Se da una parte è assolutamente doveroso condividere e diffondere le atrocità, dall’altra il continuo afflusso e influsso di immagini violente, di guerra e di sofferenza potrebbe nuocere o alterare in qualche modo i nostri sensi
A cura di Desirèe di Marco
“Lo spazio è il limite immobile e immediato del contenente, in quanto esso è contiguo al contenuto”[1]
È diventato argomento di grande attualità oggi parlare di una svolta visiva nello studio della politica globale: il fatto cioè che le immagini e gli artefatti visivi giocano un ruolo sempre più cruciale nel descrivere e plasmare il mondo in cui viviamo. Non solo, ma le immagini impattano la percezione della realtà e la psiche anche quando non ce ne accorgiamo.
Artefatti visivi e rappresentazione dello spazio politico
Le immagini oggi pervadono la politica internazionale contemporanea1. Non c’è critica, giudizio negativo o positivo su questo. Lo scopo di questo articolo è soltanto aprire uno spiraglio di riflessione sul fatto che una parte sempre più ampia della popolazione mondiale riceve le sue informazioni attraverso i media. Siamo saturi di immagini, siano esse trasmesse per via televisiva, dai film o dai social media. Questo ci condiziona. Gli Stati stessi sono impegnati in una guerra di immagini per catturare l’attenzione del mondo e raccogliere sostegno politico. Questo, infatti, ha bisogno di una particolareggiata esposizione visiva. Le immagini infatti lavorano a più livelli, tutti sovrapposti tra di loro: attraverso i confini nazionali e internazionali ma anche attraverso la sfera fisica e quella psicologica. Le immagini, per quanto diverse e complesse possono essere tra loro, in comune hanno che spesso si presentano subdole e con una carica emotiva molto forte.
Per questo oggi vengono utilizzate come vero e proprio strumento politico. Si pensi per esempio alle mappe. L’ambito cartografico e le relative pratiche cartografiche — intese come pattern processuali — sono tante2 e si differenziano in base alle diverse concezioni spaziali che una determinata comunità sviluppa. A loro volta, le concezioni spaziali di questa comunità, vengono influenzate da: grado di sviluppo economico, riforme istituzionali, salute della popolazione, sviluppo culturale, ampiezza territoriale ecc…
Un mondo visivo in trasformazione
Con la globalizzazione si sono registrati due cambiamenti fondamentali relativi al rapporto tra immagini e le RI.
Il primo è la velocità con cui queste circolano. Non molto tempo fa una fotografia scattata in zona di guerra avrebbe impiegato giorni, se non settimane, per raggiungere la prima pagina del New York Times. Nel mondo digitale di oggi, una fotografia o un video possono raggiungere il pubblico di tutto il mondo quasi istantaneamente. Le reti mediatiche sono in grado di rendere globale un evento locale, che si tratti di un attacco terroristico, di una marcia di protesta, di una manifestazione elettorale o di qualsiasi altro fenomeno politico.
Il secondo cambiamento è quello che si potrebbe definire “democratizzazione della politica visiva”. In precedenza, pochissimi attori – Stati o reti mediatiche globali – avevano accesso alle immagini e il potere di distribuirle al pubblico. Oggi tutti possono scattare una fotografia con uno smartphone, caricarla sui social media e farla circolare immediatamente. Qualsiasi individuo o piccolo gruppo, indipendentemente dal luogo in cui si trova o dalle intenzioni politiche, può potenzialmente produrre e diffondere immagini che, nel linguaggio odierno dei nuovi media, diventano virali. Il risultato è una visualizzazione senza precedenti della nostra vita privata e del nostro paesaggio politico: una rivoluzione della comunicazione visiva che ha scosso le fondamenta e le gerarchie delle reti mediatiche consolidate. Si assiste allo smantellamento della divisione tra emittente e spettatore, produttore e consumatore.
Laclau e Mouffe e la lotta dei significati per i significati
Ma come stabilire i significati alle immagini che vediamo? O meglio, come districarci in questo calderone di significati?
Un esperimento di successo tra gli studiosi delle scienze sociali, ovvero l’applicazione della Critical Discorse Analysis (CDA) al campo delle RI, stabilì che comprendere i significati delle immagini non è impresa semplice. Tra di loro intercorrono lotte intestine sulla rappresentazione della realtà3, e ogni immagine o artefatto visivo cerca di accaparrarsi la fetta più grande di significazione. La realtà sociale, quindi, sarebbe costituita da una continua lotta sul significato e le immagini sarebbero (implicitamente) gli strumenti che noi, come fanno i governi, utilizziamo per tentare di descrivere questa lotta e darne una nostra rappresentazione. Possiamo quindi affermare che le immagini sono tentativi di arrestare il flusso delle differenze nel campo dei significati4. La sfida è: come tradurre la politica delle immagini in parole rendendo giustizia al significato politico della visualità? Come farlo correttamente quando in ballo ci sono diritti umani di giovani, donne, uomini e bambini?
Che impatto ha il bombardamento mediatico sulla nostra mente?
L’abbiamo chiesto ad Hamza Ali, editor e scrittore palestinese residente in Canada da molti anni, che ringrazio per aver risposto alle mie domande, dedicato il suo tempo e a cui devo l’ispirazione per la stesura di questo articolo. La situazione di Gaza mi ha fatto riflettere: se da una parte è assolutamente doveroso condividere e diffondere le atrocità e il genocidio che perpetua Israele instancabilmente da decenni e soprattutto dallo scorso 7 ottobre; dall’altra mi sono chiesta se il continuo afflusso e influsso di immagini violente, di guerra e di sofferenza nuocesse o alterasse in qualche modo i nostri sensi. Il famoso algoritmo di Instagram. Ho scelto il caso di Gaza sia perché è ciò su cui si sta concentrando la mia attenzione in questo periodo; sia perché questo conflitto, grazie anche all’uso delle immagini e alla loro velocità di circolazione, avrà delle profonde ripercussioni su civili. Giovani, donne e uomini ricorderanno riguardando foto e video.
Le due domande di seguito le ho elaborate durante conversazioni con amiche e amici arabe/i e non. Successivamente le ho mandate ad Hamza, ma senza nessuna pretesa o presunzione di universalità. Intendono solo richiamare l’attenzione sull’atrocità della guerra e su tutto ciò che ne consegue in un mondo globalizzato e connesso come il nostro.
Come ti senti guardando le immagini di ciò che sta accadendo a Gaza, considerando la distanza che ti separa dalla Striscia? Ti senti impotente o riesci a trovare energia dal sostegno che sta crescendo in tutto il mondo per la causa palestinese?
Mi sento assolutamente impotente e depresso guardando i video e le immagini provenienti da Gaza in questi giorni. Nelle ultime due settimane ho cercato di non guardare nessun video e nessuna foto perché per me è stato troppo pesante. In queste notti ho fatto e continuo a fare molti incubi. Molto spesso sono legati alle immagini e ai video che ho visto sulla guerra. Oltre a questo, mi sento arrabbiato. Vedendo questo tipo di immagini e questi video mi sale moltissima rabbia, ma è come se l’impotenza e la mancanza di potere fossero in un luogo lontano oltre la rabbia.
Ti senti di postare sui social media contenuti diversi dalle immagini che circolano sulla guerra? Se sì e se lo fai, ti senti a disagio nel postare contenuti al di fuori del discorso su Gaza?
No, non lo sento e non lo faccio. Non mi sento, come arabo, di postare contenuti relativi alla mia normale routine mentre a Gaza c’è la gente che muore sotto le bombe. Azioni di questo tipo mi sanno di egoismo. A Gaza si sta affrontando un genocidio e per me sarebbe vergognoso postare altri contenuti. Dal 7 ottobre non ho postato nulla che mi riguardi personalmente anche se avrei dei motivi validi come, per esempio, la rivelazione del sesso del mio bambino.
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Le immagini che pervadono il nostro mondo sono molto più potenti ed efficaci di quanto crediamo. È assolutamente doveroso diffondere e rendere noto, ma è altrettanto doveroso tenere alla nostra salute mentale, a ciò che può spingerci più velocemente e in modo subdolo verso tristezza e frustrazione.
Le immagini sono strumenti potenti, tanto da alterare la nostra psiche e le nostre percezioni. Innalzare la consapevolezza verso la potenza e la forza coercitiva che possono avere certe immagini è, per me, di fondamentale importanza. Dobbiamo tenere conto di questo se vogliamo dare il nostro supporto a chi purtroppo i bombardamenti li vive anche e soprattutto sulla propria pelle.
Note
[1] Aristotele, Fisica (212a 20).
[2] The Power of Images in Global Politicshttps, E- International Relations, 20 ottobre 2023, consultato al link: https://www.e-ir.info/2018/03/08/the-power-of-images-in-global-politics/
[3] M.H.EDNEY, Cartography: The Ideal and It’s History, University of Chicago Press, p. 176, 2019.
[4] J.S. KEATS, Cartographic design and reproduction, Longman Group Limited, London, 1973.
[5] L. LEETEN, What is “Critique of Worldmaking”? Nelson Goodman’s Conception of Philosophy, Universität Hildesheim.
Foto copertina: Gaza