#MosqueMeToo: le donne musulmane denunciano gli abusi subiti nei luoghi di culto.


Modellato sulla famosa campagna #MeToo, l’universo femminile islamico ha lanciando l’hashtag #MosqueMeToo attraverso il quale centinaia di donne musulmane raccontano di abusi sessuali vissuti durante l’Hajj: il pellegrinaggio tradizionale a la Mecca, che costituisce il quinto pilastro dell’Islam. Una Tag Cloud analizza l’orientamento dell’hastag su Twitter.


Modellato sulla famosa campagna #MeToo – lanciata a ottobre dello scorso anno e diventata virale per protestare contro le molestie alle donne a partire da quelle denunciate da decine di attrici e donne dello spettacolo – l’universo femminile islamico ha lanciando l’hashtag #MosqueMeToo attraverso il quale centinaia di donne musulmane raccontano di abusi sessuali vissuti durante l’Hajj: il pellegrinaggio tradizionale al Masjid al-Harām che costituisce il quinto pilastro dell’Islam, durante il quale fedeli svolgono pellegrinaggio a la Mecca, uno dei luoghi più sacri per i musulmani.

Nel febbraio 2018, una donna musulmana pakistana ha condiviso le sue esperienze su Facebook di abusi sessuali proprio durante questo periodo, il post è stato successivamente cancellato ma non prima che fosse visto da un numero sufficiente di persone per far sì che altre esperienze fossero condivise, rendendo il movimento virale. L’ondata di denunce si è estesa ben presto diffusa fra tutte le donne musulmane che hanno subìto abusi sessuali anche presso altri centri religiosi e in generale in luoghi santi in tutto il mondo, come accaduto nella moschea Jama Masjid in Nuova Delhi.

Principale rappresentante di #MosqueMeToo è Mona Eltahawy giornalista egiziana americana, che ha condiviso le sue esperienze di abuso sessuale risalenti al 1982 nel suo libro “Headscarves and Hymens: Why the Middle East Needs a Sexual Revolution” ritwittato dal popolo della rete usando l’hashtag #MosqueMeToo, rendendolo ben presto uno dei dieci principali trend di Twitter.

In molte delle esperienze condivise su Twitter, le donne raccontano di essere state toccate in modo inappropriato; sono circa due milioni di musulmani intraprendono l’Hajj ogni anno, creando enormi folle nella città santa della Mecca nelle quali le donne subiscono qualsiasi tipo di palpeggiamento. Non solo: moltissime donne in paesi come l’Iran, l’Arabia Saudita, l’Egitto e l’Afghanistan denunciano di essere ancora vittime di molestie sessuali e aggressioni nelle strade, nonostante indossino l’hijab.

Sul significato simbolico del hijab ci sono molte controversie, che vanno dalla manifestazione di una condotta di vita conforme alle pretese descrizioni coraniche che impongono modestia, al segno ostentato del rifiuto dell’occidentalizzazione e della globalizzazione determinata dall’Occidente, sono stati proprio i sostenitori di #MosqueMeToo a sfidare la convinzione che indossare l’hijab mantenga le donne al sicuro da aggressioni e molestie.

Mona Eltahawy è una giornalista freelance egiziana-americana. Autrice di “Foulard e Hymens: Perché il Medio Oriente ha bisogno di una rivoluzione sessuale”, pubblicato nell’aprile 2015, scrive per il New York Times. http://www.monaeltahawy.com/

È importante sottolineare che non tutti hanno supportato il movimento #MosqueMeToo e Mona Eltahawy è stata spesso criticata per aver sollevato l’argomento sui social media. Fenomeno successivo ed interessante, che da #Mosquemetoo prende piede, è #ChurchMeToo, il quale raccoglie le testimonianze di abusi nei luoghi cristiani non solo nei confronti delle donne ma anche dei minori.

Per comprendere gli orientamenti degli utenti riguardo il movimento #MosqueMeToo ho effettuato delle Tags Clouds di tutti i twitter che contengono l’hastag #MosqueMeToo, differenziando quelli in lingua italiana e quelli in lingua inglese.

La Tags Cloud, in italiano “nuvola di etichette”, è un primo strumento di rappresentazione grafica di risultati derivanti da un’analisi del testo. Essa riflette (senza esibire numeri, ma di fatto essendo l’esito del calcolo delle frequenze relative associate alle singole parole ed espressioni linguistiche presenti in un documento) le fondamenta dell’analisi del contenuto classica. Più specificamente, consiste nella rappresentazione grafica di parole ed espressioni linguisticamente “chiave” in forma di nuvola, fondata sul peso della singola keyword sul totale delle parole presenti in un dato corpus testuale. Ai fini dell’immediata comprensione dei risultati, è attribuito un font più grande ai termini con frequenza relativa più elevata1

I risultati sono i seguenti:

Figura 1 – Tag Cloud Twitter in lingua inglese

 

 

 

 

Figura 2 – Tag Cloud twitter in lingua italiana

Il primo dato, che prontamente risalta guardando le due nuvole, è che i twitter in lingua inglese sono decisamente più numerosi. Gli utenti in lingua italiana hanno trattato l’argomento in modo informativo al fine di condividerne l’esperienza. I twitter in lingua inglese hanno trattato dell’argomento soprattutto in relazione al preciso momento dell’Hajj facendo risaltare la persona di Mona Eltahawy. Interessante è il tag “assault” che ben definisce la percezione del fenomeno considerato come un assalto al genere femminile tutto. Non manca anche qui l’importanza della condivisione l’esperienza (speak, shared).

Gli abusi sulle donne non hanno colore, etnia o religione è una piaga che coinvolge tutti e tutti siamo chiamati a prenderne coscienza.


 Note

1 M. P. Faggiano “L’analisi del contenuto di oggi e di ieri. Testi e contesti on e off line” Franco Angeli. P. 84

Copertina: Thelily, I, too, was sexually assaulted during the hajj.

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