Intervista a Lucio Caracciolo Direttore di Limes[note]Limes è una rivista italiana di geopolitica fondata nel 1993. Fa parte del Gruppo Editoriale L’Espresso.[/note]
a cura di Fabio Manno
L’8 novembre 2016 , gli americani sono stati chiamati al voto per scegliere il presidente che li governerà per i prossimi quattro anni. Il farraginoso sistema elettorale americano[1] ha portato all’elezione, a Presidente degli Usa, del magnate newyorkese Donald Trump, spiazzando sondaggi e testate giornalistiche che lo avevano dato per spacciato – salvo poi scusarsi pubblicamente il giorno dopo l’elezione.
La campagna elettorale condotta da Trump e dalla sua sfidante, la favorita Hillary Rodham Clinton, è passata alle cronache come la peggiore, in termini di soggetti e contenuti, cui gli Stati Uniti abbiano mai assistito. Se non altro, i termini accesi che l’hanno caratterizzata hanno rasentato il farsesco.
Vittoria clamorosa, dunque, e manifestazioni di piazza operate da quanti non si sentono minimamente rappresentati da un personaggio così singolare come il loro prossimo presidente .
«Alea iacta est», disse il comandante di un impero a cui gli Stati Uniti si sono dichiaratamente ispirati in passato.
Bisognerà vedere se le promesse fatte in campagna elettorale verranno mantenute da Trump. Quelle più controverse riguardano il muro ai confini con il Messico, che in buona parte esiste già; l’espulsione di milioni di migranti per garantire la sicurezza nazionale; l’estensione del possesso di armi da parte dei cittadini americani; l’abbandono dell’accordo di Parigi sul clima. Uno scenario più prossimo a un regime di staliniana memoria, piuttosto che alla cultura (o forse no) di un paese “arsenale della democrazia“.
È importante che si sappia però, che in sostanza, il potere politico del presidente degli USA – almeno in casa propria – è relativamente insignificante.
Il sistema dei contrappesi americano è infatti un limite talvolta invalicabile per gli inquilini della Casa Bianca. Quanto alle minacce paventate durante la campagna elettorale, il futuro (e il Congresso) ci dirà quanto realizzabili saranno i piani del tycoon.
Nel frattempo, i giornali e le riviste di tutto il mondo si interrogano sulle loro valutazioni sbagliate, mentre qualcuno festeggia per la boccata di aria di novità che con la Clinton non ci sarebbe stata, erede di una continuità politica di Obama e quindi giornalisticamente superata. Ma anche questa circostanza sarebbe stata da verificare, considerando le diametrali posizioni della moglie dell’ex presidente Clinton rispetto a quelle del presidente attuale Obama.
Per comprendere meglio prospettive e possibilità, è stato utile chiedere una valutazione a chi di queste cose si occupa da sempre. Parte di questi argomenti è stato oggetto della breve conversazione col professor Lucio Caracciolo, direttore di Limes – la maggiore rivista di geopolitica italiana – e docente di Studi Strategici presso la LUISS Guido Carli di Roma .
Di seguito è riportata la conversazione integrale:
Ι. Opinio Juris: «Alla luce dell’elezione di Trump, secondo Lei bisognava aspettarselo? In cosa i sondaggi si sono sbagliati?».
Caracciolo: «I sondaggi si sono quasi tutti sbagliati perché rappresentano dei punti di vista di elite che vivono tra Washington e New York e non hanno il senso del paese. In più, molti degli elettori di Trump per vari motivi anche di ″politicamente corretto″ non hanno detto che avrebbero votato per Trump. Tutto questo ha contribuito a questo ennesimo errore dei sondaggi».
IΙ. Opinio Juris: «Come cambierà la politica estera americana? O meglio, secondo Lei, l’entourage di Trump gli permetterà effettivamente di avvicinarsi alla Russia di Putin?»
Caracciolo: «Certamente Trump farà un tentativo in questo senso, che avrà una doppia valenza: una pubblica, “lottiamo insieme contro il terrorismo islamico”; una implicita, “mettiamoci insieme per evitare che la Cina sia troppo dominante”. Credo che a questa posizione di Trump sarà opposta una fortissima resistenza nel Congresso e negli apparati federali, in particolare nel Pentagono, e che quindi dopo una prima fase magari anche di avvicinamento si possa prospettare una crisi. Non credo che sia una linea politica che potrà tenere nel lungo periodo».
III. Opinio Juris: «Quanto alla politica interna, il neo eletto Presidente Trump ha detto di voler cambiare ed eventualmente abolire l’Obamacare. Cambierà i successi di Obama in politica interna o le lascerà invariati?».
Caracciolo: «Io non penso che farà delle riforme sostanziali sull’Obamacare. Anzi, alcune delle sue politiche, come per esempio gli investimenti infrastrutturali e altre politiche di tipo sociale, saranno appoggiate probabilmente anche da una buona quota dei democratici, che altrimenti si vedrebbero scavalcati a sinistra da Trump».
IV. Opinio Juris: «Il prossimo anno si vota in Francia, Germania e potenzialmente in Italia. Crede ci sarà un onda lunga delle elezioni americane oppure non avrà alcun effetto in Europa?».
Caracciolo: «Sicuramente ci sarà un’onda lunga. Trump, d’altronde è già in una coda, abbastanza visibile, originatasi con la vittoria della Brexit in Gran Bretagna. Ci saranno, quindi, sicuramente delle conseguenze, nel senso che in Europa si sta facendo strada l’idea che esistono delle alternative alle politiche fiscali finora seguite e quindi all’austerità tedesca».
V. Opinio Juris: «Hillary Clinton ha vinto il voto popolare in America, ma per il sistema elettorale americano Trump ha avuto la meglio. Si può parlare in questo senso di un deficit democratico nel sistema elettorale americano?».
Caracciolo: «Certamente si. Ma è un deficit difficilmente correggibile perché, sa, per emendare la Costituzione americana serve un consenso e servono dei procedimenti piuttosto impegnativi. Quindi, questo discorso della riforma del collegio elettorale e del voto indiretto negli Stati Uniti continuerà ad esserci e ad emergere ogniqualvolta verrà eletto un presidente che nel voto popolare aveva avuto la minoranza come per esempio George W. Bush, ma molto difficilmente questo cambierà».
VI. Opinio Juris: «So che deve andare, La ringrazio per la disponibilità e per il tempo concesso».
Caracciolo: «Grazie a voi per aver scelto di chiedere il mio parere sulle recenti elezioni americane, mi dispiace solo di avere poco tempo a disposizione».
Orbene, è possibile intuire che secondo il professore ed una vasta sfera di analisti di politica internazionale, i toni della campagna elettorale non sempre si traducono in politiche effettive ed immediatamente applicabili.
Il presidente deve fare i conti con la burocrazia americana ampiamente consolidata e che non sempre a lui deve rispondere.
In un certo senso è la rappresentazione umana di quel famoso cane che abbaia senza mordere.
Per sapere se gli americani si sono regalati un presidente fuori dagli schemi e con ambizioni discutibili, dovremo aspettare di vederlo seduto sulla sedia dello studio ovale, sicuramente più scomode delle poltrone che arredano i suoi resort.
C’è una frase che funziona sempre quando è affrettato qualsiasi giudizio: «ai posteri l’ardua sentenza», e quei posteri – a Dio piacendo – saremo noi.
[1] Per un ulteriore approfondimento, consultare: L’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America
Immagine in copertina: U.S. Republican presidential candidate Donald Trump speaks at a campaign event at The Palladium at the Center for Performing Arts in Carmel, Indiana, May 2.AARON P. BERNSTEIN/REUTERS – Fonte: Newsweek