El Salvador e il massacro dei gesuiti


Il tribunale di El Salvador riapre l’inchiesta sull’uccisione di 6 sacerdoti nel 1989.


La Corte Costituzionale di El Salvador ha accettato di riaprire il caso riguardante il massacro dei gesuiti avvenuto all’alba del 16 novembre 1989, in piena guerra civile, quando un commando delle forze armate salvadoregne fece irruzione nel campus dell’Università Centramericana José Simeón Cañas (Uca) dove si trovavano un gruppo di gesuiti spagnoli[1]. Qui persero la vita Ignacio Ellacuría, Segundo Montes, Ignacio Martín-Baró, Amando López e Juan Ramón Moreno e il salvadoregno Joaquín López, insieme a Elda Ramos e a sua figlia adolescente Celina, tutti assassinati dopo torture e sevizie[2].
L’Università era considerata un rifugio per i dissidenti e i soldati avevano ricevuto l’ordine di eliminare “elementi sovversivi conosciuti”[3].
I gesuiti e le due donne si trovavano all’ interno dell’università convinte di potersi salvare dai bombardamenti e combattimenti in atto. Tuttavia, l’università era controllata da giorni da reparti dell’esercito poiché padre Ellacuría e gli altri gesuiti erano esponenti della teologia della liberazione e quindi considerati dissidenti e più volte minacciati. La chiesa salvadoregna non ha mai rinunciato a criticare gli eccessi del governo e i crimini contro i diritti umani avvenuti durante il conflitto del paese.   Secondo l’analisi della Commissione Verità, realizzata con il sostegno dell’ONU, l’eccidio sarebbe stato commesso dal battaglione Atlacatl, braccio armato del regime all’epoca della guerra civile, terminata nel 1992. In particolare, i carnefici della strage sono i generali Humberto Larios, Juan Rafael Bustillo, Francisco Elena Fuentes, Rafael Zepeda, il defunto René Emilio Ponce e il colonnello Inocente Montano, quest’ultimo estradato in Spagna dagli Stati Uniti e sotto processo per questo stesso crimine. Inizialmente, nove membri dell’esercito erano stati processati nel 1991, ma sette di loro furono assolti, due ufficiali scontarono brevi condanne e poi rilasciati grazie all’amnistia nel 1993. Successivamente, la Corte costituzionale di El Salvador aveva dichiarato la nullità assoluta di una risoluzione del 2000 in cui si disponeva l’interruzione del procedimento a favore di sei soldati e dell’ex presidente Alfredo Cristiani, al governo di El Salvador dal 1989 al 1994. Infatti, la Camera Penale della Corte Suprema aveva ratificato la decisione del Terzo Tribunale di Pace e aveva ordinato l’archiviazione definitiva del caso per prescrizione, essendo trascorsi più di 10 anni dal momento in cui il crimine era avvenuto, fino al deposito dell’accusa da parte della Procura[4]. Questo è il tempo massimo stabilito dalla legge in questo paese centroamericano per perseguire un crimine.
La Camera costituzionale ritiene che questa decisione “avrebbe ostacolato l’accesso delle vittime alla giustizia e il diritto a conoscere la verità”, aggiunge il comunicato[5].
Inoltre, un tribunale di grado inferiore aveva stabilito il presunto coinvolgimento del presidente Cristiani ma l’indagine venne sospesa quando gli ufficiali indagati presentarono ricorso contro la Corte Suprema nel 2019. I familiari delle vittime avevano già avviato dal 2009 un processo in Spagna, vista la nazionalità dei religiosi, per avere giustizia. Solo l’ex colonnello Guillermo Benavides è, al momento, in cella, dopo essere stato arrestato di nuovo nel 2016[6]. Successivamente, basandosi sul principio della giustizia universale, nel settembre del 2020, la Audiencia nacional spagnola ha inflitto al colonnello Inocente Orlando Montano la pena di 133 anni di carcere[7]. Precedentemente, l’ex ufficiale si era spostato negli Stati Uniti e fu arrestato nel 2011. Tuttavia, nel 2014, il governo salvadoregno aveva rifiutato di estradare in Spagna 13 ex militari accusati come responsabili dell’eccidio, nonostante Madrid avesse emesso un allarme rosso dell’Interpol contro di loro. Ciò ha permesso l’impunità dei carnefici di questa strage.
Recentemente, il procuratore generale Rodolfo Delgado ha accolto con favore la sentenza ultima di mercoledì 5 gennaio 2022 della Sala de lo Constitucional de la Corte Suprema de Justicia de El Salvador che ha ordinato la riapertura del caso. Infatti, lo scorso novembre, quando la Camera Costituzionale aveva deciso di ammettere il reclamo del Procuratore che chiedeva l’annullamento dell’assoluzione dei militari implicati nell’omicidio, la stessa Camera Costituzionale aveva considerato che la dichiarazione di prescrizione del caso fosse inadeguata “trattandosi di crimini contro l’umanità, non soggetti ad alcuna prescrizione”[8]. Tale decisione è anche stata supportata dal rettore dell’Università Centramericana José Simeón Cañas, Andreu Oliva; il direttore dell’Istituto per i Diritti umani (Idhuca) della stessa Università padre José Maria Tojeira, e l’avvocato dell’Idhuca Arnau Baulenas. Secondo le parole di Andreu Oliva, lo scopo è punire i colpevoli per la morte atroce di queste persone al fine di rendere giustizia una volta per tutte[9].


Note

[1]https://www.avvenire.it/mondo/pagine/massacro-gesuiti-riapre-caso
[2]https://www.nytimes.com/2011/05/31/world/americas/31salvador.html
[3]https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/11/17/la-strage-dei-gesuiti-in-salvador.html
[4]https://cnnespanol.cnn.com/2021/11/25/el-salvador-admite-demanda-reabrir-caso-asesinato-sacerdotes-jesuitas-orix/
[5] https://cnnespanol.cnn.com/2021/11/25/el-salvador-admite-demanda-reabrir-caso-asesinato-sacerdotes-jesuitas-orix/
[6] https://cnnespanol.cnn.com/2022/01/06/el-salvador-ordenan-reabrir-caso-masacre-sacerdotes-jesuitas-orix/
[7] https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-59896758
[8] https://www.dw.com/es/el-salvador-reabrir%C3%A1-caso-de-la-masacre-de-jesuitas/a-60344417
[9] https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2018/04/20/news/massacro-dei-gesuiti-di-el-salvador-il-tribunale-si-riapra-il-processo-1.34007887


Foto copertina: Massacro del gesuiti ad El Salvador. Murales dedicato a Rutilio Grande, nato a El Paisnal (El Salvador) il 5 luglio 1928. Assassinato il 12 marzo 1977 insieme al catechista Manuel Solórzano, 72 anni, e al giovane Nelson Rutilio Lemus, 16 anni, mentre si recavano a El Paisnal dalla loro parrocchia di Aguilares per celebrare la novena di San José. La sua morte violenta influenzò molto la vita del suo amico, all’epoca arcivescovo di San Salvador, San Oscar Romero, che nel 1980 sarebbe stato martirizzato a sua volta.