Le Autorità di Sistema portuale italiane hanno depositato presso il Tribunale dell’Unione Europea ricorso per l’annullamento della decisione della Commissione del 4 dicembre 2020. Per le AdSP l’esenzione dell’imposta sul reddito non rappresenterebbe un aiuto di Stato incompatibile con le norme vigenti.
La decisione della Commissione Europea
La Commissione Europea dopo un’approfondita analisi della normativa del nostro Paese, valutate le osservazioni pervenute, ritenute insufficienti, ha considerato il regime della tassazione dei porti italiani compatibile con la normativa sugli aiuti di Stato.
In data 4 dicembre 2020, ha così emanato la “Decisione”, nella quale si sostiene che l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società a favore delle AdSP italiane costituisce un aiuto di Stato ai sensi del TFUE ed è incompatibile con il mercato interno.
Nella decisione si legge altresì che è pertanto opportuno che le autorità italiane pongano fine al predetto regime di aiuti, abolendo l’esenzione dall’imposta sul reddito delle società di cui godono le AdSP entro due mesi dalla data di notifica della Decisione.[1]
La situazione Italiana ed europea
A difesa della tesi italiana si ricorda che le AdSP sono enti pubblici non economici di rilevanza nazionale dotati di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria. Pertanto, non sono imprese e non svolgono attività economiche.
L’aggiudicazione di concessioni portuali da parte delle autorità è un’attività di regolamentazione finalizzata ad un’assegnazione più produttiva delle infrastrutture portuali nell’interesse della comunità portuale e degli utenti del porto.[2]
Non esiste, inoltre, una normativa unica a livello dell’Unione: gli Stati membri hanno previsto modelli di sistemi di gestione ed organizzazione della governance del settore portuale molto diversi tra loro e l’Italia ha da sempre preferito un modello di gestione pubblicistico, mentre in altri Paesi, quali ad esempio di Francia, Belgio e Olanda (a cui la Commissione ha inviato analoghe decisioni circa il regime di tassazione), esistono delle società per azioni che gestiscono commercialmente gli scali e talvolta svolgono operazioni e servizi portuali.
Il ricorso delle AdSP
I porti italiani, coordinati da Assoporti e supportati da un team legale di altissimo profilo, hanno depositato il ricorso al Tribunale dell’Unione Europea spiegando le motivazioni, a partire da una considerazione: “L’attuale sistema non può essere considerato alla stregua di un aiuto di Stato”. Il nodo è la natura pubblica delle Adsp[3].
Con il ricorso le AdSP intendono ribaltare una decisione ritenuta sbagliata e non attenta alla specifica disciplina dei nostri porti.[4]
Si è ritenuto non poco rilevante il fatto che la Decisione della Commissione omette completamente di dare conto di un aspetto sostanziale che contribuisce in modo fondamentale a delineare la natura di entità statale delle AdSP: nell’ordinamento italiano i porti appartengono necessariamente allo Stato e fanno parte del c.d. demanio pubblico inalienabile, al pari di altri beni la cui amministrazione è pertanto riservata dalla legge alla Pubblica Amministrazione. In definitiva, la proprietà dei porti è riservata in via assoluta e inderogabile allo Stato.[5]
Le prospettive
Il mondo portuale è in attesa di capire quale sarà il futuro alla luce dell’esito del ricorso. La speranza è sempre quella che a Bruxelles si rendano conto che ogni Paese ha le sue prerogative, la sua storia e la sua esigenze. Ad esempio i porti del Nord Europa si muovono in cornici normative molto meno stringenti di quelle italiane e nel nostro Paese vige una burocrazia sicuramente più complessa. [6]
Va difesa la natura pubblicistica: dare il via all’inserimento di capitali privati potrebbe essere molto molto pericoloso. Bisogna, infatti, assolutamente evitare il rischio della privatizzazione di asset strategici di interesse collettivo e fondamentali per lo sviluppo del Paese.
Allo stesso tempo occorre ammettere che l’inquadramento delle Autorità di Sistema Portuale quali di enti pubblici non economici è perfettibile e bisogna evidenziare che sussistono dei limiti oggettivi, qual è ad esempio quello di arroccare le Adsp in un formalismo burocratico che danneggi l’evoluzione strategica dei porti italiani.[7]
Una occasione da non perdere
Gli scali italiani risultano poco vincenti in ottica sistematica di Paese.[8]
E se, a prescindere dall’esito del ricorso, questa fosse l’occasione per effettuare una sana riflessione su quale potrebbe essere il modello migliore per la governance dei nostri porti?
Tra le diverse ipotesi sul futuro dell’assetto portuale italiano sembra essere più convincente la teoria sostenuta da alcuni tra i massimi esperti del settore portuale italiano secondo la quale si debba ricorrere al modello della società per azioni in mano pubblica, seguendo il format vincente del gruppo Ferrovie dello Stato.
La proprietà delle azioni delle società portuali resterebbe totalmente pubblica nelle mani del MEF, mentre per la funzione di indirizzo e controllo ci si potrebbe affidare al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, come previsto per le c.d. società in house.
Con questo modello non si perderebbe la proprietà pubblica, ma si lascerebbe alle autorities l’agibilità più veloce e dinamica propria delle S.p.A.
Le Autorità di Sistema, tuttavia, svolgono anche ruoli di natura pubblicistica che è opportuno mantenere nel perimetro della società per azioni: pensiamo al potere di ordinanza per la tutela dell’interesse pubblico. Con la forma della società per azioni questo importante strumento di intervento potrebbe non essere più utilizzabile, limitando l’operatività del sistema portuale. Bisognerebbe allora introdurre una norma speciale nell’ambito della trasformazione in società per azioni che consenta di poter continuare ad esercitare un ruolo pubblicistico con perimetri molto ben definiti.[9]
L’importanza del cluster marittimo e portuale italiano per la ripresa del paese
Il mondo si augura la tanto sognata ripartenza e considerando che:
- Il 90% delle merci che si muovono nel mondo viaggiano sul mare ,
- Circa il 60% delle importazioni e il 50% delle esportazioni italiane passano per il mare
- L’indotto del cluster marittimo impiega 500.000 persone e contribuisce per il 2% al PIL nazionale, generando circa 35 miliardi di euro l’anno.
- L’Italia è costeggiata dal mare per più di 7900Km mentre l’India per poco più di 7.000Km e la Cina 14.500Km[10].
Quale ripartenza migliore si potrebbe auspicare per l’Italia se non il regalarsi un sistema portuale vincente?
Note
[1] Decisione della Commissione Europea C(2020) del 4 dicembre 2020, relativa al regime di Aiuti di stato – Tassazione dei porti in Italia.
[2] https://www.nctm.it/news/articoli/never-back-down-le-adsp-italiane-non-si-arrendono-e-valutano-di-impugnare-la-decisione-della-commissione-europea-sulla-tassazione-dei-porti-italiani#_ftn1
[3]https://www.ansa.it/mare/notizie/portielogistica/news/2021/04/01/porti-ricorso-assoporti-su-tasse-non-ce-aiuto-di-stato_877e8656-d630-4bb5-85b1-85317f0ccbe7.html
[4]https://www.ilsecoloxix.it/economia/2021/03/31/news/tassazione-dei-porti-depositato-il-ricorso-italiano-contro-bruxelles-1.40095098
[5] AdSP Ricorso EX ART. 263(4) TFUE Genova/Bologna/Roma/Bruxelles, 29 marzo 2021
[6] https://www.huffingtonpost.it/entry/il-diktat-di-bruxelles-puo-stravolgere-i-porti-italiani-aprendo-ai-privati_it_5fdb329cc5b6f24ae35dd21c
[7] https://www.portnews.it/pubblico-o-privato-la-terza-via-esiste/
[8] Il patto tra Politica ed imprese per spartirsi ancora i porti Andrea Moizo Domani 25 aprile 2021
[9] https://www.portnews.it/pubblico-o-privato-la-terza-via-esiste/
[10] https://iari.site/2021/04/06/le-relazioni-internazionali-viaggiono-per-mare/
Foto copertina: Porto di Genova