Se la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, quella per la riforma della Costituzione è costellata di cadaveri illustri. Diversi sono stati i tentativi di modifica della Carta che spesso sono andati a infrangersi sullo scoglio del referendum confermativo, non da ultimo quello dell’ex presidente del Consiglio (e attuale deus ex machina del fu, quasi, Terzo Polo) Matteo Renzi. Poche settimane fa il Premier Giorgia Meloni ha incontrato i rappresentanti delle opposizioni per ricercare delle convergenze per arrivare a quella che, per molti, è la madre di tutte le riforme.
Stabilità. Questa è la parola d’ordine di chiunque si avvicini alla Costituzione con l’intento di riformarla: ricercare una soluzione che permetta ai governi rimanere in carica per cinque anni e attuare il loro programma.
Se, guardando al passato più o meno recente, l’instabilità governativa è sempre stata un elemento caratterizzante le istituzioni italiane (anche se si tratta di un tema che meriterebbe una riflessione su cosa si intenda per instabilità, ovvero se questa sia legata all’avvicendamento dei nomi o alla coerenza delle linee politiche tenute dagli esecutivi), va detto che le elezioni del 25 settembre 2022 hanno riportato, complice una legge elettorale dagli effetti fortemente distorsivi, una solida maggioranza a sostegno del governo (rebus sic stantibus), il che potrebbe rendere meno pressante la riforma.
Ciononostante, la modifica di alcuni articoli della Costituzione è necessaria nonché opportuna per andare ad affrontare quegli elementi snaturanti il sistema che da anni ormai si registrano nella nostra architettura istituzionale.
Ad un occhio attento, infatti, si palesa non tanto la necessità di rafforzare e stabilizzare l’Esecutivo, bensì quello di ridare centralità e voce al Parlamento che sempre più è diventato un convertitore di Decreti Legge e ha da molto tempo abdicato alla sua funzione primaria di legislatore.
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Il cantiere è aperto, questo è il messaggio che si vuole dare al paese, ma se possiamo concordare che il confronto con le opposizioni sia stato un punto di partenza positivo, è anche necessario sottolineare che la Premier ha voluto sottolineare come, se fosse necessario, procederà da sola.
Un dossier quindi che Giorgia Meloni ha voluto accentrare anche, se vogliamo, a scapito della Ministra per le riforme Casellati, che già a gennaio aveva fatto un suo personale giro di consultazioni.
La Presidente del Consiglio vuole intestarsi la “madre di tutte le riforme” e ritiene (non a torto) di poterle effettivamente portare a casa. In questa nuova fase costituente alla quale un po’ tutti, rassegnati, ci avviamo, il problema sarà però quello di riuscire ad agganciare almeno parte dell’opposizione sulla proposta (futura) della maggioranza, e allo stesso tempo garantirsi il sostegno da parte degli altri partner di coalizione.
Presidenzialismo o premierato
Non è chiaro al momento quale sia concretamente l’opzione sul tavolo: l’incontro tra Governo e opposizioni è stato interlocutorio e non si è basato su una proposta concreta. Si conoscono sicuramente le posizioni espresse in campagna elettorale: la destra attualmente al governo non ha mai nascosto il suo favore per una soluzione di tipo presidenzialista o semipresidenzialista alla francese, che però si scontra con la contrarietà decisa delle opposizioni che intendono garantire il ruolo del Capo dello Stato.
Mattarella e il suo Quirinale sembrano essere l’unica istituzione che, univocamente e in maniera bipartisan, riscuotono la fiducia degli italiani. Si tratta di un capitale importantissimo per garantire l’unità del paese che un’elezione diretta rischierebbe di far venire meno. Come anche ricordato dall’ex presidente della Camera Luciano Violante il sistema presidenziale, che la cronaca ci conferma essere in crisi anche nei paesi dove è da più tempo in essere, funziona dove la società non è attraversata da conflitti profondi. Un presidente eletto dal corpo elettorale non rappresenta più l’unità nazionale ma esprime una parte politica e questo rischia di portare ad una polarizzazione profonda e ben più dannosa rispetto a quanto si configura già nella società e nella politica italiana ad oggi.
La garanzia rappresentata dalla Presidenza della Repubblica che si configura come un arbitro imparziale, nella quale ci si può affidare in momenti di profonde divisioni e crisi sociali come quelli che stiamo vivendo, non dovrebbe essere qualcosa al quale rinunciare a cuor leggero.
Un’ulteriore riflessione necessita il tema del presidenzialismo.
Procedendo verso questa soluzione andrebbe ripensato non solamente e non esclusivamente il ruolo, i compiti del Presidente della Repubblica o dell’esecutivo, sarebbe necessario ripensare complessivamente l’architettura istituzionale del paese, dal Parlamento, alla Corte Costituzionale, nonché nel rapporto con le regioni, nell’ottica di un vero e stabile bilanciamento dei poteri. Se questo fosse realmente lo schema da attuare un tale intervento, che sarebbe rivoluzionario e non riformatore, difficilmente potrebbe essere ottenuto seguendo la linea tracciata dall’articolo 138. Sarebbe, forse, più indicato procedere attraverso l’elezione da parte del corpo elettorale di una vera e propria convenzione costituente, con limiti e poteri precisi che proceda alla revisione della costituzione[1].
Altra proposta sul tavolo è quella del premierato che però non ha una definizione chiara e univoca, in quanto rimanda a soluzioni diverse: si va da un ampliamento dei poteri del Capo del governo alla sua elezione diretta.
Nel mondo la seconda possibilità era stata implementata nel 1992 in Israele ma poco dopo abbandonata perché il sistema politico era rimasto multipartitico comportando comunque l’esistenza di governi di coalizione.
Il Terzo Polo non ha, da parte sua, mai nascosto il suo favore per una riforma che porti all’elezione diretta del Presidente del Consiglio sul modello del così detto “sindaco d’Italia”, ma questa proposta non sembra trovare le simpatie di gran parte delle opposizioni.
Per quanto riguarda il metodo, non è chiaro quale strada si intenda seguire: la bicamerale (utilizzata negli anni ’80 e ’90) non ha raccolto le simpatie di molti, una possibile convenzione costituente non sembra essere all’orizzonte.
Resta in piedi l’articolo 138: una proposta verosimilmente della maggioranza che dovrebbe trovare il consenso in parlamento (non scontato) per superare le quattro letture previste. Si tratta di un percorso lungo e irto di ostacoli il cui esito è tutto fuorché scontato.
Conclusioni
In sostanza “il cantiere è aperto”, ma in questa fase (rimanendo all’interno della metafora edilizia) sembra che si stia ancora cercando dove costruire la casa.
Sarà interessante vedere quali saranno le soluzioni proposte non solo in materia di presidenzialismo o premierato, ma anche come andranno a riarticolarsi le funzioni delle altre istituzioni. Si andrà verso un superamento del bicameralismo paritario? E ancora, il Senato diventerà finalmente quella camera delle autonomie territoriali, che manca nel nostro sistema? Si riuscirà a porre un limite alla decretazione d’urgenza? Il Parlamento riacquisterà finalmente la sua centralità nel processo legislativo?
Si tratta di domande alle quali si risponderà nei prossimi mesi man mano che le proposte arriveranno sul tavolo.
Intanto, dalla maggioranza si ostenta una sicurezza che è fondamentale in questa prima fase ma sono chiari i rischi. Sono evidenti sicuramente alla Presidente del Consiglio, la quale deve aver ben presente quali sono stati gli errori del passato: per quanto una maggioranza sia forte e coesa, far passare una riforma costituzionale con il solo voto della maggioranza rischia di tramutarsi in un nulla di fatto.
Infine, l’augurio è che ci sia consapevolezza in questo caso particolare una cattiva riforma non è da preferirsi allo status quo.
La Costituzione è uno snodo centrale della nostra democrazia e troppo spesso ci si è approcciati alla sua revisione con leggerezza e poca lungimiranza, spesso investendo il voto popolare di un valore taumaturgico che in realtà non ha.
Note
[1] Durante la XVIII legislatura sono state presentate delle proposte di legge volte all’istituzione di una convenzione costituente per la modifica della parte II della Costituzione (A. C. 3429 – Baldelli e Altri / A. S. 2581 – Craxi e altri)
Foto copertina: Quirinale palazzo e obelisco con dioscuri Roma. Wikipedia