I diritti dei minori nei contesti di guerra: il Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati.


L’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC), ha dato il via ad una “rivoluzione culturale” portando il minore da oggetto passivo di protezione a soggetto attivo, costruendo una nuova identità dello stesso come titolare di diritti, che deve essere ascoltato, informato e rispettato. Orbene, nei contesti di guerra i minori sono particolarmente vulnerabili e hanno bisogno di una protezione e di una salvaguardia speciali ai fini di una ricostruzione delle loro vite al termine del conflitto e ad attutire il trauma subito.


A cura di Giulia Baldissera, mediatore penale in Giustizia Riparativa.

La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e il Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.

La Convenzione ONU  sui diritti del fanciullo è stata formalmente approvata con la risoluzione 44/25[1] dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York, diventando il trattato sui diritti umani con il maggior numero di ratifiche. Ad oggi, infatti, 196 Stati si sono giuridicamente vincolati attraverso la ratifica a rispettare i diritti riconosciuti all’interno della Convenzione.
Il testo è composto da 54 articoli suddivisi in tre parti: nella prima parte (articoli 1-41) sono sanciti i diritti dei minori ; nella seconda (artt. 42-45) sono presentate le istituzioni responsabili dell’attuazione di tali diritti nonché i metodi di controllo della Convenzione; infine, nella terza parte (articoli 46-54) viene descritta la procedura di ratifica.
Inoltre, la Convenzione è completata da tre Protocolli opzionali approvati negli anni 2000, uno dei quali riguarda proprio il coinvolgimento dei minori  all’interno dei conflitti armati.
Orbene, in questo breve contributo  si tratterà del  Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati (OPAC[2]) che riguarda la protezione delle vittime di conflitti armati internazionali e non internazionali. La struttura dell’OPAC consiste in un preambolo e 13 articoli che mirano a risolvere la contraddizione tra l’articolo 1 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza che afferma che un minore è un essere umano che non ha raggiunto l’età di 18 anni, e l’articolo 38, che dichiara che gli Stati parti devono adottare tutte le misure possibili per garantire che le persone che non hanno raggiunto l’età di 15 anni non prendano parte diretta alle ostilità. Il Protocollo condanna, inoltre,  il reclutamento, l’addestramento e l’impiego di bambini da parte di gruppi armati diversi dalle forze armate di uno Stato, riconoscendo la responsabilità di coloro che reclutano, addestrano e utilizzano minori a tale scopo. Inoltre a questi scopi si collegano altri due importanti documenti di diritto internazionale, vale a dire lo Statuto della Corte Penale Internazionale[3], che include (tra i crimini di guerra nei conflitti armati sia internazionali che non internazionali) l’arruolamento nelle Forze Nazionali di minori di età inferiore ai quindici anni o il fatto di farli partecipare attivamente alle ostilità (art.4, paragrafo VII).
Ritornando, quindi all’ OPAC, la caratteristica di tale protocollo è quella di descrivere quello che gli Stati non sono autorizzati a fare nei conflitti armati e le misure che devono adottare per proteggere i minori nelle ostilità tra le quali è doveroso ricordare:

  • Il divieto di reclutare minori di età inferiore ai 18 anni;
  • L’adozione di una legislazione per vietare e criminalizzare il reclutamento di minori di 18 anni e il loro coinvolgimento nelle ostilità;
  • La fornitura di servizi di recupero fisico e psicologico e di assistenza al reinserimento sociale;
  • Il divieto di riconoscimento del diritto delle forze armate di uno Stato o di un gruppo armato di reclutare o impiegare nelle ostilità persone di età inferiore ai 18 anni.

Tali sollecitazioni sono contenute ed analizzate  nella fascia degli artt 3-11. Conseguentemente, l’articolo 3 sancisce il diritto dei minori di diciotto anni a una protezione speciale: i paragrafi seguenti (2-4) impongono agli Stati di indicare, al momento della ratifica o dell’adesione, l’età minima a partire dalla quale è consentita l’arruolamento volontario, oltre alle garanzie esistenti per evitare la coscrizione formale o forzata. Inoltre, il paragrafo 5 chiarisce che il requisito dell’età minima per l’arruolamento volontario non si applica all’iscrizione in istituti di istruzione amministrati dalle forze armate.

Successivamente l’articolo 4 conferma il divieto ai gruppi armati non riconosciuti come forze armate dello Stato di reclutare o impiegare nelle ostilità persone di età inferiore ai diciotto anni” e il dovere di adottare le misure legali necessarie per vietare e criminalizzare tali pratiche.
Gli articoli 5-6 e 7 descrivono il ruolo del Protocollo nella legislazione interna dello Stato, come l’obbligo di adottare tutte le misure giuridiche, amministrative e di altro tipo necessarie per garantire l’effettiva attuazione e applicazione delle disposizioni del presente Protocollo nell’ambito della sua giurisdizione, nonché tutte le misure possibili per assicurare che le persone sotto la loro giurisdizione reclutate o impiegate in ostilità contrarie al presente Protocollo siano rimesse in servizio.
A tal fine, gli Stati parti concedono, se necessario, a tali persone tutta l’assistenza appropriata per il loro recupero fisico e psicologico e per il loro reinserimento sociale. (art.6) o l’attuazione del Protocollo attraverso la cooperazione con altri Stati Parte (art.7).

Sono previste anche delle relazioni al Comitato sui diritti del fanciullo (art.8), che illustri le misure adottate per attuare il Protocollo. Allo stesso modo, gli Stati devono presentare periodicamente al Comitato, ai sensi dell’articolo 44 della Convenzione sui diritti del fanciullo, ogni ulteriore informazione relativa all’attuazione del Protocollo. Viceversa, il Comitato per i diritti del fanciullo può richiedere qualsiasi ulteriore informazione in merito all’attuazione del Protocollo.
Per quanto riguarda la procedura di ratifica e di modificazione del protocollo opzionale. L’entrata in vigore richiede il deposito di dieci ratifiche (articolo 10). Ogni denuncia avrà effetto un anno dopo la notifica scritta al Segretario Generale delle Nazioni Unite, depositario del Protocollo (art. 11) e, in ogni caso, solo dopo la conclusione di un conflitto armato in corso.

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Reclutamento di bambini come soldati: il caso di Ongwen.

Il termine  bambino soldato si riferisce a qualsiasi persona di età inferiore ai diciotto anni che è, o è stata, reclutata o utilizzata da una forza armata o da un gruppo armato. Infatti, i minori in situazioni di conflitto armato non solo vengono reclutati per combattere, ma anche impiegati come spie, scudi umani, informatori.
Il trattamento dei minori reclutati come soldati è mentalmente e fisicamente distruttivo anche a causa delle punizioni e ritorsioni, che possono portare a lesioni fisiche o mentali permanenti o addirittura alla morte. In questa situazione, i minori sono privati dell’istruzione o della formazione professionale, della propria famiglia.

Anche se il diritto internazionale umanitario vieta il fenomeno del rapimento, della riduzione in schiavitù e del reclutamento di bambini nei gruppi armati, il fenomeno è diffuso, come dichiarato dal rapporto del Segretario Generale dell’ONU del 2020, il quale riferendosi alla situazione in Myanmar ha dichiarato che “ la task force del Paese ha verificato il reclutamento e l’impiego di 635 bambini (624 ragazzi,  11 ragazze) con 64 nell’ultimo trimestre del 2018, 238 nel 2019 e 313 nel primo semestre del 2020. Inoltre, 20 assunzioni hanno avuto luogo prima del periodo di riferimento; 14 di questi bambini sono stati utilizzati fino alla fine del 2019 e 6 fino alla fine del primo semestre del 2020; un totale di 587 bambini sono stati verificati come reclutati (32) e utilizzati (555) dalle forze governative e 48 bambini da gruppi armati.[4] La stessa pandemia di COVID-19 ha aumentato il reclutamento di minori: l’impatto socio-economico della pandemia ha spinto le famiglie indigenti a incoraggiare i minori a unirsi ai gruppi armati al fine di accedere a beni di prima necessità quali lo stesso cibo, di aumentare il proprio reddito od ottenere protezione. Le conseguenze degli abusi mentali e fisici sopra descritti potrebbero trasformare bambini soldato da vittime a perpetratori di crimini di guerra, come nel caso di Dominic Ongwen, che è stato reclutato come bambino soldato quando aveva solo 10 anni nel nord dell’Uganda.
Divenne poi il leader dell’LRA (Lord’s Resistance Army), ritenuto responsabile della morte di circa 100.000 persone e del rapimento di 60.000 bambini nell’Africa orientale e centrale. L’LRA ha un addestramento crudele per i bambini reclutati, che include la loro coercizione a uccidere o ad assistere a omicidi. Al momento del rapimento, i bambini vengono addestrati nelle abilità di combattimento, compreso l’uso delle armi da fuoco. Una volta terminato il periodo di addestramento, i minori vengono inviati in prima linea, per ritardare l’avanzata delle truppe nemiche o utilizzati come esca. Di fronte ai giudici della Corte Penale Internazionale, Ongwen è apparso sia  come un brutale assassino che un bambino soldato traumatizzato, cresciuto fino a diventare un uomo conflittuale. È stato condannato per gravi violazioni e crimini di guerra, tra cui stupro, omicidio, reclutamento di bambini, gravidanza forzata e matrimonio forzato.

Conclusione

Il problema del reclutamento di bambini in guerra è di grande interesse per l’intera comunità internazionale, che deve fare del suo meglio per l’applicazione delle disposizioni dell’OPAC e per favorire una maggiore cooperazione tra gli Stati parte ai fini dell’attuazione dei divieti inclusi nella Convenzione a livello di diritto nazionale. Inoltre, la comunità internazionale dovrebbe trovare un accordo sulla differenza tra il reclutamento di bambini da parte delle forze armate riconosciute a livello nazionale e i gruppi armati dissidenti, poiché i diritti dei bambini sono ugualmente violati.

Strumenti preventivi possono essere sicuramente da un lato il diritto ad avere un’istruzione che consenta loro di scegliere il proprio percorso di vita volontariamente e consapevolmente, dall’altro vi è il rafforzamento degli interventi di sostegno economico sostenibile, che potrebbero evitare il reclutamento di minori  da parte di famiglie in condizioni economiche precarie.
Si dovrebbe poi cooperare per dare continuità agli interventi di prevenzione e recupero di quei minori reclutati e poi rilasciati.  Altrimenti, vi è il rischio di condannare i bambini soldato, che da vittime diventano carnefici.


Note

[1] Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza  risoluzione del 20 Novembre 1989 n.44/25 https://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/crc.aspx
[2]  Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati risoluzione dell’Assemblea Generale  del 25 Maggio 2000, n.A/RES/54/263. https://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/OPACCRC.aspx
[3] Rome Statute of the International Criminal Court https://www.icc-cpi.int/resource-library/documents/rs-eng.pdf
[4]   UNODC, Children and armed conflict in Myanmar Report of the Secretary-General,  S/2020/1243 https://undocs.org/S/2020/1243


Foto copertina: Nei contesti di guerra i minori sono particolarmente vulnerabili e hanno bisogno di una protezione e di una salvaguardia speciali