Muhammad Ali: un lottatore anche fuori dal ring


Il pugile che si è battuto contro le ingiustizie dell’uomo bianco, colui che ha sfidato il governo statunitense, lo sportivo che ha avuto un notevole impatto per il movimento dei diritti civili.


 

Chi era Muhammad Ali?

Muhammad Ali (Louisville 17 gennaio 1942 – Scottsdale 3 giugno 2016) è stato un pugile appartenente alla categoria dei pesi massimi. È celebre per essere stato non soltanto uno dei pugili più importanti di tutti i tempi, ma anche uno tra gli sportivi più famosi ed influenti al mondo, una vera e propria icona internazionale. Ali è stato tre volte campione del mondo, ha detenuto un record notevole di 56 vittorie sul ring e si è reso celebre per la prima volta vincendo la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, all’epoca appena diciottenne[1].
Egli è nato col nome di Cassius Marcellus Clay Jr., successivamente cambiato in Muhammad Ali, cresciuto nel Sud segregato ed ha sperimentato in prima persona il pregiudizio razziale e la discriminazione. Di Muhammad Ali non si ricordano solamente le imprese pugilistiche e sportive, ma anche il suo carattere grintoso, carismatico, a tratti spavaldo e molto sicuro della sua persona, un uomo che sprigionava molta energia e forza ovunque e non soltanto sul ring da boxe. Sono diventati famosi i suoi discorsi, son diventate note le sue idee ed il suo modo d’interpretare e leggere il mondo; egli ha deciso fin da subito di utilizzare la sua fama e la sua gloria per combattere altre battaglie che non riguardavano il pugilato bensì temi caldi come la discriminazione razziale e la lotta per i diritti civili del popolo nero. Il pugile divenne ben presto una vera e propria icona della lotta al razzismo, andando contro il suo stesso paese, gli Stati Uniti. Ali si fece carico del sentimento dei più deboli e degli oppressi, sono state numerose le sue attività filantropiche e il suo forte attivismo sociale[2].
Il pugile afroamericano, quindi, può essere un interessante caso studio da analizzare al di là dei meriti sportivi, che sono stati immensi, ma soprattutto dal punto di vista socio-culturale e politico; potremmo tranquillamente dire che le sue gesta e battaglie sotto il profilo politico hanno segnato la storia e rivaleggiano con le sue imprese pugilistiche. Indubbiamente ci troviamo di fronte ad uno degli sportivi più grandi del 20° secolo, se non di tutti i tempi.

Muhammad Ali rappresentante del sentimento afroamericano

Il 25 febbraio del 1964, l’allora Cassius Clay salì sul ring per combattere contro il campione del mondo dei pesi massimi Sonny Liston. Nonostante i pronostici non fossero a suo favore, a vincere fu Clay e sarà da quel momento in poi che passerà alla storia come Muhammad Ali. Dopo essere diventato campione mondiale della categoria pesi massimi il pugile di Louisville decise di sostituire il suo nome di nascita, Cassius Marcellus Clay Jr., con quello che sarà ricordato per sempre Muhammad Ali. Lo farà annunciando la sua conversione alla fede musulmana ed aderì alla Nation of Islam. Ali affermò chiaramente e pubblicamente che il cambio nome fu dovuto al voler abbracciare le sue origini nere, inoltre considerava il nome Cassius come nome da schiavo e non da uomo libero, un nome che non rispecchiava la sua identità, guai a chiamarlo all’epoca col suo nome di nascita e non Muhammad Ali, egli voleva che la gente parlasse di lui e con lui solamente attraverso il suo nome musulmano[3].
Il pugile ebbe amicizie molto famose nella comunità nera e afroamericana, si pensi all’incontro con Malcom X ed il rapporto intenso che nacque tra i due. A quei tempi, orientativamente negli anni ’60, Malcom X rimase tanto affascinato da Muhammad Ali; quest’ultimo risultò come un uomo dai modi di fare e di essere contagiosi, parve molto carismatico. Malcom X incontrò diverse volte Ali e tali incontri sancirono la nascita di una profonda amicizia tra i due, un rapporto che ebbe grande influenza sul pugile e lo spinse ancor di più alla lotta contro il potere[4]. Questa fu soltanto una delle amicizie influenti per Ali, ma si potrebbe ricordare anche l’incontro e il legame instauratosi con Martin Luther King, un legame che portò quest’ultimo anche ad appoggiare il rifiuto di Muhammad Ali nei riguardi della guerra in Vietnam[5].
Muhammad Ali si consacrò come leader africano anche attraverso le sue imprese sportive, si pensi allo storico incontro, The Rumble in The Jungle, con il potente e possente George Foreman. Siamo esattamente nel 30 ottobre del 1974, Kinshasa nello Zaire alle ore 4:00 am, Ali riuscì a battere il suo rivale per K.O all’ottava ripresa conquistando per la seconda volta il titolo di campione del mondo dei pesi massimi. In questo storico match egli conquista la simpatia del popolo del Congo, chi c’era lì ad assistere urlava a gran voce «Ali bomaye!», ovvero “Ali, uccidilo!”. L’evento fece la storia del pugilato, ma non solo, poiché sul ring a confrontarsi vi erano due afroamericani, tuttavia molto diversi tra loro: Muhammad Ali era un uomo politico, molto sensibile alle questioni afroamericane e alla lotta per i diritti civili, dall’altro lato George Foreman, uno sportivo dedito solamente alla sua carriera e poco avvezzo all’interessarsi a faccende politico-sociali[6]. Come sostenne il noto regista Spike Lee nel documentario When we were kings di Leon Gast, è come se sul ring si fossero ritrovati due mondi contrapposti con Ali che portava sulle spalle il sentimento del popolo nero e dall’altro lato Foreman che assomigliava molto più a quel mondo occidentale[7].
Il pugile afroamericano è stato numerose volte ospite di programmi televisivi, diventando un personaggio mediatico sui generis. Egli è stato in svariate occasioni al The Dick Cavett Show, dove si è impegnato in conversazioni profonde riguardanti la sua identità, le sue opinioni per quanto concerne il mondo politico e religioso, senza farsi mancare pareri e discorsi su particolari questioni sociali di quei tempi[8]. Tra il 1968 e il 1979 Ali è apparso in questo show non meno di quattordici volte e questi dati la dicono lunga sulla sua forza mediatica, egli risultava come un ospite televisivo divertente e provocatorio ed il suo modo di fare gli consentiva di trattare temi caldi considerati solitamente off limits in svariati talk show.

Il rifiuto verso la guerra del Vietnam e la sfida contro gli Stati Uniti

«Perché dovrebbero mandarmi a migliaia di chilometri da casa a lanciare bombe e pallottole sulla gente del Vietnam mentre a Louisville le persone di colore sono trattate come cani e private dei diritti umani?». Questa è stata una delle frasi shock di Muhammad Ali nei riguardi della guerra in Vietnam, ci può dire molto sulla personalità di questo sportivo e sulle sue idee politiche. Nel 28 aprile del 1967 vi era un conflitto tra Stati Uniti e il Vietnam, migliaia di americani furono chiamati per combattere al fronte. Muhammad Ali compì un gesto considerato all’epoca clamoroso e che destò un fortissimo scalpore, decise di rifiutarsi alla chiamata al fronte e di non prendere parte alla guerra in Vietnam sfidando apertamente il suo paese statunitense. Le proteste contro la guerra erano numerose per le strade statunitensi e il pugile afroamericano fu d’ispirazione per i protestanti, purtroppo per lui beccò una severa sentenza che gli revocava la licenza da pugile e il titolo di campione del mondo più cinque anni di carcere e diecimila dollari di multa, tutto questo con l’accusa di diserzione. Muhammad Ali ha sperimentato sulla sua pelle la discriminazione razziale, proprio negli Stati Uniti, ecco perché non si sarebbe mai sognato di combattere per la patria americana e soprattutto contro coloro che vivevano in situazioni maggiormente disagiate ed erano bersaglio statunitense, il popolo del Vietnam. Aneddoto emblematico fu quando Ali, da poco campione olimpico nel 1960, tornò in America ed entrando in un ristorante con appesa la scritta “white people only” si sedette per ordinare da mangiare convinto di non essere visto come uomo di colore, ma come un campione ed orgoglio americano, tuttavia si rifiutarono di servirlo e fu allontanato dal locale. Il campione olimpico preso da un attacco di rabbia gettò la medaglia d’oro conquistata a colpi di boxe e duro allenamento nel fiume Ohio, se vogliamo anche in segno di protesta[9].
Ali non volle partecipare allo scontro in Vietnam poiché vedeva in questo stato l’ennesima vittima dell’Occidente bianco e conquistatore, gli Stati Uniti inoltre ne erano al comando. Per queste sue idee fu mediaticamente attaccato da una parte del mondo statunitense, considerato come un vigliacco e un traditore della patria, ma al tempo stesso fu sostenuto dalla fazione di chi protestava contro la guerra ed egli incarnò un modello vero e proprio di resistenza e di lotta al potere dominante. Nel 1971 la Corte Suprema ribaltò la sentenza di condanna affibbiata ad Ali per il rifiuto di partecipare alla guerra. La storia del rifiuto di Muhammad Ali di partecipare al conflitto del Vietnam si può riassumere in una sua nota citazione: «Nessun Vietcong mi ha mai chiamato negro».

L’influenza culturale di Muhammad Ali nel mondo

Nel 1984 fu diagnosticata la sindrome di Parkinson a Muhammad Ali, attribuita alla sua professione e che lo portò ad un graduale declino fisico negli anni a venire.
Si spense il 3 giugno del 2016, ma malgrado gli acciacchi della malattia fu sempre impegnato in attività filantropiche ed azioni umanitarie fino alla sua morte. Questo sportivo è stato per davvero un pezzo di storia, la sua influenza culturale è stata molto grande e il suo successo è andato oltre il semplice ring da boxe. Le sue imprese nello sport non sono mai state dimenticate, ma lo stesso si può dire delle sue idee e delle sue battaglie politiche. Ha ricevuto diversi riconoscimenti in merito al suo attivismo, si pensi alla Medaglia presidenziale della libertà nel 2005 oppure nello stesso anno alla Medaglia Otto Hahn per la Pace ricevuta dalla Società Tedesca per le Nazioni Unite, ancora si ricordi la Medaglia d’onore di Ellis Island nel 1986.
La rivista TIME scelse il pugile come una delle cento persone più influenti del XX secolo nella categoria “Heroes And Icons”, unico sportivo assieme a Pelé e Bruce Lee.
La grandezza di Muhammad Ali non è facile da spiegare e forse soltanto chi lo ha vissuto può davvero comprendere di chi e di che fenomeno si sta parlando, questo sportivo ha rappresentato realmente un fenomeno socio-culturale ed un modello d’essere. La sua fama non è legata solamente al ring dove si “muoveva come una farfalla e pungeva come un’ape” (altra sua celeberrima citazione), c’è ben altro dietro quest’uomo che ha una valenza simbolica, politica, sentimentale[10]. L’ex presidente degli USA Barack Obama nel commemorare il pugile dopo la sua morte lo ha descritto come una leggenda, sostenendo che il mondo è migliore anche grazie a Muhammad Ali. Ha raccontato di come Ali fosse diventato ambasciatore della sua religione ed un conciliatore fra le religioni, inoltre ha contribuito a dare dignità alle persone di colore in America, combattendo anche per loro e non soltanto per il pugilato[11].


Note

[1]QUANDO MUHAMMAD ALI PARLAVA DI RAZZISMO E INGIUSTIZIA SOCIALE IN TV AL DICK CAVETT SHOW, in “ANSA”, 17 Ottobre 2020.  https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/people/2020/10/17/lamicizia-tra-muhammad-ali-e-dick-cavett-e-un-docu-sky-arte_7ac9041c-827b-453b-97c9-e07d536e01b8.html
[2] “Muhammad Ali Biography”, in “The Biography”, 21 Gennaio 2021. https://www.biography.com/athlete/muhammad-ali
[3] A. Pucci, “Muhammad Ali, parole come pugni: le sue frasi celebri”, in “Fanpage”, 4 giugno 2016.  Muhammad Ali, parole come pugni: le sue frasi celebri (fanpage.it)
[4] M. A. Biancalana, “Quando Muhammad Ali incontrò Malcom X per la prima volta e la sua vita cambiò per sempre”, in “HuffPost”, 4 febbraio 2016.  Quando Muhammad Ali incontrò Malcom X per la prima volta e la sua vita cambiò per sempre | L’HuffPost (huffingtonpost.it)
[5] S. Gandolfi, “Ali, il pugile-politico che scelse l’islam”, in “CORRIERE DELLA SERA”, 4 giugno 2016. Ali, il pugile-politico che scelse l’Islam – Corriere.it
[6] A. Grasso, “La sfida tra Ali e George Foreman”, in “Corriere della Sera”, 01 novembre 2009. La sfida tra Ali e George Foreman – Corriere della Sera
[7] A. Galano, “L’epico incontro tra Ali e Foreman”, in “Biografieonline.it”, 30 ottobre 2012. L’epico incontro tra Ali e Foreman (biografieonline.it)
[8]L’amicizia fra Muhammad Ali e Dick Cavett”, in “Sky Arte”, 16 ottobre 2020. L’amicizia fra Muhammad Ali e Dick Cavett | Sky Arte – Sky
[9] “E Cassius divenne Muhammad”, in “Il Sole 24 ORE”, 17 gennaio 2012. E Cassius divenne Muhammad – C’è una medaglia d’oro di Roma 1960 sul – Il Sole 24 ORE
[10] “Ali, il più Grande del secolo: poeta e icona dei neri d’America, disse non alla guerra”, in “La Stampa”. Ali, il più Grande del secolo: poeta e icona dei neri d’America, disse non alla guerra – La Stampa
[11] Barack Obama commemora Muhammad Ali (sottotitoli in italiano) – YouTube


Foto copertina: Boxer Cassius Clay (R) punching the head of Doug Jones (L) in the first round of their heavyweight contenders’ fight at Madison Square Garden on March 13, 1963 in New York. Clay won a 10 round decision over Jones after predicting a 4th round knockout.

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