Fratelli d’Italia traina la coalizione di centrodestra superando il 26% dei consensi. Male la Lega di Salvini, malissimo il PD di Letta. I motivi della vittoria di Giorgia Meloni
Una Giorgia Meloni raggiante nel primo discorso dopo la vittoria alle elezioni de 25 settembre, si rivolge ai cittadini esclamando: “Gli italiani potranno nuovamente avere un governo che esce da una loro chiara indicazione alle urne”. Meloni si è poi lamentata della campagna elettorale, che a suo dire è stata piuttosto «violenta» e «aggressiva» nei suoi confronti. Ma ha lasciato intendere che cercherà di dialogare con tutti perché, ha detto, l’Italia e l’Europa stanno andando incontro a una situazione particolarmente complessa «che richiede il contributo di tutti, che richiede un clima sereno, che richiede quel rispetto reciproco che è alla base del confronto di qualsiasi sistema democratico». Il post elezioni non è che sia andato tanto meglio, basti pensare all’attacco fuoriluogo che la giornalista Rula Jebreal ha riservato a Giorgia Meloni. La Jebreal in un tweet aveva tirato in ballo il padre della Meloni reo di essere un narcotrafficante. Vero. Ma è altretanto vero (e stranoto) il fatto che la Meloni non ha rapporti con il padre da quando aveva 5 anni. Non ha senso, non c’è nessun motivo per farlo se non provare a denigrarla. Si poteva attaccare la Meloni su mille altre questioni ma certamente non questa.
Detto ciò, ma perché ha vinto Giorgia Meloni?
Da un lato certamente ha goduto del vantaggio strategico di chi è all’opposizione, vantaggio che ha capitalizzato appena l’esperienza del Governo Draghi è giunta al capolinea. Dall’altro però la Meloni incarna la risposta ai problemi reali e concreti che inquietano i cittadini. La Meloni ha toccato i temi cari alla destra sociale, unendo la giustizia sociale con la tradizione, la gerarchia e l’organicità, il comunitarismo o il nazionalismo e le altre istanze tipiche della destra tradizionale europea.
Giorgia Meloni, una donna non sposata con una figlia, che si è fatta da sola. Emergendo in un mondo governato dagli uomini. Un icona perfetta…per la sinistra. La Meloni è stata anche molto furba, da un lato la narrativa politica in difesa della famiglia tradizionale, di una serie di valori cari ad una parte delle popolazione ma nei fatti poi si dimostra di essere una donna che non sta a certe etichette. La Meloni vince anche perché la retorica del rischio fascista proposto continuamente dalla sinistra ha un po’ stancato.
E nonostante gli appelli ininfluenti degli influencer i cittadini hanno preferito premiare una donna “del popolo”, preferendo chi è cresciuta alla Garbatella un quartiere più che popolare di Roma, al professore che insegna a Parigi nella prestigiosa SciencePo e che incarna un partito, il PD diventato non più partito “de sinistra”, ma il partito del potere, sempre e comunque.
Certo ha avuto gioco facile grazie ad una disastrosa campagna elettorale del centrosinistra ed in particolare di Enrico Letta.
La colpa del Pd è quella da un lato di aver completamente sbagliato l’alleanza, preferendo imbarcarsi Sinistra Italiana e perdendo Calenda, dall’altro credere che i temi legati alla politica internazionale potessero influenzare il voto. Ma il peccato originale è soprattutto quello di aver dato in questi anni priorità a condurre battaglie su temi dei diritti civili, pensiamo allo Ius scholae, al voto ai 16enni, alle modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione, tutte cose sacrosante ma non lasciando alla “destra” e in parte al M5S lo spazio per farsi portavoce della difesa e della tutela dei diritti sociali, come ad esempio la lotta alla povertà, l’assegnazione delle case popolari, e la lotta al caro-bollette. Può sembrare un discorso populista, magari lo è, ma ad un operario che fa fatica ad arrivare non più alla fine del mese, ma alla terza settimana, preoccupato per un futuro nero tra crisi economica, emergenza lavoro, emergenza climatica ect, è molto più appetibile un discorso sulla difesa dei cittadini in difficoltà anziché chiedersi se è giusto o meno dare la cittadinanza italiana al minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che risieda legalmente in Italia, qualora abbia frequentato regolarmente le scuole. Abbiamo avuto la prova che esiste una società reazionaria stanca del politicamente corretto ma poco produttivo.
Il M5S in un certo senso ha sostituito il PD, o meglio ha occupato quella prateria lasciata a sinistra e Conte ha capitalizzato la battaglia sulla difesa del reddito di cittadinanza, tema sentitissimo nelle regioni del sud. Liberato dalla “zavorra” filo-governativa dimaiana, Conte ha potuto prima mettere in discussione il Governo Draghi e poi condurre una buona campagna elettorale che gli ha permesso di recuperare consensi e voti. Gli elettori delle Lega pongono i vertici del partito davanti ad una scelta: continuare con Salvini capace di far risalire il partito nel 2018 e poi prima gettare alle ortiche l’occasione di governare e poi farsi “mangiare” i voti dalla Meloni scegliendo di supportare il Governo Draghi? o cambiare registro e far scendere il “Capitano” dalla barca che affonda?
Forza Italia regge grazie al ritorno in campo del Presidente Berlusconi, ma l’età avanza e Tajani non sembra avere le capacità carismatiche per poter ambire alla guida del partito. Certo varare un nuovo corso post-Berlusconi dai banchi della maggioranza di Governo potrebbe essere un vantaggio, ma il tempo stringe e il duo Calenda-Renzi è lì in agguato per cercare di sottrarre a Forza Italia il ruolo di partito moderato, popolare e riformista.
Renzi e Calenda, due personalità molto forti e complesse, che bene hanno lavorato al Governo insieme, il primo come Primo Ministro e il secondo come Ministro dello sviluppo economico dal 2016 al 2018. Il loro tentativo di condurre una doppia battaglia cercando di erodere consensi a destra, sorridendo ai liberali di Forza Italia, e a sinistra ai moderati del Pd, è stato lodevole ma complesso. Il rischio è stato quello di non far comprendere cosa volessero fare oltre a portare avanti la fantomatica “Agenda Draghi”. Ma il risultato elettorale incoraggia a percorrere la strada che conduce alla creazione del famoso “Terzo polo” casa dei moderati centristi italiani. Intanto cresce l’attesa per la formazione del nuovo Governo, gli alleati del centrodestra stanno in questi giorni proponendo nomi e figure che potrebbero ricoprire i ruoli chiavi nei ministeri. Un percorso non semplice, ma i giorni passano e le scadenze e il lavoro da fare è tanto.