L’onda turca che sta travolgendo l’Europa

epa08304529 Turkish President Recep Tayyip Erdogan speaks during a press conference about the ongoing situation with the COVID-19 coronavirus pandemic in Ankara, Turkey, 18 March 2020. Turkish Health Minister Fahrettin Koca said on 17 March there are 98 confirmed cases of the coronavirus and one related death. Turkey decided to halt public events, temporarily shut down schools and suspend sporting events in an attempt to prevent further spreading of coronavirus EPA/STR


Un’onda proveniente dall’Anatolia sta travolgendo le spiagge dell’Europa da più di un decennio. Quell’onda si chiama Recep Tayyip Erdoğan e un giovane politologo italiano ha deciso di studiarla dando luce ad un libro pioneristico.


 

È il punto di origine di un’onda marina sotto forma di crisi migratoria che periodicamente investe la vulnerabile Tracia orientale, quel lembo di terra che da Losanna 1923 separa ciò che è Europa da ciò che è Turchia. È il punto di partenza di mini-flotte navali e aeree che, a cadenza regolare, vengono inviate tra Egeo e Mediterraneo orientale a disturbare chiunque sia ritenuto una minaccia per la mezzaluna e stella: dai greci ai ciprioti e dagli italiani agli israeliani, passando per i francesi.
È il luogo più incompreso della contemporaneità, le cui dinamiche interne risultano indecifrabili agli occhi miopi della politologia occidentale mainstream. Un’indecifrabilità che spiega perché le analisi sulla Turchia siano sempre e comunque in errore:

  • L’economia cammina costantemente sul filo del rasoio, ma non collassa mai.
  • La sottovalutata industria della difesa non sta fabbricando dei bluff, ma delle armi sorprendenti per rapporto qualità-prezzo – come i temibili giannizzeri dei cieli, i droni Bayraktar TB2.
  • Erdoğan non è ad un passo dalla detronizzazione, al contrario ha riscritto lo Stato profondo ex novo e profittato del tentato golpe del 2016 per accelerare la de-kemalizzazione delle istituzioni.
  • La società e la politica non si oppongono all’erdoganismo in toto, perché ne approvano all’unanimità la politica estera e hanno esultato con lacrime di gioia alla riconversione in moschea di Santa Sofia.
  • Lo strappo definitivo con l’Alleanza Atlantica non si è mai materializzato, perché Erdoğan è e resta la miglior arma dell’Occidente contro Russia e Cina – con buona pace di chi lo vede folgorato sulla Nuova via della seta.

La Turchia è un gigante dai piedi d’argilla prossimo all’implosione od un Davide capace delle prodezze di un Golia?
E, soprattutto, chi è Erdoğan e che cosa vuole realmente? Domande alle quali nessuno ha saputo rispondere finora, o meglio fino a ieri. Perché recentemente è stato dato alle stampe “L’onda turca. Il risveglio di Ankara nel Mediterraneo allargato”, firmato da Lorenzo Vita per Historica Edizioni.

Vita, un giovane politologo classe 1991, noto al volgo per le periodiche ospitate su Mediaset e per i lavori realizzati per InsideOver – Il Giornale, ha voluto scrivere qualcosa di unico per il panorama unico: un libro che ci parla di Erdoğan, e della sua Turchia, assumendo un punto di vista originale, perché non occidentalo-centrico.

Nel titolo si trova un’anticipazione del contenuto. Perché se la Turchia del 21esimo secolo può essere paragonata ad un fenomeno naturale, quel fenomeno è sicuramente un’onda. Potente, irrefrenabile, pura, potenzialmente letale. E l’onda turca, sino ad oggi, è stata tutti e quattro questi elementi – al di là di ogni previsione e pronostico –, in quanto innegabilmente pura (il ritorno alle origini, cioè all’islam e al panturchismo), potenzialmente letale (vedasi la crisi dei rifugiati), potente (capace di resistere alle pressioni politiche, geopolitiche ed economiche) e irrefrenabile (la mezzaluna e stella oramai sventola ovunque, dalla Libia all’Azerbaigian, passando per Balcani e Asia centrale).

L’onda turca è quello che in inglese chiamano un must-read, cioè un testo che va letto, imperativamente e categoricamente. Perché potrà risultare utile, a tutti gli appassionati di Turchia e relazioni internazionali, a capire come, spesso e volentieri, media e politologia mainstream distorcano o leggano superficialmente la realtà dei fatti.


Potrebbe interessarti:

Vita ci spiega il significato di neo-ottomanesimo, ma ci invita anche a non dargli più importanza di quella che ha, perché “dietro si nasconde una strategia complessa, che affonda le radici nella storia, è saldamente ancora alla realtà ed è proiettata verso il futuro”. Una strategia rispondente al nome di Mavi Vatan (let. Patria blu) e che è stato lo stesso Vita a popolarizzare in Italia, intervistando per InsideOver colui che l’ha formulata: l’ammiraglio Cem Gurdeniz.

Vita disseziona il fenomeno Erdoğan, da cima a fondo, aiutandoci a capire come definirlo dittatore, incidente della storia, sia più che riduttivo: sia errato. Perché Erdoğan, piaccia o meno, è il figlio legittimo di una potenza che vuole porsi alla guida “del Medio Oriente o comunque ritornare a pensare in grande la propria esistenza” e che vede in ciò “un punto fondamentale dell’agenda di chiunque incarni la leadership del Paese”.

In breve, se Erdoğan non fosse esistito i turchi avrebbero dovuto inventarlo. Una verità che l’analisi politica occidentale mainstream non digerisce, e che perciò ignora o ridicolizza, ma che è il momento di accogliere, raccogliere ed accettare. Perché Erdoğan è ancora lì, sopravvissuto ad una tempesta economico-finanziaria, alle proteste del parco di Gezi e ad un tentato colpo di Stato militare, e si appresta ad essere ricordato dai posteri come uno dei più abili statisti di questa prima parte del Duemila.

Vita, in quelle 250 pagine, ci offre qualcosa di differente rispetto al solito: un lavoro di qualità, un lavoro che parla di Oriente dalla prospettiva dell’Oriente, un lavoro in grado di aiutare l’Occidente. Di aiutare l’Italia.


Foto copertina: Il presidente turco Tayyip Erdogan partecipa a una conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Angela Merkel a Istanbul, Turchia, 24 gennaio 2020. REUTERS/Umit Bektas