L’esercito della Federazione Russa negli ultimi anni ha cambiato, non senza sforzo, la sua veste, anche se molte rugginose problematiche del passato sono ancora presenti
Introduzione
Quando si parla di Unione Sovietica le immagini della potenza militare del suo esercito abbondano nell’immaginario collettivo. Si può dire che gli armamenti stessi dell’Urss fossero diventati addirittura più iconici di quanto la propaganda del regime avrebbe mai potuto immaginare. Impossibile non pensare a tal proposito al leggendario fucile d’assalto AK-47 Kalashnikov.
Il nome di Kalashnikov è già nella storia da un pezzo, almeno da quando l’omonimo fucile d’assalto e le sue successive varianti hanno “invaso” campi di battaglia, arsenali, equipaggiamenti di guerriglieri, terroristi, criminali e Forze armate di mezzo mondo. Per dare un’idea, si stima che globalmente circolino circa 100 milioni di Kalashnikov, sia assemblati dalla fabbrica russa Izhmash (situata a Izevshk), sia sotto forma di copie prodotte da altri paesi (Cina, Corea del Nord, ex “blocco dell’Est” e molti altri). Ciò ha fatto sì che il Kalashnikov sia diventato qualcosa di più che una mera arma: un fenomeno globale, vera e propria icona, simbolo di lotta e di resistenza dalle innegabili coloriture politiche.[1]
E come non vedere nella propria mente le silhouette dei carri armati serie T, dei sottomarini nucleari e dei mitici Mig dell’aviazione sovietica. Insomma, un intero esercito era divenuto icona e simbolo di potere, un potere però, molto diverso da quello del “grande oppositore” e dei suoi alleati occidentali. Era un potere più oscuro e sferragliante che ha spesso operato secondo la logica dello show of force anche in funzione deterrente di proteste civili (come durante le “primavere” in Ungheria nel 1956[2], e a Praga nel 1968[3]) e che all’ombra dell’imponente stella rossa nascondeva fango, ruggine, corruzione e anche tanta arretratezza, con spese estremamente alte, soprattutto se paragonate all’attuale Federazione Russa.
Ai tempi dell’Urss, la parte delle spese dedicata alla difesa costituiva, secondo valutazioni differenti, una percentuale variabile tra il 15 e il 25% del pil. Nella Russia degli anni Novanta questa quota non ha superato il 6% (1994) e nel budget dell’anno in corso ha costituito in tutto il 2,7%.[4]
Il desiderio di riforma
Con la caduta dell’impero sovietico la nascente Federazione Russa ha ereditato parte dell’ingombrante (e costoso) arsenale dell’Urss, convenzionale e non. Il problema dell’accentramento nella Federazione e del mantenimento dell’arsenale nucleare vide avanzare delle soluzioni anche da parte di altri attori internazionali (sorprendentemente i maggiori aiuti furono offerti dagli Usa[5]), ma gran parte dell’equipaggiamento delle forze regolari rimase in servizio. Le prime problematiche si mostrarono con le guerre in Georgia, Cecenia e nei Balcani della seconda metà degli anni 90. Le esperienze negative maturate durante il periodo sovietico (in particolare in Afghanistan), la costante minaccia del terrorismo internazionale da parte dei fondamentalisti islamici e le guerre secessioniste e di indipendenza nello spazio ex sovietico dell’Europa dell’est (Georgia 1992-93/2008, Kosovo 2000 e le due guerre Cecene) hanno inflitto dure lezioni all’esercito ed evidenziato non solo quelle che erano le inadeguatezze di armamenti oramai obsoleti per i moderni teatri di guerra ma anche l’arretratezza della dottrina militare stessa. I tempi dei grandi dispiegamenti di truppe e delle “gloriose” marce di cingolati erano, e sono oramai, finiti.
La dottrina militare della Federazione Russa fu adottata nel 1993, nel periodo di transizione segnato dalle riforme democratiche. Nel 2000 il presidente Vladimir Putin vi ha apportato delle integrazioni. Tuttavia, essa rimane ancora un documento temporaneo che definisce i princìpi fondamentali della struttura della nostra organizzazione militare. È per questo che le Forze armate della Russia hanno molto in comune con il passato esercito sovietico e corrispondono poco al nuovo ordine socioeconomico del paese.
Il vero tentativo di cambiamento ebbe però inizio solo nel 2010, sotto la presidenza Medvedev che avviò l’ambizioso e costoso programma GPV-20 (gosudarstvennaia programma vooruzheniia), atto a portare l’esercito della Federazione Russa nel ventunesimo secolo, o quasi.
Gli obiettivi di GPV-20
Come già accennato, l’esercito russo della fine degli anni 90’ e dei primi anni duemila era largamente equipaggiato come l’esercito sovietico. Il programma lanciato sotto la presidenza Medvedev aveva l’ambiziosa mira di riammodernare ogni ramo dell’esercito e di avviare progetti per armamenti di nuova generazione.
The GPV-2020 is a 10-year program that envisages the large-scale procurement of a wide range of weapon systems to equip and modernize the Russian armed forces. It was hoped that at least 70 percent of the armed forces’ equipment would be modern by the time the GPV was completed. In 2010, the share of modern equipment was said to be just 15 percent.
La riforma dell’esercito cavalcava ampiamente l’impennata dei prezzi del petrolio di quegli anni, che favorì grandemente la Russia quale grande esportatrice. Per i primi tempi le tabelle di marcia furono rispettate e i fondi presenti. Purtroppo, però, con il brusco calo dei prezzi del petrolio del 2014 l’economia della Federazione Russa subì uno shock e, la crisi che ne seguì diede una battuta d’arresto alla riforma dell’esercito, avviata solo pochi anni prima, e che ad oggi è in una fase di rallentamento tale da sfiorare lo stallo.
However, while the funding allocated to rearmament has been impressive, Russia’s ambitious plans to reinvigorate its defense-industrial sector have encountered economic challenges. First, the decline in oil prices from over $100 per barrel in the summer of 2014 to an average price of around $40 per barrel over 2015, and around $30 per barrel during the first half of 2016, exacerbated a pre-existing slowdown in economic growth[6].
Questo duro colpo è stato estremamente significativo, ma l’esercito russo, ad oggi, si può considerare ampiamente riammodernato e sebbene i ritardi maggiori siano arrivati sulla messa in produzione di nuovi equipaggiamenti, l’efficace strategia del riarmo di equipaggiamenti esistenti si è dimostrata efficiente anche se altalenante a seconda dei settori.
[…] rearmament is moving faster than originally envisaged in some areas, but slower in others, suggesting that the overall improvement in the share of modernized equipment in service in the Russian armed forces conceals significant variation in performance across different categories of weapon systems[7].
Il programma GPV-20 è stato sicuramente fondamentale per rendere l’esercito russo nuovamente competitivo sullo scacchiere internazionale e, con esso, la stessa dottrina militare russa ha visto un profondo rinnovamento. Del resto, la politica regionale della Federazione negli ultimi anni è stata particolarmente aggressiva, ma al contempo è innegabile la dinamicità con cui l’esercito è stato impiegato. Un esempio cardine è stata la Siria, triste banco di prova per la strategia Russa[8].
I “muscoli” della Federazione
Sebbene la Russia non possa vantare una spesa militare esorbitante come quella statunitense o quella cinese, i grandi sforzi, che hanno ulteriormente fiaccato la sua già fragile economia, hanno fatto sì che almeno nella sua “area di competenza” possa essere considerata il “pesce più grosso”. Un recentissimo esempio lo abbiamo visto in occasione delle crisi di confine con l’Ucraina e la regione del Donbass, da tempo scossa dalla guerra civile, che hanno grandemente allarmato il “vicinato” e anche gli Stati Uniti, nel delicato periodo che precedeva l’importantissimo primo summit tra Putin e Biden[9].
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha manifestato apprensione alla vigilia del summit. “Negli ultimi giorni la Russia ha mobilitato migliaia di soldati pronti al combattimento lungo i confini con l’Ucraina. Si tratta della più grande mobilitazione di uomini al confine dall’annessione illegale della Crimea nel 2014”, ha dichiarato Stoltenberg a Bruxelles in una conferenza stampa congiunta con Kuleba[10].
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Ad oggi la tensione non si è allentata ma lo show of force della Federazione Russa, si può dire, ha raggiunto un obiettivo non dichiarato ma estremamente importante, ovvero quello di riuscire a ad essere una minaccia da non sottovalutare e un attore da prendere sul serio. Mentre Russia e Bielorussia hanno avviato, venerdì 10 settembre, la fase attiva delle esercitazioni su larga scala Zapad-2021 e l’Ucraina ha iniziato a rafforzare militarmente i propri confini; il presidente ucraino, Volodymyr Zelensy, ha dichiarato “possibile” lo scoppio di una “guerra totale” con la Russia.[11]
L’esercitazione Zapad 2021 ha anche decretato la “vittoria” della Russia e del suo esercito in una guerra mai nata che ha tenuto sulle spine non solo l’Ucraina ma la Nato e l’Europa. Una sfida a “braccio di ferro” che al momento nessuno è seriamente intenzionato a raccogliere.
I movimenti del Gotr in Transnistria generano nervosismo perché circa 350 militari con una trentina di blindati hanno abbandonato la loro sede usuale per muoversi di 50 chilometri in territorio de jure moldavo. Ciò può significare una cosa sola: anche i “peacekeeper” russi schierati nella regione separatista parteciperanno a Zapad-21. La costruzione di trincee e l’installazione di un campo mobile ne avvallano le intenzioni. Mosca ha già incassato un primo successo da Zapad-21: dimostrare che, quando la Russia flette i muscoli, tutto il vicinato trema[12].
Conclusioni
L’esercito russo, che nonostante tutto continua ad essere nell’immaginario comune un temibile avversario (o alleato), ad oggi si avvicina molto al suo mito. Purtroppo, però, i problemi della Federazione, nel tentativo di riformare il suo braccio armato, non sono solo di tipo economico. Alcune vecchie ruggini del periodo sovietico persistono, anche se riverniciate con il verde scuro dei veicoli corazzati russi dall’aria tanto aggressiva e competitiva.
High levels of corruption have allegedly exacerbated the problem of rising costs, with some estimates suggested that as much as 20–40 percent of procurement funding has been lost (Aleshin and Eliushkin 2013). However, while such estimates are often reported in the Russian press (with the most pessimistic estimates then reported in the Western press), it is difficult to gauge their accuracy. Whether the misallocation of resources in the Russian state and/or OPK—by corruption or other means—is an order of magnitude worse than other countries is, in the absence of any firm evidence, an open question.[13]
I fattori economici e la corruzione, sebbene sia sempre stata una piaga, non sono i soli bastoni tra le ruote cingolate del programma GPV-20. Un terzo e fondamentale fattore riguarda un problema che ha perseguitato l’armata rossa nella sua corsa agli armamenti per anni: l’arretratezza tecnologica che da sempre fiacca alcuni settori.
Shipbuilding is a good example. With the exception of some submarines (e.g., the Project 636, which was produced for export during the 1990s and 2000s) and some smaller vessels, the shipbuilding industry has not developed or produced many new ships since the 1980s (Gorenburg 2010). As a result, although some existing Soviet-era warships have been refurbished under the GPV-2020, the OPK has struggled to keep to schedule in the delivery of newly designed ships. This pattern suggests a certain path dependence that reflects the historical strengths and weaknesses of the OPK. The defense industry has performed best where established designs existed, or where serial production of newer designs had already begun before 2011. These sub-sectors of the OPK proved most able to absorb the massive expansion in defense procurement spending discussed above. Building new areas of comparative advantage in, for example, large warships, or in fifth-generation fighter aircraft, may well require a prolonged injection of R&D funding before success is observed.[14]
Nonostante tutte queste problematiche, l’esercito russo è riuscito a tornare in auge e si sta rivelando uno strumento più che efficace nelle mani del Cremlino per perseguire gli interessi della nazione. Del resto, le menti del Cremlino si sono dimostrate inoppugnabilmente capaci e la politica estera russa degli ultimi anni ha portato avanti teatri strategici notevoli sia in Europa, che in Medio Oriente, che nello spazio ex sovietico. Resta da vedersi se, e fin dove, questa nuova veste del braccio armato russo riuscirà nella sua funzione, per ora, intimidatoria.
Note
[1] https://www.limesonline.com/kalashnikov-e-morto-lunga-vita-al-kalashnikov/56629
[2]https://www.foreignaffairs.com/articles/europe/2016-09-01/hungary-sixty-years-after-revolution
[3]https://www.agi.it/estero/primavera_praga-3339048/news/2018-01-05/
[4] https://www.limesonline.com/cartaceo/dallarmata-rossa-allarmata-russa-anatomia-di-un-disastro?prv=true
[5] https://www.congress.gov/bill/102nd-congress/house-bill/3807
[6] R. Connolly, C. Sendstad, Russian Rearmament, Routledge, 2018, cit. p. 151
[7] Ivi., cit. p. 145
[8] https://www.opiniojuris.it/le-conseguenze-della-politica-di-disengagement-statunitense-in-siria/
[9] https://www.opiniojuris.it/biden-e-putin/
[10] https://www.agi.it/estero/news/2021-04-14/crisi-ucraina-vertice-nato-biden-chiama-putin-12159687/
[11]https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/09/10/zapad-2021-zelensky-non-esclude-guerra-totale-mosca-rafforza-confine-la-bielorussia/
[12] https://www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-8-settembre-cina-taliban-accordo-biden-regno-unito-indo-pacifico-zapad21-russia-esercitazione-turchia-egitto-emirati/124820
[13] R. Connolly, C. Sendstad, Russian Rearmament, Routledge, 2018, cit. p. 152
[14] Ivi., cit. p. 153
Foto copertina: Mikhail Kalashnikov era il tenente generale russo che progettò il fucile d’assalto AK-47.