Entrambi paesi con immense pianure, Ucraina e Russia sono fra i principali produttori ed esportatori mondiali di cereali (grano e mais fra questi) e le conseguenze della guerra su questo settore non si sono fatte attendere.
A cura di Valerio Milocco
Nonostante le avvisaglie di un aumento dei prezzi di diversi beni fossero presenti anche nelle settimane e nei mesi scorsi, con l’effettiva invasione dell’Ucraina da parte della Russia si è scoperchiato un vaso di Pandora. Tra i paesi colpiti dall’aumento dei costi dei cereali c’è anche l’Italia: complessivamente nel 2021 questi due paesi sono valsi il 5% delle importazioni di grano tenero (116 mila tonnellate dalla Russia e 142 mila tonnellate dall’Ucraina) che viene utilizzato per pane e dolci, e il 2,5% delle importazioni di grano duro (61 mila tonnellate dalla Russia) che viene usato per la pasta[1]. Nonostante i numeri bassi, anche se non ininfluenti, l’impatto sui prezzi non si è fatto attendere: in Italia da metà febbraio il prezzo del grano tenero è aumentato di oltre il 30% e quello del grano duro di circa il 2%. Questo ha causato aumenti da record: un chilo di grano tenero ha superato i 40 centesimi, prezzo mai raggiunto nella storia in Italia[2], mentre un chilo di pasta è passato da 1,10 euro a settembre a 1,40 euro a marzo[3]. Va precisato, però, che il costo della materia prima incide per non più del 10% sul prezzo finale che paga il consumatore[4], ma all’aumento del costo del grano va aggiunto il contemporaneo aumento dei costi di trasporto, degli imballaggi e dell’elettricità che insieme hanno creato le condizioni ideali per il raggiungimento dei prezzi record registrati.
Un altro cereale che ha subito aumenti importanti di prezzo è il mais. Seppur meno consumato rispetto al grano, il mais è un componente primario dei mangimi per animali. Infatti, uno dei settori più colpiti da questo aumento è quello della carne. L’Italia, inoltre, è ancora più dipendente da Ucraina e Russia per questo cereale: insieme, infatti, i due paesi valgono il 15% delle importazioni totali (105 mila tonnellate dalla Russia e 1,1 milioni di tonnellate dall’Ucraina) e il suo prezzo è già aumentato di oltre il 40% da metà febbraio[5].
Nel caso dell’Italia le alternative ci sono: Canada, Stati Uniti e Argentina sono pronti a colmare il vuoto creato dall’impossibilità di rifornirsi dai due paesi dell’est Europa, ma questo creerà problemi aggiuntivi. In primis, l’aumento del costo derivante dalla logistica e dal trasporto oltreoceano, ma anche l’uso da parte di questi paesi di sostanze da noi in parte vietate: in Canada per la coltivazione di grano viene abbondantemente utilizzato il glifosato come erbicida, ritenuto “probabilmente cancerogeno” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e già negli anni scorsi al centro di polemiche e discussioni nel nostro paese (il Canada è già un importante mercato per l’importazione di grano in Italia).
Negli Stati Uniti, invece, viene utilizzato mais OGM, il cui utilizzo è vietato in Italia per diversi prodotti[6].
Oltre a questi, anche un altro fattore renderà più complesso e costoso rifornirsi di cereali: il cambiamento climatico. Canada e Stati Uniti, ovvero i paesi la cui produzione di grano guida maggiormente il prezzo di mercato, hanno visto scendere la loro resa per ettaro del 50%, mentre Francia e Germania hanno visto molti loro raccolti rovinati dalle piogge. Tutto questo trova le sue cause nell’estate scorsa, in cui il mese di luglio è stato il più caldo della storia nell’emisfero settentrionale[7].
Se la situazione in Italia è delicata, molto peggio se la passano quei paesi che dipendono fortemente dalle importazioni (soprattutto di grano) da Ucraina e Russia. Sono paesi specialmente del Nord Africa e del Medio Oriente che per vicinanza geografica e un clima non adatto alle coltivazioni importano una percentuale enorme del proprio fabbisogno dai due paesi adesso in guerra. Uno di questi è l’Egitto, che complessivamente dipende da Ucraina (26%) e Russia (60%) per l’86% delle proprie importazioni[8]. Nella stessa situazione si trova il Libano, già da anni al centro di una crisi sociale e politica di cui non si vede la fine, le cui importazioni da Ucraina e Russia valgono addirittura il 96% del totale, ma anche altri paesi fortemente instabili come Libia e Somalia. Per tutti questi paesi cambiare la propria rete di approvvigionamento potrebbe comportare costi importanti. Considerando che queste zone del mondo sono già di loro turbolente l’eventuale carenza di beni primari come il grano potrebbe portare a ulteriori tumulti e proteste come già accaduto spesso negli scorsi anni. Addirittura, lo stesso World Food Programme, ovvero l’ente dell’ONU adibito a distribuire cibo in zone di carestia, potrebbe avere problemi di approvvigionamento: nel 2021 si è rifornito per il 70% da Ucraina e Russia per le proprie riserve di grano[9].
Un punto interrogativo importante è lo sviluppo e le conseguenze che questa crisi avrà sulla produzione e i prezzi dei cereali che provengono da Ucraina e Russia. Il grano prodotto in questi due paesi, seppur importante, nella maggior parte dei casi non è fondamentale o insostituibile, e per il momento il problema non è la sua produzione ma la spedizione[10]. Diversa sarà la situazione se in Ucraina gli agricoltori saranno impossibilitati a seminare il raccolto del prossimo anno. Tutto dipenderà dalla durata della guerra e dalla intensità e durata delle sanzioni che stanno colpendo la Russia.
Di fronte a tutte queste incertezze il mercato non vede all’orizzonte una soluzione rapida del conflitto: il grano, infatti, essendo una commodity, è utilizzato anche come merce di scambio attraverso i futures, ovvero dei contratti che obbligano una parte a pagare un bene in una data futura a un prezzo predeterminato. Quando i prezzi dei futures di un bene aumentano, significa che il mercato si aspetta un futuro incremento del prezzo di quel bene. Nel caso del grano, i futures scambiati nella borsa di Chicago, la principale per i futures, hanno raggiunto il 3 marzo il valore di 1294 dollari[11] al bushel (l’unità di misura di origine anglosassone che per il grano equivale a 27,216 kg[12]) e successivamente si sono stabilizzati intorno al valore di 1120 dollari, dopo che negli ultimi 12 mesi il prezzo non era mai salito sopra gli 800 dollari.
Note
[1] https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/guerra-ucraina-stop-all-export-grano-tenero-mais-concime-perche-sicurezza-alimentare-italia-rischio/6f3cc380-a860-11ec-9fb7-9b041ce9b963-va.shtml
[2] https://www.agi.it/economia/news/2022-03-13/aumento-prezzi-grano-pane-allarme-coldiretti-15976641/#:~:text=Un%20chilo%20di%20grano%20tenero,dei%20prezzi%20lungo%20la%20penisola.
[3] https://www.wallstreetitalia.com/pasta-e-grano-i-prezzi-salgono-le-scorte-sono-crollate/
[4] https://www.consorziagrariditalia.it/news/grano-tenero-in-lieve-rialzo-mentre-il-mais-resta-stabile/
[5] https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/guerra-ucraina-stop-all-export-grano-tenero-mais-concime-perche-sicurezza-alimentare-italia-rischio/6f3cc380-a860-11ec-9fb7-9b041ce9b963-va.shtml
[6] https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/guerra-ucraina-stop-all-export-grano-tenero-mais-concime-perche-sicurezza-alimentare-italia-rischio/6f3cc380-a860-11ec-9fb7-9b041ce9b963-va.shtml
[7] https://www.linkiesta.it/2021/10/aumento-prezzo-grano-costi-materie-prime/
[8] https://www.linkiesta.it/2022/03/russia-grano-ucraina-prezzo/
[9] https://www.ilpost.it/2022/03/08/guerra-grano-esportazioni-russi-ucraina/
[10] https://www.ilpost.it/2022/03/08/guerra-grano-esportazioni-russi-ucraina/
[11] https://www.wsj.com/market-data/quotes/futures/W00/advanced-chart
[12] https://investire.biz/articoli/analisi-previsioni-ricerche/materie-prime/materie-prime-cosa-e-quanto-vale-un-bushel
Foto copertina: Grano