Il Partito Comunista Musulmano, il sogno infranto di Sultan-Galiev


Il Tatarstan sovietico è stato il teatro, nei primi decenni dell’Unione Sovietica, di un esperimento sociopolitico molto interessante, la creazione di un partito comunista islamico.


A cura di Alessandro Maria Raffone

L’Unione Sovietica, sin dalle sue origini, ha attuato politiche repressive nei confronti delle diverse religioni presenti nel suo territorio. L’ateismo di stato colpì tutti, dagli ortodossi[1] agli ebrei[2] passando per i musulmani[3], sembrava che religione e il marxismo non potessero convivere pacificamente e tantomeno trovare un modus operandi.  Ciononostante, un giovane comunista tataro cercò di realizzare l’impossibile, un Partito Comunista Musulmano.

La visione di Mirsaid Sultan-Galiev

Negli anni ’20 del Novecento, in un contesto di grande fermento politico e sociale, il bolscevico Mirsaid Sultan-Galiev (1892 – 1940) emerse come una delle figure chiave nella Repubblica Socialista Sovietica Autonoma (RSSA) del Tatarstan, una delle realtà statuali più importanti della Russia dell’epoca.
La sua ambizione di fondare un Partito Comunista Musulmano[4] rappresentò un audace tentativo di unire l’ideologia comunista con le identità culturali e religiose dei popoli musulmani non solo del fiume Volga ma di tutta l’URSS. Sultan-Galiev, un intellettuale e politico tataro, cercò attivamente di integrare i principi del socialismo con le tradizioni e le aspirazioni delle comunità musulmane. Il suo obiettivo è stato quello di forgiare una forza politica in grado di rappresentare efficacemente gli interessi di queste minoranze etniche.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che Mirsaid Sultan-Galiev era legato a doppio filo al movimento jadidista, una sorta di riformismo islamico turcofono nella Russia zarista, da cui trasse l’idea di conciliare il marxismo con lo stile di vita islamico. La sua formazione iniziale in persiano e arabo, seguita dagli studi in russo e dall’attività giornalistica, lo portò ad aderire al bolscevismo nel 1917 e a sviluppare questa peculiare dottrina rivoluzionaria. Insieme al compatriota Mulla-Nur Vahitov, elaborò la teoria del comunismo nazionale musulmano, che ebbe una notevole influenza sul fiume Volga tra il 1918 e il 1928.

Come ricorda Hartley nel suo interessantissimo libro sul fiume Volga, Mirsaid: “era convinto che tutte le classi di musulmani avrebbero dovuto essere definite proletarie perché tutte vittime della colonizzazione russa. Il suo obiettivo consisteva nel conferire al marxismo un volto islamico e preservare la coesione della società musulmana. Pertanto, la liberazione nazionale doveva avere la priorità sulla lotta di classe[5].
L’idea della liberazione nazionale per tutti i musulmani era stata portata avanti, anche se sul fronte opposto, da Enver Pascià[6]. L’ex enfant prodige dei Giovani Turchi cercò infatti di liberare il Turkestan dal giogo russo: il suo tentativo di organizzare militarmente la rivolta dei basmachi (1916 – 1931), ribelli islamici dell’Asia Centrale russa, si concluse il 4 agosto 1922 nel territorio dell’Emirato di Bukhara[7].

Leggi anche:

Le politiche sulle nazionalità di Stalin

Il sogno di Sultan-Galiev si scontrò con la realtà delle politiche staliniste. Dopo la morte di Lenin avvenuta il 21 gennaio del 1924 a Gorki, Joseph Stalin assunse il controllo dell’Unione Sovietica e le sue politiche sulla nazionalità si concentrarono sulla centralizzazione e sull’uniformizzazione dell’URSS.
Inizialmente, Stalin adottò una strategia che cercava di concedere una certa autonomia alle repubbliche nazionali, ma questo approccio si trasformò rapidamente in un tentativo di reprimere qualsiasi forma di autonomia etnica, religiosa o culturale che potesse minacciare l’unità dello stato sovietico.
Le nazionalità, secondo Stalin, dovevano essere subordinate agli interessi del partito e dello stato. Le politiche di russificazione puntavano ad annacquare le identità etniche, rendendo la lingua e la cultura russa predominanti a tutti i livelli.
Questo processo comportò non soltanto la repressione delle espressioni culturali locali, ma anche la persecuzione di leader e movimenti che cercavano di promuovere l’autonomia delle singole nazionalità. Il timore di possibili secessioni o di un’alleanza tra le minoranze etniche portò Stalin a intraprendere una campagna sistematica contro qualsiasi forma di dissenso, compresi i tentativi di Sultan-Galiev.

La Repubblica del Turan che non è mai nata

Anzi possiamo ritenere che le idee di Mirsaid Sultan-Galiev fossero ritenute dal Cremlino particolarmente pericolose. Idee quali l’istituzione di un Partito Comunista Islamico con un proprio comitato centrale elettivo e con un braccio armato che doveva essere un’Armata Rossa musulmana dove tutto il personale, dai comandanti e gli ufficiali ai soldati semplici, fosse di fede islamica non doveva far piacere a Mosca.
Come se tutto ciò non bastasse, Sultan-Galiev concepì anche la nascita di una nuova Repubblica del Turan che abbracciasse tutti i territori islamici, da Kazan’ al massiccio montuoso del Pamir.
Se questo soggetto politico fosse nato, avrebbe molto probabilmente avuto un peso geopolitico nell’Unione Sovietica non indifferente, costituendo al contempo un indebolimento della statualità russa.

Il fallimento delle politiche di Sultan-Galiev

La visione di questo giovane tataro di un socialismo che abbracciasse le specificità culturali e religiose dei musulmani fu vista come una minaccia dalle autorità staliniste. Nel maggio del 1923, Sultan-Galiev fu arrestato e accusato di attività controrivoluzionaria. La sua ideologia, che cercava di conciliare il marxismo con la fede islamica, era in netto contrasto con la linea dura di Stalin, che non tollerava alcuna forma di autonomia o dissenso.
Fu incriminato con l’accusa di “cospirazione nazionalista contro-rivoluzionaria contro il potere dei Soviet”. L’anno seguente fu liberato per poi essere nuovamente arrestato nel 1928. Questa volta, Sultan-Galiev fu condannato a dieci anni di lavori forzati come traditore. Sarebbe stato giustiziato il 28 gennaio del 1940 a Mosca.
Il fallimento del tentativo di Sultan-Galiev di creare un partito comunista musulmano segnò una svolta decisiva nelle politiche sovietiche. Le conseguenze di questa repressione furono devastanti: 2273 comunisti tatari furono condannati a morte per “deriva nazionalista[8].
Diversi intellettuali e leader etnici furono perseguitati, arrestati ed espulsi dal PCUS mentre le comunità musulmane furono sempre più marginalizzate. La visione di un comunismo inclusivo che rispettasse le identità culturali delle minoranze etniche fu brutalmente soffocata, lasciando un’eredità di divisione e conflitto.

Un finale scontato?

L’ambizione di Mirsaid Sultan-Galiev di realizzare un Partito Comunista Musulmano rappresenta un capitolo significativo nella storia delle minoranze etniche nell’Unione Sovietica. Le sue idee, che cercavano di fondere l’ideologia comunista con le aspirazioni religiose e culturali dei musulmani, furono schiacciate dalla crescente centralizzazione del potere sotto Stalin. Il tentativo di Sultan-Galiev non solo evidenziò le tensioni tra le politiche sovietiche e le identità etniche, ma segnò anche l’inizio di un’era in cui qualsiasi tentativo di autonomia da parte delle minoranze etniche sarebbe stato perseguitato e represso.
Tramontava così, in una squallida prigione moscovita, un sogno che avrebbe potuto incendiare il mondo, la fusione del marxismo leninismo con l’islam.


Note

[1] A. ROCCUCCI, Stalin e il patriarca. La chiesa ortodossa e il potere sovietico, Einaudi, Torino 2011, pp. VII – XXVIII.
[2] L. RAPOPORT, La guerra di Stalin contro gli ebrei. L’antisemitismo sovietico e le sue vittime, Rizzoli, Milano 2002, pp. 7 – 10.
[3] D. FROMKIN, Una pace senza pace. La caduta dell’impero ottomano e la nascita del Medio Oriente moderno, Rizzoli, Milano 2002, pp. 539 – 543.
[4] J. M. HARTLEY, Il Volga. Storia del grande fiume russo, Oscar Mondadori, Milano 2023, pp. 336-339. 
[5] Id., p. 338.
[6] D. FROMKIN, op. cit., pp. 544 – 555.
[7] Id., p. 553.
[8] J. M. HARTLEY, op. cit., p. 338.


Foto copertina: Mirsaid Sultan-Galiev e i commissari del Narkomnat, 1923