Onorevoli Colleghi! Meloni in Aula sul Consiglio Europeo


Ha riferito mercoledì alle Camere il Presidente del Consiglio Meloni, in vista del Consiglio Europeo di Bruxelles. Molti i temi affrontati: dalle migrazioni, alla guerra in Ucraina, dal piano Mattei alla cooperazione con l’Unione Africana, dalla riforma della Governance economica al MES, dai rapporti con la Cina ai Balcani occidentali. Una Premier che ha dato battaglia in sede di replica alle opposizioni che hanno criticato diversi passaggi del suo discorso.   


La tutela dell’interesse nazionale, questa la direzione che Giorgia Meloni intende seguire durante il Consiglio Europeo che si apre oggi a Bruxelles. Le opposizioni non risparmiano le critiche sulla riforma del diritto d’asilo, sul MES e sulle valutazioni rivolte dal Presidente del Consiglio alla BCE. Obiezioni alle quali Giorgia Meloni ha risposto punto su punto, criticata però da alcuni parlamentari di minoranza per il tono, troppo da comizio. Nel pomeriggio, al Senato, Matteo Renzi (Italia Viva) sottolinea i toni tenuti, “che talvolta scendono un po’ più nel campo dello scontro politico, in alcuni casi anche della propaganda e direi del dibattito da talk show”. Uno “scontro” a intensità media tra Meloni e le opposizioni, che dà comunque il senso generale dell’azione di governo: il clima è cambiato.

Migrazioni

Un nuovo approccio, rivendica la Premier, rispetto al dossier migranti che “mira a superare la storica contrapposizione tra movimenti primari e movimenti secondari e tra Paesi di primo arrivo e Paesi di destinazione”. Non più solamente ridistribuzione di chi arriva in Europa, obiettivo perseguito da tutti i governi precedenti ma che ha dato pochissimi frutti, bensì il tentativo di porre all’attenzione degli Stati membri la necessità di tutelare le frontiere esterne e fare in modo che ci sia un nuovo interesse per i paesi di partenza e transito. Maggiore attenzione alla sponda Sud del Mediterraneo, quindi, anche attraverso quel “Piano Mattei per l’Africa” che dovrebbe vedere la luce in autunno: migliorare e garantire lo sviluppo economico e sociale di quei paesi, inaugurando una nuova stagione di cooperazione allo sviluppo “da pari a pari” e non, dice Meloni, volto allo sfruttamento e al depauperamento delle risorse. Si tratta di un obiettivo ambizioso e che sicuramente non darà frutti in tempi rapidi, che dovrà affrontare la duplice sfida di riuscire a coinvolgere l’unico soggetto in grado di poter effettivamente fare una differenza dal punto di vista della possibilità di spesa, l’UE (e quindi i governi degli Stati membri), e dall’altro quello di riuscire ad individuare una linea di intervento comune che vada oltre gli interessi tradizionali di parte con un respiro europeo di lungo periodo.
Giorgia Meloni ha fatto accenno anche al nuovo accordo raggiunto in sede Giustizia e Affari Interni (GAI) a inizio giugno, volto al superamento del regolamento di Dublino[1]. Un regolamento, questo, che è stato fortemente criticato a più riprese da tutto l’arco parlamentare a partire dall’inizio della crisi migratoria del 2013 e che aveva creato un cortocircuito nella gestione degli arrivi, evidenziando la mancanza di un effettivo sistema solidaristico nella gestione dei flussi. Sebbene si tratti di un accordo che sta muovendo i suoi primi passi nel percorso di approvazione, la Premier ha sottolineato come, secondo il governo, si stia andando nella giusta direzione: “si rendono le responsabilità per i Paesi di primo ingresso più sostenibili, [si] valorizza il concetto di Paese terzo sicuro, si prevede un meccanismo di solidarietà permanente e vincolante, pur con gli elementi di flessibilità nei suoi contenuti”. Un cambio di passo in generale nella strategia del governo italiano: non più i ricollocamenti, bensì il blocco delle partenze. La soddisfazione dell’esecutivo è stata criticata da diversi esponenti delle opposizioni (sia alla Camera, sia al Senato) che hanno sottolineato come la proposta, se non adeguatamente modificata, rischierebbe persino di aggravare la posizione dei paesi di primo approdo.

Ucraina e sicurezza

Spazio è stato anche dedicato al tema dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina. Pur non entrando nel dettaglio degli ultimi sviluppi interni alla Russia, Meloni ha ribadito il convinto sostegno a Kiev e la scelta di campo atlantica. Com’era prevedibile, sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, sul tema il confronto più acceso si è sviluppato con il Movimento 5 Stelle che, notoriamente, ha posizioni fortemente critiche nei confronti dell’invio di ulteriori aiuti militari, vedendoli come un primo passo nella direzione di una pericolosa escalation.
Alle obiezioni grilline la Premier ha ribadito che “l’unico elemento che può costringere in un conflitto le parti a mettersi intorno a un tavolo è l’equilibrio delle forze in campo, lo stallo […] Se non avessimo sostenuto gli ucraini, non avremmo avuto la pace, bensì un’invasione”. Su questa linea la Premier ha confermato il sostegno al mantenimento del principio dell’integrità territoriale, nonché il sostegno all’azione di persecuzione dei crimini internazionali commessi, “attraverso il lavoro indipendente della Corte penale internazionale”. Nonostante le fibrillazioni che si sono registrate nei mesi scorsi all’interno della maggioranza sul tema del sostegno alla difesa di Kiev, il timone è saldamente nelle mani del Presidente del Consiglio che ha confermato la direzione fin qui tenuta.

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Economia

Anche su MES e riforma della Governance economica europea c’è stato un vivo confronto con le opposizioni. Il tema della ratifica del trattato di riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità è al centro del dibattito politico-parlamentare già da diversi mesi e venerdì 30 giugno, le proposte di legge di ratifica dovrebbero arrivare in aula per la discussione generale ed essere votate a partire da giovedì 6 luglio. È nota la posizione della maggioranza (in particolare Lega e Fratelli d’Italia) che attorno al MES ha costruito per diversi anni, anche in campagna elettorale, un recinto di sicurezza. In aula la Premier ha confermato la sua contrarietà all’ipotesi di una ratifica in tempi brevi anzi, pur ribadendo di non voler alimentare una polemica interna, ha sostenuto la volontà di perseguire un approccio “a pacchetto”: la ratifica deve essere inserita all’interno di un contesto di riforma più generale, che abbracci l’unione bancaria e la modifica del patto di stabilità. La ratifica del MES, dunque, come un grimaldello per ottenere concessione dai partner europei su altri dossier. Se la maggioranza fa scudo attorno a Giorgia Meloni, probabilmente anche per ragioni di equilibri interni, le opposizioni si muovono verso l’offensiva.
Giuseppe Conte (M5S) attacca: “siete così incapaci di prendere una decisione sul punto che il rappresentante del Governo e i parlamentari tutti di maggioranza, l’altro giorno, hanno disertato il voto in Commissione affari esteri. State offrendo uno spettacolo indecoroso per le istituzioni di Governo, il vostro patriottismo si sta colorando di imbarazzato indecisionismo”.
Di “fuga” parla anche Laura Boldrini dai banchi del Partito Democratico riferendosi all’assenza in commissione, la scorsa settimana, di Governo e Maggioranza al momento di votare il mandato al relatore a riferire in Aula. Ettore Rosato (IV), dal canto, suo ricorda al Governo la relazione presentata dal MEF che si è mosso in direzione opposta rispetto alle posizioni tenute in questi mesi in materia. Da Più Europa Benedetto della Vedova parla di “ricattino” e presagisce che alla fine il Governo sarà costretto a ratificarlo, andando a infrangere anni di retorica negativa sul tema.
Contestata anche la BCE in merito alla decisione di innalzare i tassi che “non appare agli occhi di molti la strada più corretta da perseguire, considerato che nei nostri Paesi l’aumento generalizzato dei prezzi non è figlio di una economia che cresce troppo velocemente, ma di fattori endogeni, primo fra tutti, la crisi energetica”.
È nuovamente Benedetto Della Vedova che denuncia “l’attacco all’indipendenza” di Francoforte, accusa rimandata al mittente da Meloni che rivendica “il diritto a valutare le decisioni che vengono prese”.

Allargamento e Cina

In tema di allargamento oltre al sostegno all’ingresso dell’Ucraina (e della Moldova) nell’UE, Giorgia Meloni lancia un monito rispetto ai percorsi di adesione già in atto, che ha forse il fine di riposizionare l’Italia e rendere Roma interlocutrice privilegiata per quei paesi che sono da tanti anni alle porte dell’Europa: “dobbiamo assicurare il rispetto delle regole per tutti, evitando percorsi prioritari a favore dei nuovi candidati, a discapito dei vecchi, e mi riferisco in particolare […] ai Balcani occidentali”.
Sulla Cina, infine, l’approccio è duplice: al riconoscimento dell’interdipendenza delle economie europee e cinese, si accompagna il riconoscimento che “la Cina è a tutt’oggi un rivale sistemico e chiama l’UE ad essere, […] ferma nella difesa dei propri valori e dell’ordine internazionale […] e pragmatica nel perseguimento dei propri interessi economici”.


Note

[1] Regolamento UE 604/2013, detto Dublino III che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.


Foto copertina: Meloni in Aula sul Consiglio Europeo