Le elezioni in Serbia non hanno portato sorprese: Vučić può iniziare il secondo mandato, tra le ombre della politica interna, lo status della Serbia di paese candidato all’UE e l’amicizia con Putin.
Lo scorso 3 aprile la Serbia è stata chiamata al voto. Elezioni presidenziali, parlamentari e a Belgrado, municipali. Come ampiamente previsto, il presidente uscente Aleksandar Vučić è stato riconfermato per un secondo mandato quinquennale. Per quanto riguarda il parlamento invece, c’era da ricostruire una complessa frattura tra l’elettorato e l’istituzione stessa, dato che nelle elezioni del 2020, l’opposizione ha boicottato in massa la tornata elettorale, consentendo allo stesso Vucic di ottenere un’assemblea parlamentare, praticamente a partito unico. Il suo Partito Progressista Serbo (SNS), si impose con un sonoro 63% dei consensi, ottenendo 188 seggi su 250; tuttavia poco prima del voto di aprile 2022, i parlamentari a suo sostegno erano 244. Dal punto di vista dell’opposizione però, ci sono delle dinamiche piuttosto opache che avrebbero influenzato la competizione elettorale. I partiti denunciano un atteggiamento iniquo dei mezzi di comunicazione durante la campagna elettorale. Nei luoghi pubblici, così come nelle TV sarebbe stato concesso molto più spazio al SNS di Vucic, mentre agli altri partiti, solo spazi marginali. I rappresentanti dell’opposizione poi, non hanno ottenuto soddisfazione dalla richiesta di confronto pubblico con il presidente uscente. Inoltre l’accusa è rivolta anche ai candidati stessi del partito, che avrebbero utilizzato fondi pubblici a scopo propagandistico[1].
La tenzone elettorale
Per queste elezioni, erano ben sette gli sfidanti del presidente in carica, ma solo uno sembrava essere in grado di reggere il confronto: il generale Zdravko Ponos, elemento non legato a nessun partito, ma di ispirazione conservatrice, in linea con il pensiero della maggioranza serba. La sua figura da outsider, da personaggio privo di background politico, avrebbe potuto fare il suo gioco. Ponos e i suoi però, sapevano fin da subito che sarebbero stati legati ad una flebile speranza, dato che i sondaggi davano a Vucic, circa il 50% dei voti. Lo stesso anche in parlamento. Le promesse non sono state disilluse infatti: Ponos si è accontentato del 15% circa, mentre Vucic ha ottenuto il 60% dei consensi. In parlamento invece, c’è stato un 46% per SNS e un 12% per Serbia Unita. Una vittoria schiacciante ed annunciata quella di Vučić e del suo partito, ma che comunque lascia alcuni spiragli all’opposizione. Le speranze dei 7 candidati alla presidenza erano già basse, ma sicuramente superiori a quelle delle passate tornate elettorali[2]. C’era più attesa rispetto ad anni precedenti ed una maggiore compattezza, seppur in un clima di generale frammentazione. Ad ogni modo Vučić si appresta a gestire un secondo mandato, facendosi carico di tutte quelle che sono le contraddizioni che riguardano la politica estera e interna della Serbia. A partire dal suo atteggiamento palesemente filo-russo, in ottemperanza di quel che sembra essere l’orientamento della maggioranza dei serbi. Poi c’è anche da capire a che punto sia la richiesta della Serbia di entrare a far parte dell’Unione Europea, ed infine, ci sono le dinamiche interne con le forti pressioni governative su stampa e organi giudiziari che mettono il paese sotto una luce piuttosto negativa.
Vucic e la Serbia: problemi interni dello stato di diritto
Come appena accennato, il governo serbo è spesso sotto i riflettori per questioni inerenti l’esercizio della giustizia e per la libertà di stampa. Nel primo caso, si denunciano pressioni del governo sui giudici, i quali spesso non giungono alle sentenze definitive o addirittura preferiscono non raggiungere affatto la sentenza. Questo si verifica in particolar modo quando ad essere coinvolto è un membro del partito di governo. Va poi detto che questo aspetto non è una rarità, dato che il clientelismo pare essere ormai ben addentrato in ogni fibra del tessuto sociale serbo. Basti pensare che il partito SNS è quello che in proporzione vanta più iscritti al mondo: 1 cittadino su 9, più del Partito Comunista Cinese e più del partito di Putin[3]. Questa massiccia affiliazione garantisce il monopolio elettorale, economico e sociale. Un sistema abbastanza difficile da scardinare, retto anche dalle ingerenze di oligarchi con posizioni chiave nell’economia serba. Anche la libertà di stampa è oggetto di discussioni in Serbia. L’informazione è plurale ma comunque gestita in larga parte dal partito di Vučić il quale ha una notevole influenza su alcuni giornali che, di fatto, la fanno da padrone per quanto riguarda il giornalismo su carta. Poi ci sono le emittenti private nazionali, dove Vucic tiene i suoi comizi da solo, senza alcun contraddittorio. Stesso discorso per la TV nazionale, quella di stato, la quale non nasconde l’atteggiamento iniquo nei confronti delle forze politiche d’opposizione. Le testate indipendenti esistono ma sopravvivono, tra pressioni governative, minacce e controlli fiscali arbitrari.
Politica estera: la richiesta di adesione all’UE e le simpatie per Putin
Era il 2012, quando la Serbia fece richiesta formale di adesione all’UE. Nello stesso anno ricevette lo status ufficiale di paese candidato. Tuttavia si sa, per l’ingresso nell’Unione, bisogna rispettare alcuni parametri, specie in relazione all’esercizio dei più semplici principi democratici. In 10 anni però, si segnala che lo stato di diritto in Serbia, sia stato gradualmente rosicchiato. Questo però, sembra non aver suscitato reazioni in seno a Bruxelles, dove la richiesta della Serbia è ancora attiva. Per molti anzi, l’UE sarebbe addirittura connivente con la deriva autoritaria di Vucic. L’accusa vuole che l’unica cosa veramente fondamentale per Bruxelles sia la stabilità politica del paese, sia essa reale o solo apparente. Tuttavia questo aspetto va valutato anche dal punto di vista nettamente strategico, per quanto brutto possa sembrare: attirare Belgrado nell’orbita europea, allontanerebbe il paese dall’influenza di altre superpotenze, come ad esempio la Russia di Putin, con cui Vucic intrattiene ottimi rapporti. Dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, la Serbia ha manifestato la propria vicinanza alla Russia. La popolazione di Belgrado è stata la prima a dare vita ad un corteo di protesta a sostegno della Federazione. D’altronde non poteva essere altrimenti: le ferite ricevute dalla NATO negli anni ’90, sono ancora fresche, e la gente non può dimenticare. Per l’occasione, il Presidente del Parlamento uscente, leader del Partito Socialista Ivica Dačić, pur condannando qualsiasi violazione di sovranità territoriale, ha definito ipocrita l’atteggiamento di nazioni che prima bombardarono la Serbia e riconobbero il Kosovo indipendente, e poi chiedono alla Serbia stessa di approvare sanzioni contro la Russia. Il disconoscimento del Kosovo come stato indipendente è stato provocatoriamente messo come posta in gioco per riparlare delle sanzioni a Mosca. Oltre a questo aspetto storico, ci sono anche motivi prettamente economici: la Serbia infatti, ricaverebbe numerosi vantaggi dal rapporto amichevole tra Vučić e Putin, in primis per la fornitura del gas. La risorsa infatti è acquistata dal paese balcanico a prezzi decisamente agevolati. In sostanza quindi, Belgrado si configura in politica estera come messa alle strette tra UE e Russia[4]. All’Assemblea Generale dell’ONU del 2 marzo, la Serbia ha condannato l’invasione dell’Ucraina, come la maggior parte degli altri paesi, ma non si è allineata agli altri paesi per approvare sanzioni a Mosca. La Serbia si appiglia alla Russia per ottenere un voto al Consiglio di Sicurezza ONU sull’indipendenza del Kosovo, mentre per la politica interna, l’approccio filo-russo, vuol dire assicurarsi il favore della popolazione.
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Note
[1] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Serbia-la-paura-da-elezioni-217158
[2] https://www.ilpost.it/2022/04/04/serbia-elezioni-aleksandar-vucic/
[3] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ungheria-e-serbia-alla-prova-del-voto-34425
[4] https://it.euronews.com/2022/03/29/serbia-sulle-elezioni-pesano-guerra-e-legami-con-mosca-nel-mezzo-le-relazioni-con-l-ue
Foto copertina: Serbian President Aleksandar Vucic talks during a press conference with EU Special Representative for the Pristina-Belgrade Dialogue Miroslav Lajcak (not pictured), after their meeting in Belgrade, Serbia, 03 March 2021. EU Special Representative Lajcak is on two-day official visit to Serbia. EPA-EFE/ANDREJ CUKIC