Giornata mondiale per la libertà di Stampa: l’UE tra eccellenze e maglie nere, ma ovunque i giornalisti sono meno liberi


World Press Freedom Index: l’Europa se la passa meglio, ma non va benissimo. Cala la libertà di stampa e aumentano gli strumenti di controllo dei governi. È il quadro che emerge dal report di RSF.


Il 3 maggio è proclamata la giornata mondiale per la libertà di Stampa. Fu l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a proclamarla per la prima volta nel 1993, dietro raccomandazione della Conferenza Generale dell’Unesco. La data del 3 maggio non fu una scelta casuale ma fa riferimento al seminario promosso dalla stessa UNESCO per promuovere l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana, tenutosi il 3 maggio del 1991 a Windhoek in Namibia[1]. tutta questa attenzione sulla stampa e sulla necessità di avere organi di stampa e giornalisti indipendenti e mirati solo ed esclusivamente alla ricerca della verità, è scaturita dal fatto che è sempre stato palese il peso della stampa nella società. Un peso notevole che spesso viene messo in discussione, o peggio, sotto attacco. Nel 1991 venne redatta la Dichiarazione di Windhoek, dove sono elencati tutti i principi in difesa di un’informazione libera e plurale. Il tracciato normativo di tale dichiarazione fa riferimento alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, in particolare all’articolo 19 che parla appunto, di libertà d’espressione.

Lo stato di salute della libertà di stampa: World Press Index Forum

Ma oggi a che punto è la libertà di stampa? Non ad un buon punto. Questo almeno, secondo quanto riporta il World Press Freedom Index, l’indice che valuta lo stato di salute dell’informazione in 180 paesi del mondo e ne trae una panoramica globale stilando una classifica che va dal migliore, paese con più misure atte a garantire pluralità e indipendenza dei media e il peggiore, dove la professione giornalistica è fortemente ostacolata[2]. Ad occuparsi del World Press Freedom Index è la Reportèr Sans Frontieres (RSF), un’organizzazione no-profit che promuove e difende la libertà d’informazione. È la stessa RSF a fornire una definizione precisa: “La libertà di stampa è definita come la capacità dei giornalisti, come individui e collettivi, di selezionare, produrre e diffondere notizie nell’interesse pubblico indipendentemente da interferenze politiche, economiche, legali e sociali e in assenza di minacce alla loro sicurezza fisica e mentale”.  Sulla base di questa definizione, ogni paese viene considerato sulla base di cinque parametri: contesto politico, quadro giuridico, contesto economico, contesto socioculturale, sicurezza. Sulla base di questi parametri l’indice assegna voti da 0 a 100 a ciascun paese, dove 100 è il punteggio migliore e 0, quello peggiore. Il punteggio fa riferimento a due elementi: il conteggio numerico degli abusi subiti dai media e dai giornalisti nell’esercizio della professione; una valutazione qualitativa della situazione del paese basata sul parere di esperti in tema di libertà di stampa, giornalismo e diritti.  Attualmente questo indice è uno dei più affidabili ed è in grado di rappresentare concretamente lo specchio della situazione al momento della pubblicazione.

Report 2024

L’anno 2024 secondo il World Press Freedom Index non è dei migliori. In linea generale, si registra ovunque un calo, il che implica una minore libertà di movimento: i giornalisti sono meno liberi e più a rischio. A prevalere è stato ancora una volta il Nord Europa, con la Norvegia (91,89 punti), seguita da Danimarca (89,6) e la Svezia (88,32). Completano la top ten, Paesi Bassi, Finlandia, Estonia, Portogallo, Irlanda, Svizzera e Germania. Tutti in Europa. Maglie nere per Afghanistan (19,09 punti) , Siria (17,41) ed Eritrea, che con i suoi 16 punti occupa la posizione n.180, l’ultima. Nella classifica gli Stati Uniti, calano di 10 posizioni: dal 45° del 2023 al 55° di quest’anno. Secondo RSF, nonostante ci siano stati dei miglioramenti “persistono forti barriere strutturali alla libertà di stampa”. E l’Italia? Non se la passa meglio. L’Italia cala di 5 posizioni rispetto al 2023, piazzandosi 46° con 69,8 punti. Un calo dovuto a diversi fattori, tra i quali il persistere delle mafie che mettono a repentaglio la vita dei giornalisti, nonché una serie di previsioni normative ritenute lesive della figura del giornalista. Un caso che ha creato molto clamore è l’emendamento Costa alla Legge di delegazione europea 2024, passato alle cronache giornalistiche come “Legge Bavaglio” che impedisce la pubblicazione integrale o un suo estratto dell’ordinanza di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare. Nel report di RSF, si fa esplicito riferimento a “gruppi politici che stanno organizzando l’acquisizione del sistema mediatico”[3] ma anche al caso AGI, l’agenzia di stampa passata dall’Eni al gruppo del parlamentare leghista Angelucci.

Libertà di stampa in Europa

Per valutare il quadro complessivo della libertà  di stampa in Europa non  bisogna soffermarsi alla semplice classifica. È vero, i primi posti sono occupati tutti da paesi europei, ma il report annuale di RSF è inflessibile e dice che “i governi e le autorità politiche non stanno facendo il loro dovere nel creare un ambiente migliore per il giornalismo e per il diritto del pubblico ad avere un’informazione affidabile, indipendente, plurale. Come già detto, l’organizzazione registra un calo generale della libertà di stampa e un aumento di repressione e censura a danno dei giornalisti, in un anno in cui, metà della popolazione mondiale si recherà alle urne. Proprio le tornate elettorali sarebbero da indicare come causa dell’aumento di misure repressive e di controllo da parte di politica e istituzioni. Casi come l’Ungheria di Orban, o la Slovacchia di Fico sono esemplari in termini di restrizioni per l’indipendenza dei giornalisti. Oppure si può pensare alla Croazia, recentemente recatasi alle urne, il cui premier uscente Andrej Plenković, dopo una serie di attacchi feroci alla stampa, ha emendato il codice penale inserendo pene severe per i giornalisti che pubblicano materiale giudiziario. Poi ancora c’è il Kosovo, dove una proposta di legge sui media indipendenti sta preoccupando gli osservatori internazionali, perché questa introdurrebbe misure di controllo estremamente limitanti e costituirebbe una vera e propria batosta all’indipendenza e alla pluralità dell’informazione nel paese[4]. L’ultimo paese europeo nella classifica è la Grecia, che si posiziona all’88° posto, perché l’informazione nel paese patisce una crisi sistemica dal 2021, a seguito di questioni di spionaggio, dell’uccisione di due giornalisti di cronaca nera e di una serie di conclamati attacchi politici ai media non allineati. Ad ogni modo, il report di RSF ha qualcosa da dire anche alla Francia per l’arresto della giornalista Ariana Lavrilleux bloccata mentre indagava sulla compravendita di armi tra Francia ed Egitto, e al Regno Unito per la detenzione di Julian Assange. Ciò che emerge è un quadro preoccupante per i media e i giornalisti; in vista di eventi importanti come elezioni o tensioni geopolitiche, i governi tardano ad attuare le misure democratiche atte a garantire ai giornalisti la libertà di professare il proprio lavoro e di farlo in sicurezza; così facendo si crea un sistema mediatico informativo distorto, nonché una tendenza pericolosa alla manipolazione dell’informazione.


Note

[1] https://www.onuitalia.it/3-maggio-giornata-internazionale-per-la-liberta-di-stampa/
[2] https://rsf.org/en/index
[3] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2024/05/03/rsf-governi-limitano-liberta-di-stampa-italia-giu-di-5-posti_962f12e5-807a-4412-ac37-2800027f2da1.html
[4] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Europa/RSF-liberta-di-stampa-a-dura-prova-231246


Foto copertina: RSF Index