La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla procura di Roma lasciando momentaneamente sospeso (purtroppo a lungo) il processo a carico degli 007 egiziani che hanno sequestrato, torturato ed ucciso il ricercatore italiano Giulio Regeni nel 2016, perché ad essi non possono essere notificati gli atti processuali, confermando quindi, l’inevitabile sospensione del processo deciso lo scorso ottobre dalla Corte d’Assise di Roma.
Analisi
L’intoppo legale è la mancata notificazione del decreto che dispone il giudizio degli atti ai 4 007 che nonostante siano stati identificati, non possono essergli notificati gli atti a loro carico facendo venire meno le regole del contraddittorio e giusto processo. Non si potrà proseguire col processo a loro carico fino a quando l’Egitto, – che fino ad ora non ha collaborato con le le autorità italiane deputate alle indagini, anzi, ha soltanto depistato – non fornirà gli indirizzi dei quattro imputati, facendo uscire da questo “impasse procedurale” la procura, così da notificare e portare a conoscenza ai membri dei servizi di sicurezza egiziani accusati che in capo a loro in Italia è incorso un processo per sequestro, tortura e omicidio.
Il caso
Le persone indirizzate dalla notifica e per cui il procuratore di Roma aveva chiesto il rinvio a giudizio (quale chiaro esercizio del suo potere in quanto dominus delle indagini preliminari) sono: il generale Sabir Tareq, i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal e il maggiore Magdi Sharif, accusati di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.
Aspetti processuali
La richiesta di rinvio a giudizio è l’atto con cui il pubblico ministero esercita l’azione penale e attraverso tale atto, il p.m. chiede che gli imputati siano chiamati a rispondere in sede dibattimentale del reato a loro ascritto contenuto all’interno del capo d’imputazione. La prosecuzione dibattimentale attribuisce ad essi la facoltà di potersi difendere, secondo il principio del contraddittorio e del giusto processo (garantiti dalla costituzione italiana), difatti gli imputati potrebbero presentare memorie, chiedere riti alternativi o chiedere di essere ascoltati per chiarire la loro posizione. Il problema sorge quando nel momento in cui i quattro agenti egiziani destinatari dell’azione penale, erano stati rinviati a giudizio nel processo iniziato in Italia. Le autorità egiziane avevano esplicitamente annunciato fin dal primo momento, di non voler fornire gli indirizzi degli stessi affinché non fossero notificati loro gli atti, ben sapendo che tale passaggio per il diritto processuale penale italiano è fondamentale ovvero per il prosieguo di un qualsiasi processo, vo deve essere la notificazione degli atti affinché l’imputato possa essere portato a conoscenza di un procedimento nei suoi confronti. Difatti, tale notifica ha lo scopo di preannunciare all’imputato che è in corso un procedimento a suo carico ed una non notifica, comporterebbe una sospensione.
Il Gup presso il Tribunale di Roma aveva sostenuto che visto il clamore e la notorietà che il caso aveva assunto a livello politico e mediatico internazionale (essendo un fatto notorio ben conosciuto in Egitto, Italia e gran parte dei paesi dell’Unione Europea essendo il caso Regeni oggetto di svariate interrogazioni al consiglio dei diritti Umani presso le Nazioni Unite, (avendo entrambi i paesi Italia e Egitto rarificato la convenzione contro la tortura del 1984) si sarebbe potuta considerare già di per sé una notifica, ma la Corte d’Assise e poi la Cassazione hanno ritenuto diversamente affermando che seppur notorio, non va a sanare la mancanza di notificazione e quindi di conoscenza del processo per gli imputati. La mancata notifica nei confronti degli agenti dei servizi segreti egiziani non era una scelta, né un errore da principiante da parte di un procuratore neofita, ma appariva una inevitabile conseguenza causata dell’atteggiamento ostile di un Paese straniero che sin dal principio aveva affermato l’intenzione di non far processare i suoi funzionari in Italia e che mai avrebbe fornito indicazioni alcuna sulla loro residenza. Il Gup ha provato a forzare la mano processuale proprio per evitare una stasi o comunque tentare di andare avanti con il processo evitando una cristallizzazione che potrebbe durare per molto tempo, lasciando impuniti gli 007 egiziani del loro crimine.
A questo punto occorre chiedersi quale conseguenza comporterebbe se si accettasse una eventuale modifica ad hoc sulla notificazione del processo capace di risolvere le stasi processuali come questo.
Magari in casi rari ed eccezionali, il difetto di notifica sarebbe sanato dalla certezza di riconoscibilità fisica dei nomi dei destinatari del provvedimento penale, solo quando si è certi della riconoscibilità della loro persona e quindi vi è il riconoscimento di quella certezza fisica che sana la notificazione mancata sul loro domicilio o residenza.
Uno dei rischi che comporterebbe questa ipotesi di notificazione basato sul riconoscimento fisico, è l’abuso che se ne potrebbe fare: proprio perché seppur il processo è ampiamente conosciuto dai diretti interessati, la notorietà del fatto non può sanare “il difetto di notifica” che ha portato alla stasi del procedimento. Se si accetterebbe tale via traversa di notificazione, potrebbe vedersi applicata a molti processi fermi su persone considerate “irreperibili”; di contro una eventuale sanatoria della notifica – attribuita all’autorità giudiziaria -, andrebbe usata con parsimonia essendo un potere d’azione nuovo nelle mani della magistratura che – sicuramente e sapientemente – saprebbe usare.
Conclusioni
A questo punto non resta che conoscere le motivazioni della Cassazione sul rigetto, ma appare chiaro che il processo ha subito un “preannunciato” stop che difficilmente vedrà la sua prosecuzione processuale, salvo modifica con un decreto attuativo alla riforma Cartabia (ministro proponente) che potrebbe evitare la paralisi e la cristallizzazione del processo, il tutto corroborato dai principi costituzionali che regolano il processo.
Foto copertina: La Cassazione conferma la sospensione al processo per l’omicidio di Giulio Regeni