La visita in Europa dell’ex Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula Da Silva ha lanciato un messaggio chiaro al mondo e ai vicini regionali: il Brasile e l’America Latina possono rilanciare il loro attivismo internazionale. Riuscirà l’Unione Europea a cogliere questa opportunità politicamente strategica e a ricoprire, finalmente, un ruolo di primo piano nei rapporti con il continente latinoamericano?
Durante la prima metà dello scorso novembre l’ex Presidente brasiliano Luis Inácio Lula Da Silva ha viaggiato per tutta Europa per incontrare diversi leader ed esponenti della sinistra europea e per ricevere un premio a Parigi, presso l’istituto “Sciences Po”, per il suo coraggio politico. Definire quelle due settimane come un semplice viaggio politico significherebbe sminuire clamorosamente l’importanza che l’evento ha ricoperto. Analizzando la reazione dei media europei al viaggio di Lula, si ha una percezione immediata della stima e del prestigio di cui il leader del Partido dos Trabalhadores gode nel vecchio continente. Durante il suo viaggio in Europa, in un breve articolo, Bloomberg sottolineava in modo marcato il paradosso della differenza tra l’accoglienza ricevuta durante il G20 dall’attuale Presidente brasiliano Jair Bolsonaro, soprattutto in Italia, e l’incredibile acclamazione dell’ex Presidente Lula, che ha fatto apparire il secondo quasi come in una visita ufficiale di Stato anticipata[1]. Tra i numerosi appuntamenti in Europa, il leader del PT brasiliano ha incontrato l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’Unione Europea Josep Borrell.
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Quest’ultimo, attraverso un Tweet, ha ricordato l’importanza strategica del Brasile per l’UE e ha sottolineato quanto l’incontro fosse stato produttivo e interessante, fornendo spunti utili per il futuro dei rapporti tra l’UE, l’America Latina e le sue varie organizzazioni sub-regionali[2].
Secondo gli attuali sondaggi per le elezioni presidenziali, che si terranno il 2 ottobre 2022, Lula dominerebbe in modo netto, distaccando di molto i suoi avversari Jair Bolsonaro, Sergio Moro e Ciro Gomes[3]. In una recente intervista a EL Pais Brasil, l’ex presidente e candidato petista ha sottolineato come la sua visita in Europa avesse come obiettivo quello di lanciare un messaggio chiaro al vecchio continente: il Brasile può tornare sulla scena internazionale come un attore di primo piano[4].
In questo articolo si darà una lettura approfondita del significato del viaggio del “leader della socialdemocrazia latinoamericana”[5] e delle prospettive politiche che ne conseguono, tracciando un quadro dell’attuale contesto politico regionale latinoamericano, degli ultimi sviluppi dei rapporti tra l’Unione Europea e l’America Latina ed esponendo alcune riflessioni personali sul ruolo dell’UE all’interno della grande fase di transizione che il continente latinoamericano sta vivendo.
Una grande fase di transizione politica
Gli ultimi sviluppi politici ed elettorali nel continente latinoamericano mostrano chiaramente che ci si trova dinanzi ad una grande fase di transizione. Nel mese di novembre Nicaragua, Argentina, Cile, Venezuela e Honduras sono andati al voto ridefinendo lo scacchiere politico latinoamericano e suggerendo numerosi spunti di riflessione sul futuro della regione e delle aree sub-regionali.
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Elezioni presidenziali in Nicaragua
Ad aprire la lunga tornata elettorale del mese di novembre sono state le elezioni presidenziali tenutesi il 7 novembre in uno dei paesi più instabili e complessi dell’intero continente, il Nicaragua. Lo Stato centroamericano rappresenta ormai in modo costante dal 2018 uno dei principali scenari di crisi a livello mondiale. Nel 2021, dopo un apparente e comunque breve periodo di negoziazioni volte ad una riconciliazione nazionale, il Presidente Daniel Ortega ha completamente affossato le opposizioni. Lo ha fatto prima sul piano legislativo, emanando numerose leggi che hanno di fatto escluso dalla competizione elettorale ogni potenziale avversario, ha poi messo in atto una vera e propria campagna di repressione politico-sociale violenta ed estremamente preoccupante. Sin dai mesi che hanno preceduto l’election day, appariva in modo chiaro che si stesse andando incontro ad una farsa elettorale e ad un’elezione illegittima a causa di evidenti deficit sugli standard democratici e dei diritti[6]. La crisi politica in Nicaragua non solo ha generato estrema preoccupazione in tutta l’America Latina, ma ha anche generato forti divisioni all’interno della sinistra latinoamericana in relazione all’appoggio al leader sandinista Daniel Ortega, da sempre oggetto di controversie[7]. L’Unione Europea ha emanato un comunicato attraverso il suo Alto Rappresentante esprimendo estrema preoccupazione per la situazione in Nicaragua e sostenendo con convinzione l’utilizzo continuato del sistema delle sanzioni su individui[8]. Una reazione, quella dell’UE, che appare francamente ancora troppo timida e poco incisiva sul piano politico.
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Elezioni “medio término” in Argentina
Il 14 novembre gli argentini sono stati chiamati al voto per le legislative del medio término. Il paese sudamericano sta affrontando una crisi economica alla quale il governo di Alberto Fernandez, tra i principali esponenti del peronismo moderno assieme a Cristina Fernandez de Kirchner, fa molta fatica a rispondere. La situazione è decisamente preoccupante, i dati attuali ricordano il crollo economico del 2001 e spaventano sempre di più i cittadini. Commentare i risultati di queste elezioni senza comprendere il malcontento sociale che si respira nel paese non permetterebbe di fornire una visione completa della complessa realtà argentina. Dopo il duro colpo subito dal peronismo a settembre (attualmente al governo del paese) alle primarie delle legislative, le loro aspettative per queste elezioni erano piuttosto basse. In realtà, i risultati hanno permesso a Fernandez di tirare un sospiro di sollievo, soprattutto in seguito alla rimonta nella provincia di Buenos Aires[9]. A preoccupare buona parte della classe dirigente argentina, è però la progressiva ascesa di Javier Milei, un economista neoliberista che appare sempre di più come la versione argentina di Jair Bolsonaro. Il principale avversario dei pernoisti si è contraddistinto per le sue affermazioni sul contrasto al “sistema” e alla “casta politica” e per le sue proposte sulla deregolamentazione del mercato delle armi e sull’espulsione di delinquenti stranieri. Il risultato più significativo, in termini negativi, è senza dubbio quello della partecipazione. In Argentina il voto è obbligatorio, ciononostante, a queste elezioni ha partecipato solo il 71% dei cittadini, un dato che evidenzia oggettivamente il malcontento e la diffidenza verso l’attuale classe politica[10]. Numerosi sono gli interrogativi che affliggono l’Argentina, ma la crisi economica e la frammentazione politico-sociale, nonché l’ascesa della destra “bolsonarista” sono segnali comuni a molti paesi latinoamericani, che evidenziano una sempre maggiore radicalizzazione di alcune componenti politiche. Un caso simile è quello del Cile, di cui si parlerà ora.
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Elezioni presidenziali in Cile
Il Cile ha votato il 21 novembre per scegliere il suo nuovo Presidente. Le elezioni erano un appuntamento elettorale molto atteso dopo il forte fermento sociale e le rivendicazioni cittadine degli ultimi anni, si pensi al nuovo processo costituente che aveva condannato la vecchia classe politica pur dando un chiaro profilo izquierdista alla nuova assemblea costituente. I risultati hanno mostrato un paese fortemente frammentato, il margine tra i due principali candidati si è rivelato molto stretto, come non si vedeva da diversi decenni. I due candidati che si sfideranno al ballottaggio il 19 dicembre, rappresentano le due anime del paese. José Antonio Kast, primo con il 27,91% dei voti, un simpatizzante dell’era Pinochet, decisamente conservatore su diverse tematiche, accusa l’opposizione di essere troppo vicina al Venezuela e a Cuba e teme che il Cile possa finire nel baratro della tragedia venezuelana se i suoi avversari andassero al governo. Dall’altro lato, Gabriel Boric, leader di Convergencia Social – Apruebo Dignidad, una coalizione di sinistra frutto dei movimenti sociali civili degli ultimi anni. Boric ha una lunga carriera nella militanza politica, sin da quando era studente, se dovesse essere eletto, sarebbe il Presidente più giovane della storia. Durante la sua campagna elettorale, Boric, che ha raggiunto il 25,82% dei consensi, ha rivendicato e difeso valori classici della sinistra quali la giustizia sociale, l’eguaglianza e la dignità umana, ha inoltre basato la sua campagna sul concetto di un “Cile inclusivo”, usando il grande recente processo costituente come esempio e fonte d’ispirazione per la sinistra del paese[11]. In uno scenario così complesso, frammentato e imprevedibile, appare innegabile che il Cile rappresenti in questo momento uno dei più importanti e interessanti laboratori politici e sociali al mondo. L’Unione Europea e il Cile non hanno mai avuto specifiche relazioni bilaterali o partenariati strategici strutturati al di fuori dei meccanismi multilaterali e all’interno delle organizzazioni regionali e sub-regionali latinoamericane. In effetti, il Cile è sempre apparso agli occhi degli analisti politici come un esempio per comprendere la strategia d’inserimento della Cina all’interno del contesto latinoamericano, essendo il Cile il suo principale partner nel continente.
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Elezioni municipali e regionali in Venezuela
Il Venezuela rappresenta ormai da anni uno degli scenari di crisi più estremi e preoccupanti, non solo per le sue complesse dinamiche interne, ma anche per l’effetto spillover che ormai da anni si riversa sul piano sub-regionale e regionale (ad esempio sul tema delle migrazioni) e sui tesi e conflittuali rapporti politici con il vicino nordamericano. Solo due anni fa sarebbe stato impensabile assistere a delle elezioni legislative, soprattutto dopo la crisi politica tra Maduro e Guaidó. Senza dubbio, il cambio di rotta dell’opposizione alla vigilia dell’election day ha inciso positivamente sullo svolgimento delle elezioni. La Mesa de la Unidad Democratica (MUD), una coalizione formata da tutti i partiti di opposizione, ha prima riconosciuto alcuni errori degli ultimi anni ha poi deciso di cambiare strategia. Il principale mutamento è stato banalmente quello di aver deciso di partecipare alle elezioni. Per quanto possa apparire come una semplice e normale decisione, si tratta in realtà di un forte segnale nei confronti della controparte, seppur con un forte scetticismo sul rispetto concreto degli standard democratici[12]. Un impatto significativo, che ha certamente mostrato quanto il clima che si respirava in Venezuela in quei giorni fosse decisamente costruttivo, lo ha avuto l’aver permesso all’Unione Europea di partecipare alle elezioni con una missione di osservazione elettorale[13]. Il risultato delle elezioni è stato senza dubbio sorprendente, il Chavismo guidato da Maduro ha ottenuto una vittoria schiacciante contro ogni pronostico, ribaltando l’apparente consenso diffuso per l’opposizione. Tuttavia, due fattori hanno influenzato il risultato elettorale: da un lato un forte astensionismo, appena 4 venezuelani su 10 si sono recati alle urne; dall’altro, nonostante il tentativo di arrivare in modo compatto e con una strategia diversa all’appuntamento elettorale, le opposizioni hanno mostrato tutte le loro fragilità e divisioni interne, un disastro che durante la campagna elettorale ha inciso notevolmente sul consenso consolidato[14]. La giornata elettorale si è svolta in modo sereno per la prima volta dopo tanti anni e il percorso verso una rinnovata stabilizzazione politica o, quanto meno, verso un potenziale processo di riconciliazione nazionale appariva possibile. Purtroppo, la recente notizia dell’espulsione degli osservatori elettorali dell’Unione Europea, frutto di un progressivo irrigidimento dei rapporti tra questi ultimi e il Presidente Maduro, non lascia ben sperare[15].
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Elezioni presidenziali in Honduras
L’Honduras è stato l’ultimo paese a recarsi alle urne in ordine cronologico. Il 29 novembre, in un clima politico teso, in un contesto di forte polarizzazione, durante una delle peggiori crisi umanitarie della storia dell’America Centrale e in seguito alle recenti, preoccupanti e potenzialmente conflittuali, elezioni presidenziali del Nicaragua[16], l’Honduras ha espresso uno dei risultati più interessanti e sorprendenti da un punto di vista analitico. Xiomara Castro, leader della sinistra socialista, ha vinto con un vantaggio di 20 punti percentuali sul rivale Nasry Asfura, candidato conservatore, il quale si è a sua volta proclamato vincitore delle elezioni. In Honduras si è registrata un’alta partecipazione dei cittadini (il 68%) e l’aria di ottimismo e di speranza che si respira lascia pensare ad un vero e proprio cambio di rotta per il paese, nonostante le tensioni post-voto. Castro ha un programma con una chiara impronta progressista, un forte sentimento democratico e una decisa volontà nel voler combattere il narcotraffico e la violenza strutturale[17]. Il risultato dell’Honduras evidenzia ancora di più la complessa fase di transizione che il continente latinoamericano sta affrontando, che in America Centrale viene a delinearsi più marcatamente con i risultati, contrastanti, del Nicaragua e dell’Honduras.
Le attuali sfide del continente latinoamericano
Gli ultimi sviluppi politici in America Latina, all’interno di una grande fase di transizione, confermano ancora una volta la complessità e l’eterogeneità delle sfide che il continente si trova ad affrontare.
Come è stato già sottolineato in un’analisi precedente[18], l’emergenza sanitaria del Covid-19 ha ulteriormente aggravato alcune delle sfide strutturali comuni. Ciononostante, i meccanismi regionali e sub-regionali che erano stati creati nell’ottica di favorire una sorta di processo d’integrazione EU-model, si sono rivelati essere i grandi assenti durante la crisi. In un articolo redatto da alcuni analisti di Nueva Sociedad, l’attuale crisi del regionalismo latinoamericano e, in particolare, la difficoltà da parte dei leader del continente nel provare a tracciare un percorso comune per fronteggiare la crisi collettivamente, viene definita come il “vaciamiento latinoamericano”[19]. Con questo termine si fa riferimento alla progressiva perdita di rilevanza da parte del regionalismo e del multilateralismo inter-americano. Organizzazioni come la Celac, la CAN, l’Unasur, ma anche l’ALBA e l’OEA, hanno subito una drastica riduzione del potenziale percepito e dell’influenza sui rapporti tra i paesi del continente. A queste, va senza dubbio aggiunto il Prosur, un meccanismo messo in campo dai leader della destra neoliberista latinoamericana per contrastare il progetto (già fallito) dell’Unasur ma che a sua volta non ha ottenuto i risultati sperati.
Diverse sono le ragioni che potrebbero spiegare una crisi così profonda, tuttavia, ve ne sono due che hanno contribuito in modo significativo: da un lato la mancanza di leadership regionale, per comprenderla basterebbe svolgere un lavoro di comparazione tra l’inizio del nuovo millennio e il trend successivo relativo al decennio tra il 2010 e il 2020, dal quale si evince con chiarezza una progressiva reclusione dell’America Latina dallo scenario internazionale parallela ad un sostanziale isolazionismo comune tra i paesi che ne fanno parte, frutto di un evidente vuoto in termini di leadership regionale (si pensi al Brasile di Lula e al Venezuela di Chavez durante i primi anni 2000); dall’altro lato, la grave crisi venezuelana ha certamente rappresentato l’epicentro della crisi del regionalismo, a causa del suo effetto spillover transfrontaliero su numerose questioni, dalle migrazioni, all’impatto economico e sociale, passando per le gravi tensioni politiche con il vicino nordamericano[20].
Come appare evidente dalle considerazioni fatte finora, l’America Latina si trova ad affrontare numerose sfide, esacerbate gravemente dalla pandemia. Parallelamente alla crisi del regionalismo, l’America Latina vive ormai una progressiva perdita di rilevanza sul piano della presenza nello scacchiere internazionale. I due fenomeni sono strettamente connessi tra loro, da un lato la frammentazione interregionale, dall’altro l’indebolimento internazionale, agiscono congiuntamente[21]. In un’analisi comparata tra regioni e sistemi regionali e sub-regionali, basata su diversi fattori, quali la demografia, risorse a disposizione, commercio, conflitti, relazioni diplomatiche e partecipazione ai regimi internazionali, emerge con chiarezza quanto il continente latinoamericano, in particolare nel decennio 2010-2020, abbia progressivamente perso la sua influenza internazionale[22]. Il dato più interessante, in una prospettiva comparata, è quello relativo alle relazioni diplomatiche e alla partecipazione alle organizzazioni internazionali, nel quale l’America Latina risulta ultima sul primo, terzultima sul secondo, ma soprattutto con una drastica involuzione su entrambi i fronti a partire dagli ultimi venti anni[23]. Potrebbe apparire come un paradosso, soprattutto alla luce del grande sforzo sul piano della politica estera messo in campo dal Brasile di Lula nel primo decennio degli anni 2000, ma non lo è. Una delle più grandi contraddizioni dei paesi latinoamericani riguarda l’incapacità di strutturare una chiara e compatta coordinazione diplomatica. Se da un lato, in America Latina, il commercio interregionale rappresenta ancora oggi un fattore positivo e produttivo per il continente[24], la mancanza di un’azione congiunta sul piano internazionale e all’interno dei regimi internazionali è risultata più volte in un fracasso e ha ostacolato in più occasioni opportunità importanti per poter acquisire posizioni strategicamente rilevanti all’interno dello scacchiere internazionale[25]. In questa grande fase di transizione, nella quale i paesi del continente attraversano cambiamenti politici, rivendicazioni e mobilitazioni sociali, crisi economiche parallele ad una pandemia che ha messo in ginocchio i già fragili sistemi sanitari nazionali, disastri umanitari e migrazioni di massa, involuzione drastica del regionalismo e perdita di rilevanza sullo scacchiere internazionale, l’America Latina è costretta ad adattarsi ad un’epoca di “autonomia liquida”[26]. Tuttavia, è proprio in questo contesto transitorio che la visita di Lula in Europa rilancia in modo prepotente la necessità dei paesi latinoamericani di giocare un ruolo di primo piano nei rapporti multilaterali e bilaterali.
Le prospettive dei rapporti tra l’Unione Europea e l’America Latina
I primi effetti della visita dell’ex Presidente brasiliano sono già visibili. L’Unione Europea sta mostrando in modo chiaro la volontà di voler riallacciare i rapporti con il continente latinoamericano e di voler provare a costruire dei partenariati strategici più strutturati e programmati sul lungo periodo[27]. Attualmente, l’Unione Europea investe più in America Latina che in Giappone, Cina, India e Russia insieme[28]. I legami tra i due continenti sono sempre stati forti per ovvie ragioni: condividono aspetti culturali e linguistici; sostengono, sul piano internazionale, valori comuni quali la difesa dei diritti umani e la promozione della democrazia, ma anche la democratizzazione dei regimi internazionali; insieme rappresentano un terzo degli Stati membri delle Nazioni Unite e sono rappresentati nel G20 da sette paesi. Nonostante i numerosi elementi che legano i due continenti, l’Unione Europea e l’America Latina non hanno mai, concretamente, messo in campo una strategia di partenariato strutturale sul lungo periodo. L’Unione Europea ha agito in sostegno dei paesi latinoamericani soprattutto sul piano sub-regionale, collaborando con le organizzazioni sub-regionali e creando meccanismi, forum, congiunti con tali organizzazioni. Sul piano bilaterale, l’Unione Europea vanta con l’America Latina pochi rapporti concretamente strutturati. Intrattiene con l’Argentina, il Brasile e il Messico dei rapporti più intensi, interviene, invece, timidamente sulle questioni politiche e sociali di altri paesi quali la Colombia, il Venezuela[29], l’America Centrale[30] e persino Cuba[31].
Riallacciare i rapporti tra i due continenti e costruire un partenariato strategico sia sui livelli sub-regionale e regionale, sia sul piano bilaterale, è diventata ormai una priorità. In un momento storico in cui le discussioni sulla politica estera dell’Unione Europea, sul suo ruolo nello scacchiere internazionale, in particolare all’interno della grande contesa tra gli Stati Uniti e la Cina, sono ormai in stato avanzato, infatti si è prossimi all’adozione del cosiddetto “Strategic Compass” per provare a fare un passo in avanti concreto verso la tanto ambita Autonomia Strategica, l’America Latina può rappresentare un’opportunità unica. In effetti, l’influenza cinese nel continente latinoamericano ha ormai oltrepassato la mera cooperazione ed è diventata una vera e propria strategia di soft power, in alcuni casi anche di hard power per gli aspetti economico-commerciali. Gli Stati Uniti del dopo Trump non hanno ancora definito una visione concreta sui rapporti con i vicini del sud e il vuoto man mano occupato sempre di più dalla Cina è un motivo di preoccupazione non indifferente.
Sono numerosi i settori in cui i due continenti potrebbero provare a costruire dei partenariati strutturati, ma è possibile tracciare alcuni spunti di riflessione prioritari in termini di policies.
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Cambiamenti climatici e trasformazione ecologica
L’Unione Europea è ormai diventata un Global Player sulle questioni relative ai cambiamenti climatici. La sua ambizione a diventare un Green Power può svilupparsi anche nell’ambito della sua azione esterna. La transizione ecologica, sia nel settore pubblico che in quello privato, è ormai diventata un’arma di soft power e l’Unione Europea ha tutto il potenziale per costruirci un ruolo di primo piano nei rapporti multilaterali e bilaterali, il percorso attuale è già ben avanzato in tal senso. In America Latina i cambiamenti climatici stanno già causando effetti disastrosi. In un continente in cui la povertà e l’estrema povertà hanno raggiunto cifre estremamente preoccupanti, soprattutto a causa della pandemia[32], i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto enorme sui settori agricolo e minerario, determinando non solo evidenti problemi ambientali, ma anche forti disuguaglianze economiche, sociali e relative ai diritti umani, si pensi ai devastanti effetti degli incendi in amazzonia. Il ruolo che l’UE può giocare su queste tematiche non può limitarsi a mere dichiarazioni politiche. Il tema dei cambiamenti climatici è universale e non accetta confini artificialmente tracciati. Intervenire dinanzi alle crisi ambientali è un obbligo morale e un interesse comune oggettivo. Agire in questo settore, soprattutto alla luce della grande ambizione dell’UE, significherebbe, concretamente, lottare per un commercio equo, anche inserendo clausole climatiche e relative agli standard del rispetto diritti umani all’interno degli accordi commerciali, che va ricordato, restano attualmente gli strumenti diplomatici più forti dell’UE[33]. Sostenere e supportare i settori, pubblici e privati, che intendono affrontare la transizione ecologica pur non avendo le risorse sufficienti a disposizione.
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L’accordo con il Mercosur
Le negoziazioni dell’accordo tra l’UE e il Mercosur sono un tassello importante all’interno dei rapporti tra i due continenti. Le ultime evoluzioni relative a questo tema non lasciano ben sperare. Il disastroso accordo del 2019, criticato aspramente in entrambi i continenti, richiede un ripristino delle negoziazioni e del dialogo costruttivo. L’accordo tra il Mercosur e l’Unione Europea rappresenta senza dubbio una potenziale situazione di win-win, per entrambe le parti gli interessi in campo sono enormi[34]. Gli Stati membri del Mercosur hanno la necessità di riconciliare le loro divisioni interne (si pensi alla decisione dell’Uruguay di agire individualmente per negoziare con l’UE) e studiare una strategia comune che tenga conto delle esigenze eterogenee prima di tutto interne alla stessa regione del Mercosur, successivamente in relazione agli standard richiesti dall’UE. Quest’ultima, in piena coerenza con quanto detto sopra, non può prescindere dall’inserire clausole climatiche e relative ai diritti umani all’interno dell’accordo, si tratta di principi fondamentali interni alla negoziazione che sono ormai decisamente più importanti (e non così sconnessi) del semplice interesse economico-commerciale.
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Migrazioni
Si tratta di un tema comune ad entrambi i continenti, sul quale una collaborazione produttiva e solidale può generare benefici per entrambe le parti. In America Latina le rotte migratorie sono principalmente due, con una direttrice verso nord ed una verso sud, le crisi umanitarie che ne conseguono sono tra le più gravi al mondo. Oltre alla classica rotta migratoria dal Messico agli Stati Uniti, negli ultimi anni e soprattutto a causa della pandemia, si è sviluppata una grave crisi umanitaria nel cosiddetto “triangolo del nord” dell’America Centrale, composto dai migranti dell’Honduras, di El Salvador e del Guatemala, i quali attraversano il Messico per arrivare negli Stati Uniti. Al triangolo del nord si è aggiunto il grave esodo da Haiti, soprattutto in seguito al recente omicidio del presidente Moise[35]. La direttrice verso sud è quella dei migranti del Venezuela, distribuiti in tutto il cono sud, ma con un peso rilevante in Colombia[36], dove questo tema è stato anche oggetto di rapporti politici molto tesi tra i due paesi, al punto da sfiorare lo scontro armato alla frontiera qualche mese fa[37]. Sebbene le migrazioni dall’America Latina agli Stati Uniti e quelle interne alla regione latinoamericana, siano costantemente motivo di estrema preoccupazione a causa dei continui episodi di razzismo, violenze, violazione dei diritti umani e sfruttamento, su questo tema emerge però un elemento positivo. In effetti, molti paesi dell’America Latina si sono dimostrati efficienti nella gestione dei flussi migratori, sia sul piano dell’accoglienza, sia per quanto riguarda standard di integrazione relativi al rispetto delle normative internazionali sulle migrazioni[38].
L’Unione Europea, che come l’America Latina affronta da anni una crisi migratoria su diversi fronti, può agire congiuntamente ai paesi latinoamericani per mettere in campo politiche di inclusione sociale, integrazione economica e aiuto umanitario per le situazioni estreme, soprattutto per il Venezuela ed il triangolo del nord. Su questi aspetti, l’UE svolge già un lavoro interessante sul piano sub-regionale e bilaterale, gli aiuti predisposti sono consistenti ed importanti. Per implementare il lavoro in questo settore l’UE potrebbe affiancare maggiormente sul campo i paesi latinoamericani, soprattutto in questa complessa fase di transizione politico-sociale, la quale, va ricordato, sta avvenendo durante una pandemia globale, che in America Latina ha provocato e provoca ancora numeri spaventosi in termini di casi positivi e morti.
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Criminalità organizzata e violenza strutturale
Intervenire concretamente sull’instabilità politica e sociale dei paesi latinoamericani significa provare ad individuare delle misure potenzialmente utili ad affrontare i problemi strutturali del continente. Il tema della criminalità organizzata e della violenza strutturale ne rappresenta senza dubbio un esempio. L’Unione Europea, in quanto potenza normativa e civile, ha le capacità per poter supportare gli Stati latinoamericani nella loro lotta alla criminalità organizzata locale e transregionale. Per farlo ha a disposizione numerosi strumenti all’interno della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) che si collocano perfettamente all’interno del cosiddetto “approccio integrato ai conflitti e alle crisi”, il quale è prossimo ad una revisione nel quadro del processo di approvazione dello Strategic Compass. Sin dall’inizio della PSDC, l’Unione Europea non ha mai schierato missioni o operazioni sul continente latinoamericano, non lo ha fatto legittimamente per non seguire una strategia eccessivamente intrusiva e al limite del neo-colonialismo. Tuttavia, le recenti evoluzioni della PSDC permettono all’UE di adottare un approccio diverso che possa discostarsi nettamente dalle strategie Statunitensi nel contrasto al narcotraffico (la War on Drugs). Tra gli strumenti a disposizione, l’UE potrebbe schierare Missioni di supporto alle forze di polizia locali, Missioni di addestramento, Missioni di SSR[39] e JSR[40] volte a fornire un forte sostegno alle istituzioni locali nell’implementazione e nel rafforzamento dei settori della pubblica sicurezza e della giustizia. Le missioni di SSR e JSR offrono anche la possibilità di combattere alcuni problemi interni strutturali come la corruzione o la violazione degli standard democratici e dei diritti umani. Come last resort, l’UE potrebbe potenzialmente schierare missioni di peacebuilding nei casi più estremi. Affiancare alle questioni trattate in precedenza un approccio più pragmatico e relativo al settore della sicurezza e della difesa non vuol dire proiettare l’UE verso una vera e propria intromissione negli affari regionali latinoamericani, bensì, significa ipotizzare un ruolo concretamente più incisivo nel continente volto a rafforzare i rapporti multilaterali e bilaterali. Utilizzare gli strumenti della PSDC, in particolare quelli civili, in America Latina, darebbe un segnale politico forte ai rapporti internazionali, rafforzerebbe i legami tra i due continenti e quindi gli interessi in campo, permetterebbe all’azione esterna dell’UE, in particolare alle sue capacità da crisis management player, di fare un passo in avanti enorme verso la realizzazione della difesa comune, attraverso un approccio multidimensionale e multilivello.
In quest’ottica, l’Unione Europea potrebbe affrontare, attraverso gli strumenti della PSDC, alcune delle fonti d’instabilità strutturale. Se si prende come esempio il triangolo del nord dell’America Centrale, dove attualmente l’instabilità dovuta alla criminalità organizzata e alla violenza strutturale è ampiamente diffusa, si potrebbero tracciare alcuni elementi fondamentali da affrontare: la libertà d’espressione e, in generale, le libertà civili; la violenza di genere; la collaborazione con la società civile e il settore privato; le questioni climatiche e le loro implicazioni sul piano dell’instabilità politica, sociale e relativa alla sicurezza[41].
Conclusioni
La recente visita dell’ex Presidente brasiliano Luis Inácio Lula Da Silva ha dato nuova linfa alle relazioni tra l’Unione Europea e l’America Latina. L’attuale scenario politico, sociale ed economico latinoamericano è estremamente preoccupante su più fronti e la progressiva perdita di rilevanza sul piano internazionale, parallelamente alla crisi del regionalismo e del multilateralismo interamericano, dell’America Latina richiede nuovi sforzi da parte dei leader del continente. L’Unione Europea ha mostrato con chiari segnali di voler provare a costruire rapporti più strutturati con i partner latinoamericani e con i meccanismi regionali e sub-regionali del continente. La visita di Lula lo ha evidenziato in modo marcato, i media europei hanno reagito sottolineando l’entusiasmo dei leader della sinistra europea e comparando il viaggio del leader petista con la disastrosa visita del Presidente Jair Bolsonaro durante il G20. Per costruire partenariati strategici più strutturati, l’Unione Europea e l’America Latina dovrebbero affrontare collettivamente il grande tema dei cambiamenti climatici e della transizione ecologica; riprendere le negoziazioni dell’accordo tra l’UE e il Mercosur tenendo conto delle esigenze reciproche, in particolare delle questioni climatiche e relative ai diritti umani; affrontare in uno spirito di solidarietà reciproca le migrazioni che affliggono entrambi i continenti; combattere più strutturalmente la criminalità organizzata e la violenza diffusa, una delle ipotesi per raggiungere questo obiettivo potrebbe essere quella di utilizzare gli strumenti della PSDC per schierare missioni civili con l’ambizione di affrontare concretamente le sfide strutturali del continente latinoamericano.
Note
[1] https://www.bloomberg.com/news/articles/2021-11-15/brazil-ex-leader-lula-gets-a-warm-eu-welcome-unlike-bolsonaro
[2] https://www.dw.com/es/borrell-habla-con-lula-da-silva-sobre-brasil-mercosur-nicaragua-y-venezuela/a-59817957
[3] Secondo gli ultimi sondaggi Lula condurrebbe con il 48% dei consensi. https://www.cnnbrasil.com.br/politica/lula-tem-48-das-intencoes-de-voto-e-bolsonaro-21-diz-pesquisa-genial-quaest/
[4] https://brasil.elpais.com/internacional/2021-11-20/tenho-que-voltar-a-recuperar-o-prestigio-do-brasil-e-que-o-povo-coma-tres-vezes-por-dia.html
[5] https://elpais.com/opinion/2021-11-22/lula-el-socialdemocrata-latinoamericano.html
[6] https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-59202246
[7] A. BARBATO, Il Nicaragua e le elezioni di novembre: quale impatto sulla regione e sui rapporti internazionali?, Bulletin, Centro Studi Internazionali, Napoli, 5 Novembre 2021.
[8]https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2021/11/08/nicaragua-declaration-by-the-high-representative-on-behalf-of-the-european-union/
[9] https://elpais.com/america/2021-11-14/elecciones-legislativas-en-argentina-en-directo.html
[10] https://www.washingtonpost.com/es/post-opinion/2021/11/17/elecciones-argentina-2021-ganadores-voto-nulo-descontento/
[11] https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-59369625
[12] O. ALI LOPEZ, Venezuela’s Opposition Shifts Strategy Ahead of Mega-elections, nacla, 21 November 2021.
[13] https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/104849/venezuela-eu-deploys-election-observation-mission_en
[14] https://elpais.com/internacional/2021-11-22/la-division-de-la-oposicion-da-una-gran-victoria-al-chavismo.html
[15] https://elpais.com/internacional/2021-12-03/venezuela-expulsa-a-los-observadores-de-la-ue.html
[16] International Crisis Group, Handling the risks of Honduras’ High-Stakes Poll, Crisis Group Latin America Briefing n. 45, Tegucigalpa/Bogotá/Brussels, 23 November 2021.
[17] https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-59456040
[18] A. BARBATO, Quale futuro per il processo d’integrazione latinoamericano?, Opinio Juris Law&Politics review, Numero di Giugno 2021, p. 10.
[19] Lo svuotamento latinoamericano. G. GONZALEZ, M. HIRST, C. LUJAN, C. ROMERO, J. G. TOKATLIAN, Coyuntura critica, transicion de poder y vaciamiento latinoamericano, Nueva Sociedad, n. 291, enero-febrero 2021, p. 51.
[20]G. GONZALEZ, M. HIRST, C. LUJAN, C. ROMERO, J. G. TOKATLIAN, Coyuntura critica, transicion de poder y vaciamiento latinoamericano, cit. pp. 56-57.
[21]G. GONZALEZ, M. HIRST, C. LUJAN, C. ROMERO, J. G. TOKATLIAN, Coyuntura critica, transicion de poder y vaciamiento latinoamericano, cit. p. 58.
[22] L. SCHENONI, A. MALAMUD, Sobre la cresciente irrilevancia de America Latina, Nueva Sociedad, n. 291, enero-febrero 2021, pp. 68-76
[23]L. SCHENONI, A. MALAMUD, Sobre la cresciente irrilevancia de America Latina, pp. 75-76.
[24] Si pensi anche agli attuali dati macroeconomici che, nonostante la pandemia, i gravi disordini sociali ampiamente diffusi in tutto il continente e i disastri umanitari che più parti della regione si trovano ad affrontare, mostrano ancora segnali positivi e crescenti, allo stesso tempo i mercati non hanno dato segnali di preoccupazione, il che lascia intravedere un’apparente, insolita e inaspettata calma su questo piano. K. ROGOFF, bajo el volcan latinoamericano, Politica Exterior, 6 Novembre 2021.
[25] Si pensi al caso dell’OMC, quando nel 2005 il diplomatico brasiliano Luiz Felipe de Seixas Correa non riusì ad ottenere la dirigenza dell’OMC a causa della decisione dell’Argentina di votare il candidato dell’Uruguay. Una situazione simile si è verificata nel 2017, quando il Brasile ottenne la direzione dell’OMC nonostante il voto contrario del Messico, a testimoniare da un lato il potenziale individuale del colosso sudamericano, dall’altro l’incapacità della regione di agire in modo uniforme. L. SCHENONI, A. MALAMUD, Sobre la cresciente irrilevancia de America Latina, Nueva Sociedad, n. 291, enero-febrero 2021, pp. 77-78.
[26]Con riferimento al concetto di autonomia, nozione classica della politologia latinoamericana e riadattato al contesto della pandemia e dell’attuale scenario latinoamericano. E. ACTIS, B. MALACALZA, Politica exterior en tiempos de autonomia liquida, Nueva Sociedad, n. 291, enero-febrero 2021, pp. 125-126.
[27] https://eeas.europa.eu/regions/latin-america-caribbean/108361/europe-and-latin-america-caribbean-together-greener-safer-and-fairer-future_en
[28] https://www.youtube.com/watch?v=O1JM2w0t1h8
[29] Va ricordato che l’Unione Europea, proprio nell’ottica di provare a giocare un ruolo più incisivo in America Latina, ha partecipato alle recenti elezioni venezuelane con una missione di osservazione elettorale. Tale partecipazione ha rappresentato senza dubbio un passo in avanti fondamentale nell’ambito della politica estera dell’UE in America Latina. Il Venezuela è allo stesso tempo uno dei temi più divisivi all’interno dell’Unione Europea e una delle opportunità politiche più importanti che abbia mai avuto. La riattivazione di un dialogo, di una forma embrionale di ripristino delle negoziazioni volte ad un potenziale processo di riconciliazione nazionale, potrebbero essere delle fondamenta enormi su cui costruire, per l’UE si tratta di un’opportunità storica per dare una svolta alla sua politica latinoamericana e, in generale, alla sua azione esterna. E. L. JURADO, La quimera venezolana, Politica Exterior, 26 Mayo 2021.
[30] L’America Centrale è senza ombra di dubbio l’area sub-regionale dove l’Unione Europea riesce a penetrare in misura decisamente minore. Un esempio recente riguarda le elezioni in Nicaragua, sulle quali l’Unione Europea si è limitata ad una condanna politica e a ribadire l’utilizzo dello strumento delle sanzioni individuali.
[31] L’attuale situazione politica e sociale a Cuba fornisce all’Unione Europea una finestra di dialogo importante. Storicamente, l’Unione Europea si è limitata a dichiarazioni politiche nelle quali veniva sottolineata la necessità di una transizione democratica e di un lavoro concreto nel campo dei diritti umani. Tuttavia, dal 2016, l’Unione Europea ha messo in campo una strategia da “potenza normativa”, già sperimentata in altri contesti quali il Kosovo, l’Iraq o la Bosnia. Unione Europea e Cuba collaborano su temi relativi alla transizione digitale e al ruolo dei giovani nella società civile. Cuba rappresenta, attualmente, uno degli scenari nei quali si evidenziano maggiormente le difficoltà e le contraddizioni dell’azione esterna dell’UE. Da un lato, nonostante il tentativo di agire da potenza normativa, l’Unione Europea ha clamorosamente sottovalutato le grandi mobilitazioni sociali degli ultimi anni a Cuba, costruendo forme di cooperazione anche su settori più economici e commerciali, legittimando di fatto il regime post-castrista. Dall’altro lato, il Parlamento europeo ha adottato numerose risoluzioni nelle quali condannava il regime cubano e richiedeva la costruzione di un dialogo più approfondito con la Società civile. Allo stesso tempo, il Parlamento suggeriva al Consiglio di adottare delle sanzioni nei confronti di funzionari cubani, in ragione delle numerose violazioni dei diritti umani. Un ruolo decisivo e fondamentale nei recenti sviluppi dei rapporti tra UE e Cuba, lo ha giocato la Spagna di Pedro Sanchez. Il Primo Ministro spagnolo ha mediato tra le due posizioni, condannando fermamente la deriva autoritaria del regime cubano, soprattutto in relazione alle violazioni dei diritti umani, e fornendo aiuti concreti al contrasto alla pandemia, allo stesso tempo ha messo in campo uno sforzo sostanziale per evitare che l’Unione Europea arrivasse a catalogare Cuba come una “dittatura” o comunque un regime autoritario. S. GRATIUS, ¿Puede la UE adaptarse a la nueva ola de activismo democratico en cuba?, Politica Exterior, 11 noviembre 2021.
[32] https://www.cepal.org/es/comunicados/pandemia-provoca-aumento-niveles-pobreza-sin-precedentes-ultimas-decadas-impacta
[33] Y. FAHIMI, Europa y America Latina: ¿Como enfrentar juntos una transformacion social y ecologica?, Nueva Sociedad, n. 291, enero-febrero 2021, pp. 104-108.
[34] E. REES, EU-Mercosur: (why) failing to ratify is not worth the risk, ECIPE, May 2021.
[35] https://www.affarinternazionali.it/2021/07/lomicidio-del-presidente-moise-getta-haiti-nel-caos/
[36] C. SABATINI, J. WALLACE, Migration in Latin America, Chatham House, 6 October 2021, pp. 6-7.
[37] https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-56984077
[38] C. SABATINI, J. WALLACE, Migration in Latin America, Chatham House, 6 October 2021, p. 1.
[39] Security Sector Reform.
[40] Justice Sector Reform.
[41] M. F. BOZMOSKI, M. E. BRIZUELA DE AVILA, D. SADURNI, Addressing instability in Northern Central America: restrictions on civil liberties, violence, climate change, Atlantic Council, Issue Brief, September 2021, pp. 2-10.
Foto copertina: Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva in un discorso all’Assemblea Generale dell’Onu. Settembre 2008. Autore Ricardo Stuckert/PR. Fonte wikimedia commons.