Nuove Lettere da Barcellona. Intervista a Bobo Craxi


“Nuove Lettere da Barcellona”, edito da Biblion edizioni (2021), ripercorre e analizza gli ultimi anni di crisi politica catalana. Vittorio “Bobo” Craxi è un uomo politico, esponente socialista, e già parlamentare. Sottosegretario agli Affari Esteri nel secondo Governo Prodi. Vive tra Roma e Barcellona. Nel 2018 ha pubblicato Lettere da Barcellona.


Vittorio Michele Craxi, detto Bobo (Milano, 6 agosto 1964), è un politico italiano, già sottosegretario di Stato agli affari esteri con delega ai rapporti con l’ONU nel secondo governo Prodi.

Sono passati quasi cinque anni da quando Carles Puidgemont dichiarò l’indipendenza catalana per poi sospenderla pochi secondi dopo. Dal 2017 la Catalogna è cambiata. Bobo Craxi ripercorre questi anni attraverso una raccolta di articoli, arricchita dalla prefazione di Steven Forti[1]. Partendo dal clima da guerra civile che si respirava nei giorni seguenti il referendum del 1° ottobre 2017, Craxi propone una profonda e appassionata riflessione sullo sviluppo della questione catalana.
Dalle elezioni del dicembre 2017, passando per il processo e l’indulto ai leader indipendentisti[2], la distensione attuata dal governo socialista di Pedro Sánchez, il nuovo governo catalano guidato da Esquerra Republicana[3] fino ad arrivare all’arresto sardo di Puidgemont la scorsa estate. Nuove Lettere da Barcellona ci restituisce l’immagine del cambiamento di un conflitto politico e sociale che ha scosso l’Europa. In una terra, parole sue, patria del surrealismo. 

Le Nuove Lettere partono dai tempi concitati del post-referendum. Cosa è cambiato in questi cinque anni? La frattura della società catalana è ancora ampia?

“Tutti i periodi che seguono fasi traumatiche tendono a smussare gli angoli perché la popolazione ha visto realmente quello che sarebbe potuto accadere di peggio. Da un lato, la parte più legata alla Spagna sente il pericolo scampato, dall’altra il blocco indipendentista sente la frustrazione di un obiettivo mancato. L’ondata epica dell’indipendentismo è durata dieci anni e oggi c’è un riflusso generato dalla frustrazione, dal fatto che una forma di dialogo è stato avviato e che siamo in una fase politica, mondiale ed europea, totalmente diversa. Basti pensare agli esiti della pandemia che in qualche modo modificano anche le priorità dei popoli. Dal punto di vista politico non è cambiato sostanzialmente nulla. Permane un forte radicamento dell’indipendentismo e dei partiti indipendentisti che governano la Catalogna. A differenza di prima, cercano di non perdere almeno l’autonomia. L’aspetto paradossale del referendum del 1° ottobre è che cercando l’indipendenza persero l’autonomia, con l’applicazione del famigerato articolo 155. Da un lato, la risposta poliziesca dello Stato spagnolo faceva già presagire la sua reazione contundente. Dall’altra, ci fu la completa e lampante impreparazione della cupola indipendentista, senza un vero piano di sviluppo di cosa sarebbe stata l’indipendenza, di come si sarebbe dovuto costruire il nuovo Stato. È chiaro che avendo rifiutato il conflitto armato, si sono ritrovati necessariamente a fare i conti con la legge. La Costituzione non poteva che essere applicata. Non prepararono mai uno sbocco realistico. Mi sono sempre meravigliato di questo. Del fatto che essendoci una parte della Catalogna che effettivamente anelava l’indipendenza ci fosse superficialità della gestione di questa complessa operazione. Ora i catalani sono stati isolati nel contesto europeo e internazionale perché nessuno considera che quella della Catalogna sia la storia di una popolazione oppressa. Questo è il punto su cui non hanno riflettuto a sufficienza. Per quanto esista un’identità storica molto sviluppata. Oggi il problema è come rendere compatibile questa identità diversa in un sistema in cui non viene violata la loro identità e loro non si sentano incomodi in una casa più grande. Tutto questo può essere fatto solo tramite un processo di federalizzazione della Stato spagnolo.”

È giunto forse il momento di pensare a un processo di federalizzazione della Spagna?

“Questo processo di federalismo non può essere applicato perché l’unità della Spagna è rappresentata dalla Corona. Nonostante sia una Corona in crisi. Ho sempre sostenuto che questa ondata indipendentista avrebbe messo in difficoltà la Corona, purtroppo però c’è stata anche una reazione politica e popolare della società spagnola. Non a caso è nato un movimento ultranazionalista come Vox. Questa generazione di catalani probabilmente non vedrà l’indipendenza anche se l’investimento che è stato fatto sul piano dell’educazione nazionale promuoverà nei prossimi anni il ritorno al tentativo di secessione. Lo si può contenere o governare attraverso una nuova forma dello Stato. Questo non so se gli spagnoli sono in grado di farlo. La spagnolizzazione della Catalogna non la vedo possibile. Neppure un ritorno coatto della Catalogna nelle grinfie della Spagna. Vedo una capacità di evidenziare che Madrid e Barcellona sono un’endiadi, una cosa che non può esistere senza l’altra. L’antico dilemma latino nec tecum vivere possum, nec sine te (ride, ndr).”

Quello che spicca è l’azione politica del Partito Socialista spagnolo (PSOE) che ha sempre ricercato una soluzione politica. Quanti sono i meriti del PSOE nel raffreddamento della crisi catalana dal 2017 ad oggi?

“Il Partito Socialista ha il compito di non violare il patto costituzionale. Sa bene cosa cova sotto la cenere del popolo spagnolo.  La fuoriuscita dal regime franchista non fu indolore. Implementare la democrazia non è stato semplice per il PSOE. La Catalogna, in cambio di una serie di vantaggi, quali l’autonomia, la propria lingua, la propria forza armata, si mantenne sempre legata al governo centrale. Fu proprio un socialista, Pasqual Maragall, a cercare di chiudere il rischio di secessione con il nuovo Statuto di Autonomia. Gli indipendentisti rivendicano che la Costituzione assegnò alle autonomie locali una forma di parità e questo per me fu un errore. Infatti, parte considerevole delle ragioni dell’indipendentismo risiede nel fatto che i catalani pagano i conti degli spagnoli, il grosso delle tasse. Il grosso del prodotto interno lordo spagnolo è costituito dalla ricchezza catalana. E questo è stato vissuto come una forma di sopruso. Come in Lombardia si diceva “Roma ladrona”, lì si diceva “España nos roba”. Con la crisi del 2008 parte il treno dell’indipendentismo ma in realtà è una rivolta fiscale. Non c’è nessuna oppressione. I socialisti hanno tentato di riassorbire la questione catalana, anche perché il partito socialista catalano (PSC) è sempre stato fortemente autonomista. Con l’avvento dell’indipendentismo, il PSC ha dovuto svolgere una funzione di coordinamento tra il mantenimento dell’unità spagnola e prevenire l’uscita della Catalogna dall’Europa.”

L’obiettivo dichiarato di Esquerra Republicana oggi è un referendum di autodeterminazione sul modello scozzese. Quanto è fattibile un tale progetto?

“Non è fattibile. Lo Stato spagnolo non è in condizione di poter dare un’indipendenza alla Catalogna. Il referendum verrà dato quando ci sarà la certezza che lo Stato spagnolo non avrà nessun timore di perderlo e quando sarà possibile dare anche più di un quesito. Non un’alternativa secca ma anche una terza opzione, come quella di uno stato federale, che è quello a cui gli indipendentisti possono puntare in prospettiva, secondo me. La stessa Corona potrebbe avere interesse nel dare una visione moderna delle istituzioni e della società spagnola. Questo però non può che passare da una fase di pacificazione sociale, cioè di attenuazione delle ragioni della separazione e di spinta verso un processo duraturo. Ciò che deve cessare è la frattura sociale. Ad esempio, costituire un governo in cui facessero parte sia partiti indipendentisti che unionisti non affievolirebbe le ragioni dell’indipendentismo ma le renderebbe compatibili con un tratto di strada da percorrere insieme. Tuttavia, il problema dei leader indipendentisti è che parlano soltanto alla loro base. Non si può non avere l’accortezza del fatto che sul piano numerico la partita sarà inevitabilmente persa. Aldilà degli aspetti grotteschi, come il fatto che Puidgemont può girare libero per tutta Europa ma non può rientrare in Spagna, vi è mancanza di realismo politico. Non è un caso, infatti, che il fronte indipendentista si stia dividendo. Un governo tra l’estrema sinistra e la destra borghese conservatrice, tra l’erede della CiU e la CUP, non è compatibile con la gestione dell’ordinaria amministrazione. Finché rimane l’ispirazione comune puoi costituire un fronte comune ma dopo dieci anni persino questo fronte finisce per veder venire meno le sue ragioni. Specie se dall’altra parte non hai più l’ottusa versione nazionalista borbonica ma hai uno dei governi più progressista d’Europa, quello PSOE-Podemos, pronto al dialogo. Il massimo sforzo secondo me è stato raggiunto. Non vorrei che diventassero figure tragiche. Sono persone a cui riconosco una fortissima dimensione civile e passione reale. Però, tolta l’epica dell’indipendentismo di piazza, dove volevano andare? La propaganda populistica perde di peso perché l’obiettivo politico non è stato raggiunto. Dispiace perché seguirà un senso di frustrazione che, attenzione, può generare rabbia e la rabbia genera la violenza. Io, personalmente, sono per il maggior numero di concessioni, per un quadro di larga autonomia spinto fino ai confini del federalismo. Maggiori saranno le concessioni di Madrid, soprattutto sul lato economico, minori saranno le possibilità che gli indipendentisti catalani possano riguadagnare terreno. Lo stato spagnolo deve riconoscere la peculiarità della Catalogna all’interno della Spagna europea e democratica.”


Note

[1] Pancatalanismo, le elezioni catalane, la crisi politica spagnola e le proteste del caso Hasel: intervista a Steven Forti, marzo 2021, Opinio Juris www.opiniojuris.it/pancatalanismo-le-elezioni-catalane-la-crisi-politica-spagnola-e-le-proteste-del-caso-hasel-intervista-a-steven-forti/.
[2] La Spagna concede l’indulto agli indipendentisti catalani incarcerati, luglio 2021, Opinio Juris www.opiniojuris.it/la-spagna-concede-lindulto-agli-indipendentisti-catalani-incarcerati/.
[3] Il nuovo governo indipendentista catalano, giugno 2021, Opinio Juris www.opiniojuris.it/il-nuovo-governo-indipendentista-catalano/.


Foto copertina:copertina libro