Delta del fiume Niger: da oasi verde a inferno rovente


Nigeria tra conflitti etnici ed inquinamento



La Nigeria è lo stato più popoloso dell’Africa con oltre 200 milioni di abitanti. La sua economia si basa sull’esportazione di prodotti quali cacao e olio di palma, ma soprattutto sull’esportazione del petrolio che lo rende uno dei maggiori produttori dell’intero continente africano.
Nonostante gli elevati introiti dovuti al commercio del greggio, il World Poverty Clock stima che circa il 43% della popolazione nigeriana vive in condizioni di estrema povertà con in media 1.90 dollari al giorno[1]. Questo paradosso è reso possibile dagli alti tassi di corruzione politica che non garantiscono un equo sviluppo in tutti i 36 stati federati in cui è suddiviso il Paese. L’area maggiormente colpita dalla povertà e dalla mancanza di beni e servizi primari è quella del Delta del fiume Niger, nel sud-est del paese, dove si concentra circa l’80% della produzione petrolifera nazionale.

Delta del fiume Niger

Il fiume Niger è il fiume più lungo dell’Africa occidentale e attraversa cinque Stati (Guinea, Mali, Niger, Benin e Nigeria) sfociando in Nigeria in un ampio delta chiamato Delta del Niger. Fino al 1956 esso era un’incontaminata oasi naturale in cui si è sviluppato un delicato ecosistema e le popolazioni locali ne hanno tratto il sostentamento quotidiano[2]. Nel medesimo anno tutto è cambiato a causa della scoperta dei primi giacimenti di petrolio che hanno trasformato l’oasi in un inferno che ancora oggi continua a bruciare2.
Dal 1956 grandi compagni petrolifere come Total, Chevron e Repsol[3] hanno preso possesso dell’area con il sostegno di governi militari corrotti ed autoritari che hanno svenduto le risorse nazionali a discapito delle popolazioni locali. Queste ultime non hanno tratto alcun beneficio dalle attività estrattive e sono costrette a vivere in un ambiente sempre più malsano e pericoloso per la salute a causa di oleodotti e conduttori obsoleti che generano frequenti dispersioni di greggio nelle falde acquifere e nei terreni agricoli. Secondo i rapporti dell’UNDP (United Nations Development Programme)3 le popolazioni del delta, che vivono di pesca e di agricoltura di sussistenza, sono indotte ad approvvigionarsi con acqua putrida e a cibarsi di pesci inquinati ogni giorno.
Il risentimento verso le multinazionali occidentali e il governo centrale accusato di tradimento, ha spinto molti giovani del delta ad imbracciare le armi e a formare gruppi con lo scopo di sabotare i siti petroliferi e questo sta mettendo a dura prova la capacità del governo centrale di rispondere alla crisi in atto nell’area.


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Non solo Boko Haram

Negli ultimi anni la Nigeria ha visto un incremento di attacchi terroristici nei siti di estrazione del greggio. Le compagnie petrolifere e i governi non sono ancora riusciti a trovare un accordo con le popolazioni locali per migliorare la situazione a causa degli innumerevoli attentati e dei troppi gruppi armati che nascono con nuove sigle in pochissimo tempo. Nel 2009 è stato firmato un accordo che ha sancito un’amnistia per i guerriglieri del Mend (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger) che hanno deposto le armi[4].
Nonostante questo risultato, le condizioni delle popolazioni fluviali non sono migliorate: estrema povertà, aumento dell’inquinamento ed assenza di scuole e strutture ospedaliere hanno causato nuovi attacchi armati con il sostegno della popolazione del delta che accusa il governo centrale di aver loro voltato le spalle. Nel tempo la lotta si è radicalizzata sempre di più tanto da generare un dimezzamento della produzione petrolifera.
Il fatto più grave è stata l’esplosione sottomarina degli oleodotti Forcados ed altri attacchi armati hanno provocato una riduzione di oltre 700mila barili di greggio al giorno. Il gruppo armato più temuto nell’area è quello costituito dai Niger Delta Avangers4. Essi utilizzano i social media come Twitter per rivendicare i loro attacchi terroristici e per annunciare ciclicamente di essere disposti al dialogo. Se da un lato ci sono gruppi armati che vogliono arrivare ad accordi con le autorità politiche, dall’altro ci sono sempre altri gruppi, come i Niger Delta Green Justice e i Revolution Alliance, che compiono continuamente atti terroristici4, sequestrano operai sulle piattaforme e questa situazione non fa altro che indebolire il governo nigeriano, già indebolito dalla perenne guerra contro Boko Haram a nord. Individuare un affidabile interlocutore per concordare un cessate il fuoco e per un’equa distribuzione delle risorse si sta rivelando un’impresa impossibile. Le bande armate che operano nell’area sono decine e tutte con nomi diversi, i giovani locali non hanno alcuna prospettiva e la popolazione è costretta a vivere alla giornata in un’area che fino a poco tempo fa era tra le più fertili e ricche d’acqua dell’Africa. Nonostante il governo elargisca frequenti pagamenti ad alcuni gruppi armati, in poco tempo ne sorge un altro che rivendica per sé il medesimo pagamento e ciò rende indecifrabile il futuro del delta del Niger.

Quale futuro per i giovani nigeriani?

In un Paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile è tra i più elevati dell’Africa, il sentimento dell’esclusione economica è ampio tra i giovani che abitano le rive del delta[5]. Essi hanno sviluppato un profondo rancore verso il governo e le compagnie petrolifere tanto da spingerli a riunirsi in bande armate. Oltre ad impiegare la forza, i giovani nigeriani stanno cercando di reagire alla devastazione ambientale in altri modi. Molti di essi hanno deciso di non utilizzare la violenza e sono diventati attivisti richiedendo normative migliori sull’ambiente e campagne per la bonifica della terra inquinata5. Altri ancora chiedono posti di lavoro nell’industria petrolifera per compensare i mezzi di sussistenza rurali che hanno perso, mentre chi possiede i mezzi per viaggiare sta migrando verso le città in cerca di una vita migliore. Come già affermato, l’economia nigeriana si basa prevalentemente sulle esportazioni petrolifere, ma si tratta di un settore che è troppo sensibile alle oscillazioni del prezzo del greggio e per questo motivo non assicura stabilità e una crescita economica costante. È necessario che il governo federale si adoperi per rendere l’economia nazionale più diversificata cercando di coinvolgere maggiormente i giovani nel tessuto socio-economico, specialmente nel settore agricolo[6]. Si stima che nel 2050 la Nigeria arriverà a 250 milioni di abitanti e quindi bisognerà far fronte sia all’instabilità economica sia alla cattiva distribuzione dei profitti derivanti dall’industria petrolifera e si dovrà garantire una progressiva inclusione professionale dei giovani al fine di valorizzare e trovare risorse diverse dal petrolio.


Note

[1] Francesca Cerocchi, La questione del petrolio nigeriano: dalla scoperta del primo giacimento al conflitto, Policlic.it
[2] Maris Davis, Delta del Niger, dove il petrolio inquina la natura e calpesta i diritti, www.marisdavis.blogspot.com, 10 giugno 2017.
[3] Mauro Indelicato, La Nigeria e le conseguenze dell’inquinamento del Delta del Niger, it.insideover.com, 21 febbraio 2019.
[4] Riccardo Barlaam, Delta del Niger senza pace, Nigrizia, 7 settembre 2016.
[5] Davide Galati, Delta del Niger, giovani senza futuro tra esclusione e violenza, www.vociglobali.it, 29 luglio 2020.
[6] Angela Caporale, La food innovation che può aiutare l’Africa, www.ilgiornaledelcibo.it, 26 settembre 2019.


Foto copertina: Militante del Delta del Niger. FOTO: AFP