuta in data 17 agosto sembrerebbe essersi concluso con un generico avviso di cessazione delle ostilità e l’invito all’instaurazione di un governo stabile e inclusivo in questo momento di particolare transizione per lo stato afghano.
The members of the Security Council called for an immediate cessation of all hostilities and the establishment, through inclusive negotiations, of a new government that is united, inclusive and representative – including with the full, equal and meaningful participation of women. They underlined that institutional continuity and adherence to Afghanistan’s international obligations, as well as the safety and security of all Afghan and international citizens, must be ensured.[6]
Ad oggi i sentimenti verso la questione afghana sono estremamente confusi soprattutto da parte occidentale ma altri attori internazionali stanno dimostrando di non avere esitazione alcuna a trattare con il nuovo governo per i propri scopi. Del resto, il disengagement statunitense dal teatro mediorientale e dell’asia centrale è un dato di fatto e già come per la Siria nuovi attori regionali sembrano essere ansiosi di prendere lo scanno lasciato dagli Usa[7].
La posizione della Russia
Tra i primi attori internazionali a pronunciarsi nei confronti del nuovo governo afghano è stata la Russia del Presidente Vladimir Putin. La storia delle relazioni tra la Russia (a partire anche dal periodo sovietico) e l’Afghanistan è stata spesso burrascosa. L’ Afghanistan era strategico[8] per una Russia in espansione alla conquista dell’India[9], in seguito, durante gli anni dal 1979 al 1989 con la guerra sovietico-afghana il paese si è rivelato essere il “Vietnam” dell’Urss di Gorbačëv. Con la caduta dell’impero sovietico la Russia del neoeletto Putin fu la prima a mostrare solidarietà verso gli Usa colpiti in data 11 settembre 2001 dal tragico attentato alle torri gemelle.
“Putin era ansioso di aiutarci”, nota senza apparente ironia Blair. In effetti, nel momento in cui il segretario di stato americano si preparava a negoziare l’uso di basi aeree con stati ex sovietici dell’Asia centrale vicini all’Afghanistan, il presidente russo convocò a Mosca i leader di Uzbekistan, Kazakhstan, Tagikistan, Kirghizistan, Turkmenistan per stabilire una posizione comune di fronte alle richieste degli Stati Uniti. In cambio della sua collaborazione, Putin chiese agli americani di cessare la protesta contro l’intervento russo in Cecenia.[10]
Ad oggi, la Russia sembrerebbe aver rilasciato già diverse dichiarazioni nei riguardi del nuovo regime talebano in Afghanistan considerandolo un valido interlocutore nella stessa giornata del 16 agosto:
Speaking to the Rossiya 24 channel on Monday, President Vladimir Putin’s envoy for Afghanistan, Zamir Kabulov, said that there were hopes for constructive relations now that the American-backed president, Ashraf Ghani, had gone into exile. “If we compare how easy it is to negotiate as colleagues and partners, then the Taliban have seemed to me for a long time much more prepared for negotiations than the puppet Kabul government,” he said.[11]
Sebbene queste affermazioni possano sembrare un controsenso rispetto ai trascorsi tra Russia e Afghanistan pocanzi ricapitolati non va sottovalutato il ruolo che la Russia sta tentando negli ultimi anni di ricoprire in Medioriente e nello spazio ex sovietico:
Anche la Russia – concordano gli analisti – propenderà per un approccio “pragmatico” in chiave anti-terrorismo, con il nuovo esecutivo di Kabul.[12]
Le decisioni della Federazione Russa giungono, però, già in ritardo rispetto ad un altro attore regionale, quasi onnipresente ed estremamente influente in tutto il mondo, la Cina.
La posizione della Cina
Il governo cinese aveva intrapreso contatti con i leader talebani ben prima del decisivo 16 agosto.
Il 28 luglio ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha accolto a Tianjin una delegazione talebana guidata dal capo dell’ufficio politico di Doha, il mullah Abdul Ghani Baradar; incontro che rientra in un percorso politico che da tempo lega i due attori: da una parte la Cina, in cerca di rassicurazioni e garanzie, dall’altra i talebani, che inseguono – e ottengono – un riconoscimento sul piano delle relazioni internazionali e della diplomazia.[13]
Ad oggi la Cina ha immediatamente rinnovato la volontà di intrattenere relazioni amichevoli con il nuovo governo, “d’altronde Pechino condivide un confine di 76 chilometri con l’Afghanistan e farà di tutto per evitare che diventi un sostegno per i separatisti uiguri di minoranza islamica nella delicata regione di frontiera dello Xinjiang”[14]. Il governo cinese, è da tempo coinvolto in ’Asia centrale, investendo ingenti somme di denaro nella costruzione di infrastrutture e hub commerciali poiché rientra perfettamente nell’ambizioso progetto della belt and road initiative.
Descritta dal geografo inglese Halford Mackinder come “il fulcro dell’Eurasia”, l’Asia centrale è al centro del pensiero strategico da secoli. Per la Cina essa ha un’importanza anche maggiore per via della sua vicinanza allo Xinjiang – a tutti gli effetti una parte di Asia centrale dentro ai confini della Cina.[15]
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Talebani 2.0.
Ad oggi gli scenari possibili sulla questione Afghana e sul futuro del governo talebano e delle sue relazioni sono ancora tropo fumosi ed incerti. Da alcune interviste si evince che i leader talebani vogliano mostrarsi propensi al dialogo internazionale e ad una linea molto meno dura sulla politica interna del paese[16]ma nulla è certo. Nei prossimi mesi non mancheranno sviluppi e aggiornamenti soprattutto da parte del versante occidentale. Al momento però, come accennato, l’Afghanistan rimarrà sotto il governo talebano già forte, come visto, di un importante sostegno internazionale.
Note
[1]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-il-ritorno-dei-talebani-31366
[2] https://tg24.sky.it/mondo/2021/08/16/afghanistan-aeroporto-kabul-video
[3]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-il-ritorno-dei-talebani-31366
[4]https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2021/08/16/afghanistan-emergency-a-kabul-ce-nuova-normalita_d44f861e-f5d8-4fe3-8453-016c84317324.html
[5] https://www.youtube.com/watch?v=RmioEI6tzCk
[6] https://unric.org/it/comunicato-stampa-del-consiglio-di-sicurezza-sullafghanistan/
[7] https://www.opiniojuris.it/le-conseguenze-della-politica-di-disengagement-statunitense-in-siria/
[8] https://www.opiniojuris.it/grande-gioco/
[9] https://www.instagram.com/p/CSovAr_qc5O/
[10] O. Bariè, Dalla guerra fredda alla grande crisi, ed. Il Mulino, 2013 Bologna, cit. pp. 195-196
[11] https://www.rt.com/russia/532190-kabulov-recognition-taliban-official-government/
[12]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-il-ritorno-dei-talebani-31366
[13]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-i-quattro-motivi-cui-la-cina-dialoga-con-i-talebani-31302
[14]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-il-ritorno-dei-talebani-31366
[15]https://www.iai.it/sites/default/files/orizzontecina_15_04.pdf
[16] https://www.youtube.com/watch?v=yw7thYItMtQ
Foto copertina: Lorenzo Tugnoli –The Washington Post