Italia e Germania a confronto dopo la caduta del muro


Nuove questioni e comparazione tra le due culture politiche


 “Quel tardo pomeriggio, mentre il Muro cadeva e Angela Merkel faceva la sauna settimanale, nessuno pensava alla produttività, alla disoccupazione, alla crescita dell’economia. Era il 9 novembre 1989, le ombre della sera erano già calate su Berlino, a Ovest e a Est, la barriera di mattoni, filo spinato e nidi di mitragliatrice che dal 13 agosto 1961 aveva spezzato la città si sgretolava. Il pensiero dei berlinesi e di tutto il mondo era per la vittoria della democrazia. Oggi sappiamo però che si apriva la lunga stagione, per la Germania socialista, della rincorsa per imitare e diventare uguale alla Germania dell’Ovest, democratica, capitalista, ricca”.[1]

Quel 9 Novembre 1989 il Mauerfall condusse al crollo della volontà della dirigenza tedesco-orientale di tenere imprigionato con la forza tutto un popolo. Il Muro in sé, o meglio quella complessa fortificazione lunga circa 160 km che divideva non solo le due metà della città, ma isolava Berlino Ovest anche dal territorio circostante, non fu demolito né quel giorno né nelle settimane successive: il tratto più conosciuto, davanti alla Porta di Brandeburgo, in dicembre; il resto nella seconda metà del 1990, e per quanto concerne la frontiera con la DDR i lavori si protrassero sino alla fine del ’91.[2] La caduta del muro di Berlino avvia, oltre che la riunificazione della Germania, una radicale revisione dei rapporti di questa con il mondo esterno e in primo luogo con un importante partner, l’Italia.

Confronto tra le due culture politiche dopo il crollo del Muro

 Il confronto tra il nostro Paese e la Germania è inevitabile. Attraverso un volo pindarico, si dice che le distinzioni tra le due nazioni furono già poste in essere dalla 95 tesi di Lutero il quale relazionava due mondi opposti: la sottomissione al dogma e l’idea che grazie al denaro si potesse addirittura ottenere la salvezza eterna.
L’onda tellurica provocata dalla caduta del muro di Berlino avrebbe prodotto conseguenze ben più pesanti e durevoli in Italia che nella stessa Germania.[3] Quest’ultima per decenni è stata caratterizzata dalla contrapposizione tra CDU e SPD ma avrebbe superato tale fase pressoché indenne. Da quel momento si sarebbero succedute fasi di alternanza o collaborazione al potere tra i maggiori partiti. Il sistema politico-culturale italiano avrebbe subito un’inarrestabile reazione a catena: secondo Bernardini la rovinosa conclusione della parabola del Partito Comunista avrebbe comportato la crisi irreversibile dell’impossibile alternanza che aveva garantito la centralità della Democrazia Cristiana e del diffuso sistema di corruzione e clientelismo generato dalla stessa stasi politica. Ad accelerare la disgregazione della Prima Repubblica fu il caso Tangentopoli o “Mani Pulite”, una delle più grandi inchieste sulla corruzione mai svolte nei confronti della politica italiana. Da tali macerie sorsero alcune formazioni politiche che avrebbero utilizzato l’“ancoraggio europeo”, con forte presenza simbolica in Germania, per reinventarsi.
La diversificazione degli stili di vita, la dissoluzione del “corporativismo” postbellico, l’emersione dell’ambientalismo e del femminismo sono eventi che hanno scosso la stessa semantica delle culture politiche italo-tedesche. Definire tutto questo “crisi” appare molto riduttivo. Una crisi vera e propria è quella che ha colpito la capacità normativa delle tradizionali culture politiche rispetto alla reazione collettiva dinanzi a tali mutamenti.
Tutto ciò ha portato alla comparsa sul retroterra sia tedesco che italiano, di partiti minori fino a giocare un ruolo significativo in rappresentanza parlamentare e nelle istituzioni governative. Nelle parole di Bernardini ciò è durato fino all’inversione di tendenza del 2013 ove le elezioni politiche sembravano aver comportato una fase di declino e di esclusione dal Bundestag per i liberali, ossia il partito che più di tutti simboleggiava la continuità ideale con la Repubblica di Weimar. Invece i partiti principali hanno progressivamente adottato strategie di occupazione dell’intero spettro delle richieste provenienti da una tale frammentazione sociale, secondo il modello di “smobilitazione asimmetrica”.[4]
Ad aver accomunato i due Paesi è stata la tecnicizzazione dell’operato di governo. Nel caso dei governi tedeschi è già a partire dagli anni Settanta che tale modello è apprezzato in modo bipartisan. [5]L’esempio più importante nell’era post-1989 è sicuramente l’Agenda 2010, progettata e attuata da Schröder per riformare il mondo del lavoro, ponendo l’accento sulla necessità tecnica del provvedimento per preservare il corretto funzionamento del sistema paese.[6]

Baci e abbracci o estraniazione permanente?

Theodor Schieder, uno degli storici tedeschi più attenti alla comparazione tra Italia e Germania, parlò di “somiglianza o identità di percorsi delle due storie nazionali”.[7]Il topos si basava su due storie parallele che proponevano un’analogia tra le vicende nazionali soprattutto dal punto di vista politico : la costruzione tardiva dei due stati nazionali, l’esperienza di due modelli di regime totalitario e, infine, la fondazione parallela delle due Repubbliche sotto la guida dei due leader Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi. Nel corso degli anni la riflessione storica veniva stimolata da una crescente attenzione per le convergenze politiche, economiche, sociali e culturali dopo la fine del secondo conflitto mondiale.[8]
La riunificazione della Germania in un unico Stato, colosso non più solo economico ma anche politico al centro del continente, ha suscitato nel nostro paese una notevole attenzione da parte degli organi di informazione di massa e degli intellettuali. Infatti dopo il 1989 la tesi del rispecchiamento tra le vicende dei due paesi venne accantonata per porre l’attenzione non più sulle analogie ma sulle interazioni in senso lato contrapponendo la tesi dell’ “eccezionalismo tedesco” a quella dell’ “anomalia italiana” dall’altro.

Intervista al Professore Vincenzo De Lucia[9]

In seguito al Crollo del Muro, come definirebbe, in confronto, le culture politiche dell’Italia e della Germania? I rapporti italo tedeschi, ad oggi, hanno aperto una nuova questione. Estraniazione permanente o “baci e abbracci”? [10]

“Certamente le culture politiche sono differenti.  Basti pensare alla miriade di partiti e partitini dal dopoguerra ad oggi e a quanti governi si sono succeduti in Italia, dal dopoguerra ai giorni nostri, diversamente dalla ex Germania Ovest e dalla Germania riunificata ad oggi; tuttavia nel processo storico di formazione dei due Stati, dell’ Italia e della  Germania, ravvediamo delle similitudini. L’unificazione definita dagli storici “dall’alto” nel 1871  in Germania, a guida trainante della Prussia e come da noi in Italia, una incompiuta rivoluzione risorgimentale, calata dall’alto senza la partecipazione attiva dei ceti subalterni, come ha più volte ha sottolineato Antonio Gramsci nei suoi studi, a guida trainante del Piemonte. È scontato ravvedere un’altra similitudine nella formazione dei partiti della destra estrema che hanno conquistato il potere e generato due terribili sistemi totalitari. Dopo la riunificazione del Paese, con la caduta del Muro di Berlino- non si può parlare d annessione della ex-Germania orientale, perché il termine “Anschluss” (annessione) fu giù usato quando fu annessa l’Austria alla Germania nazista- le regioni della ex Germania dell’Est sono state più volte paragonate all’Italia meridionale, in relazione al PIL, alle strutture autoritarie ancora presenti, alle deboli strutture democratiche che se in alcuni territori  del nostro Sud  hanno prodotto clientelismo  e potere mafioso, in alcune zone della ex-Germania dell’Est hanno generato movimenti revanscisti e in alcuni casi di stampo neonazista.
L’Italia e la Germania, basti pensare alla recente visita del Presidente Matterella a Berlino, hanno ottimi rapporti politico-commerciali. L’Italia per i tedeschi, non è solamente il Paese del buon cibo e delle vacanze, ma il Paese di una tradizione culturale millenaria e di grandi città d’arte. Per i giovani italiani, a volte plurilaureati che non riescono a trovare lavoro nel Belpaese, Berlino e in generale la Germania sono le mete preferite per la realizzazione professionale.
Certamente, quando si abbandonano le grandi città multiculturali, sia in Italia che in Germania, e si mette piede nella profonda provincia, da entrambi le parti, possiamo assistere a quella sorta di scorciatoia mentale, a quelle forme superficiali di risparmio del pensiero che si tramutano in stereotipi, abilmente poi sfruttati dai demagoghi della politica. In base alla mia quarantennale esperienza di vita con le realtà di lingua tedesca, mi sento di affermare che in relazione ai rapporti italo-tedeschi, sono fenomeni circoscritti, ma certamente come le recenti manifestazioni xenofobiche non vanno sottovalutati.
Saverio Vertone scrive: «La Germania è una tessera anomala nel mosaico europeo […]. Sono duecento anni, da quando Napoleone sciolse il primo Reich, che non si riesce a farla entrare tutta intera in Europa senza provocare sconquassi».
D’altro canto, non sono mancati interventi, che hanno posto l’accento sulla forza dell’economia tedesca, che sarebbe in grado di rimettersi in sesto in breve tempo, rilanciando su scala ancora più vasta il suo disegno di egemonia. Da molte parti si è prospettato uno scenario di «germanizzazione» delle economie dei paesi un tempo facenti parte del blocco comunista. È caratterizzato da grande amore, ma allo stesso tempo da una distaccata raffinatezza analitica, un volume di Angelo Bolaffi. Sulla base di un excursus sull’evoluzione culturale della Germania, Bolaffi arriva a capovolgere il segno di diffidenza, che abbiamo visto prevalere nei commenti sulla riunificazione. L’Autore ricostruisce le radici culturali del forte pregiudizio anti-tedesco, certo senza negare la realtà dei crimini commessi in talune fasi storiche. Ma egli respinge l’idea che questo passato debba continuare a pesare in modo determinante sulle spalle delle giovani generazioni.
Ciò che sembra aver alimentato il sentimento antitedesco italiano consiste nella tendenza a identificare non solo la politica italiana europea come espressione di specifici interessi tedeschi nonché la retorica di attribuire alla Germania la severità nel contenimento della spesa pubblica. Ad oggi nuove germanofobie sono sorte con la “riscoperta” dei crimini nazisti e la riapertura, secondo Focardi, della questione degli indennizzi per le violenze nazional socialiste.”

Cosa ne pensa, in seguito anche all’ondata di provvedimenti penali, di questo dilagarsi di germanofobia?

Non credo affatto che vi sia un dilagarsi di germanofobia.  In riferimento ai crimini nazisti,-proprio in questi giorni ricorre l’anniversario dell’eccidio di Caiazzo del 13 ottobre del 1943 e delle terribili violenze perpetrate ad opera delle truppe tedesche e dagli squadroni delle SS nell’Alto casertano, dopo l’8 settembre. Certamente è stato increscioso vedere dei criminali nazisti macchiatisi di orrendi crimini nei confronti della popolazione civile e condannati  a decine di anni di detenzione dalle Corti di giustizia italiane abbiano visto il reato prescritto nel loro Paese, come nel caso del tenente Wolfgang Lehnigk Emden  e del sergente Kurt Schuster.
In riferimento alla citazione dello scrittore e politologo Saverio Vertone, vorrei sottolineare come la Germania, non può essere definito tout court un Paese occidentale.  Definirei la Germania “Land der Mitte” (Paese di mezzo) situato nel cuore dell’Europa, dove una buona parte della borghesia imprenditoriale da sempre guarda ad Est per la penetrazione commerciale. Basta fare un viaggio nelle Repubbliche baltiche, nella confinante Polonia e negli altri Paesi dell’Est europeo per vedere immensi centri commerciali dove è predominante la presenza di aziende tedesche. Gli stessi istituti di cultura e lingua tedesca, quali “il Goethe Institut” chiudono o riducono la loro presenza nel bacino del Mediterraneo e moltiplicano le loro sedi nelle città dell’Europa orientale.
La diffusione della lingua è un lasciapassare per la penetrazione commerciale. D’altronde la linea di demarcazione tra il mondo di lingua tedesca e il mondo slavo è stato sempre molto variabile e le popolazioni di lingua tedesca si sono spostate nel corso dei secoli in Transilvania  (Siebenbuergen), nel Banat (oggi territorio tra Romania, Serbia e Ungheria), nei Paesi baltici  (Deutsch-Balten) fino ad arrivare sulle rive del Volga,  in Crimea e nelle regioni del Caucaso (Wolgadeutsche, Krimdeutsche, Kaukasiendeutsche).”

Il suo libro “L’età dell’ebbrezza” è ambientato negli anni 20. Storia molto intrigante. Le andrebbe di presentarlo ai nostri lettori? Potrebbe fare una trasposizione tra la sconfitta della Germania nella Grande Guerra e la tragedia di Weimar e i progressi economico-giuridici-sociali attuali tedeschi?

Prima di soffermarmi sul mio ultimo lavoro “L’età dell’ebbrezza”, mi permetto di lanciare anche un endorsement  per i miei due precedenti lavori  “Contro Verso”  e “ Destini di Donne nella Germania nazionalsocialista”  nei quali racconto di storie coraggiose di cittadini e cittadine tedesche c che di fronte alla barbarie nazista, decidono, ognuno a proprio modo, con le proprie debolezze e paure, di andare contro verso, perché non possono restare  indifferenti di fronte a tanta inaudita violenza. Nel mio ultimo lavoro “L’età dell’ebbrezza”, prendendo spunto da un processo “show” tenutosi presso il tribunale di Berlino nel febbraio del 1928, i cui imputati erano dei ragazzi poco più che adolescenti, si getta uno sguardo sull’ipocrita facciata perbenista della società negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, dove regnavano, nonostante gli innumerevoli tentativi di rinnovamento in senso democratico, un’ingannevole eticità e un’ostile rigidità ad ogni cambiamento. D’altronde i giudici erano stati formati nell’epoca del Kaiser e si mostravano incapaci di comprendere e interpretare i nuovi bisogni della gioventù e perseveravano nell’abusare della loro autorità, mostrando apertamente atteggiamenti fallocratici e autoritari, nel corso degli interrogatori. D’altronde, non pochi erano gli alti funzionari statali della Repubblica di Weimar rancorosi e nostalgici del vecchio regime. Il trattato di Versailles era stato visto come una profonda ferita e un’umiliazione per la nazione tedesca e certamente la propaganda martellante della NSDAP trovava molti proseliti tra i ranghi della pubblica amministrazione e nel ceto medio sentitosi fortemente pauperizzato.”

Potrebbe descrivermi, attraverso racconti vividi di studiosi-letterati, il processo successivo alla caduta del Muro e le conseguenze sui rapporti con l’Italia?

Molti scrittori della ex-Germania occidentale, all’epoca della caduta del Muro di Berlino, intravedevano la possibilità di innestare nel Paese processi democratici dal basso, in grado di coinvolgere attivamente nella vita politica le regioni dell’Est tedesco.  Speranze, poi parzialmente disattese dal centralismo dai potentati politico-amministrativo-finanziari della vecchia Germania dell’Ovest.  Gli scrittori della ex-DDR vedevano il loro futuro incerto, e contrariamente all’euforia generatasi nel Paese, manifestavano le loro paure, angosce di fronte alla potenza fagocitante dei grandi potentati economici. Nei ventotto anni dopo la costruzione del Muro, dal 1961 al 1989, ad eccezione di alcune isolate opere come “Der Mauerspringer” (Il saltatore de muro) di Peter Schneider, il Muro non era un tema letterario tra gli scrittori della ex Germania occidentale, che  di fatto  avevano finito con l’accettare la divisione del Paese.
Per la maggior parte degli scrittori della ex-DDR il tema del Muro era un tabù. Opporsi al Muro significava per loro, persecuzione politica e criminalizzazione. La censura era dietro l’angolo  e la stragrande maggioranza si rifugiava nella narrazione di un’arcadia campagnola e familiare, dove non vi era posto per i grandi temi sociali; tuttavia non sono mancate scelte coraggiose di alcuni scrittori  che hanno patito la censura o sono stati costretti a lasciare il loro Paese. Alla caduta del Muro gli scrittori della ex-DDR non hanno preso  parte alle manifestazioni di giubilo per la  Germania  unificata esponendosi  alle critiche feroci della stampa tedesco-occidentale  che poco dopo ha coniato per questo mancato entusiasmo il termine “Ostalgie” ( nostalgia dell’est).
Subito dopo la caduta del Muro si rafforzavano gli  stereotipi. Si parlava dei tedeschi occidentali come “Besserwessis” ( coloro che sanno sempre qualcosa meglio e più degli altri)  e dei tedeschi orientali come “Jammerossis” ( quelli che si lamentano sempre). Il “Zausammenwachen” (il crescere insieme) di ciò che “zusammengehoert” che appartiene a tutti, tedeschi dell’Est e dell’Ovest, si rivelava di non facile realizzazione. Alla gioia per la riunificazione seguiva una separazione del Paese che in un certo qual modo dura ancora.  Diverse sono le condizioni di vita, modelli di pensiero, risultati elettorali che vedono ad esempio una forte presenza della destra revanscista (AfD Alternative für Deutschland) nelle regioni della ex-Germania orientale). Una cosiddetta “innere Einheit” (unità profonda, interiore) è ancora lontana dal realizzarsi. Potremmo pensare ad una  similitudine  con il nostro  Nord e  Sud. Questa estraneità è stato uno dei temi trattati dalla letteratura tedesca negli anni ’90 e nei primi anni del nuovo millennio.  Gli scrittori dell’est, in più occasioni, avvertivano sulla loro pelle un sentimento discriminatorio nei loro confronti, accusati a volte di essere stati in passato complici silenti del regime della DDR. Vedevano  subito dopo la caduta del Muro il loro Paese terra di conquista delle forze economiche dell’Ovest.  Lo scrittore Christoph Hein  ebbe a dire  all’indomani della caduta del Muro “ wenn wir scheitern, frisst uns Mc Donalds” ( se falliamo, veniamo divorati da Macdonalds).  Volker Braun parlava di “Einmarsch des Kapitalismus in eine herrenlose Gegend“( invasione del capitalismo in una regione, abbandonata,  senza padroni). Insoddisfazioni, lamentele, critiche esasperate hanno contraddistinto la cosiddetta “Wendeliteratur” ( la letteratura dei primi anni dopo la caduta del Muro).Forse aveva ragione il vecchio Bismarck, quando affermò: “Der Deutsche hat an und fuer sich eine starke Neigung zur Unzufriedenheit.” Il tedesco ha in sé e per sé una forte tendenza all’insoddisfazione.
All’insegna di uno speranzoso non ritorno all’estraneazione strisciante, è necessario porre l’attenzione su un riequilibrio dei rapporti italo-tedeschi.[11] In tutta la storia i tedeschi hanno considerato l’Italia fonte di ispirazione artistica e intellettuale, mentre gli italiani ritenevano la Germania un esempio da imitare.
L’Italia sarebbe in grado di sostenere un dialogo alla pari? Appare chiaro che l’interpretazione dell’estraneazione tra Italia e Germania dipende dalla generazione che la esprime. Portando con sé la fine della divisione dell’Europa, il biennio ’89/’90 ha modificato non solo le premesse geopolitiche ma ha segnato conseguenze nette per i due paesi: da un lato la rinascita della Germania, dall’altro una crisi italiana che risulta tuttora lontana dall’essere superata.”


Note 

[1] available on https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/germania-est-ovest-caduta-muro-berlino-costoriunificazione/817c3d32-f8db-11e9-8af8-3023352e2b21-va.shtml?refresh_ce-cp
[2]  available on  https://www.affarinternazionali.it/2019/11/muro-berlino-caduta-politico-non-fisico/
[3] G.BERNARDINI, confronti tra le culture politiche dopo il crollo del muro in Italia e Germania dopo la caduta del Muro, istituto storico germanico di Roma, 2019
[4] Manfred G.Schmidt, The politics of Strategic Demobilisation, German Politics 2009-2013.
[5]  G. Bernardini, la SPD e il socialismo democratico europeo negli anni Settanta , 2010
[6] S. Hegelich, Agenda 2010, Wiesbaden 2011.
[7] Theodor Schieder, Vorwort, Salerno 1971.
[8] Umberto Corsini, Due esperienze di rifondazione della democrazia, Bologna 1984.
[9] Laurea con lode in lett. tedesca ed inglese. Docente di tedesco. Formazione a Berlino e Göttingen. Master in ambito pedagogico-culturale presso varie università italiane. Curatore di una mostra su Napoli e la sua arte presepiale presso il Museo delle Culture europee di Berlino. Autore di una guida letteraria sulla città di Berlino-” A Spasso per Berlino” e di un “romanzo di racconti” . Ha tradotto dal tedesco in italiano testi letterari. Esperto in problematiche interculturali e di pedagogia interculturale. Ha recentemente pubblicato per la Spring edizioni il libro Contro Verso, storie di ribellione alla barbarie nazista. Con successo ha pubblicato nel 2020 “Destini di donne nella Germania nazionalsocialista e nel 2021 “L’età dell’ebbrezza” per la Spring edizioni
[10] La tesi dell’indifferenza reciproca e dei baci e abbracci è tratto dal libro “Italia e Germania dopo la caduta del muro’’ a cura di Fioravanzo, Focardi e Klinkhammer.
[11] Christiane Liermann, irritazione e prossimità, ricerche Istituto Storico Germanico.


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