(ZES) Zone economiche speciali ed il caso Shenzhen in Cina


Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono aree circoscritte che attraggono investimenti stranieri poiché offrono un ambiente imprenditoriale più vantaggioso rispetto all’economia aperta. A seguito dei primi casi di successo, come quello delle ZES nella Cina meridionale, tale strumento di politica industriale si è diffuso in maniera esponenziale in Asia e nel resto del mondo. La nota ZES di Shenzhen continua il suo sviluppo hi-tech.


L’ABC delle Zone Economiche Speciali

Nel contesto di un’economia globalizzata le zone economiche speciali (ZES) si sono rivelate una politica industriale di rilievo. A partire dalla seconda metà del ventesimo secolo questo tipo di intervento ha permesso di accelerare la crescita economica di alcuni paesi. Per delineare il contesto geografico, secondo il World Investment Report 2019 (UNCTAD) le ZES sono maggiormente concentrate in 10 paesi, i quali ne ospitano l’80% del numero totale (Cina, Filippine, India, Stati Uniti, Federazione Russa, Turchia, Tailandia, Repubblica Dominicana, Kenya e Nicaragua). Nel 2019 sono state registrate 5400 ZES in totale, 1100 delle quali sarebbero state fondate tra il 2016 e il 2019; ulteriori 500 sono state pianificate per gli anni a venire.[1] Al fine di comprendere l’oggetto di questa analisi è necessario chiarire terminologia e definizione di ZES. Il termine zona economica speciale viene spesso usato per descrivere alcune varianti delle tradizionali zone di libero scambio.[2] Generalmente una ZES corrisponde ad un territorio circoscritto, all’interno del quale vengono adottate normative “speciali” al fine di favorire l’attrazione di investimenti, le esportazioni e la creazione di occupazione.[3] Alcuni dei vantaggi competitivi di cui dispongono le ZES sono infrastrutture sviluppate ed incentivi di natura fiscale e legale. In sostanza, tali zone vengono scelte dagli investitori come luoghi in cui investire il proprio capitale poiché offrono un ambiente imprenditoriale più vantaggioso rispetto all’economia aperta.  Le ZES non solo sono zone in cui vengono attirati investimenti diretti esteri (IDE) e viene via via alleviata la disoccupazione, ma fungono anche da laboratori sperimentali per l’applicazione di nuove politiche e quindi da sostegno alla riforma economica di un paese.[4] E’ noto infatti che tale politica industriale abbia il potenziale di condurre ad una trasformazione strutturale dell’economia di un paese, aumentandone la produttività industriale e portando avanti la specializzazione di alcuni settori.[5]

Ciclo di vita e dipendenza dal contesto

Fondamentale per giustificare il funzionamento (o meno) di una determinata ZES, è la consapevolezza della fase del ciclo di vita che la caratterizza in un determinato periodo storico. In linea di massima, e secondo alcuni studi tra cui quello di Aradhna Aggarwal, sono necessari tra i 5 e i 10 anni di incubazione prima di assistere a rilevanti spill-over benèfici tra ZES ed economia circostante. Le fasi più tipiche potrebbero essere riconosciute nelle seguenti: 1. Alla fondazione, il sistema produttivo di una ZES non necessita solitamente di personale qualificato e punta sull’alta intensità di lavoro. Gli stipendi sono bassi, le condizioni di lavoro e i livelli di sviluppo umano non sono ottimali. Ciononostante la ZES contribuisce gradualmente a diminuire la disoccupazione.[6] 2. La seconda fase dell’evoluzione della ZES si traduce nell’adozione di tecnologie e processi di produzione più sofisticati che richiedono personale maggiormente qualificato. Allo stesso tempo i salari aumento e le condizioni di lavoro migliorano. 3. Nella terza fase la ZES è interessata da una produzione ad alta tecnologia e ciò richiede un personale notevolmente qualificato. Per quanto riguarda i lavoratori, essi godono a questo punto di buoni servizi e condizioni di vita soddisfacenti.[7] Eppure, nemmeno il trascorrere del tempo garantisce automaticamente il buon funzionamento di una zona e gli spill-over positivi con l’economia. Le ZES dipendono molto dal contesto economico nel quale sono dislocate. Infatti la stessa tipologia di ZES potrebbe avere un impatto diverso a seconda del livello di industrializzazione di una data regione. Per esempio, i parchi scientifici e le hub logistiche sono di solito dislocate in paesi a reddito elevato, le zone specializzate si ritrovano in paesi a medio reddito e le zone multi-attività (usate per promuovere la riqualificazione industriale, il lancio della produzione e delle esportazioni) sono più comuni in paesi a basso reddito; queste ultime sono diffuse ad esempio in Africa dove rappresentano l’89% del totale e in America Latina e Caraibi, dove sono invece il 77% del totale.[8] Risulta opportuno concludere quindi che l’utilizzo di una sola etichetta, ossia zona economica speciale, si riferisce in realtà ad una moltitudine di varianti con caratteristiche, contesto e storia di sviluppo molto differenti.

ZES in Cina e caso Shenzhen

Le Zone Economiche Speciali hanno assunto notorietà e sono proliferate in un grande numero di paesi a seguito dei risultati impressionanti ottenuti dal caso cinese. Il 75% delle ZES si trova in Asia ed in Cina ne risiedono più della metà del numero totale, ovvero oltre 2.500.[9] La Repubblica Popolare Cinese ha introdotto questa politica industriale a partire dalla fine degli anni Settanta/ inizio degli anni Ottanta. Da quel momento in poi, le ZES sono state riconosciute come motore di crescita per l’economia del paese.[10] Nella Repubblica Popolare Cinese degli anni Ottanta, le ZES sono state infatti un laboratorio per la politica di apertura e per l’introduzione del libero mercato. La buona riuscita delle sperimentazioni ha contribuito a portare avanti la Open Door policy del 1978, a seguito della quale il PIL cinese è cresciuto con una media superiore al 9% annuo e con un aumento del PIL pro capite da US$193 a US$ 3,263 tra il 1980 ed il 2008.[11] La transizione da un’economia centralizzata ad un’economia di mercato è stata avviata dal decentramento delle risorse statali. In particolare le regioni costiere hanno registrato un aumento del decentramento rispetto alle regioni centrali e occidentali del Paese. Questo decentramento ha poi portato alla privatizzazione delle risorse, avvenuta appunto con la creazione delle zone economiche speciali (ZES).[12] Il caso più celebre di ZES in Cina è quello di Shenzhen. Nel 1980 essa era un villaggio di pescatori nella costa meridionale del paese e circa 20 anni dopo appariva già come una città in piena espansione, in grado di attrarre milioni di abitanti e capitali internazionali.[13] Il ciclo di vita di Shenzhen mostra la transizione a livello di tecnologia della produzione e qualifica dei lavoratori: la produzione degli albori necessitava personale poco qualificato; con l’aumento dell’occupazione e della produttività sono state introdotte nuove tecnologie, fino ad arrivare alla specializzazione in alcuni settori, come l’IT, l’immobiliare, il leasing e la ricerca scientifica.[14] Attualmente la produzione hi-tech a Schenzhen necessita di personale altamente qualificato e oggi la ZES continua la propria espansione. Recentemente il presidente Xi Jinping avrebbe concesso ulteriore autonomia alla “città dei miracoli”, che pianifica di introdurre riforme all’avanguardia; le norme riguardano transazioni transfrontaliere di dati, misure volte ad attrarre un maggior numero di talenti stranieri, ma anche, ad esempio, un sistema per la vendita online di farmaci da prescrizione o il miglioramento del processo di approvazione delle terapie con cellule staminali.[15] Visto il successo delle ZES in Cina meridionale è comprensibile l’interesse che tale strumento ha suscitato a livello internazionale, tra funzionari di governo, imprenditori, lavoratori e studiosi. L’esempio di Shenzhen è tuttavia uno dei più virtuosi ed i casi fallimentari di ZES non mancano all’appello.


Note

[1] World Investment Report 2019. Special Economic Zones, iv. UNCTAD. Disponibile al link: https://unctad.org/webflyer/world-investment-report-2019
[2] B. Cranea, C. Albrechtb, K. M. Duffinc and C. Albrechtd. China’s special economic zones: an analysis of policy to reduce regional disparities. Regional Studies, Regional Science, 5:1, p. 98. Disponibile al link: https://doi.org/10.1080/21681376.2018.1430612
[3] World Investment Report 2019. Special Economic Zones, iv. UNCTAD.
[4] F. Bost. Special economic zones: methodological issues and definition. Transnational corporations 26, no. 2 (2019), 150. https://doi.org/10.18356/948d2781-en
[5] Ibid.
[6] A. Aggarwal, SEZs and Economic Transformation: Towards a Development Approach, Transnational Corporations 26, no. 2 (2019). https://doi.org/10.18356/d5636c42-en  

[7] Ibid.
[8] World Investment Report 2019. Special Economic Zones, iv. UNCTAD. Disponibile al link: https://unctad.org/webflyer/world-investment-report-2019

[9] Ibid.
[10] T. Farole. Special Economic Zones: What Have We Learned? World Bank -Economic Premise no. 64 (2011): 1-5. https://www.researchgate.net/publication/227641178_Special_Economic_Zones_What_Have_We_ Learned

[11] Douglas Zhihua Zeng. China’s Special Economic Zones and Industrial Clusters: Success and Challenges (2012) p.1. Disponibile al link: https://www.lincolninst.edu/sites/default/files/pubfiles/2261_1600_Zeng_WP13DZ1.pdf
[12] B. Cranea, C. Albrechtb, K. M. Duffinc and C. Albrechtd. China’s special economic zones: an analysis of policy to reduce regional disparities. Regional Studies, Regional Science, 5:1, p. 98-100.
[13] M, KamNg. Shenzhen. Cities, Vol. 20 (6), December 2003, Pages 429-441. Disponibile al link:https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0264275103000817
[14] Investire a Shenzhen: Industria, economia e politica. China Briefing, 2022. Disponibile al link: https://www.china-briefing.com/news/investire-a-shenzhen-industria-economia-e-politica/  
[15] China’s Shenzhen gets green light for next wave of reforms. Reuters, 2022. Disponibile al link: https://www.reuters.com/world/china/chinas-shenzhen-gets-green-light-next-wave-reforms-2022-01-26/


Foto copertina: An employee monitors machinery used to adhere components to smartphone circuit boards in a manufacturing facility at ZTE Corp.’s headquarters in the Nanshan district of Shenzhen, China, on Thursday, Aug. 7, 2014. ZTE, a Chinese maker of telecommunications equipment and systems, is scheduled to report second quarter earnings on Aug. 20. Photographer: Brent Lewin/Bloomberg via Getty Images