Roma, per tre giorni capitale del Mediterraneo

Focus sulla seconda edizione del Forum MED – Mediterranean Dialogues

 

01.12.2016 – Si è conclusa in serata la prima sessione di lavori del forum Rome MED che ha visto avvicendarsi sul palco i ministri Gentiloni e Pinotti, i quali lo hanno condiviso con esponenti di spicco della scena degli affari esteri e i CEO delle partecipate statali di punta, Leonardo – Finmeccanica ed ENI.

Il Forum mira a delineare una “positive agenda” per superare il periodo protratto di instabilità che affligge il Medioriente, regione caratterizzata da strali di violenza e incertezza.

Il mondo dell’economia, oggi rappresentato da ENI e Finmeccanica, ha fatto presente che, dopo anni di previsioni negative e forti rischi per gli investimenti nell’area, pare avvicinarsi ad una conclusione lo strapotere territoriale dello Stato Islamico; sarà da vedere se a questo farà seguito anche la sconfitta dell’ideologia tossica del Califfo.

Il benessere possibilmente derivante da oculati investimenti nell’area mediorientale negli anni a venire, sarà necessario ma non sufficiente per assicurare lo sviluppo stabile e sostenibile dell’area. Occorre, dunque, secondo il CEO di ENI, Claudio Descalzi, una più attenta pianificazione degli interventi futuri, perché se apparentemente «la situazione generale migliora», il dialogo non ha finora fatto seguito.

L’indipendenza energetica dalla Russia e la differenziazione e securizzazione delle fonti d’approvvigionamento per l’Europa, passa anche per la pacificazione del Medioriente.

In attesa dello scontro a distanza previsto per domani tra John Kerry e Sergey Lavorov, ad animare il dibattito odierno ci ha pensato Ahmed Aboul Gheit, Segretario Generale della Lega Araba. Gheit, ex ministro degli Esteri egiziano ed uomo dalla vasta esperienza nell’ambito delle relazioni internazionali, non le ha mandate a dire ai suoi co-panelist, il Ministro degli esteri britannico Boris Johnson e il Primo Vice Presidente della Commissione Europea Commissario Franz Timmermans. In una lezione di realismo politico, il Segretario Generale Gheit ha indicato come primo ostacolo al raggiungimento di una pace durevole e all’istaurazione di un dialogo costruttivo tra le due sponde del Mediterraneo, la reticenza degli occidentali ad affrontare e risolvere la questione israelo-palestinese. Tra gli scroscianti applausi della variegata platea, il Segretario Gheit ha concluso con un “accorato” appello diretto all’UE ed agli US: «stay away from our region».

 

02.12.2016 – Volge al termine la seconda giornata del Rome MED caratterizzata dalla presenza di grandi dell’imprenditoria, della società civile, del giornalismo e della diplomazia internazionale.

Diviso in panel tematici, il secondo appuntamento del forum ha avuto come scopo quello di delineare le future direttrici d’azione per e nell’area mediorientale.

Tramite la condivisione di best practice ed esempi positivi di azione della società civile e degli attori economico-finanziari operanti in Medioriente, il dibattito ha visto nel magnate egiziano delle telecomunicazioni, Naguib Sawiris, il mattatore dei policy panel di stampo economico.

Famoso per la sua opposizione al regime egiziano post-rivoluzionario e per il suo ruolo di commentatore politico, Sawiris si è guadagnato l’attenzione della stampa europea per proposta avanzata lo scorso anno di acquistare, egli stesso, un’isola dalla Grecia per ospitare le masse di disperati che attraversano il Sahara ed il Mediterraneo in cerca di prospettive di vita migliore.

È bene ricordare l’episodio, non solo al fine di meglio inquadrare il personaggio, ma, soprattutto, perché, oggi lo stesso Sawiris ha rinnovato la proposta, dicendosi sconcertato per non aver ricevuto risposta alla sua offerta.

Il tema rifugiati e migrazioni – è bene dirlo – è stato trattato in maniera approfondita grazie all’intervento dell’Alto Rappresentante per i Rifugiati, Filippo Grandi, il quale ha ricordato che una distinzione tra richiedenti asilo e migranti è logica necessaria, mentre ciò che deve essere superato è il sistema di accoglienza e gestione delle migrazioni in se, che vede ancora come possibile la chimera dello stop totale dei flussi umani.

Alla lectio magistralis tenuta in mattinata dal Vice Ministro degli Affari Esteri iraniano, SayedKazem Sajjadpour, sulle direttrici di politica estera iraniana nell’era post-sanzionatoria ed in prospettiva della presidenza Trump, ha fatto seguito, nel pomeriggio, un’eccellente panoramica delle operazioni di politica estera russa, in chiave del più puro realismo politico, presentata dal Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.

Di tutt’altro tono l’intervento del Segretario di Stato Americano, John Kerry, che tra qualche parola farfugliata in italiano e citazioni attinte dall’universo classico della tradizione oratoria greco-romana, ha pronunciato un lungo discorso ricapitolando i momenti salienti della sua esperienza al fianco del Presidente Obama, in quello che aveva tutti i crismi per sembrare un discorso di congedo dalla scena pubblica.

Il filo conduttore del dibattito odierno è stato di certo la speranza, non scevra di punte di pragmatismo, con cui guardare al futuro. Sebbene il discorso in questi due giorni di forum abbia solo liminalmente toccato la questione siriana e quella libica, c’è grande attesa per le sezioni di dibattito previste per domani specificatamente dedicate alla guerra civile libica (con la presenza del Vice Premier libico Fathi al Majburi) e dello scenario siriano (con il dibattito tra l’inviato speciale dell’ONU per la Siria, Steffan de Mistura, e l’Alto Rappresentante, Federica Mogherini).

Grande attesa anche per l’intervento del Primo Ministro italiano Renzi, previsto per domani a chiusura del forum, con la grande incognita davanti: riuscirà a mantenere il silenzio pre-referendario?

03.12.2016 – «Solo attraverso il dialogo potremo trovare una soluzione per la Siria […] chiunque abbia influenza su Assad, gli dica di comunicare all’ONU il suo essere pronto alla sua devoluzione, di essere pronto a lasciare il potere».

Così, durante il suo intervento al Rome MED, Staffan de Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria. Un panel denso di contenuti e spunti di riflessione sulla crisi siriana, quello animato da De Mistura e dall’Alto Rappresentante UE, Federica Mogherini, la quale ha riproposto una delle idee centrali dell’edizione 2016 del forum, ovvero stabilire una Helsinki per il Mediterraneo.

Nelle parole dell’Alto Rappresentante, la speranza di trovare un modo negoziato per far sì che i pesi mediorientali allentino le tensioni bilaterali, accettino la condizione geografica immutabile dell’essere vicini e che si arrivi un rapporto di buon vicinato instaurando un clima di dialogo, come ad Helsinki nel 1975.

Tuttavia, il grande interrogativo sulla fattibilità di una Helsinki mediorientale resta legato al ruolo dell’Islam “vis à vis” la democrazia, con un’interessante intervento di Rchid Ghannouchi, Presidente del partito islamico moderato tunisino Ennahda.

Altra incognita dell’equazione mediorientale sarà di certo l’amministrazione Trump, del quale si prevede un atteggiamento di chiusura, una tendenza al vedere il Medioriente come centro propulsore del terrorismo e della violenza globale. Un atteggiamento di chiusura e vero disangagement in Medioriente che, secondo le parole di Walter Russel Mead, riprende gli elementi di amministrazione “jacksoniana” in America.

Come confermato da tutti gli speakers che hanno toccato il tema US – Medioriente nell’era Trump, queste non sono altro che congetture, non essendoci ancora un programma di governo da Washington.

In questo vacuum, si potrebbe profilare un ruolo rinnovato per l’Europa se l’Italia saprà prendere la leadership nella ridefinizione delle relazioni euro-mediterranee.