Polonaise: Il cammino verso l’Alleanza Atlantica


Il percorso verso l’ammissione della Polonia nel North Atlantic Treaty Organization fu lungo e graduale. Gli sforzi del Presidente Wałęsa e dei vari governi susseguitesi dal 1991 al 1995, si scontravano con i timori e i dubbi di alcune correnti dell’ambiente accademico, diplomatico e politico polacco. Questi timori si concretizzavano principalmente su questioni di natura tecnica e logistica, ma anche di natura politica.


 

Tra i critici del progetto di adesione era diffusa l’opinione secondo la quale, una eventuale membership della NATO avrebbe richiesto un dispendioso (e costoso) processo di adeguamento del comparto militare – armamenti e sistemi d’arma di produzione sovietica dovevano essere sostituiti con equipaggiamento NATO – ed in particolare di riaddestramento del personale militare, secondo gli standard richiesti ai fini della partecipazione nella Alleanza Atlantica.
Inoltre, il punto di maggiore criticità risultava essere la rieducazione dei vertici militari, ovvero degli alti ufficiali formati e strutturati nelle accademie sovietiche, che si sarebbero trovati catapultati nel blocco atlantico da un momento all’altro, chiamati ad operare seguendo un protocollo del tutto diverso, ponendo anche dubbi in merito alla effettiva lealtà di questi ultimi.

(ri)Tornano i problemi con Mosca…

Nondimeno, il progetto di stringere una alleanza con l’Occidente creava non pochi timori, soprattutto in considerazione del fatto che ciò avrebbe segnato un peggioramento dei già freddi rapporti diplomatici con Mosca. Questi timori erano condivisi tanto dai polacchi quanto dai leader occidentali, i quali temevano di compromettere i timidi segnali di distensione con i russi, dopo decenni di Guerra Fredda.

Per la Russia, che non aveva mai abbandonato l’idea di ricostruire l’impero perduto, il fatto che alcuni paesi ex sovietici, Polonia in primis, spingessero a tal punto per cementare la partnership con gli Stati Uniti, rappresentava uno scenario a dir poco irritante, nonché una minaccia alla propria egemonia, al proprio ruolo di guida dei popoli slavi.

Sin dai tempi degli Zar, infatti, i russi si erano eretti come veri depositari della cultura slava e come “protettori” delle nazioni a est del fiume Odra.[1]

La Russia mostrò sin da subito la propria contrarietà al progetto polacco, nonostante il fatto che dell’Unione Sovietica non restava ormai che polvere, denotando come Mosca continuasse ad intendere le terre del “vicinato”, come area sottoposta alla sua diretta influenza geopolitica.

Lo scenario cambiò nel luglio 1991, quando il Patto di Varsavia fu ufficialmente sciolto, segnando la fine dell’alleanza sovietica dopo circa trentacinque anni, al quale fecero seguito gli accordi di Belovezha, che sancirono la definitiva dissoluzione dell’URSS. Ciò nonostante, il timore di una reazione negativa da parte di Mosca si fece strada rapidamente nei pensieri di una parte società politica polacca.

La ragione di tale timore risiedeva principalmente nel fatto che, nel periodo tra il 1991 ed il 1993, la Russia procedeva al lento processo di smantellamento dell’immenso apparato militare sovietico, ancora presente sul suolo polacco.

In quel periodo, infatti, circa 56,000 soldati sovietici stavano lasciando la Polonia; 600 carri armati, 200 aerei militari e svariate tonnellate di munizioni venivano lentamente trasferite in Russia. L’idea che, contrariamente alle aspettative, Mosca potesse operare un colpo di reni e ordinare un intervento per scongiurare l’ingresso polacco nella NATO, inquietava non poco Varsavia.

Tuttavia, il Presidente Wałęsa appariva più risoluto e convinto che mai sul fatto che il suo paese avrebbe dovuto perseguire sulla rotta atlantica, a qualunque costo. Egli era profondamente convinto che la nazione del futuro avrebbe guardato ad Ovest.

Il 17 settembre 1993, a dispetto di qualsiasi timore, un ufficiale russo, il Generale Leonid Kovalev, informò ufficialmente il Presidente che l’ultimo contingente aveva lasciato Legnitz, e attraversato il confine russo.[2]

In occasione della ricorrenza dell’invasione sovietica della Polonia, iniziata il 17 settembre 1939, Wałęsa annunciò in un discorso:

Today marks the end of a certain epoch in our common history. Historical justice has been done. There are no more foreign troops on Polish territory[3]

In aggiunta, nello stesso anno, poco prima dell’ufficialità del ritiro delle truppe sovietiche, si tenne un incontro tra il Capo di Stato polacco e il Presidente della Federazione Russa Boris Yeltsin, in visita nella capitale polacca. In quella occasione Wałęsa, comunicò al suo omonimo russo l’intenzione di avviare gli accordi di adesione alla NATO, per la Polonia e per gli altri paesi del gruppo di Visegrad.

Al termine dell’incontro, tra lo stupore dell’opinione pubblica e dei suoi stessi consiglieri, il Presidente Yeltsin affermò di comprendere[4] la volontà della Polonia di aderire al Patto Atlantico.[5]

Una volta rientrato a Mosca, Yeltsin fu “invitato” dal suo staff a ritrattare quanto affermato durante la visita con Wałęsa.

Tuttavia, in maniera del tutto inaspettata, l’Occidente e il governo polacco, bloccati dal timore di provocare l’ira di Mosca, accantonarono dubbi e paure, aprendo ufficialmente le negoziazioni per discutere dell’ammissione della Polonia e degli altri stati centro-europei nella NATO.

The path towards the West

Bisogna precisare che, sin dal 1991, si erano regolarmente susseguiti contatti informali tra le parti in causa. Come nel marzo del 1992, quando l’allora Segretario Generale NATO Manfred Wörner, durante una visita in Polonia, dichiarò che le porte della Alleanza erano aperte a nuovi membri. Nello stesso anno, inoltre, i ministri della difesa degli stati ex-comunisti furono invitati al primo incontro del Comitato militare NATO.

Nel 1993, Wałęsa inviò una nota ufficiale al Segretario Generale NATO, confermando la volontà di Varsavia di proseguire il suo avvicinamento all’Occidente.

Nel 1994, in occasione del summit NATO a Bruxelles, gli stati dell’Europa centro-orientale furono invitati a prendere parte alle consultazioni in merito alla proposta di istituire il programma Partnership for Peace (PfP)[6], prevedendo la pianificazione di missioni di peacekeeping, missioni umanitarie ed esercitazioni multinazionali.

Il 12 gennaio dello stesso anno, i capi di stato del Gruppo di Visegrad incontrano il Presidente U.S. Bill Clinton a Praga, affermando la volontà di accettare l’impegno del programma NATO, nell’ambito della strategia di cooperazione tra gli ex membri del Patto e gli stati occidentali, il North Atlantic Cooperation Council (NACC)[7] istituito nel 1991.

La firma del documento del PfP, da parte del Primo Ministro Waldemar Pawlak, nel 1994, nella cornice del Quartier Generale NATO a Bruxelles, sancì il primo step formale verso l’adesione, al quale seguì l’adozione dello “Individual Partnership Programme (IPP)”[8], un accordo mediante il quale la Polonia definiva i termini della sua partecipazione alla partnership atlantica.

La fine del mandato Wałęsa e il declino del Solidarność

Tuttavia, nel corso del 1995, le turbolenze della politica nazionale minacciavano di pregiudicare gli sforzi compiuti per avviare una definitiva riorganizzazione interna ed esterna del paese, culminate con la sconfitta del Presidente uscente alle elezioni presidenziali. La figura di Wałęsa, un tempo eroe del Solidarność e della lotta al comunismo, fu messa da parte poiché ritenuta non più adatta al nuovo scenario politico. A vincere le elezioni presidenziali fu Aleksander Kwaśniewski, leader del Partito Social Democratico, facente parte dell’Alleanza della Sinistra Democratica (SLD), storico membro del Partito Comunista polacco PZPR.

Paradossalmente, il nuovo presidente eletto, di estrazione comunista, si trovava ad operare in un contesto in cui la Polonia consolidava la sua posizione nella Alleanza Atlantica e aveva orientato il suo ordinamento statale verso il modello democratico occidentale.

Nonostante ciò, Kwaśniewski si dimostrò un leader competente, moderato, consapevole che il percorso verso la NATO, prima, e verso l’Unione Europea, poi, dovesse essere seguito senza rallentamenti o cambi di direzione. Sotto la sua guida la Polonia ottenne una nuova costituzione definitiva. Infatti, il 2 aprile 1997, entrò in vigore la Costituzione della Repubblica di Polonia, sostituendo quella di stampo stalinista, la Costituzione della Repubblica popolare di Polonia, nota come Costituzione di Luglio o Costituzione del 1952, e quella del 1992, conosciuta come Piccola Costituzione del 1992.[9]

L’Ovest accoglie la nuova Polonia.

L’8 luglio 1997, durante il summit dei Capi di Stato e di Governo tenutosi a Madrid, la NATO invitò ufficialmente i leader di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria a prendere parte ai lavori per la pianificazione delle procedure di ratifica degli accordi compresi nel Protocollo di Accesso, all’interno del “Declaration on the Euro-Atlantic Security and Cooperation”.

Nei mesi di novembre e dicembre del ’97, il Premier polacco Buzek e il Ministro degli Affari Esteri Geremek, firmarono l’accordo riguardante il contributo finanziario del 2,48% del GDP richiesto dalla partnership Atlantica; fu notificata, inoltre, la firma del Protocollo di Accesso da parte dei paesi NATO, in attesa della ratifica da parte di Washington.

Nel gennaio 1999, il Segretario Generale NATO Javier Solana, inviò formale invito di partecipazione a Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.

Nel febbraio del 1999, il Sejm ed il Senato approvarono l’atto di ratifica del North Atlantic Treaty. Di seguito, il Primo Ministro e il Presidente Kwaśniewski firmarono l’Act of Accession to the North Atlantic Treaty.

Il 12 marzo 1999, a Indipendence, nello stato del Missouri, il Ministro degli Esteri Geremek, consegnò l’Atto di Accesso al Segretario di Stato US Albright, sancendo la definitiva entrata della Polonia nell’Alleanza Nord-atlantica.[10]

La strategia NATO in Europa basata sulla partnership polacca…

Il ruolo del Presidente Kwaśniewski fu importante per il successo della strategia della cosiddetta “open door”, ovvero la strategia della porta aperta della NATO, la quale poté contare sull’attivismo politico del leader polacco nell’allargamento della sua “Eastern Flank”.[11]

Di fatto, la naturale vocazione orientale della diplomazia polacca (quella “Ostpolitik” di cui abbiamo parlato nello scorso numero) rappresentava una carta strategica importantissima per gli alleati, visto che, attraverso l’influenza di Varsavia nella regione, sarebbe stato possibile assicurare la sicurezza del confine orientale dell’Europa, contenendo al contempo l’influenza russa nelle repubbliche ex-sovietiche.

La dedizione politica del Presidente Kwaśniewski – che giocò il ruolo di promotore e mediatore nella ammissione della Lituania alla NATO e nella promozione democratica in Ucraina, nel corso della cosiddetta “Rivoluzione Arancione” – diventerà un’arma strategica importantissima per l’agenda politica della stessa Alleanza.
Durante il suo mandato, ad esempio, si gettarono le basi per l’affermazione della politica orientale polacca all’interno del framework atlantico, come dimostrato dalle interessanti iniziative di cooperazione regionale sponsorizzate da Varsavia, Bucharest Nine (B9) e Three Seas Initiative (3SI).[12]

In teoria, la presenza polacca nella NATO, aveva un significato molto importate per gli Stati Uniti, i quali si prodigarono strenuamente per l’ammissione della Polonia. Per Washington, che godeva di un rapporto privilegiato con Varsavia, la Polonia rappresentava – e rappresenta tutt’ora – un tassello chiave per l’ottenimento di un doppio vantaggio geopolitico: in primis, consolidare la sicurezza del confine orientale, inglobando i paesi ex-sovietici nella sfera di influenza NATO, al fine di isolare la Russia; in secondo luogo, contrastare e limitare l’influenza politica di Mosca nei cosiddetti “paesi di nessuno”. [13]

Una Polonia che, nel giro di pochi anni, avrebbe assunto (o creduto di assumere) il ruolo di più stretto alleato US all’interno del quadro geopolitico europeo, come testimonia la partecipazione militare polacca nella guerra in Iraq del 2003, al fianco di britannici e statunitensi.[14]

In quello scenario, si certificò il legame indissolubile tra Varsavia e Washington, il suo più grande alleato, verso il quale buona parte dell’opinione pubblica polacca, in particolare le correnti nazionaliste-conservatrici ed euro-scettiche, riponeva maggior fiducia rispetto alla scarsa capacità militare degli alleati europei.
Queste correnti porteranno la Polonia del nuovo millennio a riorganizzare l’intero apparato di difesa nazionale facendo leva sul supporto americano, soprattutto in funzione antirussa, aprendo profonde divisioni politiche e ideologiche con gli altri partner europei della NATO. Si vedrà, dunque, come questo squilibrio nelle relazioni diplomatiche e nella strategia geopolitica polacca, creerà non pochi problemi all’interno della cooperazione multilaterale della stessa Alleanza Atlantica.


Note

[1] Cit. DAVIES, N. God’s Playground A History of Poland: Volume II: 1795 to the Present. Revised Edition. OUP Oxford, 2005. Pp.60-82
[2] Monika Sieradzka, Charting Russia’s role in Poland’s path to NATO, DeutscheWelle, 17.09.2018, https://www.dw.com/en/charting-russias-role-in-polands-path-to-nato/a-45530894
[3] Ibidem.
[4] https://www.nytimes.com/1993/08/26/world/yeltsin-understands-polish-bid-for-a-role-in-nato.html
[5] Monika Sieradzka, Charting Russia’s role in Poland’s path to NATO, DeutscheWelle, 17.09.2018, https://www.dw.com/en/charting-russias-role-in-polands-path-to-nato/a-45530894
[6] https://www.sto.nato.int/Pages/partnership-for-peace.aspx
[7] https://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_69344.htm
[8] Nota: Individual Partnership Programme (IPP) è un accordo bilaterale tra la NATO e il singolo membro, valido per due anni, nel quale si stabiliscono le modalità e le azioni da mettere in atto nel campo della sicurezza, in base alle capacità ed interessi specifici del paese partner. Oggi prende il nome di Individual Partnership and Cooperation Programme. Vedi: NATO, Topics, Partnership for Peace programme/ https://www.nato.int
[9] La Polonia è stato il primo paese europeo a dotarsi di una costituzione moderna, la Costituzione polacca del 3 maggio 1791, nota come Costituzione di Maggio.
[10] Material produced by the Permanent Representation of Poland to NATO in Brussels https://www.msz.gov.pl/en/foreign_policy/security_policy/nato/road_to_nato;jsessionid=A4C2F3773220707E4EB609D33D1BF6C2.cmsap5p
[11] Davide Borsani | 19 ottobre 2016, NATO’s Quest for Strategic Identity on Eastern and Southern Flanks, ISPI Online / https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/natos-quest-strategic-identity-eastern-and-southern-flanks-15873
[12] Vasile Rotaru and Andreas Umland, November 10, 2017,  How Romania and Poland Can Strengthen NATO and the EU / Two New Cooperation Initiatives Could Improve Regional Security, Foreign Affairs / https://www.foreignaffairs.com
[13] Vedi Malghin, A. (2011). Russia e Polonia nella “Ostpolitik” dell’Unione europea. Rivista Di Studi Politici Internazionali, 78(4 (312)), 529-540. http://www.jstor.org/stable/42741077
[14] Ryszard Zięba, Twenty years of Poland’s Euro-Atlantic Foreign Policy, International Studies, 2011, Vol. 13, No. 1, 11-21, DOI: 10.2478/v10223-011-0004-2


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