Il fiume Mara in pericolo a causa di inquinamento e siccità


Lo scorso novembre una massiccia moria di pesci ha lanciato l’allarme sulle condizioni in cui versa il fiume Mara, un imponente corso d’acqua il cui bacino copre una superfice di circa 13.000 chilometri quadrati a cavallo tra Kenya e Tanzania.


 

Dopo il terribile evento il WWF ha pubblicato un report[1] sullo stato di salute del fiume e delle terre che circondano il suo bacino, un ecosistema che ospita molte specie vegetali e animali rari, evidenziando alti tassi di inquinamento e di devastazione che mettono a rischio la sopravvivenza di migliaia specie animali e degli esseri umani che vivono nell’area.

Un equilibrio fragile

Mappa del bacino del fiume Mara (fonte; WWF)

Il fiume Mara nasce nella foresta di Mau in Kenya e sfocia nel lago Vittoria in Tanzania. Si tratta di un fiume lungo più o meno 400 km e ricco di affluenti, tra i quali il fiume Sand e il fiume Talek. Tutta l’area circostante è conosciuta come Masai Mara, che prende quindi il nome dal fiume e dalla popolazione dei Masai che vive in diversi insediamenti della zona. L’habitat è soprattutto tipica savana e prateria africana, con una particolare concentrazione di flora e fauna nella zona occidentale, più paludosa e ricca d’acqua e meno frequentata dai turisti. Questi ultimi, attratti dall’unicità dell’ecosistema del Masai Mara, hanno portato le autorità keniote e tanzaniane a creare una riserva faunistica nel 1961 per regolamentare gli arrivi dei visitatori e proteggere gli animali, la Masai Mara National Reserve[2].
Trattandosi di una riserva e non di un parco nazionale, è amministrata e gestita da autorità locali. Mentre la zona orientale è normalmente frequentata da visitatori provenienti da tutto il mondo, quella occidentale è pattugliata continuamente da squadre antibracconaggio che proteggono le specie uniche che popolano questo territorio.
La riserva e tutta l’area del Masai Mara sono la casa di migliaia di esemplari di zebre e gnu: ogni anno, questi animali compiono una suggestiva migrazione in massa dalla riserva verso il confinante parco nazionale di Serengeti (in Kenya). Si tratta di uno spettacolo unico, solitamente nei mesi di aprile e maggio, conosciuto come Grande Migrazione. Ma il vero simbolo del Masai Mara è il leone africano, presente in grandi branchi protetti dalle unità antibracconaggio che cercano di proteggere questa popolazione ad alto rischio di estinzione. In tutta la riserva sono infatti presenti esemplari di tutte le specie conosciute come Big Five, i cinque grandi animali della savana africana: il leone, il rinoceronte, l’elefante africano, il bufalo africano, il leone e il leopardo, tutti a rischio d’estinzione e per questo protetti giorno e notte. Alcune popolazioni sono drasticamente diminuite nel tempo, soprattutto quella del rinoceronte nero, ormai ridotta a soli 37 esemplari. È evidente che una delle più grandi minacce per la fauna è l’attività umana, tanto il bracconaggio quanto l’intenso flusso di turisti, ma non solo; anche le attività umane della popolazione che vive, stanziale o meno, nell’area del bacino del Mara mette a repentaglio la stabilità di questo ecosistema unico. Il WWF, nel report sulla condizione dell’area pubblicato negli ultimi mesi del 2020, mette proprio in risalto che la costruzione di dighe e lo sfruttamento dell’acqua per agricoltura e attività industriali potrebbe aver causato la moria di pesci che ha lanciato l’allarme.

La sopravvivenza dell’uomo è più che mai legata alla tutela ambientale

La paradossalità della situazione venutasi a creare nell’area del bacino del fiume Mara sta nel fatto che l’uomo ne è la causa, ma anche il più colpito. Il bacino non è infatti abitato solo da migliaia di esemplari di varie specie africane, ma è anche la casa dei Masai, una popolazione nomade o semi-nomade che viveva soprattutto di allevamento, ma negli anni alcuni clan hanno iniziato a praticare anche l’agricoltura e quindi a diventare più stanziali. Essendo una popolazione numerosa e concentrata in quest’area molto frequentata dai turisti, non è difficile vedere oggi Masai che partecipano attivamente alle attività turistiche, e molti collaborano direttamente anche alla gestione della Riserva Masai Mara. Oltre a dare sostentamento ai Masai, il fiume e le sue acque sono una fonte preziosa di vita per almeno 1,1 milione di persone che vivono nei tanti insediamenti urbani sorti lungo il suo corso in modo caotico e disorganizzato, e anche per gli abitanti di grandi centri come Nairobi. È facile capire perché la moria di pesci ha avuto un duro effetto sulle persone: la pesca è una fonte di sostentamento per migliaia di famiglie.
Il WWF, così come i due progetti di sensibilizzazione e advocacy TransBoundary Water for Biodiversity[3] e la Human Health in the Mara River Basin, lavorano già da molti anni per portare all’attenzione pubblica i problemi e i rischi derivanti dall’eccessivo sfruttamento e dagli scarichi industriali e agricoli per il fiume e i territori circostanti[4]. Dai risultati di tutti gli studi e le osservazioni, risulta che in primo luogo l’inurbamento ha sottratto troppo spazio alla natura, sostituendo aree pascolabili e boschi con edifici e strade. Queste opere costruite dall’uomo necessitano poi di molta acqua, che viene presa dal fiume e quindi tolta agli animali e alla vegetazione; siccità e scomparsa di interi branchi sono solo alcune delle devastanti conseguenze di questo fenomeno. Anche la necessità di acqua per allevamenti sempre più intensivi porta all’abbassamento del livello del fiume, come la costruzione di dighe per deviarne il corso. A questo si aggiunge la deforestazione, fenomeno che flagella tutta l’Africa orientale e in particolare la foresta di Mau, dove nasce il fiume Mara, aumentando il rischio di desertificazione. Infine, anche il turismo concorre a mettere in pericolo la salute della biodiversità del Mara e le persone che vivono grazie ad esso; campeggi, resort, villaggi turistici e stabilimenti richiedono molta acqua per funzionare propriamente.

Una corsa contro il tempo

Secondo il WWF sono quindi le popolazioni dedite a pesca e agricoltura a soffrire maggiormente la moria di pesci e la scarsità di acqua. William Ojwang, responsabile acque per il WWF nella Rift Valley, ha dichiarato che: “quando l’ambiente viene danneggiato sono le specie acquatiche a risentirne per prime, ma la distruzione di questo tipo di biodiversità ha un effetto negativo a cascata su tutto il resto dell’ecosistema”[5]. La stabilità e il benessere del bacino del fiume Mara è imprescindibile per garantire la tutela di migliaia di specie animali, dai piccoli pesci autoctoni fino ai grandi gnu, che si apprestano a migrare come ogni anno e rischiano di non trovare acqua e morire di sete. Ma questa storia dimostra anche quanto i sistemi naturali siano intrinsecamente connessi a quelli sociali, visto che la progressiva scarsità di acque in tutto il bacino e la gestione idrica sono causa di conflitti tra Kenya e Tanzania.
Come in altre parti del mondo, il selvaggio sfruttamento da parte degli uomini di risorse che la natura distribuisce parsimoniosamente porta catastrofi ambientali e non solo. L’uomo, causa della crisi nel bacino del Mara, sta pagando il prezzo più alto per le sue azioni. Se le autorità locali, supportate da organizzazioni internazionali e non governative, uniranno le forze per regolamentare lo sfruttamento delle acque, la situazione potrebbe cambiare. Bisogna demolire le dige irregolari, sorvegliare le industrie affinché non scarichino i loro rifiuti in acqua e fornire tutte le costruzioni di scarichi regolari che non finiscano direttamente nella sorgente o foce del fiume, per proteggere gli animali che vi si abbeverano e i terreni circostanti.


Note

[1] https://www.wwfkenya.org/?229870/Saving-the-Mara-River
[2] https://www.maasaimarakenyapark.com/
[3] https://www.globalwaters.org/HowWeWork/Activities/transboundary-water-biodiversity-and-human-health-mara-river-basin
[4] Kihampa C., Wenaty A., Impact of mining and farming activities on Water and Sediment Quality of the Mara river Basin, Tanzania, in Research Journal of Chemical Science, 2013
[5] WWF, Moria di Pesci in Africa, milioni di persone a rischio in Kenya e Tanzania, 11/11/2020


Foto copertina: Fiume Masai Mara – Crediti fotografici: Romina Facchi.ExploringAfrica

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