Per soggettività internazionale si intende la titolarità di diritti e obblighi derivanti dal diritto internazionale; soggetti del diritto internazionale per eccellenza sono gli Stati, i quali, secondo la concezione classica della materia in esame, sono finanche le uniche entità dotate di personalità giuridica internazionale.
Nella sentenza “Lotus” del 1927, l’allora Corte permanente di Giustizia definì il diritto internazionale come “il diritto che regola i rapporti fra Stati indipendenti“[1], capaci di creare essi stessi norme internazionali.
Ciononostante, il diritto internazionale contemporaneo attribuisce la soggettività internazionale altresì alle organizzazioni internazionali e agli individui, sebbene su quest’ultimo punto vi siano opinioni discordanti all’interno della dottrina[2]; la personalità giuridica internazionale, tuttavia, viene riconosciuta a tali soggetti sulla base delle norme che gli Stati hanno inteso destinare a determinate categorie di entità non statali.
Per quanto concerne la nozione di Stato, secondo la teoria tradizionale della triade governo-popolo-territorio, uno Stato soggetto di diritto internazionale viene configurato come ente di governo effettivo e indipendente su una comunità territoriale; più precisamente, il Focarelli stabilisce che, affinché una nuova entità possa essere delineata come Stato, l’ente di governo debba essere in grado di esercitare un potere di governo effettivo, imponendo ad una popolazione permanentemente stanziata su un territorio ben definito il rispetto delle proprie leggi, sentenze o atti amministrativi[3].
Inoltre, la caratteristica dell’indipendenza si ricollega all’assenza di subordinazione dell’ente effettivo di governo ad un’autorità esterna.[4]
Prescindendo dalla nozione accolta, l’autorevole dottrina sancisce che uno Stato acquista la soggettività internazionale in maniera autonoma, una volta affermatosi come tale sul piano storico; la suddetta circostanza si riconduce all’applicazione del principio di effettività, la quale è intesa come misura necessaria della personalità giuridica degli Stati. L’effettività implica che la comunità internazionale preesistente prende semplicemente atto dell’avvenuta nascita di una nuova entità statale, anche se è alquanto diffusa la prassi di operare al suo riconoscimento (che può avvenire in maniera formale, mediante atto scritto, o in maniera implicita, ad esempio sulla base di fatti concludenti).
La nota teoria dichiarativa, sostenuta dalla quasi totalità dell’odierna dottrina, configura però l’atto di riconoscimento come mero atto politico, attraverso il quale gli Stati già esistenti sanciscono la loro volontà di intessere relazioni diplomatiche e internazionali con lo Stato di nuova formazione. Nonostante la sua natura pienamente discrezionale, è indubbio che il riconoscimento contribusca al consolidamento dell’effettività e della stabilità dell’ente che si affaccia sul panorama internazionale; in tal senso, un’entità che non viene riconosciuto come Stato da una componente considerevole della comunità internazionale difficilmente potrà entrare a far parte delle Nazioni Unite[5].
Nuove entità
Palestina
In anni recenti, si è assistito alla nascita di nuove entità la cui soggettività internazionale in quanto Stati è ancora dubbia, a causa della carenza di una piena effettività.
Un esempio rilevante è rappresentato dalla Palestina, la quale, amministrata sul piano interno dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)[6], sorge su territori occupati pienamente da Israele. Nonostante abbia formalmente proclamato la sua indipendenza nel 1988, con la designazione di Gerusalemme capitale, oggi la Palestina è ancora priva sia del requisito dell’effettività, sia dell’indipendenza, in quanto è chiaramente soggetto alla volontà e al controllo israeliano.
Tuttavia, dopo esser entrata a far parte dell’ONU come ente osservatore in qualità di movimento di liberazione nazionale, nel 2012 alla Palestina è stato attribuito lo status di Stato osservatore all’interno dell’Organizzazione[7]; inoltre, la Palestina è oggi membro effettivo dell’UNESCO dal 2011, della Corte Permanente di arbitrato dal 2016 e ha aderito nel 2015 allo Statuto di Roma in veste di Stato.
Nondimeno, risulta opportuno sottolineare che l’attuale condizione particolare della Palestina e i suoi rapporti con le autorità di Israele debbano essere più probabilmente inseriti e analizzati nell’ambito del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, piuttosto che qualificate nel contesto delle relazioni esistenti fra due stati sovrani. Di conseguenza, la Palestina potrà venire in considerazione come Stato effettivo e indipendente soltanto nel momento in cui sarà portato a compimento con successo siffatto procedimento di autodeterminazione[8].
Kosovo
In aggiunta alla Palestina, anche il Kosovo può essere annoverato fra le entità non dotate di soggettività internazionale tipica degli Stati in quanto difetta del carattere dell’effettività.
Nel 1999, in seguito all’attacco armato operato dalla NATO sul territorio kosovaro senza alcuna autorizzazione da parte delle Nazioni Unite e, di conseguenza, in palese violazione del diritto internazionale, il Consiglio di Sicurezza adottò la risoluzione del 1244, con la quale riconobbe la sovranità territoriale della Serbia e attribuì al Kosovo un mero potere di autogoverno, escludendo in tal modo il riconoscimento di una sua formale indipendenza; inoltre, in base a tale risoluzione, il Kosovo venne posto sotto amministrazione provvisoria dell’UNMIK (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), su egida ONU e della KFOR (Kosovo Force), guidata dalla NATO[9].
Quando il popolo kosovaro proclamò la sua indipendenza nel 2008, l’Assemblea Generale dell’ONU, su richiesta della Serbia, si rivolse alla Corte internazionale di Giustizia, affinché quest’ultima si pronunciasse sulla conformità della dichiarazione in questione non solo al diritto internazionale, ma anche alla risoluzione 1244 appena citata.
Nel 2010, la Corte, in un parere consultivo dai risvolti particolarmente nebulosi, stabilì che la proclamazione di indipendenza kosovara non aveva violato in nessun modo norme internazionali, in quanto la prassi internazionalistica presenta un ricco novero di precedenti in tal senso; la Corte ha ulteriormente sancito la conformità della proclamazione in esame alla risoluzione 1244 che pone il Kosovo sotto amministrazione provvisoria ONU, in quanto l’autore della dichiarazione era esclusivamente identificabile nel popolo kosovaro e non negli esponenti della suddetta amministrazione[10]. È chiaro che, in questo modo, è stato aggirato sapientemente l’ostacolo creato dalla drammatica situazione in Kosovo, il quale non si è affermato ancora nella comunità internazionale come puro (ed effettivo!) soggetto statale di diritto internazionale.
L’analisi casistica del panorama internazionale ha dimostrato l’esistenza di ulteriori enti che non possono essere qualificati come Stati dotati di soggettività internazionale, in quanto, pur esercitando un governo effettivo su una comunità territoriale, debbono considerarsi prodotte da violazioni di norme internazionali (in particolar modo, dalla violazione del divieto dell’uso della forza, stabilito dall’articolo 2 della Carta ONU) e, conseguentemente, illegittime ( “ex iniuria ius non oritur”).
Repubblica Turca di Cipro del Nord
É il caso della Repubblica Turca di Cipro del Nord che ha dichiarato la propria indipendenza nel 1983 in seguito all’invasione da parte della Turchia della parte settentrionale di Cipro, come risultato del conflitto fra la popolazione greco-cipriota e turco-cipriota stanziate nell’isola.
Questa presunta entità statuale, ancorché effettiva, non è stata mai riconosciuta dalle Nazioni Unite né dalla comunità internazionale nel suo insieme; in particolare, il Consiglio di Sicurezza, con la risoluzione 541 del 1983, invitò gli Stati Membri a non riconoscere “any Cypriot State other than the Republic of Cyprus”, poiché si trattava di un ente sorto da una violazione grave del divieto dell’uso della forza[11]. A tal proposito, oggi l’articolo 41 del Progetto di Articoli sulla responsabilità internazionale dello Stato stabilisce espressamente che “nessuno Stato riconoscerà come legittima una situazione creata attraverso una violazione grave degli obblighi derivanti da norme imperative di diritto internazionale generale, né presterà aiuto o assistenza nel mantenere tale situazione”[12].
Si tratta, quindi, di una conseguenza giudica riconosciuta della comunità internazionale nel suo insieme.
Conclusioni
Alla luce di quanto analizzato con riferimento alle vicende che hanno coinvolto la Palestina e il Kosovo, è possibile configurare il criterio della effettività come misura senza alcun dubbio rilevante e necessaria per l’acquisto della personalità giuridica internazionale da parte di uno Stato, ma tuttavia non sufficiente: la vicenda della Repubblica Turca di Cipro del Nord potrebbe dimostrare che il criterio dell’effettività avrebbe ormai perso la centralità sostenuta dalla dottrina tradizionale internazionalistica, trovandosi a dover essere sorretto da criteri di legittimità e liceità ugualmente decisivi e fondamentali per stabilire se un’entità possa essere delineata come Stato da un punto di vista del diritto internazionale generale.
Di conseguenza, sulla base del principio “ex iniuria ius nno oritur”, il diritto internazionale e la comunità internazionale nella sua interezza, possono negare l’attribuzione della personalità giuridica statale ad un ente effettivamente esistente e operante, ma illecito, poiché essenzialmente “prodotto da violazioni gravi del diritto internazionale generale, avvenuta nel corso del processo attraverso il quale quell’effettività si è imposta.[13]“
Note
[1] cfr. Corte permanente di Giustizia, Sezioni Unite, Caso Lotus: Francia v. Turchia, 7 settembre 1927
[2] cfr. CONFORTI B., Diritto internazionale, XI Edizione, Editoriale Scientifica, 2018
[3] cfr. FOCARELLI C., Diritto internazionale, Terza Edizione, CEDAM, 2015, pp. 33 ss.
[4] sulla cosiddetta teoria “tridimensionalista”, si veda anche la pronuncia della Corte di Cassazione, I sezione Penale, sentenza n. 1981, 25 GIUGNO 1985, caso Arafat; inoltre l’articolo 1 della Convenzione di Montevideo del 1933 sui diritti e i doveri degli Stati sancisce “the state as a person of international law should possess the following qualifications: a ) a permanent population; b ) a defined territory; c ) government; and d) capacity to enter into relations with the other states”.
[5] cfr. RONZITTI N., Diritto internazionale, Sesta edizione, Giappichelli Editore, 2019, p.48
[6] si tratta di un’autorità di autogoverno, creata in ottemperanza degli Accordi di Oslo del 1993, i quali costituiscono il risultato di numerosi negoziati fra le autorità di Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)
[7] si veda a tal proposito, MANCINI M., Conseguenze giuridiche dell’attribuzione alla Palestina dello status di Stato Osservatore, Rivista di Diritto Internazionale, 2013, pp. 99 ss.
[8] cfr. RONZITTI N., Diritto internazionale, p.18
[9] Consiglio di Sicurezza ONU, risoluzione n.1224, S/RES/1244, 10 giugno 1999
[10] Corte internazionale di Giustizia, Advisory Opinion del 22 luglio 2010
[11] cfr. Consiglio di Sicurezza ONU, risoluzione n. 541, S/RES/541, 18 novembre 1983
[12] cfr. Progetto di Articoli sulla responsabilità internazionale dello Stato della Commissione del diritto internazionale, 2001
[13] cfr. TANCREDI A., Lo Stato nel diritto internazionale fra effettività e legalità/legittimità, Ars interpretandi: annuario di ermeneutica giuridica, XVI, Carocci Editore 2011
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