Lo studio della questione di Taiwan alla luce delle Teorie delle Relazioni interazionali


La questione di Taiwan è senza dubbio uno dei temi più spinosi della politica internazionale. L’obiettivo di questo articolo è fornire un’analisi dell’argomento nel quadro delle relazioni internazionali, con un focus specifico sulle dinamiche che circondano la politica internazionale del riconoscimento di Taiwan. Partendo da una panoramica storica che traccia il percorso dalla fine della guerra civile cinese, questo studio approfondisce le molteplici complessità della questione di Taiwan e le sue implicazioni per la diplomazia globale.
L’esame dell’argomento si concentra principalmente sulle relazioni dinamiche e in evoluzione tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese.
L’indagine chiave che guida questo esame riguarda le teorie delle relazioni internazionali che offrono le delucidazioni più perspicaci per comprendere la questione di Taiwan, in particolare nel quadro della politica “One China” degli Stati Uniti.
Questo studio esamina l’enigma di Taiwan analizzando e interpretando le complesse interazioni di varie forze e cause attraverso la lente di tre prospettive teoriche leader nel campo delle relazioni internazionali: Realismo, Liberalismo e Costruttivismo.


A cura di Augusto Tamponi

Panoramica storica

L’esito della Guerra Civile Cinese del 1949 vide la fazione comunista di Mao Zedong prevalere sulla controparte nazionalista guidata da Chiang Kai-Shek. Sconfitti, dunque, i nazionalisti del Kuomintang decisero di ritirarsi a Taiwan, dove stabilirono a Taipei la capitale della Repubblica di Cina (nonostante, per lungo tempo, Taiwan  abbia reclamato Nanchino come capitale).
Al contrario, la Repubblica Popolare Cinese designò Pechino come sede del suo governo, dopo aver conquistato con successo il controllo della terraferma. In seguito, le relazioni tra Pechino e Taipei sono state caratterizzate da iniziative limitate, dinamiche tese e un generale stato di incertezza. Infatti, la guerra civile si è conclusa solo con un armistizio di fatto, lasciando le due nazioni in uno stato tecnico di guerra. Durante i primi anni, si è assistito a una serie di scontri militari, mentre molti regimi si contendevano il riconoscimento di “governo legittimo della Cina”.

La Repubblica Popolare Cinese (RPC) occupa il seggio precedentemente occupato dalla Repubblica di Cina nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) da quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha emanato la Risoluzione 2758 nel 1971. In precedenza, la Repubblica di Cina aveva mantenuto il suo status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un anno dopo, nel 1972, il cambio di approccio degli Stati Uniti alla questione sino-taiwanese raggiunse il suo culmine con lo sviluppo della politica “One China” da parte di Richard Nixon e Henry Kissinger. Questa politica riconosceva che i cinesi su entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan fanno parte di un’unica Cina, che include Taiwan. Da questa dichiarazione, nota anche come Comunicato congiunto di Shanghai, era chiaro che Nixon era pronto a non danneggiare direttamente Taipei e ad ammettere che la Cina non poteva avere due governi legittimi allo stesso tempo.[1]  
Taiwan rappresenta il caso più evidente e vistoso di Stato non riconosciuto, dato che la maggior parte delle nazioni si è allineata alla decisione degli Stati Uniti.[2]  L’assenza di un riconoscimento formale complica ulteriormente le dinamiche dei legami tra le due sponde dello Stretto nel contesto globale.

Il governo di Taipei ha rifiutato in modo coerente e inequivocabile la dottrina di Pechino “Un Paese, due sistemi. Ha invece scelto un sistema di doppia rappresentanza internazionale che può essere sinteticamente descritto come Due Paesi e due sistemi. Questo approccio rappresenta efficacemente le attuali aspirazioni della Repubblica di Cina, che negli ultimi anni si è allontanata da pretese oggettivamente irrealistiche nei confronti della Cina continentale. Inoltre, questa formulazione riflette accuratamente la descrizione empirica dello status quo tuttora vigente.[3]

Taiwan e le teorie delle relazioni internazionali: un’analisi specifica

Il documento intende ora spostare l’attenzione sulle Teorie delle Relazioni Internazionali, ponendo la seguente domanda: Quali sono le teorie delle relazioni internazionali che meglio aiutano a spiegare la questione di Taiwan, in particolare alla luce della politica dell’Unica Cina degli Stati Uniti? Le teorie delle relazioni internazionali del Realismo, del Liberalismo e del Costruttivismo sono gli strumenti migliori per analizzare la questione.
Come accennato, la prima delle teorie che utilizzeremo per la nostra analisi è quella del Realismo, che aiuta a fornire più di una visione delle ragioni e dei motivi che stanno dietro ai comportamenti degli attori che sono coinvolti nella questione. A questo proposito, è opportuno concentrarsi sul concetto di egemonia regionale, in quanto si tratta di un aspetto fondamentale che guida la politica estera della RPC. L’evidente adesione del potere cinese alla politica dell’Unica Cina è in effetti un manifesto delle sue aspirazioni di influenza, autorità e sicurezza all’interno della regione.
Il Partito Comunista Cinese è fortemente motivato e impegnato nella riunificazione con Taiwan, senza escludere alcun mezzo possibile, poiché per il Partito è una questione di credibilità non negoziabile alla luce della conservazione della sovranità della RPC. L’ossessione cinese per Taiwan, rinvigorita almeno in termini durante la presidenza di Xi Jinping, trae innegabilmente influenza dal “secolo di umiliazioni” subite per mano delle potenze coloniali e aggravate dalla Guerra Civile. Inoltre, l’enfasi che il Realismo pone sulla struttura anarchica del sistema internazionale e sull’intrinseco perseguimento dell’interesse personale da parte degli stati sottolinea la posizione irremovibile della Cina nel rifiutare di riconoscere la sovranità di Taiwan.

Naturalmente, la prospettiva realista ci aiuta anche a comprendere il ruolo degli Stati Uniti e la loro postura. Dalla fine della Guerra Fredda, che ha decretato la “vittoria” del modello occidentale contro il blocco socialista guidato dall’Unione Sovietica, gli Stati Uniti tendono a percepirsi come potenza egemone a livello globale. Inoltre, Washington riconosce l’importanza strategica della regione Asia-Pacifico (dove la presenza statunitense è forte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale) e considera Taiwan uno strumento funzionale alla strategia di controbilanciamento del potere politico della Cina nell’area (ad esempio, impedire alla RPC di monopolizzare la cruciale produzione di semiconduttori che ha sede proprio sull’Isola di Formosa). Gli Stati Uniti cercano quindi di proteggere la loro posizione attraverso la vendita di armi, accordi diplomatici e impegni più o meno espliciti nella difesa dell’indipendenza de facto di Taiwan. Questo approccio riflette efficacemente il cuore del Realismo, che prevede atti volti a preservare la sicurezza e il prestigio del soggetto in un contesto di competitività internazionale.[4]
Passiamo ora all’utilizzo della prospettiva liberale, la seconda teoria scelta per analizzare la questione di Taiwan alla luce delle categorie delle Relazioni Internazionali. La rivoluzionaria (e ambigua) politica dell’Unica Cina rappresenta un approccio altamente pragmatico che ha permesso (e permette tuttora) agli Stati Uniti di muoversi con relativa disinvoltura in un terreno diplomatico particolarmente delicato. La politica, infatti, include il riconoscimento della posizione della Cina comunista come unico rappresentante legittimo della Cina, pur lasciando un deliberato velo di ambiguità sulla natura di Taiwan, di cui gli Stati Uniti semplicemente non sostengono una dichiarazione formale e unilaterale di indipendenza.
In pratica, la politica dell’Unica Cina è diventata un dispositivo diplomatico essenziale per i Paesi che vogliono interagire sia con la Cina che con Taiwan.
In questo senso, l’ambivalenza della politica dell’Unica Cina è evidente. In questo contesto, la Cina mantiene relazioni formali solo con quei Paesi che aderiscono ufficialmente alla politica, scongiurando così il pericolo che essi riconoscano ufficialmente l’autonomia di Taiwan. Mentre tutti gli altri si avvalgono della suddetta per continuare ad avere rapporti (anche se di natura “informale”) con la Repubblica di Cina senza irritare troppo Pechino.
Tra le teorie delle relazioni internazionali, il Liberalismo pone particolare enfasi sul ruolo delle norme internazionali e, nel caso spinoso di Taiwan, sull’importanza delle capacità creative delle diplomazie.
Inoltre, il Liberalismo è utile anche per comprendere appieno l’impegno che gli Stati Uniti hanno assunto nei confronti di Taiwan, ovvero quello di proteggere uno Stato con istituzioni democratiche la cui indipendenza è minacciata dall’autocrazia della Repubblica Popolare Cinese.

Il Costruttivismo

L’ultima delle teorie delle relazioni internazionali che abbiamo scelto per studiare la questione di Taiwan è il Costruttivismo.
Il quadro costruttivista offre importanti spunti di riflessione sul ruolo dell’identità, delle narrazioni storiche e delle costruzioni politiche e sociali che, a tutti gli effetti, modellano e governano il comportamento di tutti gli attori coinvolti negli affari internazionali e, in questo caso, nella questione di Taiwan. L’esistenza storica della Repubblica di Cina (ROC) prima dell’istituzione della Repubblica Popolare Cinese (RPC), insieme alla sua governance democratica e alla sua vivace società civile, ha giocato un ruolo significativo nel plasmare l’identità distinta di Taiwan e il suo tentativo di ottenere un riconoscimento globale.

Inoltre, il metodo costruttivista consente di contestualizzare il rifiuto di Taiwan di accettare l’ideologia cinese “Un Paese, due sistemi”. L’impegno costante verso la nozione di “due Paesi, due sistemi” esemplifica la natura intricata dell’identità di Taiwan, che deriva dalla sua continua evoluzione storica e dalla sua vasta, seppur effettivamente recente, eredità democratica. Questa prospettiva offre preziose indicazioni sulla determinazione di Taiwan a mantenere un posto distinto nella comunità globale nonostante le pressioni esterne. L’enfasi che il costruttivismo pone sui fattori ideativi evidenzia la complessa interazione tra identità, memoria storica e dinamiche geopolitiche nel contesto di Taiwan.

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L’uso del Realismo, del Liberalismo e del Costruttivismo costituisce uno strumento prezioso per comprendere la questione di Taiwan e le innumerevoli ripercussioni che ha sullo scacchiere geopolitico, in particolare sullo sfondo delle relazioni tra Cina e Stati Uniti.

Il realismo chiarisce le dinamiche di potere, le preoccupazioni per la sicurezza e le ragioni strategiche che accentuano il carattere anarchico del sistema internazionale. Il liberalismo, invece, sottolinea l’importanza delle regole diplomatiche, della collaborazione internazionale e dei valori condivisi per affrontare efficacemente il problema di Taiwan. Inoltre, il liberalismo può essere utilizzato per spiegare la solidarietà che le democrazie mostrano nei confronti di Taiwan. Infine, il Costruttivismo punta i riflettori sulla complessità dell’identità, che è il risultato sia della memoria storica che dell’evoluzione dei costrutti sociali, mostrando l’incredibile concomitanza di fattori che aiutano a spiegare la questione di Taiwan.
La complessa natura delle relazioni internazionali e della diplomazia, così come l’interazione di una varietà di punti di vista teorici, sono tutti splendidamente incapsulati nella Questione di Taiwan. Comprendere la questione di Taiwan è fondamentale per capire le dinamiche più ampie e le complessità in gioco nella politica globale, in particolare nella regione Asia-Pacifico.


Note

[1] Chai, W. (1999). Le relazioni tra la Cina continentale e Taiwan. Asian Affairs: An American Review, 26(2), 59-76.
[2] Ho, S.-y., & Kao, L. (2002). Journal of East Asian Studies, 2(1), 89-110.
[3] Hsieh, P. L. (2009). “Hinkende” Staaten im Völkerrecht. Die Friedens-Warte, 84(3), 59-81.
[4] Li, V. H. (1979). La legge del non riconoscimento: Il caso di Taiwan. 1 Nw. J. Int’l L. & Bus., 134.


Foto copertina: Taiwan