Tra 800.000 e il milione di persone hanno perso la vita tra l’aprile e il luglio 1994. Un tempo brevissimo, mentre ci sono voluti nove anni per condannare i direttori di Radio Télévision Libre des Milles Collines (RTLM). Nel 2003 è stato riconosciuto il ruolo della radio nel genocidio, il pensiero comune è che sia stato fondamentale nel provocare il massacro.
La strumentalizzazione delle differenze tra hutu e tutsi, basata sulle presunte differenti origini delle due etnie e dei loro ruoli svolti all’interno della società, hanno portato sin dall’indipendenza del Paese, nel 1962, a scontri e massacri. La fuga dal Ruanda e l’esilio nei Paesi confinanti era l’unica via di salvezza per i tutsi ma anche per gli hutu moderati che non condividevano le ideologie d’odio trasmesse dai canali ufficiali. Nel 1988 alcuni rifugiati tutsi fondarono il Fronte Patriottico Ruandese per prendere il potere in Ruanda, attraverso il loro braccio armato, seminando terrore tra la popolazione ruandese.
Il precursore: Radio Rwanda e il massacro di Bugesera
Da sempre i principali canali d’informazione ruandesi erano in mano e sostenuti da governo centrale che a sua volta ha sempre più supportato le parole contro i tutsi, a causa soprattutto del timore degli attacchi dell’FPR che non era nuovo a colpire obiettivi civili e personaggi politici. Nel settore dell’informazione, prima di Radio Télévision Libre des Milles Collines RTLM, la faceva da padrone Radio Rwanda, saldamente in mano ai poteri forti ruandesi e gestita da Ferdinand Nahimana, intellettuale estremista che manipolando l’opinione pubblica fu considerato responsabile dei massacri nella regione di Bugesera in cui centinaia di tutsi persero la vita. Nel 1992 con la sua autorizzazione, l’emittente diffuse l’informazione che i capi hutu della regione fossero obiettivi del FPR, notizia che si rivelò falsa e costruita ad hoc per fomentare l’odio e azioni violente nei confronti dei tutsi della regione. A causa del suo ruolo e della pressione internazionale, il capo di stato ruandese Habyarimana sarà costretto a licenziare Nahimana, il quale nel 1993 fonderà Radio Télévision Libre de Milles Collines (da qui RTLM), emittente radiofonica a cui è stato riconosciuto il ruolo fondamentale dell’incitamento al genocidio del 1994. Se all’inizio i toni erano mediamente moderati, sempre di più nel corso del tempo si andarono a delineare toni estremisti nei confronti della parte tutsi della società, fino all’incitamento senza filtri all’eliminazione dei “Tutsi cockroach”. Con l’abbattimento dell’aereo presidenziale il 6 aprile 1994 iniziarono i massacri e l’attività di propaganda di RTLM si fece sempre più martellante. Testimoni e sopravvissuti affermano inoltre che mesi prima e durante il genocidio la diffusione di apparecchi radio si è estesa in tutto il Paese, quando fino agli anni prima era un privilegio dei ceti sociali più abbienti.
Il Tribunale speciale per il Ruanda condanna i direttori di Radio Télévision Libre des Milles Collines
Se negli ultimi anni siamo sempre consapevoli che i mezzi di comunicazione, dalla televisione a Telegram possono essere utilizzati in modo distorto, questo non è un fenomeno nuovo. L’evoluzione dei media ha fornito alla propaganda un utilissimo strumento per la manipolazione delle coscienze e la diffusione di sentimenti di odio. RTML è stato un esempio eclatante di come un mezzo di comunicazione abbia fomentato odio nei confronti della popolazione tutsi fino all’istigazione al genocidio, attraverso la manipolazione delle informazioni. Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, in quello che verrà chiamato “Media Case” ha presentato infatti oltre ai casi di incitamento diretto e pubblico anche quello attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione. Per la prima volta dopo i processi di Norimberga, i media, o meglio le persone che li incarnavano sono stati processati e condannati per le condotte avute prima e durante il genocidio avvenuto tra l’aprile e il luglio 1994. Il primo ad essere condannato sarà Georges Ruggiu, cittadino belga che durante le trasmissioni incitò apertamente il massacro dei civili tutsi. A seguire Ferdinand Nahimana e Jean Bosco Barayagwiza furono condannati in quanto direttori della radio e responsabili diretti dei messaggi che venivano trasmessi e condannati il 3 dicembre 2003 con l’accusa, tra le varie imputate, di incitamento diretto e pubblico al genocidio.
Strategie, toni e contenuti utilizzati
Due tecniche sono state utilizzate per avere una campagna propagandistica vincente: il primo è la costruzione di eventi a sostegno della propaganda, la seconda è “Accusation in the mirror” che consiste nell’accusare l’oppositore di atti che in realtà la propria parte sta compiendo o pianificando. Entrambe le strategie hanno l’obiettivo di persuadere le persone, in questo caso gli ascoltatori di sentirsi minacciati e di conseguenza di agire in qualsiasi modo per tutelarsi. Quest’ultima sarà la tecnica utilizzata per far scattare il massacro di Bugesera del 1992. Il tono conviviale e informale utilizzato nelle trasmissioni di RTML ha contribuito ad aumentare la sua audience. L’interattività con il pubblico senza moderatori e controllo delle informazioni ricevute, la possibilità degli ascoltatori di esprimere le loro opinioni senza filtri ha dato vita ad una cassa di risonanza per lo sterminio dei tutsi. Durante le violenze i contenuti utilizzati per fomentare l’odio spaziavano dalla presunta natura degli hutu, considerati bantu, e tutsi, assimilati ai nilotici.[1] Da questo punto sono poi derivate altre argomentazioni che hanno portato avanti la propaganda d’odio, tra cui quella che l’infiltrazione dei tutsi in Ruanda, soprattutto nel settore economico, ma anche con i matrimoni misti, aveva l’obiettivo di sterminare gli hutu e riprendersi quel potere che avevano durante il passato coloniale. Se da una parte con queste affermazioni hanno reso l’idea che tutsi fossero dei nemici, dall’altra parte i maestri della propaganda sono anche riusciti a creare un sentimento di unione e solidarietà tra gli hutu basato su queste false notizie, che hanno alimentato la paura e spinto ai massacri.
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Note
[1] Ad oggi non ci sono ancora studi antropologici che affermano che le due etnie abbiano origini diverse.
Foto copertina: Memoriale delle vittime del genocidio a Kigali in Ruanda. Yasuyoshi CHIBA / AFP