Più di un secolo dal genocidio armeno


Durante la Prima guerra mondiale l’Impero ottomano, schieratosi nel novembre del 1914 a fianco della Germania, fu responsabile di uno dei più terribili genocidi della storia perpetrato ai danni della comunità armena residente nei territori dell’Impero. Il diritto alla memoria ed alla verità della comunità armena nel mondo.


A cura di Alice Stillone*

Durante la Prima guerra mondiale l’Impero ottomano, schieratosi nel novembre del 1914 a fianco della Germania, fu responsabile di uno dei più terribili genocidi della storia perpetrato ai danni della comunità armena residente nei territori dell’Impero. Dopo aver deposto il sultano Abdülhamid II, a partire dal 1909 i Giovani Turchi si posero alla guida dell’Impero tramite un solido esecutivo riunitosi nel c.d. “triumvirato”, composto da tre figure principali: Mehmed Tal’at Pascià (ministro dell’Interno), Enver Pasha (ministro della guerra) e Cemal Pasha (ministro della Marina).
Tra le tante comunità religiose non musulmane residenti nell’Impero, quella cristiana degli armeni contava circa tre milioni di persone, situate principalmente nell’area sud-orientale della penisola anatolica ed in alcune zone al confine con il Caucaso e la Persia. Sin da quando ottenne il potere, il movimento dei Giovani Turchi aveva fatto propria l’ideologia del Panturanesimo, che insisteva sui concetti di razza ed etnia da cui derivavano l’idea di un conflitto inevitabile tra il mondo turco ed il suo nemico storico, l’Occidente cristiano, e la rappresentazione della comunità armena come uno dei principali ostacoli per la creazione di una nazione turca omogenea dal punto di vista etnico e religioso[1].
L’esordio del genocidio armeno viene generalmente individuato nel 24 aprile del 1915. Tuttavia è doveroso ricordare che anche prima di tale data si verificarono alcuni episodi che lasciarono presagire l’adozione di ulteriori provvedimenti del governo ottomano contro la comunità cristiana residente nell’Impero.
Si ricorda a titolo esemplificativo la sollevazione di Van, città dell’Impero, in cui a seguito delle continue vessazioni da parte del governo di Cevdet Bey, (cognato di Enver Pasha), si verificò una rivolta da parte della comunità armena. Il governo ottomano interpretò l’episodio della ribellione e la successiva occupazione di Van da parte russa come una dimostrazione del fatto che la comunità armena intendesse schierarsi con il nemico zarista.
Da qui, nel marzo 1915, la decisione del governo di deportare gli armeni e di individuare in tale soluzione l’unico rimedio per ovviare al problema della comunità armena, responsabile, (secondo i perpetratori del crimine), dello schieramento a fianco del nemico[2].
A partire dal 24 aprile 1915, con una direttiva del ministero dell’Interno, il governo ottomano ordinò l’arresto degli esponenti delle classi sociali più elevate della comunità armena e, a seguito di ciò, nel corso di in un solo mese, vennero adottate una serie di misure governative contro gli armeni della regione della Cilicia[3].
In particolare, Il 27 maggio 1915 il governo turco emanò la “Legge temporanea di deportazione” che permetteva alle autorità militari di procedere al trasferimento coatto della popolazione armena, seguita il 10 giugno dello stesso anno dalla “Legge temporanea di espropriazione e confisca” la quale prevedeva il sequestro da parte del governo dei beni deportati e la loro successiva vendita[4].
Si stima che nel biennio considerato persero la vita circa un milione o un milione e mezzo di armeni: gli uomini vennero incarcerati o uccisi mentre le donne, i bambini e gli anziani furono costretti ad emigrare verso regioni dell’attuale Siria e Iraq nei campi di detenzione. Durante la marcia molti di essi furono oggetto di stupri, rapimenti e mutilazioni da parte dei soldati ottomani e delle truppe irregolari, mentre molti altri morirono di fame e sete[5].
Il genocidio armeno è uno dei più grandi crimini contro l’umanità commessi nel XX secolo. Inoltre la maggior parte dei giuristi e degli storici concorda nel definire l’accaduto come genocidio – sebbene sia assente una pronuncia di un tribunale internazionale.
Il crimine di genocidio attualmente è definito dall’art. II della Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio delle Nazioni Unite del 1948, la quale identifica come genocidio le seguenti condotte: uccisione di membri del gruppo; lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; sottoposizione deliberata del gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; imposizione di misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro. Il crimine deve essere inoltre compiuto con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale [6].
Dalla definizione si evince pertanto come, a differenza degli altri crimini contro l’umanità, il genocidio necessiti, per essere accertato, sia di una componente materiale (il c.d. elemento oggettivo o actus reus), sia dell’intenzionalità di distruzione del gruppo protetto (il c.d. elemento soggettivo o mens rea).
La convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio del 1948 non trova applicazione retroattiva, e pertanto non può essere invocata in riferimento ai massacri compiuti nei confronti degli armeni nel 1915-16. Ciononostante, i parametri forniti dalla Convenzione possono essere impiegati al fine della qualificazione dei massacri come genocidio, dal momento che, dalle evidenze storiche e fattuali disponibili, si possono evincere i due elementi costitutivi del crimine: quello oggettivo consistente nelle uccisioni, nelle deportazioni e nelle violenze subite dagli armeni, e quello soggettivo, consistente nell’intenzionalità del governo ottomano di procedere allo sterminio della comunità cristiana nell’Impero.


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La mancanza di una pronuncia giudiziale da parte di un tribunale internazionale che riconosca l’avvenuto genocidio rende tuttavia la questione della qualificazione dei massacri più complessa. Infatti la Turchia, Stato successore dell’Impero ottomano, tutt’oggi non è intenzionata a riconoscere il genocidio armeno, rifiutandosi categoricamente di rilevare l’intento del governo ottomano di distruzione della comunità armena.
Poiché i sopravvissuti al genocidio armeno sono ormai defunti, ai discendenti delle vittime non rimane che vedere onorato il diritto alla memoria ed alla verità storica, così come stabiliti ai sensi del Rapporto della Commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite dell’8 febbraio 2005 [7].
In questo quadro, tuttavia, visto l’insorgere di teorie e condotte negazioniste e la scarsa criminalizzazione di queste ultime a livello statale, non sembra che tali diritti vengano adeguatamente tutelati. Eppure onorare la verità, conservare la memoria e abbandonare le posizioni negazioniste, è un primo passo per far in modo che un nuovo genocidio non avvenga in futuro, nonché l’unica effettiva tutela per i discendenti delle vittime.


Note

[1] Cfr. D.C. Leotta, Il Genocidio nel diritto penale internazionale, Torino, 2013, pp. 37-38.
[2] Cfr. M. Moriggi, Il genocidio degli armeni cit., p. 7.
[3] Cfr. D. Bloxham, The Armenian Genocide of 1915-1916: Cumulative Radicalization and the Development of a Destruction Policy, in Past & Present Oxford Academic, 2003, p. 141.
[4] Cfr. E. Pistoia, Una questione di identità. La lite turco-armena sul nome “genocidio” per i massacri del 1915-1916, in F. Lattanzi (a cura di), Genocidio. Conoscere e ricordare per prevenire, Roma, 2020, p. 110.
[5] Cfr. D. Bloxham, The Armenian Genocide of 1915-1916: Cumulative Radicalization and the Development of a Destruction Policy cit., p. 141-142.
[6] Cfr. Convenzione sulla prevenzione e la repressione del Crimine di genocidio, NU, 1948, art. II.
[7] Cfr. Economic and Social Council, 8 February 2005, Report of the independent expert to update the Set of principles to combat impunity, Diane Orentlicher. Doc E/CN.4/2005/102/Add.1.


*Alice Stillone ha ottenuto una laurea triennale in Sviluppo Economico e Cooperazione Internazionale presso l’Università degli Studi di Palermo nell’ottobre 2019, ed una laurea magistrale in Relazioni Internazionali e Diplomazia presso l’Università degli Studi di Padova nel febbraio 2022.

Foto copertina: genocidio armeno Regione di Aleppo, donna armena inginocchiata vicino al corpo del figlio (tra il 1915 e il 1919) © Library of Congress, American Memory.