Verso l’inizio di un nuovo capitolo per le relazioni tra Bruxelles e Londra
In un clima pandemico di restrizioni ed incertezze, la Vigilia di Natale appena trascorsa ha lasciato sotto l’albero un regalo del tutto inatteso: l’accordo sulle relazioni future UE-UK. Frutto di percorso negoziale[1] dai ritmi serrati e reso ancora più tortuoso dall’esplodere della pandemia di COVID-19, l’accordo annunciato lo scorso 24 dicembre arriva in extremis allontanando lo spettro di uno scenario di “no deal” e delineando un quadro di maggiore chiarezza sulle relazioni future tra l’Unione europea ed il Regno Unito.
L’accordo è stato accolto positivamente sia da Londra che da Bruxelles sebbene con toni ed enfasi ben distinti. Il PM Boris Johnson ha definito l’accordo una vittoria per il fronte dei Brexiteers, minimizzando la rilevanza dei numerosi compromessi raggiunti e dichiarando entusiasticamente: “We have taken back control of our laws and of our destiny”[2]. Un simile entusiasmo, frutto non di mera disillusione circa i risultati ottenuti, è in realtà manifestazione di una scelta comunicativa ben ponderata: oscurare i numerosi fallimenti nella gestione della pandemia presentando l’accordo come una grande vittoria personale che porterà il Regno Unito fuori dall’UE riaffermando la propria sovranità[3].
Più moderata ma altrettanto positiva è stata invece la reazione del fronte europeo. Malgrado la soddisfazione per aver scongiurato una hard BREXIT, forte è stata la consapevolezza che nessun accordo porterà i rapporti UE-UK ai livelli di cooperazione antecedenti il recesso, come si evince dalle parole del capo negoziatore, Michel Barnier, successive all’annuncio: “Today is a day of relief, but tinged by some sadness as we compare what came before with what lies ahead.[4]”. Più incoraggianti sono state le reazioni della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dei principali leaders dei 27 Stati membri, i quali vedono nell’accordo non solo un compromesso “equo e bilanciato”[5] ma anche un’importante svolta per lasciarsi finalmente alle spalle il nodo della BREXIT e concentrarsi sulle nuove e numerose sfide che attendono l’Unione[6].
La lunga saga della BREXIT sembrerebbe dunque volgere al termine grazie ad un accordo “last minute” figlio di intricati negoziati condotti sullo sfondo di una pandemia globale, la quale ha costituito al contempo un fattore esterno di complessità aggiunta ed un incentivo al compromesso, soprattutto per Londra.
Sostenendo che un “no deal” fosse preferibile ad un accordo debole con l’UE, il PM Boris Johnson ha riproposto la retorica dell’uomo forte al potere in sede negoziale[7] dimostrando inamovibilità ed intransigenza nel perseguire i conclamati obiettivi degli hardliners su tre questioni centrali: i diritti di pesca al largo delle coste britanniche, il level playing field e gli aiuti di Stato, e la governance dell’accordo. Apogeo della linea negoziale britannica, forse nutrita di un eccessivo ottimismo circa l’effettiva capacità di strappare all’UE consistenti concessioni, è stata la proposta dell’Internal Market Act[8] a ridosso del 15 ottobre 2020, termine ultimo fissato da Londra per la conclusione di un accordo. Considerata da alcuni commentatori un vero e proprio azzardo, l’Internal Market Act ha infiammato il fronte europeo ed interno mettendo a rischio il processo negoziale. Le criticità attengono la discrezionalità conferita all’Esecutivo britannico nell’applicazione delle previsioni previste dal Protocollo sul Nord Irlanda in materia di controlli e adempimenti doganali[9], in violazione del principio consuetudinario “pacta sunt servanda”. Con l’avvio della procedura di infrazione dell’UE in seno alla CGUE, l’avvicinarsi della fine del periodo transitorio e il temporaneo stallo negoziale, lo spettro di una hard BREXIT si è fatto più minaccioso[10]. In un contesto siffatto e schiacciato tra l’incudine delle critiche interne per l’incerta gestione della pandemia ed il martello delle obiezioni interne[11] ed europee all’azzardo dell’Internal Market Act, il PM Boris Johnson si è visto costretto a rivedere le proprie posizioni alla luce di un maggiore realismo e pragmatismo. L’ipotesi di una “hard BREXIT” non è più contemplabile in un contesto di ridimensionamento del consenso interno e di crisi economica aggravata dalle rinnovate restrizioni connesse alla variante del virus. Tale rinnovata consapevolezza ha mitigato la postura britannica consentendo la ripresa delle trattative e, infine, il raggiungimento del compromesso oggetto dell’accordo sulle relazioni future UE-UK[12].
“L’accordo della Vigilia”: cosa prevede
L’accordo sulle relazioni future UE-UK, annunciato lo scorso 24 dicembre, è un risultato tutt’altro che atteso alla vigilia della fine del periodo di transizione, fissato al 31 dicembre 2020. L’accordo è frutto di reciproche concessioni alla base di un impianto pattizio ambizioso che va ben oltre le disposizioni altrettanto innovative dei trattati conclusi dall’UE con partners come Giappone e Canada, a riprova della volontà delle controparti di riconoscere l’ineguagliabile valore di una perdurante stretta cooperazione.
Colonna portante dell’architettura dell’accordo è l’assenza di barriere tariffarie e di restrizioni quantitative alla circolazione di merci tra UE e UK. Al contrario, i dazi saranno applicati sui prodotti il cui valore economico durante la fase di lavorazione sia originato per il 40% in Paesi al di fuori dell’UE e/o che non siano il Regno Unito. In merito alla mobilità delle persone, sarà revocata la libertà di circolazione tra l’UE ed il Regno Unito ed introdotto un sistema a punti per l’ottenimento di visti sull’immigrazione.
La questione dei diritti di pesca al largo delle coste britanniche è stata risolta fissando un periodo transitorio di cinque anni e mezzo durante il quale i pescherecci europei potranno continuare ad esercitare i propri diritti ma riducendo gradualmente la quantità di pescato del 25%. Terminato il periodo, i diritti saranno ridefiniti attraverso negoziati su base annuale. Malgrado lo scarso rilievo economico, il nodo della pesca ha rivestito grande valore simbolico per il Regno Unito in virtù della politicizzazione attuata dei Brexiteers, i quali hanno reso la questione un vessillo della violazione della sovranità britannica da parte dell’UE.
In materia di level playing field ed aiuti di Stato, l’UE è riuscita ad ottenere buoni risultati fissando con il Regno Unito standard minimi di tutela in materia ambientale, sociale e di diritti dei lavoratori e parametri di riferimento entro i quali modulare le politiche di aiuti statali e sussidi. In questo modo, l’UE è riuscita a scongiurare il rischio di concorrenza sleale da parte delle autorità britanniche, le quali, per contro, conserveranno la propria autonomia decisionale in materia svincolandosi dalle normative europee e dalla giurisdizione della CGUE. A tale impianto, è stata integrata una clausola di “ribilanciamento”, la quale prevede la possibilità di una delle parti di rivedere formalmente le previsioni economiche dell’accordo, compresi gli standard e i parametri in materia di concorrenza e aiuti statali, introducendo così un elemento di dinamismo e flessibilità funzionali all’evoluzione futura dei rapporti commerciali. Laddove non si riesca a trovare un’intesa per l’aggiustamento degli standard nella misura voluta da una delle parti, il trattato prevede per la controparte la possibilità di imporre dazi sulle merci coinvolte previa approvazione di un collegio arbitrale indipendente[13].
In materia di governance, si prevede che, in caso di violazione delle disposizioni dell’accordo, la parte lesa possa adottare contromisure (ad es. attraverso l’imposizione di dazi) ed investire della controversia un collegio arbitrale indipendente dalla giurisdizione della CGUE, il quale si pronuncerà sulla legittimità delle misure intraprese. L’adozione di un sistema di arbitrato costituisce una vittoria per entrambe le parti: l’UE avrà a disposizione uno strumento di risoluzione delle controversie rapido e flessibile nel caso di violazione delle disposizioni sulla concorrenza leale da parte del Regno Unito; Londra, dal canto suo, ha ottenuto di sottrarsi alla giurisdizione della CGUE in materia economica.
Con riguardo al settore della sicurezza, l’accordo prevede una perdurante e stretta collaborazione UE-UK in materia di difesa ed intelligence garantendo, ad esempio, l’accesso del Regno Unito al “Passenger Name Record” e partnerships con l’Europol e l’Eurojust. Totalmente assenti dal trattato sono infine le disposizioni sul settore dei servizi (soprattutto quelli finanziari) che ammontano all’80% dell’economia britannica e al 50% delle sue esportazioni. In realtà, le parti hanno preferito rendere la questione oggetto di un futuro MoU da negoziare entro marzo 2021[14].
Per quanto riguarda gli effetti dell’accordo sul Nord Irlanda[15] possono essere considerati complessivamente di segno positivo. Di fatto, l’assenza di barriere doganali tra il Regno Unito e l’UE per le merci di origine britannica riduce notevolmente la mole di controlli alla dogana nel Mare d’Irlanda, venendo meno la preoccupazione di Bruxelles di una mancata applicazione dei dazi alle merci britanniche in transito in NI e destinate al mercato europeo. Il problema dei dazi e delle cosiddette “merci a rischio”[16] perdurerebbe però per il transito di beni di origine straniera dirette dal Regno Unito nel mercato unico europeo ed in transito nel NI. In virtù della permanenza del NI nel mercato unico, inoltre, le imprese nordirlandesi sarebbero avvantaggiate rispetto alle controparti britanniche in quanto esenti da nuovi controlli sui beni esportati. In materia di sicurezza, infine, l’accordo assicura meccanismi di accesso alle banche dati europee per favorire il contrasto alle attività di gruppi paramilitari al confine nordirlandese, aspetto quest’ultimo trascurato dalla backstop solution[17].
La luce in fondo al tunnel: verso la fine della BREXIT?
L’accordo sulle relazioni future UE-UK costituisce un fondamentale progresso verso la fine della BREXIT, in un’ottica di tutela di reciproci interessi e mutuo benessere. Malgrado l’ottimismo dell’opinione pubblica europea e britannica, non è ancora detta l’ultima parola. Per poter entrare ufficialmente in vigore, l’accordo necessita della ratifica da parte di Westminster e del Parlamento UE.
Nel Regno Unito, l’approvazione del testo d’accordo è prevista il 30 dicembre 2020 e, nonostante il dichiarato supporto del leader Laburista Keir Starmer, già emergono i primi scetticismi. Da un lato, il gruppo di Conservatori hardliners ed euroscettici dello European Research Group[18] solleva dubbi circa l’aderenza del testo al manifesto dei Brexiteers; dall’altro, il Partito Laburista addita la scelta del loro stesso leader di sostenere l’accordo in quanto lesiva della capacità del gruppo di contestare gli effetti futuri delle disposizioni pattizie sul mercato del lavoro. Per quanto i pronostici per la votazione siano positivi, Westminster appare diviso e lo stesso Boris Johnson si affretta a raccogliere consensi in vista del 30 dicembre.
L’UE, dal canto suo, ha dichiarato formalmente di voler supportare l’accordo ma ha rimandato al gennaio 2021 la votazione in seno al Parlamento europeo in modo da permettere ai suoi 27 Stati membri di valutarne nel dettaglio il testo. Nel frattempo, si è deciso di applicare provvisoriamente le disposizioni del trattato fino alla sua ratifica ed entrata in vigore così da evitare disagi e code alle dogane[19].
In ultimo, difficile è dire chi abbia vinto e chi trarrà i maggiori benefici dalla fine di questo lungo e tortuoso divorzio. Il Regno Unito ha ricevuto dall’accordo tanto quanto ha concesso. Londra è riuscita ad ottenere il controllo sulle frontiere, a sottrarsi alla giurisdizione della CGUE (vera e propria red line per il Governo) ed ha riacquisito autonomia in materia commerciale; allo stesso tempo, si è trovata costretta ad accettare importanti compromessi su temi importanti come i diritti di pesca (passando da una riduzione dell’80% al 25%) ed il level playing field.
Specularmente, l’UE ha dovuto cedere terreno con riguardo al ruolo della CGUE o all’introduzione di una “clausola di equivalenza”[20] per tutelarsi dalla concorrenza sleale britannica, ma ha altresì ottenuto importanti conquiste mantenendo l’integrità del mercato unico, difendendo la Repubblica d’Irlanda da conseguenze altrimenti disastrose e rafforzando la propria coesione interna[21].
Volgendo uno sguardo al futuro, una mancata intesa sul settore dei servizi potrebbe avere ripercussioni consistenti sull’economia del Regno Unito unitamente alle difficoltà e rallentamenti causati dai controlli alle dogane che graveranno sui bilanci delle imprese britanniche. Contemporaneamente, il PM Boris Johnson, pur avendo incassato un’importante vittoria, dovrà far fronte a crescenti tensioni interne alimentate sia dall’emergenza di COVID-19 che dall’adozione del controverso Internal Market Act[22], pur nella sua forma priva delle clausole inizialmente contestate.
Quanto all’Unione europea, grazie al trionfo della soft BREXIT le ricadute economiche del divorzio saranno notevolmente contenute per i singoli Stati e per l’UE nel suo insieme[23]. Guardando al suo futuro politico, si può dire che l’UE esca rafforzata dalla BREXIT, pur privata di un membro. Le insidie e le difficoltà del recesso hanno messo in risalto i benefici della membership scoraggiando, almeno nel breve periodo, l’innescarsi di un effetto domino ad altri Stati membri.
Note
[1] I negoziati per la definizione dei rapporti bilaterali UE-UK, avviati nel marzo 2020, sono stati condotti da Michel Barnier (capo negoziatore per l’UE) e David Frost (responsabile delle trattive per il governo britannico).
[2]https://www.bbc.com/news/uk-politics-55435930?fbclid=IwAR0EoklrdNM9sNqBzMPW2fLZqtWi9NLw-AdInc4TZf0g5pYF4xLePNs_pco
[3]https://www.bbc.com/news/uk-politics-55435930?fbclid=IwAR0EoklrdNM9sNqBzMPW2fLZqtWi9NLw-AdInc4TZf0g5pYF4xLePNs_pco
[4]https://www.bbc.com/news/world-europe-55439756
[5] Ibidem.
[6] Soltanto il Primo ministro irlandese, Micheàl Martin, ha espresso un parere difforme definendo l’accordo “the least bad version of Brexit possible, given current circumstances.”, da BBC.
[7] {Successivi all’entrata in vigore dell’accordo di recesso ed all’inizio del periodo di transizione del 31 gennaio 2020, i negoziati per la conclusione di un accordo sulle relazioni future UE-UK sono ufficialmente iniziati nel marzo 2020 e si sarebbero dovuti concludere allo scadere del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2020.}
[8]https://www.bbc.com/news/uk-scotland-54065391
[9] Trattasi delle disposizioni agli artt. 3, 5 e 10 del Protocollo sull’Irlanda del Nord o backstop solution parte del Withdrawal Agreement.
[10]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/accordo-brexit-ora-o-mai-piu-27852
[11] https://www.bbc.com/news/uk-scotland-54065391
[12]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/brexit-ecco-laccordo-28774
[13]https://www.theguardian.com/politics/2020/dec/24/from-tariffs-to-visas-heres-whats-in-the-brexit-deal
[14] {https://www.irishtimes.com/news/world/brexit-agreement-explainer-who-got-what-1.4445401}
[15] Il Protocollo sul Nord Irlanda o backstop solution prevede che il NI benefici del mercato unico europeo ma restando nel territorio doganale britannico, di modo da trarre vantaggio dalla conclusione di futuri accordi di libero scambio con Paesi terzi. Ciò però comporta l’applicazione dei dazi europei sulle merci che transitano dal Regno Unito nei porti del Nord Irlanda, con lo scopo di evitare la creazione di un confine fisico sull’isola d’Irlanda.
[16] Con l’espressione “merci a rischio” s’intende il pericolo sentito dall’UE che ai beni in transito per il NI e diretti al mercato unico non vengano applicate le tariffe doganali europee, soprattutto laddove quelle applicate dal Regno Unito siano significativamente inferiori.
[17]https://www.bbc.com/news/uk-northern-ireland-55427004
[18] Lo European Research Group è un gruppo di pressione parlamentare britannico caratterizzato da un’agenda hardline che punta ad ottenere una rottura netta ed incisiva dall’UE.
[19]https://www.theguardian.com/politics/2020/dec/26/full-brexit-trade-deal-goes-beyond-canada-style-accord?CMP=Share_AndroidApp_Other&fbclid=IwAR0V3n4Qufl6Ts-w1sZ1zBopS61Kv0vwZLEge4TlXaH3bKPQUeFrb1xR8-A
[20] Proposta dall’UE, avrebbe consentito l’applicazione unilaterale di dazi sulle merci britanniche in caso di divergenza degli standards di tutela fissati dal trattato. Si prevedeva, inoltre, un meccanismo di adattamento al rialzo qualora una delle parti avesse migliorato gli standard di riferimento.
[21]https://www.ft.com/content/02ac149a-198a-4eea-9137-ad14bc57a542
[22] https://www.bbc.com/news/uk-scotland-54065391
[23]https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/brexit-ecco-laccordo-28774
Foto copertina:Credit: Tolga AKMEN / AFP