Dopo il rinvio di aprile a causa del Covid, il prossimo 25 ottobre i cileni saranno chiamati alle urne per il referendum sulla modifica della Costituzione voluta da Pinochet in vigore dal 1980.
L’11 settembre 1980, i cileni, tra i quali non mi annovero perché in quel momento non esistevo, dovettero recarsi alle urne per approvare o respingere la costituzione proposta dal dittatore Augusto Pinochet, legge fondamentale che prevale in Cile ancora oggi.
Oggi, come quattro decenni fa, i cittadini sono stati nuovamente convocati, o meglio ci siamo auto-convocati, per un plebiscito costituzionale. Se in passato il referendum si consultava sull’attuazione della Costituzione del 1980, oggi può significare la sua abrogazione.
Infatti, dal momento che dobbiamo scegliere tra l’opzione “Approvo”, che significa avviare un processo costitutivo per dettare una nuova regola fondamentale, o l’opzione “Rifiuto”, che cerca di mantenere in vigore la lettera redatta dalla dittatura. In questo modo, il 25 ottobre, il Cile vivrà un momento storico, in cui dovrà decidere il modello di società e di sistema politico che vuole per il suo futuro.
Pertanto i cittadini non dovranno affrontare un semplice voto, ma una decisione che segnerà la propria vita e quella dei propri discendenti, come fecero i miei nonni e i miei genitori nel 1980, anche se, non potevano decidere nulla sul futuro che mi ha accompagnato durante i miei 34 anni. Ma per arrivare a questo momento ci sono voluti anni e, perché non dirlo, vite. Come abbiamo discusso in un numero precedente di questa rivista, a partire dal 18 ottobre 2019, si sono svolte varie proteste in Cile, che sostanzialmente si sono occupate di una serie diversificata di questioni sociali e politiche, tra cui l’alto costo vita, pensioni basse, scarsa qualità dell’istruzione, prezzi elevati per cure mediche e farmaci e il discredito dell’élite politica e imprenditoriale. Tuttavia, queste richieste sembrarono presto condensarsi in una: una nuova costituzione per il Cile.
Lo slogan di una nuova costituzione concessa in democrazia non è nuovo ed è stato ascoltato in massa per la prima volta nel 2011, durante le proteste guidate dagli studenti dell’istruzione superiore per l’alto costo di questa.
Per questo motivo, l’ex presidente Michelle Bachelet ha chiesto un processo costituente che in seguito, il presidente Sebastián Piñera ha tenuto in un cassetto della sua scrivania non appena ha assunto il suo secondo mandato nel 2018. Ma dopo le proteste dello scorso ottobre, Piñera ha ceduto sotto la pressione dei cittadini che sono scesi in piazza chiedendo una nuova costituzione, motivo per cui ho sottolineato che ci siamo auto-convocati questo plebiscito, è stato necessario avviare un nuovo processo costituzionale in Cile. Così, il 15 novembre 2019, i leader dei principali partiti rappresentati al Congresso, compresi quelli che hanno fortemente sostenuto la dittatura di Pinochet e la sua conseguente istituzionalità, hanno deciso di convocare il plebiscito che si terrà il prossimo ottobre, ma originariamente programmato per lo scorso aprile ed è stato sospeso a causa della pandemia che sta vivendo il mondo.
Ma perché la richiesta di una nuova costituzione sembra condensare tutte le richieste che sono sorte molti anni fa ma che sono state fortemente esposte a partire dall’ottobre 2019?
Perché una nuova istituzionalità risolverebbe i problemi che affliggono gran parte della società cilena?
La risposta, curiosamente, non è data dall’eventuale futura costituzione, ma da quella attuale. In questo modo, nelle righe seguenti, affronterò il motivo per cui l’attuale costituzione che governa il Cile dovrebbe essere sostituita.
Il peccato originale
L’attuale costituzione cilena ha un peccato di origine in quanto è stata concessa dopo un plebiscito fraudolento, senza registri o un corpo elettorale indipendente e il paese è in stato d’assedio. A ciò si aggiunge l’impossibilità dell’opposizione a Pinochet alla campagna elettorale, salvo un solo atto da lui compiuto e che ha avuto come portavoce l’ex presidente della Democrazia Cristiana Eduardo Frei Montalva, assassinato due anni dopo da agenti della dittatura. Ma il peccato non sta solo nel processo di plebiscito attraverso il quale è stato approvato, ma anche in chi lo ha redatto, una commissione di giuristi nominata dalle autorità militari e, naturalmente, senza alcuna partecipazione cittadina.
Pertanto, non sorprende che la “Commissione Ortúzar”, il nome dato a quel gruppo di giuristi, abbia elaborato una legge fondamentale secondo il concetto di democrazia che Pinochet e il Consiglio di amministrazione, quest’ultimo composto dai capi della forze armate e polizia, aveva dato: una Democrazia protetta e autoritaria.
La nuova democrazia si contrapponeva alla democrazia liberale e dava un ruolo preponderante alle Forze Armate, assegnando loro il ruolo di garanti dell’istituzionalità. Il nuovo ruolo, del tutto inconcepibile per una democrazia dell’ultimo terzo del XX secolo, in cui il potere delle armi deve essere soggetto al potere civile, si manifestava in precetti costituzionali e legali che stabilivano, tra l’altro, l’immobilità dei capi di governo. Forze Armate e Carabineros, la nomina di senatori istituzionali da ciascuno dei rami della Difesa Nazionale, la possibilità che Pinochet subentrasse come senatore a vita, domanda che fece nel 1998, e persino la nomina di rappresentanti delle Forze Armate in il National Television Council, l’organismo di regolamentazione di detti mass media. In questo modo, anche in democrazia, i militari sarebbero presenti nelle principali decisioni politiche del Paese.
Sfortunatamente, quando Pinochet lasciò il potere nel 1990, i nuovi governanti non poterono sostituire la Costituzione e questa fu solo parzialmente riformata nel 2005, ponendo fine a parte del quadro autoritario, come le suddette istituzioni. Quanto sopra, per gli impedimenti che erano stati stabiliti nella stessa legge suprema e che esamineremo di seguito.
In questo modo, nonostante il fatto che tutti i paesi sudamericani abbiano delle costituzioni concesse in democrazia, come l’Argentina, che ha sostanzialmente modificato la sua Carta del 1853 nel 1994, il Brasile nel 1988, la Bolivia nel 2009, la Colombia nel 1991, l’Ecuador nel 2008, Paraguay nel 1992, Perù nel 1993, Uruguay, che ha modificato la sua carta del 1967, la riforma più importante è stata nel 1996, e infine il Venezuela, che anche se attualmente vive un regime discutibile in termini di carattere democratico, la sua costituzione risale al 2000, data In quanto non c’erano domande del genere, il Cile mantiene ancora una costituzione nata sotto un regime dittatoriale.
Un gioco sporco
Ma come si dice: il perdono è divino. In questo senso, l’origine di questo non può essere utilizzato per sostenere la sua illegittimità al momento. In tal caso, sia il Giappone che la Germania dovrebbero cambiare le loro costituzioni, emanate rispettivamente nel 1946 e nel 1949, poiché furono imposte dai vincitori della seconda guerra mondiale, che a quel tempo occupavano militarmente quei paesi. Ciò di cui dobbiamo occuparci è il suo contenuto, il suo standard democratico e il suo rapporto con i cittadini. Tuttavia, anche quando si dimentica l’origine della Costituzione del 1980, come accadde con la precedente del 1925, anch’essa nata da un processo discutibile, ma che ha acquisito legittimità negli anni, non possiamo considerarla una norma fondamentale. Possa essere conforme alla democrazia a cui aspirano molti cileni.
Questo perché, come ha sostenuto lo studioso costituzionale Fernando Atria, la Costituzione del 1980 è una “Costituzione complicata”. E questo è stato riconosciuto dal suo principale ideologo e membro della “Commissione Ortúzar”, l’avvocato Jaime Guzmán Errázuriz, che ha sottolineato che la Costituzione dovrebbe essere tale che, “se gli avversari vengono a governare, sono costretti a seguire un’azione non così diversa da quello che si vorrebbe desiderare, perché – vale la metafora – la gamma di alternative che il campo di fatto impone a chi ci gioca è abbastanza piccola da rendere estremamente difficile il contrario. Con ciò, una delle principali figure della destra cilena definisce essenzialmente cosa sia la Costituzione del 1980, una carta che impedisce di attuare programmi, politiche pubbliche o riforme. Chiaramente, una costituzione che non consente il gioco democratico in cui possono essere attuate le politiche che i cittadini hanno scelto.
In questo modo, come sostiene Atria, il problema costituzionale è che le disposizioni dell’attuale Costituzione, che non sono state modificate dalla riforma del 2005 portata avanti dal presidente socialista Ricardo Lagos, contengono serrature che impediscono il gioco democratico. Anche se dal 1990 ad oggi molti di questi sono stati eliminati, altri rimangono in vigore e protetti da una “grande serratura”.
Allo stato attuale restano almeno due blocchi: quorum rafforzati superiori alla maggioranza per l’approvazione di alcune leggi e una giurisdizione “preventiva” della Corte Costituzionale. Quanto alla prima serratura, si è manifestata in più occasioni durante i 30 anni di regime “democratico”.
Tuttavia, ai fini di queste righe, prenderemo solo un caso: la discussione della Legge sull’istruzione superiore, che consentiva la libera università in Cile e che doveva essere concordata con i settori dell’opposizione durante il governo di Michelle Bachelet, perché per la sua approvazione richiesta 4/7 dei parlamentari in carica.
Tuttavia, nonostante il primo blocco sia stato superato, ne è rimasto un altro: la competenza “preventiva” della Corte Costituzionale, che consente a detto organo, fungendo come una sorta di “terza camera”, di dichiarare incostituzionale una certa norma nonostante sia stato approvato dal Congresso democraticamente eletto. E così è accaduto quando detto, il tribunale ha dichiarato incostituzionale il precetto della legge che proibiva il profitto nell’istruzione superiore cilena, uno dei tanti aspetti introdotti dalle riforme neoliberiste portate avanti dai Chicago Boys, come gli economisti che hanno studiato a l’Università di Chicago, sotto l’ala di Milton Friedman e che ha implementato l’attuale modello economico in Cile.
Ma non è stata l’unica volta in cui la giustizia costituzionale cilena ha impedito la promulgazione di una legge validamente approvata dal Congresso. Qualcosa di simile è accaduto con la legge che conferiva poteri di vigilanza e sanzionatori al Servizio Nazionale Consumatori (SERNAC), cosa che avrebbe certamente permesso di porre fine a molti degli abusi commessi da grandi conglomerati commerciali contro i consumatori. Questi poteri sono stati inoltre dichiarati incostituzionali, motivo per cui non hanno potuto essere attuati.
Tuttavia, queste serrature sono protette da una “grande serratura” che è l’alto quorum richiesto per riformare la Costituzione e che, viste le pressioni cittadine provocate a partire da ottobre, è stato superato per avviare l’attuale processo costituente. Ma ciò non è accaduto fino a quando, sfortunatamente, il Cile non era “in fiamme”. Detto quorum stabilisce il 60 o il 66%, a seconda dei casi, dei parlamentari in carica per riformare la Costituzione. Una maggioranza che dà alla destra, minoranza al Congresso da quando è tornata la democrazia nel 1990, un potere di veto. Questa “grande serratura” è stata chiaramente evidenziata l’8 gennaio 2020, quando il Senato ha respinto la riforma costituzionale che cercava di dichiarare l’acqua un bene per uso pubblico. Sebbene coloro che hanno sostenuto l’iniziativa avessero 24 voti, hanno perso contro i 12 senatori di destra che hanno votato contro. Pertanto, per realizzare la riforma, sono stati necessari 29 voti. In questo modo, chi ha raddoppiato i voti a chi si è opposto, ha finito per perdere il voto. Qualcosa di almeno paradossale.
Una costituzione neoliberista
Ma il Cile non solo ha una costituzione che, con le sue trappole, impedisce il gioco democratico, ma ha anche una carta che rende impossibile qualsiasi cambiamento nel modello economico. Sebbene sia una caratteristica che i testi costituzionali promulgati dopo la seconda guerra mondiale incorporino precetti di natura economica, occorre fare una distinzione. In questo senso, ci sono fondamentalmente due modelli di costituzione. Da un lato quelli che sono “neutri” e che non determinano neppure le linee fondamentali del modello economico e, dall’altra, quelli che contengono una “costituzione economica”. Tra questi ultimi si distingue a sua volta, tra quelli che contengono solo i principi che devono essere rispettati quando si procede all’organizzazione della realtà economica; e altri, che optano per e definiscono esplicitamente un modello economico specifico. Questo è il caso della nostra costituzione.
La “costituzione economica” nella Costituzione del 1980 è composta da una serie di precetti che, direttamente o indirettamente, cercano di consolidare una struttura economica basata sulla libertà economica, la non discriminazione, i diritti di proprietà e una presunta neutralità tecnica degli organi di Stato con concorrenza economica. In relazione a ciò, il dottore in giurisprudenza e politica sociale dell’Università della California, Carl Bauer, ha sottolineato che “il Cile è un esempio pionieristico non solo della prospettiva neoliberista nella progettazione istituzionale, ma dell’approccio della” Scuola di Chicago “Di diritto e istituzioni”.
In questo modo, la nostra Magna Carta contiene disposizioni che rendono possibile (e anche impediscono la riforma), l’attuale sistema economico di cui dispone il nostro Paese. Una di queste disposizioni è il principio di libertà della società contenuto nell’articolo 19 n. 12 del codice politico, che consente l’esercizio di qualsiasi tipo di attività per agenti privati. Altre disposizioni sono quelle che sanciscono il principio di sussidiarietà e che, legate a quella precedente, riducono il ruolo dello Stato a mero agente sussidiario dell’iniziativa economica. Ciò è stato riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale, stabilendo che i soggetti privati sono veri sostituti dello Stato, ad esempio, nel dovere di garantire il diritto alla tutela della salute: “Gli individui non possono solo assistere lo Stato nel loro dovere garantire il diritto fondamentale alla tutela della salute, che è in piena sintonia con il principio di sussidiarietà riconosciuto dalla Carta fondamentale, ma anche che gli Isapres, così facendo nei confronti dei propri affiliati, si pongono un aereo analogo a quello del suo proprietario originario, lo Stato ”.
Un ultimo esempio è la tutela del diritto privato all’uso dell’acqua sancita dall’articolo 19 n. 24 della Carta fondamentale. Quanto precede, “ignora delle acque il suo status di bene nazionale per uso pubblico saggiamente sancito nella tradizione romana e raccolto dall’articolo 595 del Codice Civile sin dall’inizio della nostra istituzionalità giuridica. Lì si dichiara che i fiumi e le acque che scorrono attraverso i canali naturali sono patrimonio nazionale ad uso pubblico”.
Sebbene il codice dell’acqua riconosca che le acque sono un bene nazionale per uso pubblico, tale riconoscimento è solo retorico poiché il diritto di utilizzarle è privato.
Ma oltre a quanto sopra, i principi enunciati generano anche che il potere regolamentare dello Stato è ridotto nell’attuale quadro istituzionale cileno, tutto questo nonostante gli ultimi episodi di collusione tra settori privati dell’economia abbiano reso evidente che il La capacità di autoregolamentazione del mercato non è più sufficiente per rispondere alle nuove esigenze imposte dal modello economico stesso. E torno all’esempio sopra citato in relazione alla riduzione dei poteri di vigilanza subita dal Servizio Nazionale Consumatori (SERNAC), dalla Corte Costituzionale, nell’ambito della redazione della legge che appunto gli ha conferito nuovi poteri di convertirlo in ente con maggiori poteri.
Conclusione: un altro modello o una riforma dell’attuale è possibile solo con un’altra costituzione
Quanto precede rivela perché il Cile richiede un nuovo quadro istituzionale. Sebbene, come sottolineano i sostenitori dell’opzione “Rifiuta”, il solo fatto di avere una nuova costituzione non risolverà i problemi attualmente affrontati dalla società cilena, senza una nuova lettera non c’è soluzione possibile, perché proprio quella attuale rende impossibili tali cambiamenti. Se vogliamo che i consumatori abbiano una difesa reale ed efficace o che lo Stato si faccia carico di aspetti quali la salute e la sicurezza sociale, non essendo un ente con capacità ridotte e allo stesso livello degli agenti privati, dobbiamo sostituire la nostra attuale costituzione per uno che non contiene trappole o opta per un particolare modello economico.