75 anni di ONU tra impegno e voglia di rinnovamento.


Dal 1945 ad oggi sul piano internazionale sono cambiate molte cose, ma l’ONU è rimasta la stessa.


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Il sistema internazionale è da sempre caratterizzato dall’anarchia. Non è da intendere, però, questa anarchia come caos, bensì come mancanza di un’autorità superiore agli stati, e agli attori internazionali in generale, capace di imporre loro delle norme e far sì che vengano rispettate.[1]
Questo principio ordinatore anarchico ha subito numerose trasformazioni nel corso della storia, a partire dal 1648, anno che segna la nascita del sistema degli stati modernamente intesi, fino all’epoca post-bipolare, alla quale i politologi tanto faticano a dare una denominazione. Nel corso delle varie fasi del sistema, l’assetto internazionale è cambiato ripetutamente, così come sono cambiati i rapporti di potere e le alleanze tra Stati e la polarità. È nel periodo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’inizio del bipolarismo che si colloca la fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Dopo la devastazione del conflitto mondiale, le principali potenze che ne uscirono vincitrici, percepirono l’esigenza di un’organizzazione internazionale, sovragovernamentale, che avesse come scopo il mantenimento della pace globale[2].

I principi fondamentali su cui l’ONU veniva fondata erano due: la cessione dell’uso della forza da parte di ogni Stato membro all’organo esecutivo dell’organizzazione, il Consiglio di Sicurezza, che passava così ad essere l’unico detentore del monopolio della coercizione legittima, e il principio di non ingerenza degli affari interni di ogni Stato. Sul piano giuridico, quanto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite costituiva un punto di rottura con il passato e l’inizio di un nuovo ordine giuridico internazionale.
Di fatto l’ONU ha costituito la sede di formazione di nuove norme di rango internazionale, consuetudinarie e pattizie, contribuendo così alla costruzione della struttura giuridica della comunità internazionale. Su questo aspetto non si può discutere.

Tuttavia, a 75 anni dalla fondazione dell’ONU[3] è impossibile non soffermarsi sul fatto che l’organizzazione abbia fallito nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal suo trattato istitutivo. Nel mondo continuano ad esserci conflitti, cambia poco che i conflitti internazionali siano stati sostituiti da conflitti interni, come guerre civili, si tratta pur sempre di guerre. I diritti fondamentali dell’uomo continuano ad essere violati, una buona quota della popolazione mondiale continua a vivere in condizioni di povertà. 
Ma perché un’organizzazione come l’ONU, che annovera oggi tra i suoi membri la quasi totalità degli Stati presenti al mondo, non è riuscita a raggiungere i suoi obiettivi?  In parte le cause del fallimento sono da ricercare nella struttura dell’organizzazione e nei poteri che gli Stati membri hanno attribuito alle Nazioni Unite attraverso il trattato istitutivo: da un lato l’Assemblea Generale, l’organo più democratico e rappresentativo della totalità dei membri all’interno dell’organizzazione, è dotata esclusivamente della capacità di rilasciare raccomandazioni, ovvero atti non vincolanti per gli Stati.
Dall’altro lato è evidente che la struttura dell’ONU non si sia adeguata nel tempo ai mutamenti che hanno caratterizzato la comunità internazionale ed è rimasta identica, tranne che per gli emendamenti del 1965, comunque poco rilevanti, che hanno aumentato il numero dei membri del CdS e del Consiglio Economico e Sociale, a quella voluta dai membri originari nel corso della Conferenza di San Francisco del 1945. Poco è importato all’organizzazione che dai 50 membri originari si è giunti oggi a contarne 193.
È evidente che urge una revisione[4] della struttura delle Nazioni Unite, che la allontani una volta per tutte dall’epoca della sua fondazione, il cui contesto internazionale non corrisponde più in nulla a quello odierno, e la riconduca al presente, dotandola della capacità e degli strumenti adatti a risolvere le problematiche attuali, ben diverse da quelle del 1945 di un mondo appena uscito da un conflitto mondiale, e portandola a rispecchiare le relazioni di potere presenti oggi tra gli Stati, dando quindi maggior risalto alle potenze che sono emerse recentemente e dando più spazio ai Paesi in via di sviluppo.
Dietro questi difetti strutturali dell’ONU si nasconde il fatto che la creazione dell’organizzazione non si è data soltanto, o forse affatto, sulla base delle buone intenzioni dei membri fondatori, mossi dal desiderio di raggiungere una pace universale, ma è stata strumentalizzata dalle cinque potenze uscite vincitrici dalla Seconda Guerra Mondiale per mantenere intatto il loro potere.
Ciò risulta evidente dai poteri decisionali che queste potenze si auto-attribuirono fin dall’incontro di Dumbarton Oaks, cui presero parte soltanto Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito e Cina, i quali proprio in questa sede, oltre a determinare a grandi linee la struttura dell’organizzazione, attribuirono ad ognuno di loro un seggio permanente in seno al Consiglio di Sicurezza, che venne dato poi anche alla Francia.
Non dimentichiamo, inoltre, la Conferenza di Yalta tra Roosevelt, Churchill e Stalin, i quali decisero che i cinque membri permanenti del CdS avrebbero goduto del diritto di veto, portandoli su un piano nettamente superiore rispetto agli altri membri. Infine, durante la Conferenza di San Francisco, in cui i 50 membri originari si riunirono per redigere la Carta sulla base delle proposte di Dumbarton Oaks, le cinque potenze respinsero ogni suggerimento che si discostasse da quanto esse avevano già precedentemente stabilito e che mettesse in discussione la loro superiorità all’interno dell’organizzazione[5].
Alla luce di tutto ciò, è evidente come l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia nata in maniera tutt’altro che democratica, preferendo un numero ridotto di Stati rispetto agli altri, in contrasto con i principi di eguaglianza espressi dalla Carta stessa. Proprio questo elemento storico, rimasto immutato nel corso dei 75 anni di storia dell’ONU, e il fatto che l’organizzazione non rappresenti equamente tutti i suoi membri ma l’effettivo potere di agire sia in mano alle cinque potenze, costituiscono le principali cause del mancato raggiungimento degli scopi dell’organizzazione.
La realtà onusiana, che è oramai diventata quasi una realtà parallela al vero sistema internazionale odierno e nella quale si intrecciano giochi di potere e strategie con cui gli Stati meno importanti cercano di tessere alleanze talvolta con un membro permanente, talvolta con l’altro soltanto per ottenere una voce in capitolo, dimostra oggi di essersi ridotta a teatro in cui gli Stati non agiscono in funzione del raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Carta, ma sono spinti da ragioni meramente politiche e di convenienza.


Note

[1] John J. Mearsheimer, “The false promise of International Institutions”, International Security, Vol. 19, n 3 (Winter, 1994-1995), pp. 5-49, MIT Press, link: https://www.jstor.org/stable/2539078?seq=1

[2] Somini Sengupta, “What is the United Nations, its history, its goals and its relevance”, The New York Times, 24 settembre 2019, link: https://www.nytimes.com/2019/09/24/world/americas/what-is-the-united-nations.html

[3] “UN 75th Anniversary”, link: https://www.un.org/en/un75

[4] Marco Pedrazzi, “ONU: quanto è necessaria una riforma?”, 30 agosto 2019, Pubblicazioni ISPI, link: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/onu-quanto-e-necessaria-una-riforma-23808

[5] B.Conforti, C.Focarelli, Introduzione, Origini e formazione della Carta delle Nazioni Unite, in “Le Nazioni Unite”, Wolters Kluwer, CEDAM, XI edizione, 2017


 

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