Mediterranean Dialogues 2020

Giunto alla sua sesta edizione, il Rome MED – Mediterranean Dialogues – è un forum annuale promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in partnership con ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) a partire dal 2015. 


MED2020 riunisce leader politici e personalities allo scopo di analizzare gli aspetti cruciali della politica regionale e le relazioni tra i paesi del Mediterraneo.

I dialogues hanno lo scopo di condividere idee e proporre soluzioni innovative alle sfide che i paesi delle due sponde del mare sono chiamati ad affrontare a livello regionale ed internazionale, promuovendo una agenda politica ispirata dal principio del dialogo e della cooperazione multilaterale.

Il programma di questo MED2020, in programma dal 25/11 al 04/12, toccherà quattro materie che rappresentano le sfide per la stabilità e prosperità del Mediterraneo, con una attenzione particolare agli effetti del Covid: Shared Security, Shared Prosperity, Migration, Civil society, culture and media.[1]

Opening session – 1° Giorno 25/11

I lavori sono aperti da Giampiero Massolo, Presidente ISPI e il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio.
Il Ministro Di Maio, ricordando il 25esimo anniversario della Convenzione di Barcellona[2], sottolinea l’importanza della cooperazione tra i paesi del Mediterraneo per garantire stabilità e prosperità di tutti.
Le sfide che gli attori regionali sono chiamati ad affrontare, Sicurezza, gestione del fenomeno migratorio, gestione delle risorse energetiche, sviluppo sostenibile e gestione della pandemia, necessitano di soluzioni condivise, raggiungibili attraverso la collaborazione tra i paesi.

Il Ministro pone l’accento sui rischi derivanti da una eccessiva frammentazione e polarizzazione degli interessi nazionali, sulla competizione energetica e geopolitica, invitando le nazioni ad evitare azioni unilaterali, che potrebbero destabilizzare ulteriormente la regione. Chiaro il riferimento all’assertività di Ankara.

Il Ministro esprime la soddisfazione dell’Italia per l’accordo di cessate il fuoco permanente in Libia, raggiunti lo scorso 23 ottobre, ed esprime il sostegno italiano alla stabilizzazione politica del paese.
Accolti favorevolmente anche gli accordi di Abramo, primo passo verso la normalizzazione dei rapporti arabo-israeliani.

C’è spazio anche per temi quali Cooperazione NATO nel Mediterraneo, Cooperazione economica nell’area MENA (Middle East and North Africa), Sviluppo sostenibile, accesso ai vaccini, maggior impegno Ue nel Mediterraneo. 

Child protection in armed conflict: Establishing a Mediterranean dialogue on the rights of the child

Gli interventi tra gli altri di Marina Sereni, Vice-Ministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazinale; Virginia Gamba, Special Representative of the UN Secretary General for Children and Armed Conflict; Francesco Rocca, President of the International Federation of Red Cross and Red Crescent;

Si è discusso in particolare di temi come: l’uccisione di bambini in teatri di guerra; il reclutamento di bambini da parte di forze armate e gruppi armati; Scuole ed ospedali sempre più obiettivi di attacchi militari; Maggiore cooperazione istituzionale per migliorare le condizioni di vita dei bambini ospitati nei Campi rifugiati, garantendo supporto sanitario, psicologico.

Religions Forum – Human Fraternity and Inclusive Citizenship

Il Panel è introdotto da Emanuela Del Re, Vice-Ministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Intervengono tra gli altri, Hassan Nadhem, Ministro della Cultura, Iraq; Paul Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede; Miguel Angel Moratinos, Alto Rappresentante, United Nations Alliance of Civilizations (UNAOC);
Si è discusso del ruolo delle religioni nelle relazioni internazionali, sulla necessità di promuovere il dialogo basato su principi di unità, cooperazione e tolleranza.

Sottolineato l’impegno dell’Italia nel promuovere cooperazione multilaterale e azioni bilaterali volte alla tutela delle minoranze, lotta alla discriminazione basata su minoranza religiosa.

26/11 – 2° giorno

 

Barcelona +25: Cities in the Euro-Mediterranean Partnership

Souad Abderrahim, Mayor of Tunis; Ada Colau, Mayor of Barcelona; Dario Nardella, Mayor of Florence; President, Eurocities; Michèle Rubirola, Mayor of Marseille; Yousef Shawarbeh, Mayor of Amman; Tunç Soyer, Mayor of İzmir

Si è discusso di temi quali, rinnovare la cooperazione euro-mediterranea attraverso un maggior coinvolgimento delle città, municipalità ed enti locali, che grazie alla loro vicinanza alle comunità possono giocare un ruolo importante nello sviluppo socio-economico dell’area Euro-mediterranea.

Rispetto della diversità, multiculturalità, inclusione sociale, maggiore integrazione di migranti e refugees, turismo sostenibile, ma anche cambiamenti climatici, migrazione climatica, green economy e digital transition sono alcune delle principali sfide che la Euro-Mediterranean Partnership sarà chiamata ad affrontare.

Il Sindaco Nardella ha inoltre ricordato il ruolo centrale svolto da città ed enti locali, in cooperazione con lo Stato centrale, nella gestione della pandemia e nella gestione di servizi e risorse, aggiungendo come le città possano fornire un contributo concreto nelle relazioni diplomatiche dell’area mediterranea.

Intervista

Anwar Gargash, Ministro degli Affari Esteri, Emirati Arabi Uniti UAE; a cura di Monica Maggioni, Giornalista RAI e Marc Perelman di FRANCE24.

Il Ministro Gargash ha affrontato temi cruciali come la normalizzazione dei rapporti bilaterali con Israele, attraverso gli Accordi di Abramo, i quali, a discapito delle critiche mosse da parti del mondo arabo, rappresentano una nuova opportunità per istituire un processo di pace nella regione, che non può non coinvolgere i palestinesi.

Afferma che l’impegno dell’amministrazione Trump è risultato essenziale per raggiungere tali accordi, confidando sul fatto che l’amministrazione Biden supporterà e porterà avanti tale processo di normalizzazione.

Gargash ha inoltre affrontato il tema delle attività destabilizzanti condotte da Erdoğan nel Mediterraneo, sottolineando che è necessario abbandonare populismi, estremismi e sogni imperialistici per avviare un vero processo di cooperazione. Attraverso il rispetto della sovranità altrui, del principio di non ingerenza nelle questioni di altri stati, attraverso il dialogo basato su comuni interessi economici, sarà possibile perseguire stabilità e prosperità per tutta l’area del Mediterraneo.

Il Ministro ha infine parlato del processo di stabilizzazione politica in Libia, supportato dagli UAE; della persistente minaccia del terrorismo estremista, Al-Qaeda e Daesh, del necessario coinvolgimento di Washington per la lotta al terrorismo e nei processi di pace nella regione e della situazione politica in Yemen, auspicando che i partiti politici si impegnino al fine di trovare un compromesso e dare il via ad un processo politico di stabilizzazione.

Ready to Reset? New Migration Partnership for a post-pandemic Mediterranean

Il panel ha visto gli interventi di Luciana Lamorgese, Ministro degli Interni; Ylva Johansson, Commissario agli Affari Interni, Commissione Europea; António Vitorino, Direttore Generale, International Organization for Migration (IOM); Evarist Bartolo, Ministro degli Esteri e degli Affari Europei, Malta; FathiAli Abdul SalamBashagha, Ministro degli Interni, Governo di Accordo Nazionale (GNA), Libia.

I temi principali affrontati in questo panel riguardano principalmente la questione della gestione dei flussi migratori da parte di tutti gli attori interessati da tale fenomeno e di entrambe le sponde del Mediterraneo.

La Ministra Lamorgese avverte del rischio di un incremento delle migrazioni irregolari come effetto della crisi economica e pandemica, che colpisce duramente tanto i paesi d’origine quanto quelli di transito e di destinazione, contribuendo ad acuire le preesistenti difficoltà nella gestione del fenomeno migratorio da parte di istituzioni comunitarie e governi nazionali. Fa appello, inoltre, ad una maggiore attenzione dell’Ue sul sistema dei rimpatri, attraverso accordi bilaterali con i paesi d’origine.

Risulta necessario creare e intensificare partenariati con i paesi africani in tema di lotta al traffico di esseri umani, promozione della migrazione regolare, supporto economico europeo per eliminare le cause delle migrazioni economiche, garantendo migliori condizioni di vita nei paesi d’origine. Inoltre, è necessario finanziare il deficit dei paesi africani, attraverso cancellazioni dei debiti e garantire investimenti in settori chiave come le infrastrutture.

Il Commissario Ue, Ylva Johansso, annuncia l’impegno dell’Unione nel contrasto all’immigrazione irregolare. Un maggior impegno in sicurezza e controllo delle frontiere europee, nell’incentivare canali regolari per i flussi migratori, nella necessità di trovare soluzioni condivise ai problemi strutturali della gestione europea degli asili[3], partendo dalla nuova iniziativa della Commissione Ue, “New Pact on Asylum and Migration[4].

Si è discusso, altresì, della necessità di una più stretta cooperazione di Ue, Nazioni Unite, Unione Africana nella gestione del fenomeno migratorio; sulla necessità di fornire alla Libia strumenti e risorse per poter affrontare la gestione dei rimpatri e promuovere una cooperazione interafricana.

Intervista 

Riyad Al Malki, Ministro degli Affari Esteri, Palestina; a cura di Lucia Goracci, giornalista RAI e Hugh Lovatt dell’European Council of Foreign Relations (ECFR)

Il Ministro palestinese, in merito alla situazione della pandemia, ha dichiarato che la prima ondata ha messo a dura prova il già fragile sistema sanitario palestinese, comportando altresì un ingente danno al settore commerciale e alle esportazioni. Un grandissimo danno per l’economia palestinese che dipende prevalentemente da tale settore.

Si è discusso degli Accordi di Abramo e dei rapporti con gli stati arabi che hanno accettato tali accordi, Emirati Arabi Uniti in particolare. Il Ministro ha dichiarato che la Palestina, come la maggioranza degli stati arabi, non riconosce tali accordi. Tali accordi, aggiunge, sono frutto di interessi politici della amministrazione Trump e di Netanyahu ed accettati soltanto dagli Emirati Arabi.

Ha inoltre dichiarato che le autorità palestinesi hanno interrotto tutti i contatti con l’Amministrazione Trump negli ultimi tre anni, ricordando il riconoscimento statunitense agli insediamenti abusivi israeliani in territorio palestinese, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e lo spostamento dell’Ambasciata US. Tuttavia, ha espresso soddisfazione per l’elezione di Biden, dichiarando che il Presidente Abbās si è congratulato telefonicamente con il Presidente eletto.

La Palestina, aggiunge, è pronta a riprendere i negoziati con Israele per una normalizzazione dei rapporti, sulla base della two-states solution, sul rispetto del diritto internazionale e sul ritiro israeliano dai territori occupati. Ha aggiunto poi, che non ci saranno limitazioni nei rapporti con gli stati arabi se questi ultimi supporteranno la causa palestinese a livello internazionale.

Infine, ha dichiarato l’impegno del Presidente Abbās a dichiarare nuove elezioni politiche, sottolineando il mancato appoggio di Hamas. Le autorità palestinesi hanno chiesto all’Unione Europea supporto finanziario e l’invio di osservatori per garantire elezioni libere e democratiche, cercando di rassicurare Hamas sul fatto che non ci saranno interferenze da parte di attori stranieri.

27/11 – 3° giorno

Cooperation Forum – The health-nutrition-agriculture Nexus in the Mediterranean

In occasione del G20, di cui l’Italia assumerà la presidenza nel 2021 per la prima volta nella sua storia a partire dal 1° dicembre, i paesi più industrializzati del pianeta saranno chiamati ad affrontare questioni che interessano il benessere e la salute dell’intera comunità internazionale. La crisi pandemica ha reso più urgente la necessità di individuare un progetto politico multilaterale che integri salute, alimentazione ed agricoltura sostenibile.

In particolare, sempre più ricerche sottolineano la stretta correlazione tra la proliferazione di virus e la degradazione degli ecosistemi, con rischi sempre maggiori per animali, piante ed esseri umani, a causa di modelli di consumo non sostenibili.

Partendo dagli obiettivi dell’agenda UN 2030, attraverso l’iniziativa “One Health approach”, si propone di promuovere una cooperazione internazionale multisettoriale, comprendente progetti di sviluppo in campo ecologico, agricolo, sanitario, con particolare attenzione al benessere di animali, piante; lotta alla malnutrizione; accesso alle cure; di un modello di sviluppo economico eco-sostenibile.

Importanti le parole del Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo MAECI, Giorgio Marrapodi, il quale ha ricordato che, più dell’80% delle persone che vivono in condizione di povertà estrema si trovano in aree rurali. Inoltre, ha aggiunto che la promozione della salute e della agricoltura sostenibile sono di fondamentale importanza per la lotta alla povertà.

Interventi: Bing Zhao, Direttore, Smallholder and Food Systems Support, World Food Programme (WFP); Monique Eloit, Direttore Generale, World Organisation for Animal Health (OIE); Marcela Villarreal, Direttore, Partnerships and UN Collaboration Division, Food and Agriculture Organization (FAO); Ayoub Al Jawaldeh, Regional Advisor Nutrition for the Eastern Mediterranean, EMRO, World Health Organization (WHO), Stefano Scarpetta, Direttore, Employment, Labour and Social Affairs, Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD)

Turning Crisis into opportunity:Fostering a Sustainable Recoveryfor the Future

Gli effetti negativi del Covid-19 su economia, mercato del lavoro e politiche sociali dei paesi mediterranei, sono sempre più visibili. Secondo le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale IMF, le economie dell’area MENA saranno colpite da una contrattura del 4,7%, in seguito alle misure di contenimento del contagio messe in campo dai governi.

Tra i temi principali del dibattito rientrano, gli effetti della pandemia sui tassi di disoccupazione nell’area MENA; le misure adottate dai governi per mitigare gli effetti della pandemia su industria, commercio, ma anche politiche di sostegno alle fasce più colpite dalla crisi economica, alla inclusione di giovani e donne nel mercato del lavoro. Nel mondo, a causa della pandemia, sono stati persi otre 400 milioni di posti di lavoro, secondo Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro ILO, il quale avverte che la risoluzione della crisi sanitaria risulta essere la precondizione necessaria per la individuazione di soluzioni in campo socio-economico.

Accolta positivamente l’agenda politica individuata durante il summit del G20 a Riyadh, in Arabia Saudita, alla quale dovranno seguire azioni concrete. L’obiettivo è quello di ripensare il sistema economico e le strutture economiche regionali, attraverso maggiore resilienza, flessibilità, sostenibilità, maggiore inclusione e coesione sociale, innovazione, digital revolution, sviluppo sostenibile. 

Si è richiamata l’attenzione sulla difficoltà per molti studenti dell’area MENA, di seguire corsi scolastici o universitari a causa di strumenti digitali inadeguati, sottolineando la necessità di maggiori investimenti per migliorare la connettività delle aree rurali.

Inoltre, Jeffrey Schlagenhauf, Vice-Segretario Generale, Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD), ha sottolineato gli effetti negativi della crisi sulle donne, con l’aumento di rischi legati alla violenza domestica e disoccupazione; e sui giovani, chiamati in futuro ad affrontare durissime sfide in termini di istruzione, occupazione e reddito.

Tuttavia, la crisi sanitaria che ha mostrato i limiti delle economie regionali, ha altresì aperto la strada a nuove opportunità. Hamad bin Sulaiman Al Bazai, Vice-Ministro delle Finanze dell’Arabia Saudita, ha dichiarato che la crisi pandemica, che ha messo in crisi il settore petrolifero, ha permesso al governo saudita di pianificare misure volte al potenziamento di altri settori dell’economia, come turismo e IT.

30/11 – 4° giorno

Youth Forum – Addressing the Youth Challenge. How to Avoid a Lost Generation in the Mediterranean

MED2020 ospita la seconda edizione della “Youth Forum Contest – Ideas and Project at Work”, promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ed ISPI, in collaborazione con la Rappresentanza italiana della Commissione Europea, il Boston Consulting Group, l’European Training Foundation e OECD (Organization for Economic Co-operation and Development).

La pandemia ha colpito trasversalmente tutti gli aspetti che caratterizzano la nostra società, causando crisi sanitarie, economiche e sociali. Concentrando l’attenzione sugli effetti che tale crisi ha ed avrà sule giovani generazioni, le quali dovranno convivere con tali effetti per lungo periodo, il Contest si pone l’obiettivo di stimolare le potenzialità e l’inventiva di giovani partecipanti, i quali presentano progetti innovativi, volti a promuovere sviluppo e cooperazione nell’area MENA.

Il Contest è strutturato in due gruppi tematici: Culture and Civil society (Cultura ed Istruzione; Società civile; Salute) e Business and New Economic Models (Occupazione e Business; Food and Water Security; Sviluppo Urbano).

Due i vincitori, nei rispettivi gruppi, a cui è stato riconosciuto un premio di € 2,500. Tra essi il giovane ricercatore Roberto Renino, nostro collaboratore, che ha presentato il suo progetto sulla food security per la popolazione libanese.

Beyond the Shock: Rethinking the Energy Industry after Covid-19

Sono Intervenuti: Tarek el-Molla, Ministro del Petrolio a delle Risorse Minerarie, Egitto; Ihsan Abdul Jabbar Ismail, Ministro del Petrolio, Iraq e Direttore Generale, Basra Oil Company; Joseph McMonigle, Secretary General, International Energy Forum (IEF).

Il Covid-19 ha causato una contrazione economica che, in seguito alle misure di lockdown messe in atto in quasi tutti i paesi del globo, ha trascinato molti settori verso una seria crisi economica. In particolare, il settore energetico risulta essere quello maggiormente colpito dalla crisi, a causa di un repentino crollo della domanda di petrolio, causando ingenti danni alle economie maggiormente dipendenti dalla produzione ed esportazione di idrocarburi, come Arabia Saudita, Iraq ed altri paesi del Golfo.

A ciò si aggiunge la volontà politica di molti paesi dell’area MENA, in linea con l’agenda delle Nazioni Unite 2030 e con il Green New Deal Europeo, ad accelerare lo sviluppo di tecnologie energetiche rinnovabili e il processo di decarbonizzazione. A ciò si aggiunga l’impegno politico assunto dal neoeletto Presidente Joe Biden, il quale ha espresso l’intenzione della nuova amministrazione di riconfermare l’adesione agli accordi di Parigi.

La concorrenza delle energie alternative come l’idrogeno, così come la crescente domanda di gas naturale LNG, rappresenterà una ulteriore sfida per il futuro del settore degli idrocarburi.

Per quanto riguarda il medio periodo, sono state analizzate le misure economiche messe in campo dai vari membri dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio OPEC, per rispondere al drastico della domanda mondiale di petrolio, comportando la recente decisione di ridurre l’offerta, ciò nel tentativo di tenere sotto controllo il prezzo. Secondo il Ministro egiziano, Tarek el-Molla, la possibilità di disporre di vaccini nel prossimo futuro, potrebbe aiutare il settore degli idrocarburi a tornare ai livelli pre-crisi entro la fine del 2021, confidando sull’aumento della domanda di petrolio in relazione alla ripresa del settore turistico e delle compagnie aeree, le quali rappresentano il 10% della domanda globale di petrolio.

Nel dibattito c’è stato spazio anche per il ruolo dell’Egitto nell’EastMed Forum che, in cooperazione con Israele, Cipro ed Italia, provvederà all’esportazione di gas naturale LNG verso il continente europeo. Il gasdotto, oltre che rappresentare una via alternativa per l’approvvigionamento energetico dell’Unione Europea, potrebbe rappresentare uno strumento per rafforzare la cooperazione nella regione, finalizzato a garantire la sicurezza energetica del Mediterraneo.

Il Ministro el-Molla ha aggiunto che il progetto ha ricevuto il supporto di IMF e World Bank ed ha espresso l’auspicio che grandi paesi come USA e Francia possano aderire al Forum in qualità di osservatori. Inoltre, ha dichiarato che l’Italia rappresenta un partner strategico per il governo egiziano, sottolineando la partnership con ENI, la quale ha in Egitto numerosi interessi legati alla gestione degli impianti offshore, nonché la partnership nel progetto EastMed.

Going Green: Managing the Energy Transition in Post- pandemic Times

Kadri Simson Commissario per l’Energia, Commissione Europea; Francesco La Camera, Direttore Generale, International Renewable Energy Agency (IRENA); Michele Crisostomo, Presidente, ENEL, Italy; Tarik Hamane, Direttore Esecutivo e Sviluppo, Moroccan Agency for Solar Energy (MASEN), Morocco; Obaid Amrane, Chief Executive Officer, Ithmar Capital, Morocco, Idriss Moussaid Ahmed, Direttore Dipartimento Affari Europei, Kuwait Investment Authority (KIA).

La crisi sanitaria e la susseguente crisi del settore energetico hanno imposto un ripensamento dell’attuale paradigma, imponendo un più concreto impegno nelle politiche dedicate allo sviluppo sostenibile, non sole da parte di attori pubblici e governi, ma anche e soprattutto da parte delle compagnie operanti nel settore dell’energia. Il drastico calo della domanda mondiale di petrolio, se da un lato può rappresentare un ingente danno per le economie fortemente legate al settore dei combustibili fossili, dall’altro lato potrebbe aprire nuove opportunità di sviluppo economico e tecnologico.

Perseguendo la strada della decarbonizzazione, come indicato nell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, attraverso un incremento significativo degli investimenti in energie rinnovabili, in particolare green hydrogen ed energia solare, i paesi dell’area MENA potrebbero garantirsi un ruolo di leadership in settori economici dalle enormi potenzialità. Settori nei quali molti paesi della regione hanno da tempo avviato progetti di sviluppo, dotandosi di una buona rete di infrastrutture a supporto delle nuove tecnologie rinnovabili.

L’opinione prevalente, emersa nel corso del panel, ritiene necessario un incremento degli investimenti pubblici e privati, diretti alla costruzione di infrastrutture per il supporto alle tecnologie green; una maggiore cooperazione tra istituzioni e privati, come sottolineato dal Commissario UE per l’Energia, Kadri Simson, la quale ritiene fondamentale l’impegno delle compagnie energetiche nella transizione ecologica.

L’impegno di ENEL, che come dichiarato dal Presidente Michele Crisostomo, ha permesso all’azienda di conquistare un ruolo di leadership nel campo delle risorse rinnovabili, come ad esempio nel settore del fotovoltaico. Crisostomo ha ribadito che investire nelle risorse rinnovabili avrà benefici ecologici, economici, ma anche geopolitici, garantendo al Mediterraneo, indipendenza energetica ed un ruolo di leader del settore.

01/12 – 5° giorno

Conflicts, Pandemics and Peacebuilding: New Perspectives on Security Sector Reform in the MENA Region

Andrea Cellino, Head of the North Africa Desk at the Middle East and North Africa Division, Geneva Centre for Security Sector Governance (DCAF); Ranj Alaaldin, Fellow, Brookings Institution; Director of the Carnegie Corporation’s Proxy Wars Initiative; Eleonora Ardemagni, Associate Research Fellow, Italian Institute for International Political Studies (ISPI), Italy; Yezid Sayigh, Senior Fellow, Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center, Lebanon

L’analisi delle prospettive future in tema di riforma del settore della sicurezza nella regione MENA, che ha interessato trasversalmente la situazione di paesi come Libia, Yemen ed Iraq, all’interno dei quali conflitti interni, frammentazione politica, estremismi hanno un effetto destabilizzante che riguarda l’intera regione. La crisi economica generata dal Covid-19, inoltre, ha contributo ad acuire problemi preesistenti e crearne di nuovi.

La pandemia ha causato una crisi della governance di istituzioni ed autorità centrali in diversi paesi MENA, afflitti da problematiche endemiche quali corruzione dilagante, politiche repressive ed autoritarie, assenza di sicurezza economica e sociale. Tali situazioni hanno favorito il rafforzamento di non-state actors, maggiormente radicati ed attivi nelle comunità locali, in particolare modo nelle aree rurali.

Un ripensamento del settore della sicurezza deve necessariamente tenere conto del ruolo di tali attori nelle comunità locali abbandonate dalle istituzioni statali, promuovendo un processo di riforma che preveda progetti integrati di peace-keeping e state-building. Qualsiasi intervento sul piano militare, per il mantenimento della pace e della sicurezza, non può prescindere da un processo politico di rafforzamento delle istituzioni centrali e locali; di maggior trasparenza e affidabilità delle istituzioni nei confronti dei cittadini; rafforzare la fiducia dei cittadini nelle autorità.

L’opinione condivisa da tutti i panelist intervenuti nel dibattito è che, un tale processo di riforma multilivello, sul piano militare, politico, economico e sociale, soprattutto in paesi come Yemen, Libia ed Iraq, caratterizzati da maggior frammentazione politica, corruzione ed infiltrazione di non-state actors nelle istituzioni, debba necessariamente nascere dalla volontà politica dei vari attori di rafforzare le istituzioni, rafforzare la presenza statale nelle aree rurali, combattere corruzione, promuovere giustizia sociale e combattere l’insicurezza economica.

Mare Omnium:a SharedApproach toMediterraneanSecurity

Marina Sereni, Vice-Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha introdotto il panel che pone al centro del dibattito un nuovo approccio alla sicurezza del Mediterraneo, basata sulla cooperazione multilaterale di tutti gli attori regionali ed internazionali. Per affrontare la sempre più instabile situazione nella regione mediterranea, alimentata da conflitti geopolitici, geostrategici ed economici, la sola strada percorribile è quella del dialogo e dell’attività di mediazione delle Nazioni Unite. Il multilateralismo, aggiunge, è lo strumento per affrontare la questione della normalizzazione libica, la questione migratoria e del contrasto al terrorismo. La risoluzione della questione israelo-palestinese, attraverso negoziati promossi dalle Nazioni Unite, deve essere di prioritaria importanza per la stabilizzazione del Medio Oriente. Infine, Sereni ribadisce l’importanza della cooperazione energetica nel Mediterraneo. L’EastMed Forum potrebbe rappresentare un’opportunità per garantire prosperità e sicurezza energetica nella regione.

Session I – Building Peace

Marwa Daoudy, Associate Professor, Georgetown University, USA; Author “The Origin of the Syrian Conflict, Climate Change and Human Security”; Geir O. Pedersen, Special Envoy for Syria, United Nations; Mohamed Taher Syala, Minister of Foreign Affairs, Libya; Stephanie Williams, Acting Special Representative of the Secretary-General for Libya, United Nations; Stefano Del Col, Head of Mission and Force Commander, UNIFIL

Stephanie Williams, a capo della missione UN in Libia, che ha seguito il processo di negoziati che hanno portato al cessate il fuoco lo scorso ottobre, ha fatto il punto della situazione politica nel paese. Nonostante il mancato accordo politico, in occasione del Libyan Political Dialogue Forum (LPDF) tenutosi a Tunisi lo scorso novembre, Williams esprime ottimismo riguardo ad una futura stabilizzazione politica. Insieme con le autorità nazionali e i diversi attori politici, spiega, le Nazioni Unite hanno disegnato una roadmap che guiderà il paese verso le elezioni. Inoltre, aggiunge come il cessate il fuoco abbia di fatto, consentito una ripresa del settore petrolifero, settore chiave dell’economia libica. 

Il Ministro degli Esteri libico, Mohamed Taher Syala, sottolinea il fondamentale supporto delle Nazioni Unite nel processo politico in corso in Libia, sostenendo che le cause del conflitto siano sostanzialmente dovute ad interferenze esterne, sia politiche che militari, oltre che dall’azione di mercenari e foreign fighters. Syala ammette che la fine delle ostilità rappresenta il primo passo verso la transizione politica che guiderà il paese alle elezioni, per le quali sarà necessario il monitoraggio da parte della comunità internazionale.

Si è inoltre discusso della fragile situazione della Siria, colpita da anni di guerra civile che ha visto numerosi interventi stranieri, profonda crisi economica e milioni di sfollati, nella quale il ruolo delle NU resta decisivo per guidare gli attori coinvolti e la comunità internazionale ad una soluzione multilaterale, secondo Geir O. Pedersen, inviato speciale Onu in Siria.

Si è parlato, infine, del fondamentale ruolo delle forze di peace-keeping, nell’ambito della missione UNIFIL, nel mantenimento della pace e sicurezza in Libano, un paese flagellato da una profonda crisi economica e politica, accentuate dal Covid, dalla tragica esplosione che ha colpito Beirut lo scorso agosto e che ospita oltre un milione e mezzo di rifugiati siriani.

Session II – Stabilizing the Region

Nikos Christodoulides, Minister of Foreign Affairs, Cyprus; Claudio Graziano, Chairman, Military Committee, European Union; Ján Kubiš, Special Coordinator for Lebanon, United Nations; Nickolay Mladenov, Special Coordinator for the Middle East Peace Process, United Nations; Olivér Varhélyi, Commissioner for Neighbourhood and Enlargement, European Commission; Matthew A. Palmer, Deputy Assistant Secretary, Bureau of European and Eurasian Affairs, U.S. Department of State

In questa seconda parte del panel, di particolare interesse è stato l’intervento del Ministro degli Esteri cipriota Nikos Christodoulides, il quale ha affrontato due punti fondamentali per la geopolitica del Mediterraneo: le relazioni con Cipro Nord/Turchia e la questione del EastMed Forum.

In merito alla questione turca, il ministro ha affermato che il governo cipriota auspica che l’Unione Europea, di cui è membro dal 2004, giochi un ruolo centrale nella strategia politica nei confronti di Ankara. La volontà di Cipro, aggiunge, è quella di supportare, nell’ambito Ue, una strategia positiva verso la Turchia, auspicando ad un ritorno al dialogo ed alla cooperazione, basato sulla chiara volontà di Erdogan di abbandonare una politica anacronistica ed assertiva nella regione. In secondo luogo, ha affermato l’importanza del progetto EastMed come meccanismo di cooperazione fondato sugli interessi economici condivisi.

Si è parlato altresì di Libano, con le implicazioni sulla stabilità regionale derivanti dalla instabilità interna del paese, bloccato da mesi in negoziati politici dominati dagli interessi particolari. Il vuoto politico crea delusione e rassegnazione nella società civile, che necessita di un governo stabile per poter affrontare la crisi economica legata al Covid.

Si è parlato, inoltre, dei nuovi sviluppi nella questione palestinese, a seguito della firma degli accordi di Abramo, che possono rappresentare un punto di primo passo verso una risoluzione condivisa basata sulla ripresa dei negoziati su una two-state solution. Il compito delle Nazioni Unite e della comunità internazionale è promuovere il dialogo, mitigare sentimenti di radicalizzazione e prevenire un conflitto armato, secondo Nickolay Mladenov, coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente.

Infine, Matthew A. Palmer, Vice Assistente Segretario del Dipartimento di Stato US, ha illustrato l’impegno degli Stati Uniti nel Mediterraneo. Palmer ha affermato che non si può parlare di disimpegno americano dalla regione, in quanto, in questi quattro anni, l’amministrazione Trump, ha avviato numerosi accordi di cooperazione bilaterale con Grecia, Cipro ed Israele in settori di prioritaria importanza, quali sicurezza ed energia. In quest’ottica rientra il sostegno americano al progetto EastMed, strategicamente importante per Washington per garantire la sicurezza energetica euro-mediterranea.

Dialogue with Ahmed Omar Maiteeq 

Ahmed Omar Maiteeq, vicepresidente del Consiglio Presidenziale libico (GNA), intervistato da Mary Fitzgerald e Arturo Varvelli, fa il punto sulla politica interna della Libia, in seguito agli accordi di cessate il fuoco tra il Governo di Accordo Nazionale – riconosciuto dalle Nazioni Unite- e l’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Haftar. L’accordo è stato il frutto di una intensa attività di mediazione ONU, che ha preso forma in occasione della Conferenza di Berlino.

Il primo passo verso la stabilizzazione politica del paese è stato compiuto in occasione del succitato Libyan Political Dialogue Forum di Tunisi, durante il quale è emersa la volontà politica di indire le elezioni nel prossimo futuro.

Maiteeq ha poi analizzato la situazione economica, sottolineando la complessità di avviare un percorso di riforme in campo economico, bancario e finanziario, temi sui quali perdurano significativi disaccordi tra Est e Ovest. Inoltre, ricorda, che la maggioranza degli impianti petroliferi è situata nei territori controllati da Haftar, con il quale sarà necessario stringere ulteriori accordi per la gestione ed esportazione del petrolio, risorsa essenziale per l’economia libica.

Per quanto riguarda il rapporto con Russia e Turchia, che hanno avuto parte attiva nel conflitto, Maiteeq ha spiegato che la priorità per il governo è riaffermare la piena sovranità libica. Egli spiega, infatti, che “la Libia non necessita della presenza straniera”.  Ciò nonostante, Maiteeq esprime profonda gratitudine verso Ankara per il supporto ricevuto durante il conflitto.

Infine, Maiteeq ha affrontato il tema dei rapporti con l’Italia, ricordando lo storico legame tra i due paesi e l’importanza strategica della cooperazione economica con Roma.

Sulla spinosa questione dei pescatori italiani detenuti in Libia, si è detto ottimista su fatto che questi torneranno a casa ed esprime fiducia sulla possibilità di un accordo tra i due paesi. Tuttavia, ammette che è necessaria una risoluzione legale della controversia, dato che i pescatori sono stati arrestati perché entrati illegalmente in acque territoriali libiche.

02/12 – 6° giorno

The Middle East and North Africa in 2030: Trends and Foresights

Andrey Kortunov; Direttore, Russian International Affairs Council (RIAC); Paolo Magri; vice presidente esecutivo, ISPI; Tarik Yousef, Direttore, Brookings Doha Center, Qatar; Elham Fakhro Senior Analyst, Gulf States, International Crisis Group (ICG)

Il Covid-19 ha colpito indistintamente tutte le regioni del mondo, contribuendo ad approfondire situazioni di crisi economica e sociale soprattutto nei paesi a basso reddito, nei quali aumentano recessione economica, disoccupazione e tensione sociale. La accelerazione verso la digitalizzazione, causata da Covid, ha accentuato la disparità economica e tecnologica. Una più netta separazione tra ricchi e poveri. In aree particolarmente depresse, interessate da conflitti di lungo corso, la pandemia ha reso ancor più incerte le previsioni per i prossimi dieci anni, ridimensionando le stime di moltissimi analisti. Secondo Tarik Yousef, l’aumento della povertà, della disparità sociale, nell’area MENA potrebbe dare vita a numerosi movimenti di protesta nei prossimi anni.

Paolo Magri, vicepresidente Esecutivo di ISPI, fa il punto della situazione in Libia, un paese in cui è impossibile fare previsioni di lungo periodo. In seguito al fallito accordo politico di Tunisi, la strada verso a stabilizzazione del paese appare ancora lunga. Le sorti della Libia potrebbero, in parte, dipendere da alcuni fattori esterni. In che modo una eventuale distensione dei rapporti tra UE e Turchia; un eventuale accordo nella questione EastMed; un rinnovato interesse USA nel Mediterraneo, influenzeranno i rapporti di forza creatisi in Libia e quali effetti avranno sul processo politico in atto?

La Siria rappresenta una grande incognita, spiega Andrey Kortunov, Direttore del Russian International Affairs Council (RIAC). Mentre il decennale conflitto non mostra segni di risoluzione, almeno nel medio periodo, la crisi economica e sociale si aggrava e milioni di siriani sono costretti a chiedere asilo in altri paesi. Tuttavia, una risoluzione politica è necessaria, data l’insostenibilità di ulteriori dieci anni di conflitto armato, che avrebbero conseguenze catastrofiche per l’economia siriana, che non potrà a lungo contare sul supporto iraniano e russo. Ciò a causa della limitata capacità economica di questi ultimi, in conseguenza della crisi pandemica.

Spazio anche per il futuro delle relazioni tra il mondo arabo ed Israele, nel processo di normalizzazione avviato con gli accordi di Abramo con Emirati Arabi e Bahrain, che pongono nelle mani di Riyad il future della questione palestinese, qualora anche l’Arabia Saudita si unirà all’accordo. La causa palestinese, di fatto, cede il passo alla cooperazione economica e commerciale, che secondo gli analisti potrebbe guidare ad una più stretta collaborazione anche nel settore della sicurezza, secondo Elham Fakhro.

From Public to Crime Governance: How Criminal Organizations Challenge the State in the Time of Pandemic 

Alessandro Barbera Generale di Brigata e Comandante, Central Investigation Service on Organised Crime, Guardia di Finanza; Alfredo Durante Mangoni, Coordinatore per Anticorruzione, G20 Anti-Corruption Working Group (ACWG), MAECI, Italy; Marco Hannappel, Presidente and Amministratore delegato, Philip Morris Italia; Angela Me, Capo del Research and Trend Analysis Branch, United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC)

Come la pandemia di Covid-19 ha influito sulle organizzazioni criminali e sui loro affari, a livello locale e globale. Questo il tema principale di questo panel che ha raccolto le opinioni di esperti e autorità nel settore della lotta alle mafie. Ciò che è emerso dal dibattito è che le organizzazioni criminali, in Europa e nell’interna area MENA, sono riuscite ad adeguarsi alle condizioni imposte dal Covid, dimostrando un elevato grado di flessibilità e adattamento.

In particolare, la pandemia ha fornito alle mafie nuove opportunità di profitto legate alla gestione e distribuzione di materiale sanitario e dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherine), soprattutto nella prima fase della pandemia, quando la domanda di tali servizi superava di gran lunga la disponibilità degli stessi sul mercato.

In molte parti del mondo, in Italia meridionale, ma anche Messico e Giappone, il Covid19 ha permesso alle mafie e organizzazioni criminali di rafforzarsi e radicarsi maggiormente sul territorio. In alcuni casi le mafie sono riuscite a sostituire lo stato nella distribuzione di servizi e supporto economico alle comunità bisognose, spiega Angela Me, la quale avverte che sarà necessaria una attenta operazione di monitoraggio di quei settori in crisi di liquidità, come settore dei trasporti, ristorazione, hospitality, entertainment, che potrebbero attingere, loro malgrado, proprio dalle grandi risorse della criminalità.

Avverte inoltre del rischio di infiltrazioni nei settori che beneficiano di sussidi statali per il sostegno alle imprese, garantendo alle mafie di ottenere benefici da questo enorme flusso di risorse.

Infine, è stato affrontato il tema della lotta alla corruzione e promozione di trasparenza e integrità nel settore pubblico e privato, a livello regionale e internazionale, per il quale il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale si è posto l’obiettivo di promuovere una agenda politica nel corso del prossimo G20.

Dialogue with Ayman Safadi

Ayman Safadi, vice primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri di Giordania, intervistato da Ugo Tramballi, Senior Advisor ISPI e Margherita Stancati, Wall Street Journal, fa il punto della situazione in Giordania, relativamente alle questioni di politica interna ed estera che interessano il paese.

Il principale punto di discussione ha interessato la questione degli Accordi di Abramo e la normalizzazione delle relazioni di alcuni paesi arabi con Israele. La posizione giordana nei confronti di tale processo di normalizzazione, dice Safadi, è da sempre caratterizzata da un forte impegno per il raggiungimento della pace e della sicurezza collettiva nel Medio Oriente, promuovendo la strada del dialogo, che includa gli stessi palestinesi.

Una pace, aggiunge, che può essere raggiunta soltanto con la completa risoluzione della questione palestinese, che resta la causa principale del conflitto, attraverso un dialogo inclusivo e fondato sull’attuazione della risoluzione Onu, basata sulla two-states solution.

Gli accordi di normalizzazione con Israele possono rappresentare uno stimolo per proseguire con il processo di pace, il quale deve necessariamente comprendere i negoziati sulla questione della Palestina, la quale continua ad essere un territorio occupato. Servono chiari segnali da parte dello Stato di Israele di un diverso approccio alla questione palestinese, fermando le annessioni in Cisgiordania e la costruzione di nuovi insediamenti.

In quest’ottica, Safadi, giudica determinante il ruolo attivo degli Stati Uniti nel processo di pace e stabilizzazione del Medio Oriente, contando su un maggior impegno da parte della amministrazione Biden.

Un’altra questione di riguardevole importanza è il rapporto con l’Iran. Safadi, ricorda come tutto nel mondo arabo sia collegato e che questioni come quella palestinese hanno effetti sulla sicurezza e la stabilità di tutta la regione. Le tensioni tra Teheran ed i Paesi del Golfo creano instabilità e insicurezza nel Medio Oriente. La Giordania, ammette, auspica ad un ritorno alla cooperazione e al multilateralismo, che coinvolga la stessa Iran, a condizione che quest’ultima si impegni a rispettare il dritto internazionale, il principio di sovranità e cessi di interferire nella politica interna di altri paesi arabi.

Spazio, inoltre, alla rinnovata e sempre maggiore minaccia del terrorismo, il quale necessita dello sforzo dell’intera comunità internazionale, al fine di creare stabilità e sicurezza collettiva, combattere radicalismo ed estremismi, tanto sul campo militare quanto ideologico. Evitare la polarizzazione tra Islam e resto del mondo, investire risorse politiche in educazione e istruzione per prevenire la nascita di estremismo. La Giordania, ricorda Safadi, ospita circa 1.3 milioni di profughi siriani, in maggioranza under 18. Investire in istruzione eviterà che il terrorismo estremista trovi nuove risorse da reclutare. La strada da seguire, spiega Safadi, è quella del multilateralismo, della cooperazione regionale e internazionale, per la risoluzione di decennali conflitti, in Siria e Palestina, ma anche per affrontare le crisi in Libano, Libia e la minaccia terroristica. Una cooperazione che per assicurare pace e sicurezza collettiva in Medio Oriente. 

A Tale of two Shores: Envisioning aNew SecurityArchitecturein thePersianGulf

Sayyid Badr Bin Hamad Bin Hamood Al Busaidi, Minister of Foreign Affairs, Oman; Mohammad Al-Hadhrami, Minister of Foreign Affairs, Yemen; Nayef Falah Mubarak Al Hajraf, Secretary General, Cooperation Council for the Arab States of the Gulf (GCC); Ahmad Nasser Al-Mohammad Al Sabah, Minister of Foreign Affairs, Kuwait; Rafael Grossi, Director General, International Atomic Energy Agency (IAEA); Fuad Hussein, Minister of Foreign Affairs, Iraq

La discussione si è concentrata sulle implicazioni del ritiro statunitense dal JCPOA – l’accordo sul programma nucleare iraniano – e la conseguente crescita di instabilità e insicurezza nel Golfo Persico.
I paesi del Golfo hanno conosciuto più di altri il tremendo impatto che il Covid ha avuto sul settore energetico, portando con sé crisi economica e instabilità sociale.

Il conflitto armato in Yemen è ben lontano da una risoluzione politica e la pressione della pandemia sulla popolazione rischia di peggiorare la crisi umanitaria in atto. Nelle parole del ministro Mohammad Al-Hadhrami, risulta necessaria la combinazione di tre fattori essenziali: l’impegno della comunità internazionale per risolvere la crisi umanitaria; la pressione su Teheran, al fine di eliminare l’interferenza iraniana nel conflitto (il sostegno iraniano agli Houti); perseguire una coesione politica interna per affrontar la crisi pandemica e avviare riforme. Al-Hadhrami, inoltre, auspica l’intervento di attori esterni come Emirati Arabi e Stati Uniti, per garantire la sicurezza dell’area ed evitare che lo Yemen diventi un caso troppo spinoso per la comunità internazionale.

Per quanto riguarda il programma nucleare iraniano, Rafael Grossi, direttore generale della IAEA, afferma che, l’accordo JCPOA, da molti considerato estinto, continua ad essere in vigore. Non esiste evidenza per un piano nucleare clandestino dell’Iran, garantendo che la IAEA è attualmente impegnata in attività di controllo ed ispezione in Iran. La temporanea decisione di svincolarsi dagli obblighi dell’accordo, spiega Grossi, risulterebbe essere una risposta di Teheran all’abbandono della amministrazione Trump.

Per la stabilizzazione e la sicurezza del Golfo, aggiunge Grossi, occorre una cooperazione di tutti gli attori regionali in campo energetico, attraverso accordi di non proliferazione, sviluppo del nucleare per scopi civili, come dimostrato dai programmi di Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. La nuova amministrazione US, aggiunge, potrà sicuramente essere un partner affidabile per l’IAEA.

Si è discusso infine della fragile situazione politica ed economica in Iraq, afflitto dalla crisi pandemica e dallo storico shock della domanda di petrolio, che rischia di aggravare disoccupazione e tensione sociale. Le tensioni Washington-Teheran, sottolinea Fuad Hussein, hanno effetti diretti nella politica interna. Considerando i rapporti di amicizia con l’Iran e la presenza di militari statunitensi sul suolo iracheno impegnati nella lotta al terrorismo, lo scontro tra i due paesi rischia di polarizzare l’opinione pubblica irachena creando tensione sociale.

Fuad Hussein, ha inoltre sottolineato che l’Iraq auspica un maggiore coinvolgimento dell’Ue, con la quale il paese ha avviato un’intensa cooperazione sul piano economico e sulle infrastrutture, completamene distrutte dagli ultimi 15 anni di guerra.

Dialogue

Lapo Pistelli, Direttore Comunicazione e Affari Pubblici, ENI, intervistato da Bassam Fattouh, Direttore, Oxford Institute for Energy Studies, ha fatto il punto della situazione nel mercato petrolifero colpito dallo shock della domanda mondiale e il ruolo di ENI come leader nel settore.

La crisi pandemica ha condotto ad una recessione globale. La crescita del Pil mondiale necessiterà, secondo alcune stime, di lungo tempo per tornare ai livelli pre-crisi. La strategia di ENI per rispondere alla crisi del settore, spiega, si concentra su maggiori investimenti nella innovazione tecnologica e nello sviluppo di progetti legati alla transizione energetica.

L’opinione di Pistelli riguardo la sfida della decarbonizzazione e della transizione energetica, richiederà molto più tempo di quanto ci si immagina, dovendo considerare che una grossa fetta della popolazione mondiale, soprattutto in Africa ed Asia, non ha ancora accesso all’energia tradizionale. La sfida della transizione, aggiunge, necessita di tempo, tecnologie e competenze. Ragion per cui, risulta essenziale il coinvolgimento delle compagnie energetiche nel processo, aumentando investimenti e ricerca nell’innovazione energetica.

Spazio anche per le questioni relative alla cooperazione energetica con Egitto, Cipro ed Israele, al gasdotto EastMed, che Pistelli considera come strumento di diplomazia energetica utile alla promozione della cooperazione economica e politica.

Infine, l’attività di ENI nel Medio Oriente, con l’avvio di accordi di partnership con i paesi del Golfo nel campo della innovazione tecnologica e della transizione energetica.

03/12 – 7° giorno

 

People first: The human security paradigm in a time of pandemic

Qu Dongyu, Director-General, Food and Agriculture Organization (FAO); Ahmed Al-Mandhari, Director, Regional Office for Eastern Mediterranean, World Health Organization (WHO); Baiba Braže, Assistant Secretary General, NATO; Serwan Esmaeil, Secretary General, Council of Representatives, Iraq; Valerie N. Guarnieri, Assistant Executive Director, World Food Programme (WFP); Nasser Kamel, Secretary General, Union for the Mediterranean (UFM); Washio Eiichiro, State Minister for Foreign Affairs, Japan; Wu Hongbo, Special Representative of the Chinese Government on European Affairs, China

La pandemia ha dimostrato che è necessario cambiare il modo di intendere la sicurezza, la quale non interessa il solo piano militare, bensì interessa molti aspetti della nostra società: clima, ambiente, cibo ed acqua, cure mediche. La chiave per sviluppare una agenda politica volta a garantire la sicurezza della regione MENA, ed oltre, risulta essere un ruolo sempre più presente delle organizzazioni internazionali, di una più stretta cooperazione multilaterale da parte di tutta la comunità internazionale, per affrontare le crisi odierne ed essere pronti a quelle che verranno.

Il ruolo delle organizzazioni internazionali come FAO, World Health Organization (WHO), World Food Programme (WFP), sarà di estrema importanza per affrontare le problematiche che, specialmente nei paesi in via di sviluppo, interesserà l’accesso alle cure mediche, ai vaccini, al cibo, di milioni di persone sparse nelle regioni più povere del pianeta. L’attività di questi soggetti non si limiterà alla sola assistenza, attraverso aiuti umanitari e raccolta fondi per supportare le missioni umanitarie nel mondo, bensì si estenderà anche alla pianificazione di programmi e politiche di sviluppo nel settore sanitario, della produzione agricola, innovazione tecnologica. Riguarderà inoltre il supporto ai governi e policy makers dei paesi sottosviluppati nella gestione e implementazione dei progetti di sviluppo, nel garantire le competenze e il know-how necessario.

Da sottolineare il ruolo della NATO nella gestione della crisi pandemica in collaborazione e cooperazione con gli alleati, impegnando direttamente il personale militare, come avvenuto in Italia, nel controllo del territorio e nel supporto logistico. L’Alleanza ha messo a disposizione mezzi e uomini per l’invio di materiale sanitario e umanitario in Europa e fuori dai confini europei, come Afganistan e Iraq. Vi è un costante impegno della NATO nel contrastare la diffusione della disinformazione e fake news. Infine, Baiba Braže, Assistant Secretary General, ha voluto precisare che la NATO non è il forum per affrontare questioni che interessano le reazioni bilaterali tra singoli stati membri.

Spazio, infine per l’esperienza giapponese in merito alla efficace risposta del governo per contenere la diffusione del virus. Il Giappone è riuscito a contenere il contagio grazie ad una attenta campagna di prevenzione, implementando protocolli di sicurezza e misure di prevenzione nelle scuole. Il rispetto delle misure varate dal governo ha permesso ai giapponesi di contenere gli effetti drammatici che hanno interessato altri paesi. L’invito del Ministro degli Affari Esteri Washio Eiichiro, è quello di rafforzare la cooperazione nelle Organizzazioni internazionali per garantire accesso ai vaccini, cibo e sviluppo ai paesi più poveri del mondo.

Simile invito alla cooperazione internazionale, tralasciando divisioni ideologiche tra stati, è stato rivolto da Wu Hongbo, Rappresentante del Governo cinese, il quale ha a spiegato che il rispetto delle regole da parte del popolo cinese ha permesso al paese di uscire dalla crisi pandemica e di rilanciare la crescita economica cinese.

Dialogue with Mohammad Javad Zarif

Mohammad Javad Zarif, Ministro Affari Esteri, Repubblica Islamica dell’Iran, intervistato da Ellie Geranmayeh, Deputy Director, MENA Programme, European Council on Foreign Relations (ECFR) e Paolo Magri ISPI, ha esposto il punto di vista iraniano sulle questioni legate al rispetto dell’accordo JCPOA, in seguito al ritiro americano del 2018, voluto da Trump.

Il Ministro ha lanciato un duro attacco alla amministrazione Trump, accusando gli Stati Uniti di perpetuare azioni terroristiche che rappresentano una violazione dei diritti umani, citando in particolare le sanzioni economiche imposte da Washington negli ultimi anni.

La crisi pandemica, aggiunge, ha colpito duramente l’economia iraniana, colpite dalla crisi economica, dalle sanzioni statunitensi, dal calo delle esportazioni energetiche verso l’Europa, dovute all’imposizione dell’embargo sui prodotti iraniani per obbligare l’Iran al rispetto degli accordi internazionali di non proliferazione. Il Ministro Zarif ha, infatti, aggiunto che la decisione di Teheran di sospendere l’osservazione delle obbligazioni derivanti dall’accordo, rappresentano un legittimo atto di risposta alla decisione unilaterale degli Stati Uniti di ritirarsi dal JCPOA.

L’imposizione di sanzioni economiche, aggiunge, rende gli Stati Uniti direttamente responsabili della sofferenza del popolo iraniano, colpito dalla crisi economica e sanitaria. Le sanzioni hanno causato un danno economico di oltre 250 miliardi, privando l’Iran di fondamentali risorse economiche utili a sostenere il sistema sanitario del paese.

Il cambio di amministrazione non cambia nulla, aggiunge Zarif. Non ci sarà dialogo con USA e paesi europei, avverte, fin quando questi continueranno a chiedere di rinegoziare l’accordo JCPOA, imponendo nuove condizioni che sono inaccettabili per l’Iran. Quando gli USA decideranno di rientrare nell’accordo, ritirare le sanzioni e cessare azioni criminali e terroristiche – chiaro riferimento all’assassinio di Qasem Soleimani – allora l’Iran assolverà in pieno agli obblighi internazionali e riaprirà il dialogo.

La regione del Medio Oriente è destabilizzata dalla presenza occidentale e dalle azioni di alcuni alleati americani – riferimento all’assassinio di Mohsen Fakhrizadeh – e il Parlamento iraniano condanna con forza l’aggressione e attacchi al personale scientifico. Molti paesi del Golf, aggiunge, investono sempre maggiori risorse nell’acquisto di armi dall’Occidente, contribuendo alla proliferazione degli armamenti e alla destabilizzazione della regione.

Javad Zarif ha affrontato la spinosa questione dell’uccisione dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh – da molti attribuito ad Israele – e della recente approvazione da parte del Parlamento iraniano, ratificata dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione. La legge obbliga il Governo ad avviare ritorsioni per la morte dello scienziato, le quali comprendono l’arricchimento dell’uranio del 20%, in violazione di un accordo non più valido, a causa del ritiro US; e l’espulsione di ispettori Onu qualora le sanzioni non siano ritirate entro il prossimo febbraio.

Il Governo, ha spiegato, è costretto a rispettare la volontà popolare, espressasi in un processo legislativo democratico; ammettendo che la legge ha il chiaro obiettivo di fare pressione su Washington e gli alleati europei di rinnovare l’accordo JCPOA.

Dialogue with Mevlüt Çavuşoğlu

Mevlüt Çavuşoğlu, Ministro degli Esteri turco intervistato da Maria Cuffaro, RAI e Matthew Karnitschnig, Politico, ha affrontato le questioni più spinose che interessano la regione del Mediterraneo e che vedono coinvolta la Turchia e la sua politica estera, considerata dagli europei eccessivamente aggressiva.

La pandemia ha inciso anche sulle dinamiche diplomatiche che interessano i paesi del mediterraneo. La Turchia, spiega, crede fermamente nella possibilità di uscire da questa crisi sanitaria attraverso il dialogo e la cooperazione.

Per quanto riguarda la questione energetica, la Turchia è molto attenta a ciò che riguarda la EastMed e le risorse energetiche scoperte a largo di Cipro. Desideriamo, spiega, che queste risorse siano messe a disposizione per il benessere di tutta la regione, senza lasciare spazio all’avidità e agli interessi dei singoli.

A partire dal 2003, la Grecia e Cipro hanno avviato una serie di accordi bilaterali, con Egitto, Libano e Israele, sulla delimitazione delle acque territoriali, delle rispettive Zone Economiche Esclusive. Accordi che hanno danneggiato la Turchia e a Repubblica Turca di Cipro del Nord. Ankara, aggiunge, ha chiesto più volte un dialogo con Atene e Nicosia, le quali hanno sistematicamente rifiutato, ed ha invitato le controparti ad astenersi dal compiere attività di esplorazione e trivellazione nelle acque territoriali di Cipro Nord.

Gli accordi con la Libia sono una legittima reazione turca alle provocazioni dei greci e ciprioti, i quali hanno deliberatamente violato la ZEE turca. Le azioni provocatorie greche non sono accettabili per Ankara, la quale considera l’UE complice di Atene, fin tanto che Bruxelles permette queste provocazioni. Ci aspettiamo, dichiara, che l’Unione Europe e i leader europei cambino l’errata idea che anno della Turchia, incoraggiando la Grecia, anche in seno alla NATO, di avviare un dialogo costruttivo.

Sulla questione di Cipro Nord, Çavuşoğlu dichiara che il riconoscimento della Repubblica Turca di Cipro del Nord è un atto politico, cosa diversa è il diritto della popolazione turco-cipriota di chiedere la propria autonomia. Diritto che deve essere rispettato.

Çavuşoğlu affronta poi la questione iraniana alla luce della elezione di Joe Biden alla Casa Bianca, dichiarando che la Turchia si è detta sempre contraria al ritiro statunitense dal JCPOA, confermando che la decisione della nuova amministrazione di rientrare nell’accordo con l’Iran è una mossa che Ankara accoglierà con favore. Inoltre dichiara: “La Turchia è contro le armi nucleari, sia nella regione che al di fuori”. E’ tempo, aggiunge, che si abbandoni la politica delle sanzioni e che si dia il via al dialogo.

Sulla NATO, Çavuşoğlu, spiega che la Turchia è sempre stata un membro affidabile e impegnato nell’Alleanza atlantica, essendo il quinto contributore al bilancio alleato, in termini di risorse finanziare, militari e di impegno nelle operazioni NATO.

Le divisioni e le differenze in seno alla Alleanza, aggiunge, sono sorte nell’ultimo anno e mezzo. Le tensioni con Pompeo e le critiche mosse alla Turchia, in merito al controverso acquisto sistema di difesa antiaerea russo S-400, sono state definite ingiuste da Çavuşoğlu. Il quale spiega che la decisione turca di rivolgersi ai russi per l’acquisto dei sistemi difensivi, è stata una scelta obbligata per Ankara, la quale ha incontrato il sistematico rifiuto degli alleati alla vendita dei sistemi di difesa Patriot.

Spazio anche per la questione siriana e la strategia turca nel paese, per creare un corridoio di sicurezza al confine nord-occidentale, che risponde all’obiettivo di combattere le organizzazioni terroristiche, ISIS e PKK, e creare un corridoio sicuro per il rientro dei rifugiati siriani in Siria. Çavuşoğlu aggiunge che proprio la crisi siriana, causerà ulteriori spostamenti di rifugiati verso la Turchia e di conseguenza verso l’UE. Risulta, quindi, necessario rinnovare l’accordo turco-europeo sulla gestione dei migranti provenienti dalla Siria.

Infine, Çavuşoğlu ha discusso delle crescenti tensioni tra Erdogan e Macron, in merito alla controversia legata alla libertà di stampa e le offese satiriche all’Islam. La Turchia, sostiene, è indiscutibilmente a favore della libertà di stampa e di espressione, tuttavia l’insulto non è parte di queste. Le offese rivolte all’Islam dal populismo europeo, afferma, sono inaccettabili. Secondo il ministro Çavuşoğlu esiste una disparità di trattamento da parte dell’Europa, secondo la quale offendere la religione islamica è accettabile, mentre le critiche mosse a politici europeo da parte turca sono ritenute inaccettabili.

Dialogue with Charbel Wehbi 

Charbel Wehbi, Ministro degli Affari Esteri libanese intervistato da Viviana Mazza, Corriere della Sera e Ugo Tramballi, Senior Advisor ISPI, ha discusso della delicata situazione interna del Libano, alle prese con una transizione politica, che non ha ancora prodotto un governo; una profondissima crisi economico finanziaria; l’insorgere di proteste e manifestazioni contro la corruzione del governo e della classe dirigente.

Il Libano ha dei forti legami di amicizia con Washington, ma le crescenti tensioni con l’Iran hanno non pochi effetti nella politica interna del paese. Charbel Wehbi spiega che la sfida più grande per il Libano è quella di mantenere amichevoli relazioni con gli USA, senza compromettere la storica amicizia con Teheran.

Per quanto riguarda i rapporti con Israele, Wehbi ha dichiarato che Beirut considera strategicamente importante il ruolo di mediatore degli Stati Uniti nelle negoziazioni con la controparte israeliana. Si dice inoltre ottimista sulla futura amministrazione Biden, sulla quale ricadono le aspettative libanesi di un rinnovato impegno americano nella questione palestinese ed una ripresa del JCPOA, che segni l’avvio di un dialogo diplomatico con l’Iran.

Wehbi ha parlato inoltre dell’altalenante processo di formazione del governo che, dopo molti mesi dalle dimissioni del governo di Hassan Diab, fatica a giungere ad una svolta definitiva. La complessità della società libanese, spiega Wehbi, complica la mediazione tra le diverse anime politiche e religiose che la compongono. La religione, aggiunge, gioca un ruolo fondamentale in Libano dove, diversamente da quanto accade in Europa, è necessario che nessuno venga estromesso dalla gestione del potere politico, che deve essere condiviso tra cristiani e musulmani.

Il Ministro Wehbi fa poi il punto della situazione in merito alla crisi pandemica, spiegando che gli effetti del Covid-19 sono stati devastanti per il sistema sanitario nazionale. In seguito alla prima ondata del virus, il governo ha adottato lockdown parziali per contenere l’impennata dei contagi. La decisione è stata presa per ridurre la pressione sugli ospedali, considerando la scarsità dei posti di terapia intensiva disponibili. Solo 100 posti per circa 4 milioni di persone, afferma, Wehbi. Il governo, nel tentativo di salvare l’economia già in crisi e permettere alle persone di sopravvivere, ha deciso di ritirare gradualmente le restrizioni, invitando i cittadini ad osservare le regole di distanziamento, igiene e uso della mascherina per evitare una nuova diffusione del virus.

Women’s Forum – Covid-19 and Human Security in the Mediterranean Region

Ilaria Capua, Director, One Health Center of Excellence, University of Florida, USA; Ranieri Guerra, Assistant Director-General, WHO; Andreas Schaal, Director Global Relations, OECD; Nadia Shahin, General Manager, Kawar Group, Jordan; Stephanie Williams, Acting Special Representative of the Secretary-General (ASRSG) for Libya and Head of the United Nations Support Mission in Libya; Ouided Bouchamaoui, Nobel Peace Prize 2015 (co-laureate); Past President, Utica, Tunisia; Carmela Godeau, Regional Director, MENA Region, IOM; Begoña Lasagabaster, Country Representative in Tunisia and Libya, UN Women

Il Forum ha avuto l’obiettivo di analizzare gli effetti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sulle donne, sull’occupazione femminile, accentuando le diseguaglianze che queste devono affrontare. Molte sono le proposte dirette ai governi per promuovere una maggiore inclusione delle donne, nei processi di policy making e decision-making tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Facilitare e promuovere il ruolo delle donne nel settore sanitario, incrementando alo stesso tempo investimenti e risorse pubbliche per facilitare l’accesso alle cure. Supportare lo sviluppo di imprese gestite da donne, nel settore sanitario, in tutto il mondo.

E’ necessario che i governi incrementino gli investimenti in infrastrutture sociali, comprendenti scuola e sanità; incrementare occupazione, crescita economica e uguaglianza di genere. Eliminare le barriere che impediscono una maggior presenza femminile nell’economia, incentivando così la crescita socio-economica.

Aiming Ahead: New Security Trends and the Future of the Defence Industry

Lorenzo Guerini, Minister of Defence, Italy; John R. Allen, President, Brookings Institution, USA; Alessandro Profumo, CEO, Leonardo, Italy

La sempre maggiore frammentazione dello scenario geopolitico del Mediterraneo e le crescenti tensioni nell’area MENA, impongono un continuo adattamento delle dinamiche militari, dell’industria della difesa, alle future minacce alla sicurezza della regione. Le strategie che gli attori e le potenze della regione dovranno mettere in campo, richiederanno un complesso di misure militari, diplomatiche, politiche e socio-economiche. Queste strategie includono una maggiore cooperazione dell’UE con i paesi dell’area MENA; una maggiore integrazione europea nel settore della difesa e della sicurezza comune, fondata su un alto grado di sviluppo tecnologico.

Il Ministro della Difesa Guerini è intervenuto per evidenziare le linee guida della strategia italiana nel settore della sicurezza. Il Governo italiano è determinato ad avviare un progetto di lungo periodo per il rinnovamento del comparto difensivo italiano, comprendente l’industria della difesa, presentando un fondo di investimenti da 12.3 miliardi di euro, diretti a stimolare ricerca e sviluppo tecnologico e a rilanciare l’economia nazionale. Lo sviluppo tecnologico nel settore della difesa è un passo strategicamente importane per rendere l’Italia indipendente dalla tecnologia straniera. Guerini, inoltre, aggiunge che l’Italia supporta il rafforzamento della capacità militare dell’UE, attraverso iniziative miranti ad una maggiore integrazione della difesa europea, come ad esempio la PESCO. Tali iniziative devono, tuttavia, integrarsi e cooperare con la NATO per rafforzare la sicurezza europea.

04/12 – Ultimo giorno

 

Dialogue with Subrahmanyam Jaishankar

Quest’ultima giornata dei Mediterranean Dialogues 2020, si aprono con Subrahmanyam Jaishankar, Ministro degli Affari Esteri, India, intervistato da Ugo Tramballi, Senior Advisor, ISPI e Françoise Nicolas, Senior Research Fellow e Direttore del Center for Asian Studies, French Institute of International Relations (IFRI).

L’attenzione del dibattito si concentra subito sulla questione migratoria e Jaishankar spiega che in questa epoca di globalizzazione e stretta interdipendenza globale il fenomeno migratorio è una questione che interessa tutti le nazioni, al pari di terrorismo e cambiamento climatico. Oltre 9 milioni sono i lavoratori indiani all’estero, a cui si aggiungono milioni di studenti nel mondo, che frequentano le università straniere in campi come l’ingegneria e la medicina. Il ruolo dell’istruzione è un punto focale della nostra politica, spiega Jaishankar.

Tuttavia, è necessario assicurare la migrazione legale e promuovere canali legali, al fine di ridurre e combattere le migrazioni illegali, che rappresentano la risorsa principale della criminalità organizzata e dei trafficanti di esseri umani.

Jaishankar ha inoltre affrontato la questione delle relazioni con la Cina e il mancato accordo indiano al Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), firmato lo scorso 16 novembre, che è stato considerato, da molti, un passo importante verso la rimozione dei dazi commerciali tra i paesi asiatici. Alcuni esperti hanno ipotizzato una maggiore influenza cinese in Asia. L’India, dopo l’iniziale accordo, si è repentinamente ritirata nel 2019. L’India, aggiunge, non ha un’avversione di principio agli accordi di libero scambio, ma il compito del governo indiano è quello di agire nel modo che garantisca i maggiori vantaggi al paese.

Anche la questione degli accordi commerciali UE-India sono stati affrontati nel corso del dibattito, rispetto ai quali Jaishankar ha spiegato che dal 2015 il governo Modi aveva deciso di dare seguito agli accordi. Tuttavia, spiega, l’interruzione dell’accordo è da attribuirsi all’azione europea, anziché del governo indiano.

 Dialogue with Mohammed Bin Abdulrahman Al-Thani

Mohammed Bin Abdulrahman Al-Thani, Deputy Prime Minister and Minister of Foreign Affairs, Qatar, intervistato da Sanam Vakil, Deputy Director of the Middle East North Africa Programme, Chatham House, UK, Riccardo Chartroux, RAI.
Mohammed Bin Abdulrahman Al-Thani ha affrontato, in prima istanza, la questione relativa alla crisi interna al Gulf Cooperation Council GCC, il forum che riunisce tutti i paesi del Golfo Persico. Il Qatar, ha spiegato, ha investito gli ultimi tre anni nel tentativo di avviare un dialogo nel consiglio, al fine di trovare una soluzione alla crisi, tentativi che non hanno prodotto risultati significativi.

Il supporto dell’amministrazione Trump nel cercare di appianare le divergenze nel Golfo, spiega Al-Thani, ha creato le condizioni per risolvere questa crisi, iniziata nel 2017, quando Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrain ed Egitto hanno rotto ogni relazione diplomatica con il Qatar, a causa dei rapporti con Iran e Turchia.

Il Qatar ha chiesto di avviare un dialogo costruttivo con i quattro paesi, in seno al GCC, al fine di giungere ad un compromesso, per il quale ammette Al-Thani, servirà del tempo.

Per quanto riguarda il tema della Libia, Al-Thani ha dichiarato che il Qatar sostiene la via del dialogo e di perseguire una risoluzione politica, non militare, al conflitto. Un conflitto iniziato nel 2011 e che ha visto l’interferenza di numerosi attori esterni. Per questo motivo il Qatar richiede che le parti dialoghino senza alcuna interferenza straniera.
La strada del dialogo, aggiunge Al-Thani, deve essere perseguita anche nella risoluzione delle tensioni tra USA ed Iran, che resta un paese amico, ricco di risorse, cultura, con il quale il Qatar mantiene ottimi rapporti di buon vicinato. Il Qatar, spiega Al-Thani, ha tutto l’interesse di una distensione nei rapporti tra Washington e Teheran, giudicando positivamente l’annuncio di Biden a riprendere l’accordo JCPOA. Dichiara, inoltre, che bisogna trovare una sorta di coesistenza pacifica con i paesi del Golfo, al fine di garantire la sicurezza nella regione.

Le relazioni del Qatar con Ankara sono, in parte, alla base della crisi del GCC, tuttavia Al-Thani rifiuta l’idea che si tratti di una alleanza incompatibile con la riconciliazione dei paesi del Golfo. Gli investimenti del Qatar in Turchia, sottolinea, non raggiungono il 50% degli investimenti fatti in paesi come Francia e Gran Bretagna. Le relazioni diplomatiche con la Turchia sono fondate sul mutuo rispetto. La Turchia, spiega, riceve il gradimento della popolazione e ciò dipende dal fatto che il Qatar ha potuto contare sul supporto turco durante il blocco delle compagnie aeree imposto a seguito della crisi del 2017.

Spazio, infine, alla questione palestinese e agli accordi di normalizzazione con Israele. Secondo Al-Thani, gli accordi di Abramo rappresentano un positivo passo in avanti nel processo di pace nel Medio Oriente, il quale, però, non può sostituire i negoziati circa il futuro della Palestina, basati sulla two-states solution.

Dialogue with Paolo Gentiloni

Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia della Commissione Europea, intervistato da Guntram Wolff, Direttore, Bruegel e Silvia Sciorilli Borrelli, Financial Times, ha concentrato la sua attenzione su due temi principali.
Il primo legato alla questione della agenda politica, adottata durante il G20 di Riyad lo scorso novembre. In questa occasione si è discusso della necessità di procedere con la cancellazione del debito per i paesi in via di sviluppo, al fine di supportare le economie già duramente provate dalla crisi economica dovuta al Covid.

L’Unione Europea, ha spiegato Gentiloni, discuterà della possibilità di procedere con la cancellazione del debito per i paesi africani, tuttavia tale cancellazione non riguarderà i debiti degli stati membri.

Gentiloni ha poi affrontato la questione del veto imposto da Polonia e Ungheria al Next Generation Eu e al Bilancio europeo 2021-2027. L’Unione Europea, ha precisato, non intendere sottostare al ricatto del veto e ribadisce che lo stato di diritto è un pilastro fondamentale dell’Unione e che il rispetto di tale condizione non è opzionale. La Commissione lavora per trovare un accordo. Tuttavia, avverte Gentiloni, la Commissione è disposta a procedere con il Recovery Fund, mettendo da parte Varsavia e Budapest.

Dialogue with Josep Borrell Fontelles

Josep Borrell Fontelles, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza; Ian Lesser, vicepresidente, The German Marshall Fund of the United States GMF; Paolo Magri, Vice Presidente Esecutivo ISPI; Maha Yahya, Direttore, Carnegie Middle East Center

La questione Iran è stata affrontata con molta franchezza da Borrell, il quale ha dichiarato che la sfiducia del Ministro iraniano Zarif è comprensibile, dal momento che la responsabilità del naufragio dell’accordo sul nucleare è da attribuirsi alla amministrazione Trump. Inoltre, Borrell ha espresso soddisfazione per la decisione di Biden di riabilitare il JCPOA, sottolineando che non sarà facile far rientrare l’Iran nell’accordo.

Borrell si è poi espresso sulla questione della Autonomia strategica dell’UE, in materia di sicurezza e difesa, chiarendo che questa iniziativa nasce dalla necessità di fornire all’Europa i mezzi per poter affrontare situazioni di crisi e di emergenza che richiedono una risposta tempestiva. L’Europa, aggiunge, deve incrementare la propria capacità strategica, non solo nel campo della difesa, ma anche in campo tecnologico, della cybersecurity, infrastrutture. L’UE, aggiunge, deve essere pronta ad assumere il ruolo di main actor nello scenario geopolitico mediterraneo, che vedrà un ruolo sempre meno attivo degli USA.

Heal and Rebuild: A Positive Agenda for the EU in the Enlarged Mediterranean

Luigi Di Maio, Minister of Foreign Affairs and International Cooperation, Italy, Jean Yves Le Drian, Minister of Foreign Affairs, France; Arancha Gonzalez Laya, Minister of Foreign Affairs, Spain; Marcin Przydacz, Undersecretary of State for Security, the Americas, Asia and Eastern Policy, Poland; Niels Annen, Minister of State, Ministry of Foreign Affairs, Germany; Nikos Dendias, Minister of Foreign Affairs, Greece; Anže Logar, Minister of Foreign Affairs, Slovenia; Gordan Grlić Radman, Minister of Foreign and European Affairs, Croatia; Augusto Santos Silva, Minister of Foreign Affairs, Portugal

Quali sono stati i temi principali di questo panel che ha riunito i ministri dei principali paesi europei?

In primo luogo, è stato affrontata la questione relativa alla crescente assertività turca nel Mediterraneo orientale, che vede coinvolti direttamente due paesi UE, Grecia e Cipro.

Grecia, Germania e Francia, hanno condiviso una dura critica alle attività provocatorie di Erdogan nel Mediterraneo che, oltre a destabilizzare la regione, minaccia direttamente gli interessi e i confini dell’Unione, rendendosi necessaria una risposta coesa da parte di tutti gli stati membri. Il Ministro tedesco Niels Annen, in particolare, sostiene che vi è un limite alle provocazioni di Erdogan e che l’Europa risponderà a sostegno di Grecia e Cipro se la Turchia manterrà una postura aggressiva nel Mediterraneo.

In secondo luogo, la questione del rafforzamento del ruolo geopolitico e geostrategico dell’Unione, attraverso il perseguimento della cosiddetta Autonomia strategica. La necessità di garantire autonomia e capacità operativa all’Unione nel settore della sicurezza, dell’innovazione tecnologia, digitale, infrastrutturale, e di rafforzare l’integrazione europea nella difesa, non deve essere interpretata come un tentativo di indebolire o sostituire la NATO, con la quale questa dovrà invece integrarsi. La strategia non incontra, però, il sostegno della Polonia.

Si è parlato infine di Next Generation EU, carbon tax e transizione digitale; della necessità di rinnovare e rafforzare il Partenariato euromediterraneo, nato con il processo di Barcellona del 1995; della presidenza portoghese e slovena del Consiglio Europeo nel 2021; e l’allargamento dell’Unione verso i Balcani.

Dialogue with Nasser Bourita

Nasser Bourita, Ministro degli Affari Esteri del Marocco intervistato da Pol Morillas, Direttore, Barcelona Centre for International Affairs (CIDOB), e Viviana Mazza, Corriere della Sera, ha affrontato le questioni riguardanti il paese nordafricano, la crescente cooperazione con i paesi africani e la intensa attività marocchina nel continente; la gestione della rotta migratoria occidentale, la cooperazione con la Spagna per il pattugliamento della rotta verso le Canarie; le riaccese tensioni con il fronte Polisario, nel Sahara Occidentale, a causa del blocco delle vie di comunicazione con la Mauritania.

In merito alla prima questione, Bourita ha spiegato che la crescente attenzione del Marocco ad intensificare rapporti di cooperazione con i paesi africani, e quindi rafforzare il ruolo marocchino nel continente, rispondono alla volontà di Re Mohammed VI di favorirne lo sviluppo economico e politico. L’Africa, spiega, è una terra di nuove e potenzialmente vantaggiose opportunità economiche, sostenendo che il Marocco è tra i primi investitori nel continente, le imprese marocchine sono largamente presenti nei paesi africani. Bourita, inoltre, pone l’accento sul ruolo della religione, dell’istruzione e della presenza di contingenti marocchini nelle missioni di pace in Africa.

Per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori e l’aumento degli sbarchi sulle Isole Canarie, Bourita spiega che il ruolo del Marocco non sarà quello di controllore esclusivo delle rotte migratorie, la cui gestione necessita di una spartizione della responsabilità tra paesi di transito, d’origine e di destinazione. Inoltre, spiega che la cooperazione con la Spagna è positiva ed efficace, tuttavia esprime la necessità di una olistica cooperazione regionale, nel frame del partenariato euromediterraneo, che coinvolga l’Africa in tutte le decisioni, comprese quelle legate al climate change.

Infine, Bourita ha affrontato il tema legato alla riaccesa tensione con il fronte Polisiario, spiegando che il Marocco è stato costretto a reagire alle azioni di disturbo delle milizie al confine con la Mauritania, al fine di ristabilire la libera circolazione. Il Consiglio di Sicurezza, spiega, ha convocato entrambe le parti per negoziare una soluzione diplomatica, con la partecipazione della Nigeria come osservatore. Il Marocco, aggiunge, è sempre disposto a dialogare con le Nazioni Unite per trovare una soluzione definitiva.

Dialogue with Sergey Viktorovich Lavrov

Sergey Viktorovich Lavrov, Ministro degli Esteri della Federazione Russa, intervistato da Maurizio Caprara, Corriere della Sera e Monica Maggioni, RAI ha risposto alle domande su importanti questioni che vedono coinvolta la Russia nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, nelle relazioni con Ankara e la futura coesistenza con gli Stati Uniti di Biden.

Il Mediterraneo, dice Lavrov, è costantemente minacciato dal terrorismo islamico, ed è colpito da crisi climatiche, umanitarie. La Russia, aggiunge, è preoccupata dalla sempre crescente minaccia ai cristiani in Medio Oriente, che sono sempre soggetti a persecuzioni.

Gli Stati Uniti e Unione Europea continuano ad imporre la propria visione del mondo ai paesi dell’area MENA, esportando i propri valori, senza curarsi dei valori delle popolazioni che lì vivono, imponendo il proprio modello di vita, con la scusa della democrazia.

Questa imposizione dell’Occidente risulta sempre più evidente in Siria, dove gli Stati Uniti, come accaduto anche in altri scenari di guerra, hanno finanziato e utilizzato le milizie terroristiche al fine di rovesciare governi e regimi legittimi. USA e UE hanno imposto sanzioni a Damasco, aggiunge, accusata di aver utilizzato armi chimiche e presunte violazioni dei diritti umani, con il solo risultato di aver affamato la popolazione siriana, già duramente provata dalla crisi economica e del Covid.

La Russia, sostiene, ha sempre agito a favore della sicurezza siriana e della stabilità regionale, cooperando con Siria e Turchia per respingere ed estirpare la minaccia terroristica ed estremista.

Per quanto riguarda la situazione in Libia, Lavrov sostiene che il conflitto nato all’indomani dello scriteriato intervento NATO nel 2011, ha prodotto insicurezza e instabilità, ha permesso il proliferare della minaccia terroristica, causato l’aggravarsi della crisi migratoria nel Mediterraneo e prodotto una grave crisi politica ed economica nel paese.

Sulla questione della presenza di mercenari russi nel conflitto libico, Lavrov si è detto profondamente contrariato dalla miopia della stampa occidentale, la quale ha ignorato il ruolo di mediazione svolto da Putin ed Erdogan. L’azione coordinata di Mosca e Ankara, le quali benché su lati opposti, ha aperto la strada alla risoluzione diplomatica. Putin, aggiunge, ha invitato il GNA e LNA a Mosca per avviare un negoziato, conclusosi con l’accordo di Ginevra sul cessato il fuoco.

Per quanto riguarda la relazione speciale con Ankara, Lavrov sostiene che, nonostante le differenze, Putin ed Erdogan hanno avviato una pragmatica cooperazione fondata sul reciproco rispetto della sovranità nazionale, perseguendo i rispettivi interessi, nel campo economico e della sicurezza. La cooperazione ha condotto ad un positivo rapporto di buon vicinato, che si traduce nella collaborazione per promuovere la sicurezza della regione, risolvere il conflitto siriano, il conflitto in Nagorno-Karabakh.

Infine, spazio per due questioni: la normalizzazione dei rapporti con Israele, che secondo Lavrov non possono sostituire la two-states solutions e il progressivo ritiro degli insediamenti israeliani in Cisgiordania; e la nuova amministrazione Biden, che potrebbe essere maggiormente impegnata nella politica interna. L’interesse di Mosca, aggiunge, è rivolto verso l’UE e la sua strada verso una maggiore autonomia e se questa voglia diventare un polo indipendente da Washington nello scenario geopolitico.

Dialogue with Prince Faisal bin Farhan Al Saud

Prince Faisal bin Farhan Al Saud Ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, intervistato da William F. Wechsler, Direttore, Rafik Hariri Center for the Middle East and Middle East Programs, Atlantic Council e Lucia Annunziata, RAI

Il Principe saudita affronta il tema del ridefinito ordine geopolitico causato dal Covid, che oltre ad avere un impatto sulla economia del regno, colpito dallo shock del settore petrolifero, ha incontrato cambiamenti dal punto di vista diplomatico.

In merito alla questione della crisi del GCC, il Principe si è detto ottimista sulla possibilità di concludere un accordo con i paesi del Golfo, sottolineando il positivo lavoro svolto da Kuwait e Trump nel promuovere i negoziati.

Il Principe Al Saud ha, poi, parlato di Iran, dichiarando che se c’è un elemento destabilizzante e potenzialmente pericoloso per la sicurezza della regione, questo è dato dall’attività di interferenza di Teheran, accusata di finanziare attività terroristiche in Iraq, Libano, Siria e nei paesi del Golfo, come in Yemen.

 L’attenzione del Principe è stata richiamata, poi, sulla nuova amministrazione Biden e sui prossimi rapporti sauditi con gli USA. Speriamo, ha aggiunto, che l’Iran riapra il dialogo con la amministrazione Biden sul nucleare, ma anche sulle questioni dei missili balistici e delle attività di interferenza politica nella regione. L’Arabia Saudita, sostiene, è ottimista sulla futura cooperazione con Washington per la risoluzione del conflitto in Yemen, continuando il lavoro iniziato con l’amministrazione Trump.

Spazio, infine, alla discussione in merito agli Accordi di Abramo, che secondo il Principe saudita, rappresentano un’occasione storica per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano. Tuttavia, aggiunge, siamo convinti che il popolo palestinese abbia diritto ad una piena libertà e sovranità della Palestina.

MED Closing Session

Giampiero Massolo, Presidente, ISPI; Luigi Di Maio, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri.


Note

[1] Per approfondimenti: https://med.ispionline.it/wp-content/uploads/2020/11/newMed-2020.pdf

[2] Per approfondimenti: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3Ar15001

[3] Per Approfondimenti: https://ec.europa.eu/home-affairs/what-we-do/policies/asylum_en

[4] Per Approfondimenti: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_20_1706