Si moltiplicano le iniziative politiche “a sostegno della maternità” mentre il diritto all’interruzione di gravidanza non è pienamente garantito e le associazioni invocano una maggiore effettività in termini di tutela di salute e libertà di scelta della donna.
Le recenti misure anti-abortiste adottate in alcuni comuni italiani quali Ferrara e Verona portano nuovamente alla ribalta la discussa Legge 194 del 19781, considerata da larga parte di medici e giuristi come una conquista di civiltà per l’Italia ma non esente, nel corso degli anni, da molteplici “attacchi”.
A dispetto del tenore letterale del testo normativo, infatti, attualmente il diritto all’interruzione di gravidanza non è pienamente garantito e l’Italia si attesta anche come il Paese con il più basso ricorso alla pillola abortiva2.
In tale quadro già delineato non sono mancate, dunque, reazioni indignate ai nuovi attacchi alla Legge 194 consistenti nelle cosiddette mozioni contro l’aborto presentate nelle scorse settimane nei consigli comunali di Verona e Ferrara su iniziativa, rispettivamente, della Lega e di Fratelli d’Italia.
La stessa mozione è in fase di presentazione in altri comuni come Roma nel momento di stesura del presente articolo.
Il testo della mozione, molto simile in entrambi i casi, fa riferimento alla mancata applicazione della legge 194 del 1978 e mira a promuovere “iniziative per il sostegno alla maternità e alla prevenzione delle condizioni che portano all’aborto” nonché ad autoproclamare “città a favore della vita” il comune in cui è stata di volta in volta approvata3.
Il testo della mozione fa ampio riferimento ad ipotetiche inefficienze e distorsioni della legge 194, avallate da dati attinti da associazioni pro-vita dichiaratamente contrarie all’interruzione di gravidanza.
L’approvazione delle mozioni è stata caratterizzata dalla contestuale contestazione ad opera di alcune attiviste del gruppo femminista Non una di meno4, travestite da ancelle come nella distopica serie TV “The Handmaid’s Tale”.
Oggetto di critiche anche una recente dichiarazione di Papa Francesco il quale, nel rimarcare la contrarietà della Chiesa all’aborto, ha definito l’interruzione volontaria di gravidanza non diversa dall’ “affittare un sicario”5.
L’attuale scenario politico e sociale in relazione al diritto all’aborto non è dunque dei più rosei, ma cosa dice in concreto il testo della discussa Legge 194, così spesso oggetto di critiche?
A seguito del referendum del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza è stata depenalizzata dal complesso di norme in oggetto, che disciplinano le modalità per bloccare una gravidanza indesiderata o che possa essere pericolosa per la salute della madre. Riconfermata dal popolo italiano con un secondo referendum nel 1981, la Legge attribuisce un ruolo determinante ai consultori familiari, cui spetta di informare la donna incinta sui suoi diritti e sulle possibili alternative che possano far venir meno o risolvere le cause che portano all’interruzione di gravidanza.
In un’ottica incentrata sulla scelta consapevole da parte della donna, la normativa permette dunque l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni qualora ricorrano, ai sensi dell’art 4, “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”6.
La legge consente inoltre l’interruzione di gravidanza anche dopo i 90 giorni nei casi in cui vi sia un grave pericolo per la salute della donna o nel caso di gravi malformazioni del nascituro o di patologie che comportino un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna.
Il medico deve informare la donna che gli si rivolge per l’aborto in merito alla “regolazione delle nascite”; la legge prevede e disciplina la figura del medico obiettore di coscienza, attualmente in maggioranza, ma ai sensi dell’art. 9 della legge non è concesso sottrarsi da un’interruzione di gravidanza qualora ciò sia indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo7.
La donna che sceglie di abortire ha diritto di restare anonima, così come la donna che decida di portare a termine la gravidanza e lasciare poi il nascituro in affido all’ospedale per una successiva adozione.
In base ai dati del Ministero della Salute, dal 19788 a oggi gli aborti in risultano in costante diminuzione e ciò è spiegabile da una molteplicità di fattori, primo fra tutti una cultura dell’attività sessuale protetta e consapevole.
Le rilevazioni effettuate negli ultimi anni confermano come i numeri siano in diminuzione: l’indicatore di riferimento è il tasso di abortività, vale a dire il numero di interruzioni volontarie di gravidanza per 1000 donne tra i 15 e i 49 anni, il quale nel 2015 era pari a 6.6 e nel 2016 a 6.5, con un riduzione pari all’1,7%9.

Dai dati ministeriali emerge inoltre che negli ultimi anni sono aumentate le donne con più di 35 anni che ricorrono all’aborto, mentre diminuiscono quelle nella fascia d’età più giovane. La più alta percentuale di ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza si registra nella fascia d’età tra i 24 e i 35 anni; sul totale delle interruzioni, circa un terzo riguarda donne straniere.
Diverse associazioni abortiste denunciano però che i numeri in Italia sono in diminuzione solo perché i medici che praticano l’aborto siano pochi, per le lungaggini procedurali e perché i dati non fotografano la realtà degli aborti clandestini.
Stando a una recente relazione ministeriale, in Italia l’interruzione di gravidanza viene applicata solo nel 59,6% degli ospedali, la maggioranza dei quali entro i primi 90 giorni. L’interruzione nel periodo successivo per i gravi motivi prima richiamati non viene dunque espletata in gran parte degli ospedali italiani.
Per quel che concerne il ricorso alla RU 486, la pillola abortiva, i dati sono ancora più scoraggianti perché riguardano solo il 15% dei casi, una delle più basse percentuali sulla scena europea, come ha evidenziato Silvana Agatone, ginecologa e presidentessa della Laiga, Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 19410.
Per l’associazione, i numeri così bassi testimoniano una mancata applicazione della legge e ciò ha determinato la scelta della Laiga di ricorrere con altre organizzazioni contro il governo italiano per la non applicazione della Legge 194.
Se da un lato, dunque, la normativa sull’aborto è spesso oggetto di “attacchi” sul piano politico e religioso, e questo non solo in Italia ma su base mondiale11, dall’altro lato le stesse associazioni che vogliono tutelata la libertà di autodeterminazione delle donne invocano un innovamento del testo normativo italiano o delle modalità di attuazione dello stesso, in un’ottica di sempre maggiore effettività di tutela, in direzione diametralmente opposta a quella che si vorrebbe intraprendere con le recenti mozioni e iniziative politiche.
Il punto di partenza e allo stesso tempo la ratio di ogni intervento non può mai prescindere dalla tutela della salute della donna e della sua libertà di autodeterminazione.
Note
1cfr. Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf
2Gli aborti di questo tipo rappresentano ancora solo il 15 per cento del totale, secondo i dati diffusi nel dicembre 2017 dal ministero della salute, in netta controtendenza rispetto agli altri paesi europei. In Italia per il momento la pillola abortiva può essere assunta solo in ospedale entro la settima settimana di gravidanza, e nella maggior parte delle regioni è previsto un ricovero di tre giorni per la sua assunzione. https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/04/13/aborto-italia-ru486
3cfr. Quotidianosanità.it “Aborto. Dopo mozione a Verona, ne arrivano altre a Ferrara e Roma. Non una di meno: ‘Giù le mani dai nostri corpi’ ”, 20 ottobre 2018 http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=66947
4Il percorso Non Una di meno, nasce a Roma dal confronto tra diverse realtà femminili e femministe che da diversi mesi stanno ragionando in merito ad alcune macro aree – il piano legislativo, i CAV e i percorsi di autonomia, l’educazione alle differenze, la libertà di scelta e l’IVG. https://nonunadimeno.wordpress.com/
5cfr. Corriere della Sera Papa: «Aborto è come affittare un sicario, non è un atto civile» – 10 ottobre 2018 https://www.corriere.it/cronache/18_ottobre_10/papa-abortire-come-affittare-sicario-non-atto-civile-fa432380-cc62-11e8-a06b-75759bb4ca39.shtml
6cfr. art 4 Legge 22 maggio 1978 n. 194 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf
7cfr. art 9 Legge 22 maggio 1978 n. 194 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf
8 Lo scorso maggio in occasione del quarantesimo anniversario dall’entrata in vigore della legge sull’aborto, il ministero della salute ha diffuso una relazione sull’applicazione della legge da cui emerge che si ricorre all’aborto sempre più di rado: nel 2015 gli interventi sono stati 84.925, mentre nel 1983 erano stati 234.801 (numero massimo mai raggiunto su base annua). https://www.internazionale.it/bloc-notes/2018/03/08/aborto-legge-194-ivg ; http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2552_ulterioriallegati_ulterioreallegato_0_alleg.pdf
9cfr. Corriere della Sera – La 27esima Ora “Aborto, la legge 194 dalla Gazzetta ufficiale a oggi: una storia di diritti” – 13 ottobre 2018 https://27esimaora.corriere.it/18_ottobre_13/aborto-legge-194-gazzetta-ufficiale-oggi-storia-diritti-8786b3de-ce74-11e8-b10d-ee18a19b48a0.shtml?refresh_ce-cp
10cfr. Vanity Fair Italia Aborto, la situazione in Italia, 9 ottobre 2018 – https://www.vanityfair.it/news/diritti/2018/10/09/aborto-non-ce-solo-verona-la-situazione-in-italia
11In Europa la pratica dell’aborto è vietata a Malta. Nell’isola di Cipro è ammessa solo nel caso in cui la donna si trova in pericolo di vita, quando ci sono severi rischi per la sua salute fisica o mentale o in caso di stupro.
In Polonia l’interruzione di gravidanza è consentita solo in caso di estremo pericolo per la madre, se il feto ha subito gravissime malformazioni o se la gravidanza è frutto di stupro o incesto, tutto questo sempre nelle prime 12 settimane dal concepimento. Nel Regno Unito l’aborto è consentito fino a 24 settimane, ma serve il parere positivo di due medici, fa eccezione però l’Irlanda del Nord dove, come nel resto dell’isola, la pratica è completamente vietata. http://www.today.it/mondo/aborto-europa-referendum-irlanda.html.
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