Effetto domino


La guerra in Ucraina va avanti da più di 40 giorni. E mentre sul campo si vive una situazione di stallo, gli analisti temono l’effetto domino e l’allargamento dei fronti del conflitto.


La guerra in Ucraina prosegue senza sosta. Mentre i colloqui di pace in Turchia stentano a decollare, la situazione sul campo si fa sempre più drammatica. Le immagini che arrivano da Bucha sono devastanti e ci raccontano che come in tutte le guerre sono i civili vittime di violenze indiscriminate e sono loro a subire le peggiori conseguenze. Le parti si scambiano accuse sulla responsabilità dei massacri e invocano un’indagine internazionale indipendente per cercare di stabilire una verità sull’accaduto.

La guerra va avanti ma contrariamente a ciò che tutti gli analisti si aspettavano, la Russia non riesce a sfondare la linea Ucraina anzi spesso è costretta ad indietreggiare, ritirarsi e cambiare obiettivo. Merito sicuramente della forza militare di Kiev rimpolpata dal partner occidentali ed evidentemente merito anche del ruolo e del lavoro dell’intelligence supportata da quella americana, capace di conoscere le intenzioni del nemico e anticiparne le mosse.
Se consideriamo Kiev l’epicentro della guerra, allargando un po’ lo sguardo vediamo che ai margini sta accadendo qualcosa. Partiamo dalla Transnistria ufficialmente Repubblica Moldava di Pridniestrov o Pridnestrovie, un lembo di terra al confine tra Moldavia e Ucraina, rivendicato da Chişinău come territorio moldavo ma autoproclamatosi indipendente sotto tutela russa nel 1991 e con capitale Tiraspol. Per comprendere l’importanza geografica della Transnistria (letteralmente oltre il Dnestr il fiume chiamato anche Nistro che scorre lungo i territori di Ucraina e Moldavia), basta considerare che la capitale Tiraspol dista circa 110km da Odessa porto fondamentale che rappresenta uno dei punti strategici del conflitto ucraino.  Secondo quanto riportato dal quotidiano Ukrainska Pravda, il capo dell’amministrazione statale regionale di Odessa, Maksym Marchenko, ha affermato che “l’esercito russo si sta addestrando in Transnistria e sebbene non ritiene l’invasione improbabile nei prossimi giorni, le nostre forze (ucraine ndr) di difesa stanno monitorando la situazione nella regione.[1]”. Il Ministero degli Esteri moldavo ha immediatamente rettificato la notizia attraverso un tweet affermando che “Al momento non ci sono informazioni che confermino la mobilitazione delle truppe nella regione della Transnistria. Le autorità continueranno a monitorare e scambiare informazioni con i nostri partner al fine di garantire la sicurezza dei nostri cittadini.[2]”, è chiaro che l’opzione resta verosimile e va tenuta sotto controllo. Nel territorio si trovano al momento circa 1.500 soldati russi e si ritiene che questi movimenti di truppe siano finalizzati a “dare una dimostrazione di disponibilità per un’offensiva e possibili ostilità contro l’Ucraina” e Urmas Paet, vicepresidente della commissione Affari esteri del Parlamento europeo, aveva parlato della necessità di intensificare la cooperazione tra Ue e Moldavia nella lotta alla propaganda russa definita “un pericolo preoccupante per Paesi così esposti alla crisi”[3]

Spostiamoci più ad est e andiamo in Ossezia del sud. La repubblica dell’Ossezia del sud è un territorio autoproclamato indipendente il 28 novembre 1991 e denominato ufficialmente Repubblica dell’Ossezia del Sud – Stato di Alania, è uno stato a riconoscimento limitato[4] e considerato dalla Georgia e dalla comunità internazionale come territorio occupato. C’è aria di tensione a Tskhinvali capitale della Repubblica dell’Ossezia del sud, dopo le dichiarazioni del Presidente Anatolij Il’ic Bilbilov che si è dichiarato favorevole ad un referendum per entrare a far parte della Federazione Russa.

Bibilov ai media russi ha affermato che: “Credo che l’unificazione con la Russia sia il nostro obiettivo strategico. Questa è la nostra strada e un’aspirazione del nostro popolo. Dovremmo andare avanti lungo questa strada. Le corrispondenti misure legali saranno fatte nel prossimo futuro. La Repubblica dell’Ossezia del Sud diventerà parte della sua patria storica – la Russia“. Bibilov considera il rapporto con la Federazione Russa “viscerale” e ha ribadito che il primo atto di rinascita del mondo russo è avvenuto nel 2008 in riferimento alla guerra russo-georgiana che si è combattuta proprio in Ossezia. La reazione di Tbilisi è stata dura.

Il vice primo ministro e ministro degli Esteri della Georgia, David Zalkaliani, ha denunciato la proposta di referendum sull’”unificazione” con la Russia, affermando che: “È inaccettabile discutere di eventuali referendum in Ossezia del Sud mentre il territorio della Georgia è occupato dalla Russia e nessun referendum avrà valore legale durante l’occupazione, soprattutto sullo sfondo di centinaia di migliaia di nostri cittadini espulsi dalle loro case a causa della pulizia etnica e del divieto di tornare“. Secondo Tbilisi si tratterebbero di provocazioni volte ad allargare il conflitto in corso, sottolineando che: “Non useremo la forza per ripristinare l’integrità territoriale […] questo è il nostro obbligo legale, che la comunità internazionale sostiene chiaramente”[5].
Contrariamente a quanto avviene in Ossezia del Sud, in Abcasia, altra repubblica del Caucaso a riconoscimento limitato e considerato dalla Georgia e dalla comunità internazionale come territorio occupato, la leadership locale ha affermato che sebbene considerino favorevole l’unificazione tra Ossezia del Nord e Ossezia del sud e quindi un ingresso della repubblica separatista a pieno titolo all’interno della Federazione Russa, questa strada non è percorribile per gli abcasi. In una dichiarazione ripresa dall’agenzia di stampa russa TASS, il segretario del Consiglio di sicurezza abcaso Sergei Shamba ha affermato che “ La Costituzione non lo consente e non ci sono tali sentimenti (sull’adesione alla Federazione Russa) nella società. Abbiamo pagato un prezzo pesante per l’indipendenza, questo è il risultato di una lunga lotta del nostro popolo per diverse generazioni, quindi questo problema non è discusso nei nostri circoli – in politica e in pubblico. Non conosco una tale forza politica in Abkhazia, partiti o movimenti sociali che procederebbero da tale possibilità, rinuncia all’indipendenza. Non ci sono tali forze politiche “, ha sottolineato il politico che ha poi concluso “Le relazioni dell’Abkhazia con la Russia, alleato e partner strategico, dovrebbero svilupparsi “nel modo più stretto[6]“. Chiaramente la situazione resta tesa, in particolar modo dopo che lo scorso 13 marzo il ministero della Difesa georgiano aveva annunciato che dal 20 al 25 marzo 20220 si sarebbero tenute le esercitazioni di comando e personale NATO-Georgia presso il Centro di addestramento e valutazione NATO-Georgia (JTEC) a Krtsanisi, Georgia. Esercitazioni volte a migliorare le capacità di pianificazione delle operazioni e lo scambio di esperienze. Alle esercitazioni avrebbero preso parte i rappresentanti di 23 paesi membri dell’Alleanza atlantica o partner[7]. La risposta abcasa a questa notizia è stata la messa in allerta delle forze armata così come ha affermato il ministro della Difesa Vladimir Anua. Lo stesso ministro ha poi affermato che sono state svolte attività di mobilitazione, raduni fuori programma ed esercitazioni con il personale delle unità di riserva del Ministero della Difesa. “In caso di aggravamento della situazione, le forze armate sono pronte ad adempiere al loro dovere di proteggere la sovranità statale e l’indipendenza della Repubblica di Abkhazia”, aggiungendo che questa mobilitazione è la reazione alle esercitazioni della NATO in Georgia. “Tbilisi non ha abbandonato la sua retorica bellicosa e la politica di adesione all’Alleanza del Nord Atlantico”, ha affermato Anua[8].
Ma la situazione più complessa si sta verificando nel Nagorno Karabakh o Repubblica dell’Artsakh altro stato a riconoscimento limitato autoproclamatosi indipendente dall’Azerbaigian e riconosciuto solo da tre stati non appartenenti all’ONU e teatro di numerose guerre, l’ultima combattuta nel settembre del 2020 quando le forze armate dell’Azerbaijan e dell’Armenia hanno ricominciato a scontrarsi lungo quella che viene definita “linea di contatto dell’Artsakh” e cioè la zona di separazione tra le forze armene (ovvero l’esercito di difesa della repubblica di Artsakh) e le forze armate azere nell’ambito del conflitto del Nagorno-Karabakh. La linea è stata creata all’indomani dell’Accordo di Biškek del maggio 1994 che pose fine alla guerra del Nagorno-Karabakh (1988-1994). La guerra si è conclusa 44 giorni dopo il 9 novembre quando i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione del presidente russo Vladimir Putin, firmarono un cessate il fuoco. Ma è notizia di pochi giorni fa che sono ricominciati gli scontri nella regione. L’Armenia sostiene che l’Azerbaigian stia approfittando della distrazione della comunità internazionale e dell’impegno dell’esercito russo sul fronte ucraino per trarre vantaggi nell’area. Anche Mosca ha accusato Baku di aver violato l’accordo di cessate il fuoco del 2020, entrando nell’area sotto controllo della missione russa di peacekeeping e lanciando attacchi con droni contro le truppe della regione. Accusa respinta dall’Azerbaigian che ha puntato invece il dito contro l’Armenia. Il governo di Erevan ha chiesto a Mosca nei giorni scorsi di fermare l’avanzata delle truppe di Baku. Come abbiamo visto, la guerra in Ucraina può avere delle conseguenze dirette o indirette in molti territori che vivono situazioni di “conflitti congelati” cioè conflitti a bassa intensità che si protraggono nel tempo o anche nei Balcani, non a caso Sonja Biserko, fondatrice e tuttora presidente dell’Helsinki Committee for Human Rights in Serbia ha dichiarato che “I Balcani occidentali hanno rappresentato, e rappresentano tuttora, una sorta di secondo fronte di guerra, che potrebbe aprirsi in qualsiasi momento”[9]. Un rischio enorme, un effetto domino che potrebbe far precipitare l’intera Europa in una guerra mondiale.


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Note

[1] https://www.pravda.com.ua/news/2022/04/3/7336910/
[2] https://twitter.com/MoldovaMFA/status/1510198307594850304
[3] https://tg24.sky.it/mondo/2022/04/03/guerra-ucraina-transnistria-truppe#07
[4] E’ stato riconosciuto solo da Russia – (26 agosto 2008), Nicaragua – (3 settembre 2008) Venezuela – (10 settembre 2009), Nauru – (16 dicembre 2009) e Siria – (29 maggio 2018) oltre ad altri paesi che però non fanno parte dell’Onu e sono: Abcasia Abcasia – (17 novembre 2006), Transnistria Transnistria – (17 novembre 2006), Artsakh Repubblica dell’Artsakh – (17 novembre 2006), Repubblica Popolare di Lugansk – (28 gennaio 2015), Repubblica Popolare di Doneck – (11 maggio 2015)
[5] https://www.opiniojuris.it/ossezia-del-sud-pronti-al-referendum-per-unirci-alla-russi-tbilisi-ribatte-decisione-inaccettabile/
[6] https://tass.ru/mezhdunarodnaya-panorama/14233751?utm_source=civil.ge&utm_medium=referral&utm_campaign=civil.ge&utm_referrer=civil.ge
[7] https://www.kavkaz-uzel.eu/articles/374169/
[8] https://www.kavkaz-uzel.eu/articles/374612/
[9] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Sonja-Biserko-l-invasione-russa-dell-Ucraina-scatenera-il-caos-nei-Balcani-216174


Foto copertina: Effetto domino di Sara Marseglia