In Repubblica Centrafricana la SUCAF RCA (Sucrerie africaine de Centrafrique), filiale del gruppo francese Castel, è stata accusata di aver tessuto tra il 2014 e il 2021 relazioni con le milizie che operano nel Paese africano per garantire la sicurezza delle sue attività. Il rapporto di The Sentry denuncia l’accordo tacito della società con il gruppo armato Unité pour la paix en Centrafrique (UPC).
La storia del Groupe Castel in Africa
Il Gruppo Castel nasce in Francia e diventa leader nel settore vinicolo attraverso l’acquisizione di vigneti, case produttrici e reti commerciali per la distribuzione del prodotto. L’esportazione del vino aprirà il mercato africano al gruppo che, nel corso degli anni, si specializzerà nella produzione in loco di birra, bevande gassate, zucchero e oli vegetali attraverso il controllo e l’acquisizione delle aziende radicate nei diversi stati africani.
Brevemente, nel 1965 in seguito all’incontro con l’allora presidente del Gabon Léon Mba, che cercava di avviare un’attività di produzione di birra, Castel fonderà la Société des brasseries du Gabon (Sobraga), la prima di una lunga serie di aziende che verranno costruite nel Paese. Negli anni gli investimenti cresceranno e il gruppo riuscirà ad imporsi in Repubblica Democratica del Congo, Centrafrica e Mali. Il 1990 è l’anno della grande svolta, Castel acquisisce la Brasseries et glacières internationales (BGI)[1], atto che consacrerà il suo monopolio nella produzione di birra e bevande gassate nell’Africa occidentale. Negli anni l’impero continuerà a crescere e ad espandersi in Africa centrale e Nordafrica, fondando partenariati con i più grandi al mondo quali Carlsberg, Heineken e Coca-Cola. Tra le varie società sotto il cappello della Castel c’è lo zuccherificio SUCAF RCA, al centro dello scandalo. La fabbrica in questione è della Société d’Organisation de Management et de Développement des Industries Alimentaires et Agricoles (SOMDIAA) che ha sede a Parigi ed è controllata all’87% dalla Castel.
La seconda guerra civile in Repubblica Centrafricana[2]
Il contesto in cui avviene l’accordo è quello del secondo conflitto civile che si accende nel dicembre 2012 quando la Séléka, un insieme di gruppi armati, occuperà il territorio a nord di Bangui, compresa la prefettura di Ouaka, sede dello zuccherificio in questione. Sia la fabbrica che i campi di canna da zucchero poco lontani cadono nelle mani del gruppo armato che uccide due persone e ne ferisce nove durane il sequestro. Per evitare il saccheggio dell’impianto durante la chiusura, una fonte interna ha riferito che già all’epoca la fabbrica versava moneta alla Séléka, sostenendo anche che si trattasse di una pratica molto utilizzata in quel periodo da varie aziende, imprese ed industrie straniere.
Nel marzo 2013 il capo di Séléka, Michel Djotodia diventa presidente ad interim della nazione e SUCAF RCA riesce a negoziare con il nuovo esecutivo l’apertura in sicurezza del suo impianto. Nel frattempo si installano nel Paese la missione francese Sangaris e l’onusiana MINUSCA.
Tra il 2014 e il 2015 la Séléka si scinde in più gruppi tra cui l’UPC che controllerà sin da subito la prefettura di Ouaka. Il Paese è nel caos e l’UPC sarà protagonista di atti brutali nei confronti della popolazione civile, condannati dalle Nazioni Unite come crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ali Darassa, capo della milizia, sarà uno dei nomi che ricorrerà spesso negli accordi segreti con SUCAF RCA. Nel corso degli anni le relazioni tra lo zuccherificio e l’UPC si svilupperanno fino a concludersi nel marzo 2021.
Il rapporto di “The Sentry”[3]
The Sentry pubblica il rapporto dopo anni di indagini denunciando questo tacito accordo negoziato nel 2014 tra la controllata SUCAF RCA e l’UPC. Si legge nel rapporto che il gruppo armato avrebbe messo in sicurezza l’impianto di produzione e i campi di canna da zucchero della società, garantendo inoltre la circolazione sulle principali arterie necessarie all’approvvigionamento dello zuccherificio.
In cambio i ribelli avrebbero ottenuto pagamenti in contanti, forniture di carburante e assistenza per la manutenzione dei loro veicoli, gli stessi utilizzati per compiere massacri e crimini nel Paese. La società attraverso i rapporti con la milizia avrebbe in seguito anche monopolizzato la distribuzione dello zucchero all’interno del Paese, attraverso il sequestro della materia prima di contrabbando proveniente dal Sudan da parte delle milizie che diventavano così degli agenti doganieri paralleli a quelli ufficiali.
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Il Gruppo Castel nella sua discrezione, si pensi che non è nemmeno quotata in borsa e non ci sono documenti ufficiali che certifichino il suo organigramma, ha annunciato l’apertura di un’indagine interna per chiarire cosa sia successo. È alquanto bizzarro che il gruppo non fosse a conoscenza della situazione di pericolo nel Paese e degli accordi della sua filiale con gruppi ribelli pubblicamente accusati di crimini atroci. L’episodio più famoso risale al 2018 e si tratta del massacro di Alindao, piccola città a poco meno di 100km dall’impianto della SUCAF RCA, in cui 112 civili inermi furono uccisi dalle forze dell’UPC.[4]
Note
Per leggere il rapporto completo (disponibile in lingua inglese e francese): https://thesentry.org/reports/cultivating-atrocities
[1] È la vecchia Brasseries et glacières d’Indochine
[2] https://www.opiniojuris.it/repubblica-centrafricana-guerra/
[3] ONG americana investigativa che tra le attività segue i flussi illeciti di denaro nelle zone di conflitto.
[4] https://peacekeeping.un.org/en/minusca-publishes-results-of-its-investigations-15-november-2018-attack-idp-camp-alindao
Foto copertina: Un contadino lavora in un campo di canna da zucchero a Ngakobo, 400 km a est di Bangui, il 5 giugno 2014 (AFP / Archives / stephane jourdain)