Riceviamo e pubblichiamo la replica di Elvin Ashrafzade Primo Segretario dell’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian nella Repubblica Italiana all’articolo “Quale futuro per gli armeni del Karabakh?” pubblicato il 24 aprile.
Spett.le Direttore,
scrivo la presente, di cui chiediamo gentile pubblicazione, in risposta all’articolo “Quale futuro per gli armeni del Karabakh?”, del 24 aprile.
Purtroppo il testo dell’articolo è completamente in contrasto sia con i fatti relativi al passato conflitto tra Azerbaigian e Armenia, che con la nuova situazione emersa dopo la conclusione dello stesso.
Mi rammarica che la figura spirituale, alle cui parole si fa riferimento, sia in contraddizione con la sua missione, che richiederebbe di dire la verità, parlando in nome di Dio, ed invece accentua la disinformazione contro l’Azerbaigian, non aiutando in nessun modo il sensibile processo di normalizzazione e pacificazione dell’area.
Innanzi tutto vorrei ricordare che il passato conflitto del Nagorno Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian è iniziato nel 1988, quando l’Armenia ha avviato rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian, e ciò ha portato successivamente all’occupazione del 20% del territorio azerbaigiano riconosciuto internazionalmente, alla pulizia etnica contro oltre 1 milione di azerbaigiani espulsi dalle proprie terre storiche, ai crimini di guerra e al genocidio di Khojaly contro i civili azerbaigiani. Se l’Armenia non avesse intrapreso questi passi contro l’Azerbaigian, avremmo assistito per quasi trenta anni a un quadro completamente diverso non solo in Armenia, ma nell’intero Caucaso meridionale, dal punto di vista della stabilità, cooperazione e sviluppo. Questa politica dell’Armenia ha portato al suo isolamento da tutti i progetti regionali, l’ha fatta diventare uno dei paesi più poveri, arretrati e indebitati del mondo, così come ha causato molti danni e tragedie sia al popolo armeno che a quello azerbaigiano. I documenti adottati da molte organizzazioni internazionali, comprese quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e le negoziazioni che si sono svolte per circa tre decenni, non hanno fatto sì che l’Armenia comprendesse la realtà e rinunciasse alla sua aggressione militare nei confronti dell’Azerbaigian.
Grazie ai 44 giorni di Guerra Patriottica del novembre 2020, l’Azerbaigian ha ripristinato la sua integrità territoriale, liberando i territori che erano sotto occupazione e portando all’implementazione della documentazione internazionale, tra cui le quattro risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che erano rimaste ignorate dall’Armenia per circa 30 anni. Abbiamo voltato pagina, permettendo di avviare una normalizzazione dell’area e di poter programmare per il futuro il ritorno a casa dei profughi interni azerbaigiani. I territori liberati sono stati trovati in uno stato di profonda distruzione commessa dall’Armenia durante gli anni di occupazione: rasi al suolo e oltraggiati i nostri monumenti, così come gli edifici pubblici e civili. Vastissima la presenza di mine, disseminate dalle forze dell’Armenia, e che ancora continuano ad uccidere civili innocenti. Ma ciò nonostante, i lavori di ricostruzione procedono poderosi, grazie all’amore che l’Azerbaigian ha per queste terre. E’ di questi giorni la notizia che l’Armenia ha accettato i cinque principi, proposti dall’Azerbaigian, che prevedono una reale pacificazione, attraverso la firma di un trattato di pace e con la delimitazione dei confini di stato e l’apertura delle vie di comunicazione.
In Armenia ancora oggi c’è chi, con azioni di revanscismo e provocazioni continue, cerca di ostacolare il processo di pace. Sembra evidente che le forze che sottostanno a tali azioni o non vogliono comprendere che è emersa una nuova realtà post conflitto nell’area, da cui l’Armenia stessa potrebbe beneficiare, oppure è nel loro interesse che l’Armenia rimanga un paese instabile, povero, emarginato e tagliato fuori da tutti i progetti regionali.
Crediamo che, proprio in contrasto con le forze sopra citate, sia compito della stampa osservare e raccontare i processi positivi in corso nella regione, permettendo ai lettori di conoscere la reale situazione e la verità su quanto sta accadendo. Cordialmente,
Elvin Ashrafzade
Primo Segretario dell’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian nella Repubblica Italiana