Dopo vent’anni gli Stati Uniti abbandonano l’Afghanistan


Il 14 aprile 2021 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato il ritiro di tutte le truppe statunitensi dall’Afghanistan entro l’11 settembre 2021, venti anni dopo gli eventi che hanno portato all’inizio di questa guerra, la più lunga della storia statunitense.


 

Con gli Stati Uniti se ne andranno a partire dal 1° maggio anche le truppe della NATO che addestrano le forze afghane. Biden sta onorando una promessa fatta nel corso della sua campagna elettorale al popolo americano, contrario al protrarsi a tempo indeterminato in impegni gravosi di cui non capisce più il senso. Questi due decenni di conflitto hanno visto 800.000 militari coinvolti e 2.448 vittime americane, innumerevoli vittime afghane e quasi 1000 miliardi di dollari investiti.[1]

Il conflitto

Era il 26 settembre 2001 quando le prime forze americane entrarono in Afghanistan, nella valle del Panjshir nel nord. Il gruppo islamista dei Talebani deteneva il potere nella maggior parte del paese già dal 1996 e proteggeva Al Qaeda[2] e il suo leader Osama bin-Laden rifiutandosi di consegnarli agli americani, come richiesto dall’allora presidente Bush. Il paese veniva infatti considerato, insieme all’Iraq, come la base del terrorismo internazionale. Il presidente americano sosteneva infatti: “Queste azioni rigorosamente mirate sono progettate per impedire l’uso dell’Afghanistan come base operativa dei terroristi e per colpire la capacità militare del regime talebano…i Talebani pagheranno un prezzo”. 

La Nato entrerà nel paese solo due anni dopo e con molta fatica dato che la guerra era vista principalmente come un’ossessione americana ed un tentativo di vendicare l’attacco alle Torri Gemelle. Le operazioni militari non durarono molto, i Talebani vennero rovesciati già durante le prime fasi della guerra e nel maggio 2003, il segretario alla Difesa americano Donald Rumsfeld annunciò la fine delle principali operazioni di combattimento nel paese e l’insediamento di un governo filo-occidentale: aveva inizio un’operazione di State Building [3]. Furono costruite nuove scuole, ospedali e strutture pubbliche. Migliaia di ragazze, escluse dall’istruzione sotto il dominio talebano, iniziarono ad andare a scuola e le donne, in gran parte confinate nelle loro case, andarono all’università, a lavoro e servirono in Parlamento e nel governo.

Un governo purtroppo non abbastanza forte da tenere lontano i Talebani a lungo, i quali riconquistarono velocemente terreno grazie anche all’aiuto del Pakistan. Bisogna ricordare che nel marzo 2003 iniziò l’invasione del vicino Iraq e molte truppe statunitensi vennero trasferite su quel fronte.[4] Quasi 20 anni dopo ben poco è stato ottenuto, il paese è al collasso e il conflitto è ben lungi dal potersi considerare finito (solo nel mese di Gennaio 239 membri afgani delle forze di sicurezza filogovernative e 77 civili sono stati uccisi).[5]

Ognuno dei quattro presidenti americani ha provato a suo modo a vincere questo conflitto, incrementando o ridimensionando il numero di truppe ma nessuno di loro è stato in grado di cambiare il corso della guerra. Neanche l’uccisione del terrorista più ricercato del mondo Osama bin Laden responsabile degli attentati del 2001, proprio in Pakistan ha posto fine all’intervento americano. Obama e il Pentagono però riconobbero già allora che il conflitto era impossibile da vincere militarmente e che solo un accordo negoziato avrebbe messo la parola fine.

L’accordo USA-Talebani

Accordo di pace che il presidente Biden ha ereditato un accordo dal suo predecessore. Nel febbraio 2020 l’amministrazione Trump aveva firmato a Doha un accordo con i Talebani definito storico in cui gli Stati Uniti si impegnavano a ridurre la loro presenza e alla fine ritirarsi completamente dal paese entro il 1° maggio 2021, la prima e più importante rivendicazione dei Talebani.
In cambio, questi ultimi avrebbero rinunciato a ogni legame con il jihadismo transnazionale e a combattere contro la branca locale dello Stato islamico, come chiesto appunto dagli Stati Uniti. Ma l’esclusione del governo afgano dall’accordo ha raffreddato le relazioni con l’amministrazione Trump che ha fatto pressione sul presidente Ghani per rilasciare 5.500 prigionieri talebani ricevendo ben poco in cambio.
Tra gli obiettivi primari dell’accordo la negoziazione tra i leader afgano e quelli talebani di una nuova agenda politica per un nuovo governo e una nuova costituzione, lo stop alle violenze fino a raggiungere un cessate il fuoco duraturo. Pochi i segni che i Talebani abbiano tenuto fede alle promesse e lo scorso 12 aprile il gruppo ha detto che non avrebbe partecipato all’incontro del 24 aprile in Turchia che avrebbe discusso, tra le altre cose, la formazione di un governo provvisorio. Intanto il Pentagono avverte che i militanti non hanno onorato le promesse di ridurre la violenza o di tagliare i legami con i gruppi terroristici.[6]

Le ragioni del presidente Biden

Ma anche se le condizioni in Afghanistan peggiorassero, la decisione di Biden è ormai definitiva e non si torna indietro. Due sono le ragioni principali portate avanti dal nuovo inquilino della Casa Bianca e nessuna delle due è pienamente convincente. Egli suggerisce, in primo luogo, che gli interessi americani in Afghanistan non giustificano più nemmeno il suo ridotto impegno, gli spazi possono essere controllati a distanza e gli USA non potrebbero “continuare il ciclo di estensione e di espansione della nostra presenza militare nell’Afghanistan sperando di creare le circostanze ideali per il ritiro”.
In secondo luogo Biden rende chiara la sua convinzione che la lotta contro una Cina in ascesa ha la precedenza sull’idea che pochi anni in più in Afghanistan facciano davvero la differenza[7]

Eppure la partenza USA creerà un vuoto di potere che farà gola a molti attori regionali: il Pakistan, formalmente alleato americano ma in realtà sostenitore di lunga data dei Talebani, l’India, la Cina, Iran e Russia. L’establishment militare del Pakistan festeggia infatti l’uscita di scena della superpotenza da quello che considerano un loro “cortile” e dove l’intelligence aveva stabilito una forte influenza attraverso il regime talebano amico prima dell’invasione nel 2001.[8]

La debolezza del governo Ghani

Ci si chiede quindi cosa ne sarà dell’Afghanistan una volta che gli americani e le truppe NATO – tra cui anche 800 soldati italiani – lasceranno il paese. É forte la preoccupazione che il ritiro in assenza di un accordo politico tra le parti porterà a caos e spargimenti di sangue. Le vittime civili stanno già aumentando: secondo l’ONU, il numero di morti è aumentato del 29% nei primi tre mesi di quest’anno, rispetto alla fine del 2020. Anche se i progressi per le donne non sono stati sempre lineari, al momento le donne costituiscono circa il 40% di chi studia e hanno intrapreso carriere nelle forze armate e in politica. È altamente improbabile che questo continui sotto un regime talebano.[9]

La paura degli afghani ha diverse forme, dal triste primato dei Talebani, dai ricordi vividi della guerra civile e dalla debolezza ampiamente riconosciuta dell’attuale governo. Un governo che insieme alle sue forze armate non sopravvivrà a lungo senza il sostegno americano. “È in una situazione disperata”, ha detto Rahmatullah Nabil, un ex capo dei servizi segreti del paese. “Ci stiamo indebolendo. La sicurezza è debole, tutto si sta indebolendo, e i Talebani ne stanno approfittando”.[10] Molti politici, funzionari della sicurezza e diplomatici americani concordano.
Proprio questa settimana, la valutazione dell’intelligence statunitense, presentata al Congresso, stabilisce che “il governo afgano farà fatica a tenere a bada i Talebani se la coalizione ritira il suo sostegno”. Ma alla fine Biden, da sempre detrattore di questa guerra – già come vice-presidente di Barack Obama si era espresso contro l’aumento delle forze in Afghanistan nel 2009-10 – ha deciso che il paese non è più un interesse vitale, “riconoscendo che non c’è una soluzione militare”.

Le agenzie americane sostengono che Al Qaeda o altri gruppi terroristici non rappresentino una minaccia immediata per gli Stati Uniti dall’Afghanistan – anche se il ritiro “potrebbe portare a una ricostituzione della minaccia terroristica alla patria degli Stati Uniti entro 18 mesi o tre anni”. Dall’altro lato, l’affiliato dello Stato Islamico in Afghanistan è stato militarmente sconfitto nella sua roccaforte orientale alla fine del 2019 ma elementi più piccoli continuano a operare con bassa intensità nella regione, anche a Kabul, in attesa.[11] È comunque tristemente evidente di quanto poco importi del tipo di minaccia che Al Qaeda e altri rappresentano per il popolo afgano.

Ad oggi l’amministrazione Biden dice che continuerà a sostenere i colloqui di pace, ma i Talebani hanno già disertato l’ultimo incontro e non sembrano avere fretta di negoziare consapevoli di essere al momento in una situazione di vantaggio rispetto alle forze governative. Né hanno detto esplicitamente che sarebbero d’accordo con un governo di condivisione del potere. Tirare quindi le somme di tale guerra porterebbe a definirla non diversamente da un fallimento, americano sicuramente ma anche di tutta la NATO. Gli Stati Uniti hanno uno speciale debito morale verso le migliaia di afgani che hanno rischiato la loro vita al servizio del personale militare e civile statunitense.
Le donne che faticosamente hanno guadagnato i loro diritti vengono ora abbandonate, così come ogni cittadino che ha lottato per rendere il paese un luogo più umano, ospitale, etnicamente e socialmente tollerante. Si chiude un ciclo durato due decenni che forse insegnerà agli Stati Uniti che le democrazie a stampo occidentale non posso essere semplicemente “esportate” e che a subire le conseguenze di questo esperimento è e continuerà ad essere solo l’Afghanistan.


Note

[1] The Economist, “Joe Biden calls time on America’s longest-ever war”, 17 aprile 2021https://www.economist.com/asia/2021/04/13/joe-biden-calls-time-on-americas-longest-ever-war?itm_source=parsely-api 
[2] https://www.opiniojuris.it/al-qa%CA%BFida-origine-ed-evoluzione/
[3] State Building è un termine dalla teoria dello stato e identifica la costruzione di uno stato funzionante. Negli ultimi due decenni, la costruzione dello stato si è sviluppata fino a diventare parte integrante e persino un approccio specifico alla costruzione della pace da parte della comunità internazionale
[4] Zucchino D., “The War in Afghanistan: How It Started and How It Is Ending”, 23 aprile 2021, The New York Timeshttps://www.nytimes.com/article/afghanistan-war-us.html?searchResultPosition=6
[5] Stephens B., “Abandoning Afghanistan Is a Historic Mistake”, 19 aprile 2021, The New York Timeshttps://www.nytimes.com/2021/04/19/opinion/afghanistan-biden-troops.html?searchResultPosition=3
[6] Battiston G., “Accordo storico USA-Talebani, ma la pace è ancora incerta”, 20 febbraio 2020, ISPIhttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/accordo-storico-usa-talebani-ma-la-pace-e-ancora-incerta-25246
[7] The Economist, “Joe Biden offers unconvincing reasons for ending America’s longest war”, 17 aprile 2021https://www.economist.com/united-states/2021/04/17/joe-biden-offers-unconvincing-reasons-for-ending-americas-longest-war
[8] Mashal M., Masood S., ur-Rehman Z., “Biden’s Afghan Pullout Is a Victory for Pakistan. But at What Cost?”, 23 aprile 2021, The New York Times.https://www.nytimes.com/2021/04/15/world/asia/pakistan-afghanistan-withdrawal.html?name=styln-afghanistan&region=TOP_BANNER&block=storyline_menu_recirc&action=click&pgtype=Article&variant=show&is_new=false
[9] Gibbon-Neff T., “Afghans Wonder ‘What About Us?’ as U.S. Troops Prepare to Withdraw”, 14 aprile 2021, The New York Timeshttps://www.nytimes.com/2021/04/14/world/asia/afghanistan-taliban-usa-troop-withdrawal.html?name=styln-afghanistan&region=TOP_BANNER&block=storyline_menu_recirc&action=click&pgtype=Article&variant=show&is_new=false
[10] Nossiter A., “Afghan President in ‘Desperate Situation’ as His Power Is Undermined”, 10 aprile 2021, the New York Timeshttps://www.nytimes.com/2021/04/10/world/asia/afghanistan-ashraf-ghani.html?action=click&module=RelatedLinks&pgtype=Article
[11] Nossiter A., “The Crucial Questions for Afghanistan”, 14 aprile 2021, The New York Timeshttps://www.nytimes.com/2021/04/14/world/asia/afghanistan-troop-withdrawal.html?searchResultPosition=5


Foto copertina: Immagine web. Ap NyPost

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